Il relitto

 

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Davanti alla porta dell’edificio Pedro esita. Non entra volentieri: detesta quel fottuto bastardo di Juan Cardoso. Ma ha bisogno di lui, non ci sono alternative. È l’unico che può trovargli uno straccio di lavoro. Sarà su una nave di merda, questo Pedro lo sa benissimo, una di quelle carrette su cui nessun marinaio che tenga alla pelle metterebbe mai piede. Il salario sarà da fame. E per tutto questo Pedro dovrà pure pagare. Ma che altro può fare? Nessuno gli darebbe un lavoro: chi prenderebbe un figlio di puttana come lui, che si è pure fatto due anni di galera?

Non è neanche detto che Cardoso glielo dia, un lavoro. Se quel bastardo non ha niente da offrirgli, a Pedro non rimane che buttarsi in mare e chiudere lì. Forse sarebbe la cosa migliore.

Pedro entra e sale le scale. È piuttosto buio: non c’è luce elettrica e i vetri della finestra sono sporchi, uno è stato pure sostituito con un giornale. Non che ci sia molto da vedere: le pareti sono scrostate e i gradini sudici. C’è puzza di piscio e di cibo rancido, ma Pedro non ci bada: è in ambienti come questo che è sempre vissuto.

La porta dell’ufficio di Cardoso, al primo piano, è socchiusa: la maniglia è rotta e la serratura è stata tolta. Nella porta sono infilati due anelli, per poterla chiudere con un lucchetto. Come se potesse esserci qualche cosa da rubare, da Cardoso!

Pedro spinge ed entra.

L’ufficio è costituito da un’unica stanza, con un vecchio tavolo che fa da scrivania e una sedia, su cui siede Cardoso. Alla parete è fissato con nastro adesivo un manifesto pubblicitario delle linee aree cilene. Che cazzo c’entra, nessuno potrebbe dirlo.

- Pedro?!

Juan Cardoso ha inarcato le sopracciglia e lo fissa. Scuote la testa.

- Sì, Juan. Sono io. Ho bisogno di un lavoro.

Juan Cardoso storce la bocca.

Pedro spaccherebbe volentieri la faccia a Cardoso. Potrebbe farlo e poi andare ad affogarsi. Ma insiste:

- Qualche cosa devi pure avere.

- Come no, per te ponti d’oro. Tutti vogliono un marinaio che si ubriaca in servizio, che ha preso a pugni un ufficiale, che ha accoltellato un uomo in una taverna, che si è fatto sbattere fuori da metà delle compagnie del continente, sempre coinvolto in una rissa o in qualche sporco affare.

Pedro abbassa la testa. Borbotta:

- Sono un bravo marinaio.

È vero, lo sanno entrambi, ma Cardoso ha una risata che sembra una specie di nitrito.

- Forse quando sei sobrio, il che capita di rado.

Anche questo è vero. Pedro stringe i pugni. La rabbia sale. Ma la voce è ancora umile:

- Ci sarà pure qualcuno che ha bisogno di un marinaio.

Cardoso lo fissa.

- Un posto te lo trovo, ma… è un favore e mi devi ringraziare.

Pedro annuisce. L’idea di poter avere un lavoro, a qualsiasi prezzo, riduce l’angoscia. È disposto a tutto. Tanto Cardoso non può chiedergli nulla che Pedro non abbia già fatto, magari solo per farsi offrire un bicchiere di birra.

Cardoso finge di guardare le sue carte.

- Ecco qui… cercano un marinaio sulla Victoriosa, che arriva in porto domani mattina, verso le nove.

Domani mattina sarebbe una meraviglia. Una sola notte da passare. Da domani pasti caldi. Pedro cerca di nascondere il suo sollievo. Risponde:

- La Victoriosa? Non la conosco.

Cardoso ride.

- Fino a quindici giorni fa era la Perez Valdez.

- La Perez Valdez? È ancora in circolazione? Non l’hanno rottamata?

Cardoso ghigna. Poi la sua faccia ritorna seria.

- Se ti va bene, bene. Se no, puoi tornare da dove sei venuto.

- Hanno la faccia come il culo a chiamarla Victoriosa, quella merda. Dimmi della paga. Quanto danno?

Il salario è una miseria, come previsto. Ma almeno ci sarà da mangiare e quattro soldi per bere e affogare l’angoscia. Pedro annuisce e commenta:

- È uno schifo.

- Che cosa pretendi? Pensi che qualcun altro ti darebbe di più? A calci in culo ti prenderebbero.

Pedro sa che è vero. Non dice nulla, ma Cardoso interpreta il suo silenzio.

- Se ti va bene, ti faccio il contratto, ma mi ringrazi per il favore.

Pedro sorride: un sorriso amaro, come sempre quando è sobrio. Solo l’alcol gli restituisce un po’ di allegria.

- Va bene.

Cardoso si alza e passa davanti alla scrivania.

- In ginocchio.

Pedro annuisce e si inginocchia. Cardoso vuole umiliarlo, in primo luogo. Prova soddisfazione in questo e poi vuole mettere bene in chiaro chi è che comanda. Poi se lo farà mettere in culo, perché gli piace, ma prima  lo vuole vedere ai suoi piedi.

Cardoso si slaccia la cintura e si abbassa i pantaloni e i boxer.

- Succhiamelo.

Pedro prende in bocca il cazzo di Cardoso. Non è certo pulito: uno come Cardoso non si lava molto spesso. Ma Pedro non ci bada. Anche lui è sporco. E ormai è abituato a tutto. Lavora con la lingua. Ha imparato a farlo. Non lo farebbe malvolentieri, se al posto di Cardoso ci fosse qualcun altro: oltre a essere un figlio di puttana, un ubriacone e un avanzo di galera, Pedro è anche finocchio. Quando è nato Pedro Ruy, Dio doveva essere distratto, ma il diavolo era molto attento.

- Datti da fare, se vuoi il contratto.

Non è colpa di Pedro se Cardoso ha il cazzo moscio, come sempre. Non gli diventa mai davvero duro, si inturgidisce appena un po’, ma lui finge che sia la prima volta e dà la colpa a Pedro.

Dopo qualche minuto, Cardoso dice:

- Basta così, ciucciacazzi. Non sei neanche buono a fare un bocchino.

Cardoso si volta e fruga in una sacca sul tavolo. Ne tira fuori un preservativo.

- Con uno come te è meglio essere prudenti. Mettitelo.

Pedro prende il preservativo. Si abbassa i pantaloni. Neanche lui ce l’ha duro. Succhiarlo a Cardoso non è certo molto stimolante. Si sfrega energicamente e ottiene in fretta l’effetto voluto. Vede l’avidità con cui Cardoso gli guarda il cazzo. A quello stronzo piacerebbe succhiarglielo, ma non vuole abbassarsi troppo.

Pedro si infila il preservativo. Cardoso si gira e si appoggia sulla scrivania, offrendo il culo. Pedro lo infilzerebbe volentieri come un pollo allo spiedo, ma non può farlo. Penetra con lentezza, lasciando all’altro il tempo di abituarsi alla pressione, che non è da poco: Pedro è ben dotato e questo gli ha permesso in diverse occasioni di guadagnarsi un boccone di pane o un bicchiere di vino. Un tempo ci guadagnava di più, ma la vita che ha condotto ha lasciato i segni e a quarant’anni Pedro ne dimostra almeno cinquanta.

Quando il cazzo è tutto dentro, Pedro incomincia a muovere il culo avanti e indietro, spingendo sino in fondo e poi ritraendosi. Ha una buona resistenza e cerca di soddisfare Cardoso, anche se quel bastardo gli fa schifo: quando si ritroverà nella merda, Pedro potrà di nuovo rivolgersi a lui. E nella merda Pedro si ritroverà presto, lo sa benissimo. Ci è sempre vissuto, nella merda.

Pedro si dà da fare e i mugolii di Cardoso gli dicono che sta facendo un buon lavoro. Va avanti a lungo, finché Cardoso non gli dice:

- Basta.

Pedro si ritira. Non è venuto, ma non ha importanza. Non era il suo piacere, quello che contava.

Cardoso si tira su i pantaloni e gli dice:

- Ora togliti dai coglioni, che ho da fare.

Cardoso non ha niente da fare, Pedro lo sa benissimo, ma anche lui non ha nessun desiderio di rimanere un minuto di più del necessario.

Sulla porta gli viene in mente una domanda.

- Chi è il capitano?

Cardoso ghigna di nuovo:

- Eduardo Altamira.

Pedro non dice nulla. Non saluta neppure. Scende le scale e si ritrova all’aria aperta. Siamo a dicembre, piena estate, ma la giornata è fresca. Il vento spazza le strade di Río Gallegos. Questa notte Pedro dormirà di nuovo sulle assi del magazzino di legname, ma da domani avrà una cuccetta. Magari sarà anche la sua bara, ma meglio morire annegato che di fame.

Pensa alla nave, la Victoriosa, che viaggia ancora anche se avrebbe dovuto essere rottamata anni fa. Pensa al capitano. È un nome noto, quello di Eduardo Altamira, un nome discusso. Pedro ne ha sentito parlare tante volte e quello che l’ha sempre colpito è stata la discrepanza estrema nei giudizi. Quello che fa un capitano, è noto a tutti: se uno naviga per dieci, vent’anni, lungo le rotte dell’America meridionale, si finisce per sapere se è competente o se è un coglione. Incidenti come quello capitato un mese fa alla Niña del Sol non stupiscono nessuno: si sa che il capitano Ramirez ha fatto carriera solo perché suo padre è un politico molto potente, che anche in questo caso gli ha permesso di uscirne bene, nonostante abbia provocato la morte di dodici persone.

Ma su Altamira le voci sono discordanti. L’incidente in cui fu coinvolto fu grave, molto. Le vittime furono sette e le due navi affondarono. Ufficialmente non ci fu nessun errore da parte dei comandanti, ma furono le condizioni avverse a provocare il disastro: nebbia fitta, mare mosso e un guasto tecnico al sistema radar di uno dei due battelli. Circolarono però voci diverse: si insinuava una negligenza inammissibile del comandante Altamira, che in qualche modo sarebbe riuscito a mettere tutto a tacere. A confermare le voci è la fine della carriera del comandante, che aveva avuto un inizio brillante: da dieci anni Altamira è al comando di navi – carrette sarebbe più esatto - di piccole dimensioni, come la Victoriosa, che viaggia lungo le coste sud-americane, su rotte spesso pericolose.

Eppure tutti dicono che Altamira è un capitano competente e molti preferiscono viaggiare con lui su navi come la Victoriosa, piuttosto che con altri su navi più sicure. In due occasioni il suo equipaggio ha salvato altre navi in pericolo, dimostrando un notevole coraggio. E tutto questo non fa che confermare i sospetti: un capitano competente come Altamira, dopo questi episodi avrebbe ben altro incarico, se non ci fosse una grave macchia nel suo passato.

Pedro si dice che avrà modo di vedere e di giudicare. Ma forse Altamira non vorrà neppure averlo a bordo: a Pedro è già successo di essere respinto, nonostante il contratto. Sei mesi fa il capitano Guillermo gli ha detto che con il contratto poteva pulirsi il culo e che un pezzo di merda come lui sulla sua nave non ci metteva piede.

Pedro non se la sente di dare torto al capitano Guillermo. Sa di valere poco. Non si scusanti. La sua vita potrebbe dargliene, tante, ma altri in condizioni simili alle sue ne sono usciti. Lui no. È un avanzo di galera, un relitto che prima o poi l’oceano inghiottirà.

Pedro non ha un centesimo per mangiar qualche cosa o bere un goccetto. Ma è abituato a saltare i pasti. E forse è meglio che non beva: se domani si presentasse ubriaco, il rischio di essere sbattuto fuori diventerebbe certezza.

Pedro deve aspettare che diventi notte. Qui a Río Gallegos fa buio molto tardi: siamo oltre il 50° parallelo. Ci vogliono ancora parecchie ore prima che il sole tramonti. Pedro fa un giro per le vie della città, passa vicino a negozi e ristoranti. Apre qualche bidone dell’immondizia. Magari, con un po’ di fortuna, troverà una scatola di biscotti scaduta o una mela non del tutto marcia. Questa mattina è stato al mercato. Avrebbe voluto sgraffignare qualche frutto, ma i venditori lo tenevano d’occhio: basta guardarlo per capire che è un morto di fame. E comunque per rubare Pedro non è tagliato. Per fortuna una signora gli ha regalato una pagnotta che aveva appena comprato: almeno Pedro non è a digiuno.

Quando infine scende il buio, Pedro raggiunge il deposito di legname. Controlla che nessuno possa vederlo e scavalca il muro. Si infila sotto la tettoia e si stende su alcune assi: qui almeno sarà al riparo, perché il cielo promette pioggia. Si addormenta in fretta.

A svegliarlo è la luce che lo prende in piena faccia. Non può vedere chi gliela sta puntando addosso.

Sente il ringhio di un cane. Cazzo, da quando il custode ha un cane?

- Che cazzo fai qui, pezzo di merda?

La voce viene da un punto imprecisato oltre il fascio di luce della pila.

Il muso del cane è vicinissimo. Pedro può vedere le zanne e la saliva che cola. Se il custode allenta il guinzaglio, quella fottuta bestia lo azzanna.

- Cercavo solo un posto per dormire.

- Togliti dai coglioni, altrimenti lascio libero Diablo.

Pedro si alza e si dirige verso il cancello. Sta piovigginando. Il custode lo illumina: vuole sincerarsi che se ne vada davvero.

Il cancello è chiuso. Pedro si volta:

- E come faccio a uscire?

- Come sei entrato, stronzo!

Pedro si arrampica. Quando si cala giù dall’altra parte, urla al custode:

- Spero che tu crepi presto, figlio di puttana.

Poi si allontana in fretta: il tipo sarebbe capace di aprire il cancello e lanciargli dietro il cane.

E adesso? Dove lo trova un posto per dormire?

Pedro si ripara sotto un balcone. La pioggia sta aumentando di intensità. Dove può andare, senza denaro? A credito, a uno come lui non darebbero nemmeno un saluto. Magari alla taverna di Raul, che è aperta tutta la notte, potrebbe esserci qualche vecchio amico. Difficile: Pedro ha molti più nemici che amici, anche se a qualcuno ha pure salvato la pelle, in passato. Forse troverà qualcuno che gli offrirà un bicchierino.

Sulla porta della bettola, Pedro esita. È da solo e sta sul culo a un sacco di gente. Quelli che sono alla taverna a quest’ora non sono certo tipi raccomandabili. È la feccia, quella che passa la notte a bere, come lui.

Pedro entra.

Qualcuno guarda il nuovo arrivato. Una voce impastata esclama:

- Ecco che cos’è questa puzza di merda: è entrato Pedro Ruy.

Pedro avanza verso il tizio: è un ufficiale, Ricardo Paraíso. Pedro vede bene che non è solo, sa che dovrebbe ignorarlo o, meglio ancora, andarsene, ma non gliene fotte un cazzo.

- Ripeti quello che hai detto, Ricardo!

 Ricardo si alza:

- Sempre il solito sbruffone, Pedro!

Poi si rivolge ai suoi compagni:

- Gli diamo una lezione, a questo pezzo di merda?

- Come no, certo!

Si alzano in otto e gli si avventano addosso. Pedro tira pugni: è forte come un toro e i suoi colpi sono micidiali, ma contro otto uomini può fare ben poco. In capo a pochi minuti si ritrova con le braccia e le gambe bloccate.

- Sei un coglione, Pedro.

E mentre lo dice, Ricardo gli molla un pugno nello stomaco. Pedro emette una specie di grugnito.

Un secondo colpo lo farebbe piegare in due, se gli uomini non lo tenessero fermo. Altri due colpi, poi due pugni in faccia e infine una ginocchiata ai coglioni.

- Buttatelo in strada.

Lo trascinano fino alla strada. Lo buttano a terra. Ma non hanno finito. L’ufficiale gli molla ancora due calci alle costole. Poi si sbottona i pantaloni, tira fuori il cazzo e incomincia a pisciargli addosso. Gli altri lo imitano, poi rientrano.

Pedro non riesce ad alzarsi. È intontito dai colpi, sente un violento dolore al naso, al costato, al ventre e ai coglioni. La pioggia continua a scendere, più forte, ora.

Con grande fatica Pedro si mette a sedere. Lascia che l’acqua lo pulisca un po’.

Sa che è finita. Come può presentarsi sulla nave in queste condizioni? Non ha un abito di ricambio e il capitano non lo farà nemmeno salire.

Infine Pedro riesce ad alzarsi. Barcolla. L’acqua lo pulisce dal fango. Pedro si allontana, appoggiandosi ai muri. Arriva al porto. Piove forte, ora, un diluvio. Pedro non cerca di ripararsi. Guarda l’acqua scura.

Si spoglia. Lascia che l’acqua scorra sul suo corpo nudo, segnato dall’alcol e dalle risse. Il dolore si attenua. Riesce a respirare senza sentire fitte troppo forti.

Poi raccoglie i suoi abiti e cerca in qualche modo di pulirli con l’acqua piovana. Quando ha finito, si infila i pantaloni e si siede sotto una sporgenza del tetto. Pensa che potrebbero rubargli la camicia e la maglia e allora se le mette, anche se sono bagnate. Se gli verrà la polmonite, almeno creperà e ci sarà uno stronzo di meno.

La pioggia si attenua e il giorno spunta in fretta. Gli abiti sono ancora bagnati, ma c’è il sole, che li asciugherà. Pedro rimane al porto fino a che vede arrivare la Victoriosa. Allora raggiunge la taverna dove ha lasciato le sue poche cose. Nel cesso si guarda allo specchio. Un taglio allo zigomo, un livido, gli abiti stazzonati e sporchi. Non lo faranno neanche salire a bordo.

Il marinaio alla scaletta gli chiede che cosa desidera e Pedro risponde che è stato assunto sulla nave. L’uomo non replica, gli dice di rivolgersi al capitano.

Il capitano sta parlando con il secondo e gli dà le spalle. Pedro ne approfitta per guardarlo a suo agio. Così quello è il famoso Altamira. Non è molto alto, meno di Pedro, certamente, ma ha un corpo muscoloso, in cui tutto è ben proporzionato, e trasmette una grande sensazione di potenza. I capelli sono neri come la notte.

Pedro fa due passi avanti e sente la voce, una voce profonda, calda. Il secondo si accorge di lui e lo fissa, interrogativamente. Il capitano allora si volta. Ha la carnagione scura, forse per effetto del sole, forse per eredità di un qualche lontano antenato indio. Come i capelli, la barba e i baffi sono nerissimi, senza un filo grigio, anche se sul viso ci sono le rughe scavate dal vento e dal sole. Il naso aquilino e il mento squadrato accentuano l’impressione di forza che trasmette il suo viso e gli occhi… Pedro non ha mai visto occhi come quelli del capitano, di un verde smeraldo: sembrano racchiudere un oceano tropicale.

Pedro si presenta:

- Marinaio Pedro Ruy.

Il capitano sorride. Ha un bel sorriso, denti bianchi.

- Benvenuto a bordo. Mi aspetti un attimo.

Il tono è molto cortese. Pedro non se l’aspettava: era sicuro che lo avrebbe rimandato subito indietro. Non è abituato a essere trattato così, neanche quando si presenta in condizioni più decenti. Alcuni già conoscono il suo nome e mostrano subito il loro disprezzo. Per altri è il viso di Pedro, segnato dalle cicatrici, a suscitare diffidenza.

Il capitano finisce di parlare con il secondo, poi fa accomodare Pedro nella cabina di comando. Non fa riferimento alle condizioni in cui si presenta e incomincia a chiedergli informazioni sul suo stato di servizio. Pedro dice su quali navi ha lavorato. Altamira annuisce. Non dimostra stupore, non commenta. Non è certo un buon curriculum quello di Pedro.

Quando ha finito, Altamira gli dice quali sono le regole, poi lo affida ad un altro marinaio, che gli mostra la cabina in cui dormirà e gli fornisce ancora alcune informazioni.

A Pedro non sembra vero che lo abbiano preso.

In giornata molti scendono a terra, ma Pedro è di servizio e ne è ben contento. Non ha niente da fare a Río Gallegos. Il mattino successivo partono.

 

Il viaggio si svolge senza problemi. Altamira si dimostra molto competente, come tutti dicono. È un uomo di poche parole, ma non scostante. Ha un grande ascendente sui suoi uomini, che formano un equipaggio ben affiatato. Pedro conosce qualcuno dei marinai, ma qui nessuno rivanga mai il passato. I giorni passano tranquilli. Il lavoro è molto, ma ognuno esegue la sua parte con scrupolo e Altamira è sempre vigile. Pedro ha spesso l’impressione di avere gli occhi del capitano puntati su di lui. Ma né Altamira, né nessuno degli altri uomini lo critica. Pedro è un buon marinaio, quando è sobrio, e da quando è sulla nave beve pochissimo.

La nave raggiunge Puerto Montt, in Cile, e poi torna in Argentina, risalendo fino a Rawson. Pedro svolge il suo lavoro con grande cura. Più volte Altamira lo loda e quando ha invece delle critiche da fare, le fa senza offenderlo e mai davanti agli altri. Non ci vuole molto a capire perché Altamira ha tanto ascendente sui suoi uomini e riesce ad ottenere il massimo da loro.

La nave è la carretta che Pedro conosce, ma sono pochi quelli che cercano un altro ingaggio. Altamira infonde un senso di sicurezza, anche se di fronte alle tempeste di Capo Horn, un buon capitano non è sufficiente a garantire la sicurezza su una nave in pessime condizioni.

Pedro prova una sensazione di pace che non ha mai conosciuto prima. Ha degli amici e quando scende a terra e vanno insieme a bere, non esagera mai. Non sente il bisogno di stordirsi, di dimenticare. Gli sembra che il fango del passato scivoli via, lasciando poche tracce, come sui suoi abiti, che ora non sono più sporchi di quelli degli altri. Sulla Victoriosa, Pedro è davvero un marinaio come tanti.

La nave non rimane mai ferma a lungo e Pedro è sempre in servizio. Non ha una famiglia da raggiungere: suo padre non l’ha mai conosciuto, sua madre è morta e i fratelli di lei l’avevano rinnegata da tempo, da quando aveva incominciato a prostituirsi. Non ha amici, al di fuori dei compagni dell’equipaggio, non ha un’abitazione. La nave è la sua casa: la Victoriosa è davvero diventata un rifugio per lui.

Anche Altamira lascia la nave solo nei giorni in cui è in cantiere per qualche riparazione. In quelle occasioni, gli uomini che non raggiungono le loro case dormono in qualche locanda. Formano un bel gruppo  e con loro Pedro sta bene.

Ogni tanto qualcuno lascia la nave per un altro ingaggio. Nuovi marinai si imbarcano. Sono quasi tutti poveracci ridotti alla disperazione: la paga e le condizioni della nave di certo non attirano chi può scegliere. Sulla Victoriosa qualcuno cambia, come è successo a Pedro; altri se ne vanno appena hanno riscosso la prima paga.

Tutto fila liscio, fino a una sera di ottobre.

A Ushuaia hanno una serata libera. Fa ancora molto freddo, anche se la primavera è in arrivo. Pedro è con gli altri a bere e chiacchierare, in una delle tante bettole della cittadina.

A un certo punto un gruppo di marinai entra nel locale. Una voce, forte, dice:

- Io in questo posto non ci metto piede. Se ci sta Pedro Ruy, dev’essere un bordello per finocchi.

Pedro conosce il marinaio che ha parlato. Si chiama Alarcón, Ignacio Alarcón, forse. Si sono presi a pugni, una volta, e Pedro ha menato più duro, lasciandolo a terra. Ma l’insulto di Alarcón non è gratuito: Pedro ha anche venduto il suo corpo, molte volte. Dell’insulto non gli sarebbe importato molto, dieci mesi fa. Ma ora è diverso, tutto è diverso. A Pedro sembra che tutto ciò che ha cercato di costruire in questi dieci mesi stia crollando. Tutti i suoi compagni hanno sentito. Qualcuno riferirà la frase al capitano, certamente.

Pedro scatta per colpire Alarcón, ma i marinai che sono con lui lo bloccano. Pedro è forte, ma loro sono in tanti. E basta una frase di Pablo a far sbollire la sua rabbia:

- Il capitano non vuole risse.

Alarcón sputa per terra e se ne va rapidamente: non ama rischiare.

Pedro si siede. Non osa alzare gli occhi. Gli sembra che tutti sappiano, che lo condannino.

Vuole ordinare ancora da bere, ma Lima, il secondo, lo blocca:

- No, Pedro, adesso andiamo via.

Pedro lo guarda. Scuote la testa.

- Io rimango qui. Io non torno più a bordo.

Lima gli dice:

- Questo puoi farlo, se vuoi, ma devi dirlo al capitano, prima. Per cui adesso vieni con noi.

- Andate a farvi fottere. Io sulla nave non torno più.

Lima si alza, senza dire nulla. Fa un cenno a José. Pedro lo coglie e ne capisce bene il significato: José resterà con lui e vedrà di riportarlo sulla nave. Ma Pedro non tornerà su quella nave. Pedro non se la sente di guardare Altamira negli occhi. Pedro sprofonda di nuovo. Il passato lo richiama a fondo. È stato un coglione a pensare di poterne uscire.

È passata mezz’ora e Pedro ha bevuto diversi altri bicchieri. L’alcol incomincia a fare effetto, anche se è troppo poco per ubriacarsi. Qualcuno entra nel locale. Molti sono entrati e usciti, Pedro non ci ha badato. Ma questa volta alza gli occhi di scatto. Altamira è sulla porta e ora si dirige verso di lui. Sembra sereno. Con un gesto impercettibile congeda José, che si alza e se ne va. Intanto Altamira si siede davanti a Pedro.

Pedro lo guarda, smarrito. China gli occhi. Poi alza il bicchiere e dice, sarcastico:

- Alla sua salute, comandante.

Altamira lo guarda e gli sorride. Pedro si sente vacillare. Non riesce a portare il bicchiere alle labbra.

- Vieni fuori con me, Pedro. Non possiamo parlare qui.

- Non ha paura di farsi vedere in giro con un figlio di puttana, ubriacone e finocchio?

- Io no. E tu, hai paura di farti vedere con un capitano che fece affondare due navi e corruppe la commissione d’inchiesta per farsi scagionare?

- Non ci crederei neanche se me lo dicesse lei.

- Neanch’io credo a tutto quello che dicono di te.

- È tutto vero, capitano, tutto. Sono un relitto ed è meglio che mi lasci affondare.

- Possiamo uscire di qui, Pedro? Dopo che abbiamo parlato puoi tornare qui o cercarti un’altra bettola, se vuoi.

Pedro sa benissimo che dopo che avranno parlato, lui farà tutto quello che gli dice Altamira e nient’altro. Ma gli sembra di non meritare il salvagente che Altamira gli lancia. Scuote la testa.

Altamira si alza. Pedro lo imita, come se non avesse una volontà propria. Altamira gli sorride e Pedro sente che le gambe non lo reggono.

Appena sono fuori, il comandante si mette a camminare, ma non in direzione della nave. Dopo pochi passi, Pedro dice:

- Mi spiace, signor capitano.

- Di che?

- Che lei abbia un marinaio come me sulla sua nave.

La risposta di Altamira è ironica:

- Su una nave come la Victoriosa! Forse dovrei scusarmi io con i miei marinai.

- Capitano… lei non sa che figlio di puttana sono io.

Eduardo Altamira si ferma e si volta. Guardando Pedro, gli dice:

- So chi sei tu, Pedro Ruy. Conoscevo la tua carriera di marinaio prima che tu ti imbarcassi, come tu conoscevi la mia di capitano. Ma questo non ha nessuna importanza. Dopo dieci mesi so chi sei tu, Pedro, e questa è l’unica cosa che conta.

- Lei sapeva chi ero quando sono salito sulla nave?

- Certo. In tutti gli anni che ho navigato da queste parti, credi che non abbia imparato a conoscere almeno di fama tutti i marinai?

Non è così, certamente. Ma Altamira conosce di sicuro quelli di cui si parla, come Pedro.

- Lei sapeva chi ero e non mi ha mandato via?

- Pedro, a me interessa chi sono i miei uomini, non quello che dicono di loro.

- Tutto quello che dicono di me è vero.

- Me l’hai già detto, ma io posso dire di te cose molto diverse e so che sono vere anche quelle, Pedro.

- Avrebbe dovuto sputarmi in faccia quando mi ha visto, comandante.

- Pedro, ho sputato in faccia una sola volta a un uomo, che non valeva nemmeno il mio sputo.

La domanda sfugge dalle labbra di Pedro:

- Chi era?

- Il capitano della Luz de Maracaibo.

Pedro annuisce. Conosce il nome di quella nave: quella che affondò insieme al battello di Altamira e che segnò la fine della sua carriera.

- Le cose brutte che dicono di lei sono false, ma quelle che dicono di me non lo sono.

Pedro continua a ripetere le stesse cose.

- Come fai a sapere che sono false, Pedro?

- La conosco, comandante.

- Da dieci mesi.

- Sono sufficienti.

- Sì, Pedro, sono sufficienti, hai ragione. A me sono bastati per capire chi sei veramente, non quello che hai fatto in passato. Tu sei migliore della tua storia, Pedro.

- Capitano…

Pedro non sa come continuare. Tace.

È Altamira a parlare.

- Vieni con me sulla nave, Pedro, non voglio perdere un buon marinaio come te.

Pedro ha gli occhi che gli lacrimano. L’alcol, probabilmente.

 

Sta arrivando l’autunno. Sono quindici mesi che Pedro viaggia sulla Victoriosa. Ora la nave è ferma a Ushuaia. Quasi tutti gli uomini dell’equipaggio sono scesi. Altamira è rimasto a bordo e ha chiesto a Pedro di aiutarlo a mettere in ordine alcuni materiali. Sono nella cabina di comando, seduti uno a fianco dell’altro. Pedro è felice di stare così, vorrebbe passare le giornate vicino al suo capitano. Pedro non si inganna, sa leggere dentro di sé. Sa quello che prova per Altamira, ma sa che non può chiedere nulla: è un sogno impossibile. Non occorre realizzare i propri sogni, per vivere felici. Basta stare seduti di fianco al comandante, sentirne l’affetto – perché Pedro sa che Altamira gli vuole bene – e la fiducia. Non sono state molte le persone che hanno dimostrato di fidarsi di Pedro.

A Pedro non importa ciò che pensano gli altri. Vorrebbe solo poter lavorare al fianco di Altamira fino alla propria morte, altro non chiede.

Cerca di meritare la stima del suo capitano. Nessuno ha più avuto da ridire su Pedro: il suo comportamento è esemplare. Difficile riconoscere nel marinaio attento e competente il Pedro Ruy rissoso e spesso ubriaco che tutti ricordano. Un’unica volta c’è stato un problema. Un mese fa Pedro ha quasi scatenato una rissa, a Río Grande. Non gli era più successo, dopo l’imbarco sulla Victoriosa.  Ma quella sera un marinaio di un’altra nave ha osato insinuare che Altamira sia stato davvero responsabile del doppio naufragio che pesa sulla sua carriera. Pedro gli è volato addosso e i suoi compagni hanno dovuto tenerlo fermo a forza e sottrarre l’altro alla sua furia. È stata l’unica volta che Altamira ha rimproverato Pedro, ma l’ha fatto con una dolcezza che lo ha sconvolto.

Pedro scende di rado a terra: la nave è diventata il suo mondo, un’oasi di serenità. A terra ha paura, paura di incontrare il passato, le cose per cui dovrebbe abbassare gli occhi. In particolare a Ushuaia Pedro non è mai più sceso, anche se sa benissimo che le possibilità di incontrare gente come Alarcón sono le stesse qui o in qualsiasi altro porto della costa.

Gli altri marinai tornano nel tardo pomeriggio. Allora Altamira si rivolge al secondo e gli dice:

- Prendi tu il comando, Lima. Io e Pedro andiamo a fare un giro.

Altamira non gli ha chiesto nulla e questo stupisce Pedro. Ma una parola di Altamira è un ordine per lui, anche quando è un invito. Scendono a terra.

- Ti va di fare una passeggiata?

A Pedro va di fare qualsiasi cosa con il suo capitano, anche buttarsi in acqua con un masso legato ai piedi.

- Volentieri.

- Non sei mai più sceso a Ushuaia.

Non si stupisce che Altamira abbia notato anche questo.

- No.

- È difficile fare i conti con il proprio passato, vero?

Pedro annuisce. Vorrebbe dire che il passato per lui non esiste più, ma è una verità parziale. Il passato è lì, nelle vie di quella città che hanno visto un altro Pedro.

Altamira riprende.

- Anch’io dopo quell’incidente, ho avuto la tentazione di nascondermi.

- Lei non aveva nessuna responsabilità, capitano!

La voce di Pedro vibra di indignazione.

Altamira scuote la testa.

- No, è vero, ma tutti mi credevano responsabile. E non era facile. Non potevo dire la verità.

Pedro vorrebbe chiedere perché, ma non osa. Il capitano continua:

- Mi sentivo sotto accusa. La nave diventò il mio rifugio, come è per te ora. Scendevo a terra il meno possibile. Ma poi capii che non aveva senso.

Pedro è stupito. Sa che Altamira non racconta queste cose agli altri.

- Quel periodo mi servì molto, Pedro. In quegli anni ho imparato a guardare gli uomini che lavoravano al mio fianco. Prima guardavo solo il loro lavoro. Credo di essere diventato un capitano migliore. È stata una buona scuola.

Pedro tace e Altamira aggiunge:

- Nessun altro lo sa, Pedro, ma io ho rifiutato altri incarichi, altre proposte. Mi sarebbe sembrato di tradire gli uomini del mio equipaggio. E poco mi importa di guidare navi più grandi. Pedro, io sto bene con voi.

- Grazie, capitano.

- Pedro, ho bisogno di dirti una cosa. Non ti ho fatto scendere solo perché tu ritorni a camminare in questa città a testa alta.

- Mi dica, capitano.

- La Victoriosa non reggerà più a lungo. Credo che il prossimo viaggio sarà per portarla a rottamare.

Pedro ha la sensazione che il terreno si stia aprendo sotto i suoi piedi. Sprofonda in una voragine.

- Pedro, non ne ho ancora parlato con nessuno. Credo che troveranno tutti un altro ingaggio senza troppi problemi. Ma io vorrei che tu venissi con me.

Pedro chiude gli occhi.

- Non stai bene, Pedro?

Pedro scuote la testa. Ha paura, una paura terribile.

- Grazie, signor capitano.

- È un sì?

- È un sì.

Non potrebbe essere un no, ma Pedro è angosciato, vorrebbe che tutto rimanesse com’è.

Camminano ancora, a lungo. Altamira racconta di sé, del suo passato. E questa volta, quando il capitano fa nuovamente riferimento all’incidente, Pedro chiede.

- Perché non ha potuto provare la sua innocenza, capitano?

- Pedro, non fu un incidente.

Pedro non capisce.

- Il capitano della Luz de Maracaibo manovrò in modo da farsi speronare, per affondare la nave.

- Ma… come è possibile… perché…

- Tre dei miei uomini morirono, ma credo che i quattro della Luz de Maracaibo fossero già morti.

Pedro non dice nulla. Ascolta.

- Credo che la Luz de Maracaibo trasportasse droga. So che c’era un agente in incognito a bordo, dopo l’incidente fui contattato dall’antidroga. Quei marinai furono ammazzati perché avevano scoperto la verità, forse avevano assistito all’omicidio dell’agente. E occorreva far scomparire le prove: se fossero tornati con quattro marinai in meno, avrebbero rischiato un’indagine. Sulla nave avrebbero potuto trovare tracce dell’omicidio e del trasporto di droga. Meglio far scomparire il tutto. Probabilmente avevano già trasbordato il carico e con l’incidente affondarono la nave in un punto in cui sarebbe stato impossibile recuperarla. Tanto era una carretta, come la Victoriosa.

- Ma perché non fu possibile dimostrare che l’incidente era stato provocato volontariamente?

- Molti marinai furono corrotti, anche tra i miei uomini. Altri subirono minacce. La mia parola valeva quella dell’altro capitano. L’indagine venne insabbiata.

- Ma lei si trovò la carriera rovinata.

- Sì, perché dissi al capitano della Luz de Maracaibo che cosa pensavo di lui e lui fece in modo da diffondere la voce che l’incidente fosse stato mia responsabilità.

Parlano ancora. A un certo punto il capitano gli chiede cose del suo passato. Pedro racconta, esitando. Non vuole nascondere nulla, ma teme il giudizio di Altamira. Il capitano non giudica: lo ascolta attento e osserva solo che ha avuto una vita ben difficile.

Tornano a bordo dopo tre ore.

Pedro è fortemente turbato. Nella cuccetta non riesce a prendere sonno. La distanza tra lui e il capitano si sta riducendo. Questa sera sono stati soltanto due uomini che si raccontano l’uno all’altro. Ma Pedro sa che esiste un abisso tra di loro.

 

A Buenos Aires hanno la conferma di quanto Altamira aveva previsto. La Victoriosa sarà rottamata. Tornerà in Cile con l’ultimo carico. Gli uomini dell’equipaggio hanno già quasi tutti un ingaggio in tasca. Sulla nuova nave, più grande della Victoriosa, Pedro ritroverà alcuni dei suoi compagni e questo lo tranquillizza un po’. Altri andranno per strade diverse.

Pedro è felice di rimanere con il suo capitano, è l’unica cosa che conta. Poco gli importa della promozione che ha avuto e del salario migliore che il nuovo ingaggio gli garantisce. Ma Pedro è turbato. La tranquilla adorazione dei mesi precedenti si sta trasformando in qualche cosa che lo spaventa. Il desiderio è un animale che ti azzanna e non molla la presa, anche se lo pigli a calci. Inutile opporgli la ragione, gridargli che Altamira non sembra essere attratto dagli uomini. Inutile essere ben consci del proprio passato. A Pedro basta guardare Altamira per sapere che non dovrebbe neppure avvicinarglisi, ma il saperlo non basta a spegnere l’incendio.

 

È mattina. Il capitano guida personalmente la nave in questo intrico di isole e canali del Cile meridionale, fottute rotte disseminate di scogli e di pericoli mortali. Il porto è vicino, tra un’ora o due arriveranno a destinazione. Di lì partiranno per l’ultima tappa, verso Concepción.

- Hai completato i controlli, Pedro?

- Sì, signor comandante. Tutto a posto.

- Bene. Rimani qui. Se c’è qualche problema, mi dai una mano.

- Sì, signor comandante.

Pedro è felice di stare accanto al suo capitano, nella cabina di comando. Non sa quante occasioni avrà per farlo in futuro, su una nave più grande, con un equipaggio più numeroso. Ma mentre guarda Altamira, spesso gli viene da pensare che l’amore è una brutta bestia: fa stare bene, ma fa anche stare male.

La nave segue il canale, tra la terraferma, a destra, e una grande isola, a sinistra. Da una parte e dall’altra si alzano montagne e la neve è bassa, fin quasi alla costa: siamo appena alla fine dell’inverno. Soffia un vento freddo ed il mare è agitato, nonostante il riparo offerto dalle montagne.

Superato il promontorio roccioso dell’isola, poco lontano appare il relitto di una nave, con la poppa in parte sommersa e la prua un po’ sollevata, inclinata su un lato. È una piccola nave passeggeri, di quelle che trasportano lungo la costa i locali e qualche turista che viaggia per conto proprio. Ha urtato contro uno scoglio, probabilmente.

Altamira dà l’ordine di avvicinarsi: il relitto è stato certamente evacuato e intorno non si vedono scialuppe, ma il capitano preferisce sincerarsi di persona che tutto sia a posto e che nessuno abbia bisogno di aiuto. Fa controllare, ma dalla nave non proviene nessun segnale radio.

La Victoriosa si accosta, per quanto lo permettono le condizioni del mare. Il relitto è immobile, ma le onde che si scagliano contro lo scafo potrebbero rovesciarlo completamente.

Si direbbe che non ci sia più nessuno a bordo della nave incagliata. Altamira però nota che sul ponte ci sono ancora diverse scialuppe al loro posto. La nave viaggiava quasi vuota? Può succedere, in effetti, non è stagione turistica. Altamira fa calare una scialuppa per potersi avvicinare. Con lui vanno soltanto tre uomini, uno è Pedro. Raggiungono la nave, dalla parte in cui è il ponte è più vicino al livello del mare.

Altamira lancia una corda, dice agli uomini di attenderlo e si issa a bordo. Pedro lo segue, nonostante l’ordine. Altamira se ne accorge e si volta a guardarlo. Scuote la testa, ma gli sorride. 

- Pedro, ho detto di rimanere sulla scialuppa.

- Mi scusi, capitano. Ma può aver bisogno di aiuto.

Pedro è inquieto. Questa nave immobile e vuota gli pare una minaccia. Vuole essere a fianco del suo capitano, per proteggerlo.

Non è facile muoversi sul ponte fortemente inclinato, scosso dalle onde, ma ci sono diversi appigli e loro si aiutano a vicenda.

- Vede che aveva bisogno di me, capitano?

Altamira annuisce.

- Voglio arrivare fino al ponte inferiore, Pedro.

Pedro non dice nulla. Si sente a disagio, la sensazione di un pericolo incombente diventa più forte. Basterebbe un’onda più forte per smuovere la nave e farla affondare. Non vuole che Altamira rischi la vita.

Il corridoio del piano inferiore è in parte allagato. Camminano nell’acqua fredda, immersi fino alle ginocchia. Si avverte uno scricchiolio. La nave traballa e si inclina un po’ di più. Riescono a non cadere, ma vengono investiti da un’onda di acqua fredda. Pedro si sente gelare.

- Capitano, posso controllare io. Lei risalga sopra.

Altamira scuote la testa.

- Sei tu che dovevi essere nella scialuppa!

C’è una certa irritazione nella voce di Altamira. Pedro sa che il capitano è preoccupato per lui.

- Aspettami qui.

Altamira avanza e Pedro lo segue. Il capitano sbotta:

- Sei una testa di cazzo, Pedro!

E in quel momento sentono un grido:

- Aiuto! Aiuto!

Pedro avverte un brivido corrergli lungo la schiena. La voce proviene dal fondo del corridoio immerso nel buio, dove l’acqua è più profonda. Avanzano in fretta. Altamira chiama:

- Dove siete?

- Qui, qui! La porta è bloccata.

Arrivano davanti alla porta di una cabina. La maniglia è al di sotto del livello dell’acqua.

Altamira cerca di aprire la porta, ma non riesce a girare la maniglia. Anche Pedro prova, inutilmente.

Altamira dice:

- Non stia dietro la porta. Cercheremo di sfondarla.

Ci prova Pedro e alla terza spallata la serratura cede.

Una donna si affaccia. È giovane, non più di trent’anni. È tutta bagnata, rabbrividisce.

Altamira chiede:

- C’è qualcun altro?

- C’era un uomo nella cabina di fianco alla mia. Gridava anche lui, ma poi, quando l’acqua è salita, non l’ho più sentito.

Altamira si rivolge a Pedro:

- Portala fuori. Accompagnatela alla nave, ha bisogno di asciugarsi, rischia l’assideramento. Poi tornate qui, ma rimanete a distanza. Tu non rientrare. Controllo questa cabina e poi vi raggiungo.

Pedro vorrebbe urlare che la cabina la controllerà lui: non vuole andarsene, lasciando Altamira da solo in quel corridoio di morte. Ma sa che deve ubbidire.

Accompagna la donna fino al ponte. Non è facile: la donna è esausta e trema tutta. Pedro la deve sostenere. In due occasioni se la carica in spalle. La nave traballa e Pedro rischia di perdere l’equilibrio. Pensa al capitano e gli sembra di impazzire. Con molta cautela riesce a fare arrivare la donna fino alla corda con cui si sono issati lui e Altamira. Vede che dal parapetto al mare ci sono ormai nemmeno due metri: la nave si è inclinata ancora di più. La scialuppa si avvicina. Uno degli altri marinai sale. Legano la donna e la calano. Sono rapidi, ma a Pedro sembra che stia passando un tempo infinito. Appena la donna è nella scialuppa, Pedro dice che devono portarla subito alla nave e torna verso il corridoio. Incespica, cade, bestemmia, annaspa e si rialza. Scendere è più difficile e gli sembra che il corridoio sia ancora più buio.

- Capitano! Capitano!

- Sono qui, Pedro!

Pedro avanza verso il fondo.

Il capitano gli viene incontro.

- Ti avevo ordinato di non rientrare! Cazzo! Pedro, sono il tuo capitano.

Pedro ignora il rimprovero. Chiede:

- È riuscito ad aprire la cabina?

- È completamente invasa dall’acqua e non si vede nulla. Quel disgraziato è certamente morto.

- Vada fuori, capitano. Se c’è ancora qualche cosa da controllare, lo faccio io. Le assicuro…

Pedro non finisce la frase. C’è un rumore forte, la nave si inclina bruscamente e perdono entrambi l’equilibrio. Una valanga d’acqua li investe, ma Pedro non viene trascinato via. Quando l’acqua è passata, Pedro si accorge che Altamira lo ha bloccato con una mano, mentre con l’altra si tiene a una sporgenza.

- Presto, fuori, Pedro!

Cercano di muoversi rapidamente, ma adesso l’acqua arriva alla vita ed il livello sale rapidamente. È difficile procedere in direzione opposta a quella della corrente che sta riempiendo il corridoio della nave. Sono quasi all’uscita, quando c’è di nuovo un brusco movimento e il corridoio si alza davanti a loro, mentre l’altra estremità sprofonda. Pedro si aggrappa ad una porta aperta e riesce a tenere Altamira. Il movimento della nave si ferma un momento e riescono ad issarsi fino alla cabina.

Non c’è nessuna possibilità di raggiungere l’estremità del corridoio: dovrebbero arrampicarsi e non ci sono appigli a sufficienza. La nave può ribaltarsi da un momento all’altro. Il livello dell’acqua sale, ma per il momento non è ancora arrivata alla cabina: dentro il locale c’è solo l’acqua che si era accumulata prima.

Hanno le gambe a mollo. Sanno tutti e due benissimo che le loro possibilità di cavarsela sono minime, per non dire nulle: la nave è inclinata in verticale e sta sprofondando.

- Merda! Pedro, perché non mi hai obbedito?

Pedro non dice nulla. L’idea che il capitano possa morire lo fa impazzire.

Altamira scuote la testa. Poi gli mette una mano sul braccio e riprende a parlare:

- Pedro, volevo parlarti a Concepción, ma a questo punto non credo che ci arriveremo, io e te. E non voglio morire senza avertelo detto.

Pedro guarda il capitano. Gli sembra che il suo cuore abbia smesso di battere.

- Pedro, mi sono innamorato di te.

Pedro non riesce a parlare. Scuote la testa.

Altamira si è avvicinato, lo ha abbracciato e ora lo bacia.

In quel momento sentono la voce:

- Capitano! Pedro!

Si staccano e si affacciano dalla cabina: in alto, all’estremità del corridoio, c’è Lima.

- Che cazzo fai, Lima? Vuoi affogare anche tu? Scappa, prima che sprofondi.

Lima getta una corda.

- In fretta, signor capitano.

Altamira si rivolge a Pedro:

- Sali, perché giuro sulla tua testa che se non sali per primo tu, rimaniamo qui.

Pedro sa benissimo che Altamira non scherza. Si aggrappa alla corda e si issa fino all’estremità del corridoio. Il capitano sale dietro di lui. Raggiungono l’uscita. A Pedro sembra incredibile, ce la possono ancora fare, se la nave continua a sprofondare lentamente.

Pedro tende una mano ad Altamira per aiutarlo a issarsi, ma la nave si muove bruscamente. Pedro si accorge di perdere l’equilibro, ma non fa in tempo a trovare un appiglio: precipita nel corridoio, urtando contro la parete e poi finendo sott’acqua.

Il livello è salito ulteriormente e il volo è di pochi metri, ma Pedro sa che è la fine. Non farà più in tempo a risalire. È stordito, dolorante. Annaspa sott’acqua, cercando disperatamente di tornare a galla.

Va bene così, Pedro pensa che va bene così. Ha avuto dalla vita più di quanto potesse mai sognare, molto di più. Può morire. Purché il capitano si salvi, va bene così.

Riemerge e si trova davanti Altamira. Si è calato con la corda. Merda!

Altamira sta urlando:

- Vattene, Lima, vattene!

Ma Lima non si muove. Pedro si sente afferrare da Altamira. Si attacca alla corda e sale, con le forze che gli restano. Il capitano lo spinge da dietro, perché Pedro si muove a fatica. Altamira è pazzo, ma non deve morire. Lima, che li ha attesi sul bordo, lo afferra. Il relitto continua a muoversi lentamente: si sta inabissando.

Lima tira su la corda e la fa calare dall’esterno. Scendono lungo il ponte inclinato, sempre aiutandosi con la corda. La scialuppa è vicina, troppo vicina: se la nave crollasse ora, la travolgerebbe. E la nave è sul punto di sprofondare.

Riescono a calarsi nella scialuppa. Appena il capitano posa il piede nella barca, i marinai l’allontanano in fretta dal battello. Fanno appena in tempo ad arrivare a fianco della Victoriosa, quando il relitto scompare sott’acqua. Lo guardano in silenzio.

Poi Altamira dice:

- Credevo di avere un po’ più di autorità sul mio equipaggio.

Lima si finge stupito.

- Ma che dice, capitano? Abbiamo obbedito a tutti i suoi ordini.

Altamira, scuote la testa, ghigna. Poi guarda Pedro e nel suo sorriso c’è una luce diversa.

Salgono sulla Victoriosa. Altamira manda Pedro ad asciugarsi e cambiarsi. Gli ordina di stendersi un momento. Pedro obbedisce, senza capire ciò che fa. È intontito. Nella sua testa rimbomba la frase che Altamira gli ha detto. Gli pare di sentire sulle labbra ancora il calore del bacio. Solo qualche cliente lo ha baciato, molti anni fa, quando era giovane e si vendeva sulle navi da crociera. Pedro si lava, poi si riveste con abiti asciutti e si stende sulla sua cuccetta.

Altamira arriva poco dopo. Anche lui si è cambiato.

- Sta arrivando un battello della capitaneria di porto. Devo parlare con loro. Vorranno sentire anche te. Quando serve, ti mando a chiamare e vieni nella cabina di comando.

Pedro annuisce. Di fronte al suo capitano, gli pare di non trovare le parole. Altamira gli accarezza il viso con la mano, poi esce. Pedro chiude gli occhi. Non ce la fa, non ce la fa. Il capitano gli ha detto che è innamorato di lui, lo ha baciato. Non è possibile, non è possibile.

Mezz’ora dopo un marinaio scende a chiamare Pedro, perché fornisca la sua testimonianza. Poi gli uomini della capitaneria di porto ritornano alla loro imbarcazione e Pedro rimane nella cabina di comando.

Altamira congeda gli altri. Guida personalmente la nave, come fa spesso. Manca poco al porto dove faranno tappa.

Pedro tace, non riesce a trovare le parole. C’è un lungo momento di silenzio.

- Pedro, non volevo turbarti. Contavo di parlartene a Concepción, di prepararti in qualche modo, ma in quel momento non credevo che ne saremmo usciti vivi. Avevo bisogno di dirtelo.

Pedro guarda il suo capitano. È bello, Eduardo Altamira, di una bellezza che toglie il fiato. È pulito, onesto, rigoroso. Come può essersi innamorato di uno come lui?

Pedro scuote la testa.

- Capitano, come è possibile? Uno come me?

- Mi chiamo Eduardo, Pedro. E vorrei che, almeno quando siamo soli, l’uomo che amo mi chiamasse con un nome che ormai quasi nessuno pronuncia e che mi desse del tu.

Pedro respira a fondo.

- Eduardo, tu sai chi sono.

Eduardo sorride.

- È bello sentirti pronunciare il mio nome. Dimmelo ancora.

- Eduardo. Eduardo. Ti amo, Eduardo.

Pedro vede il capitano chiudere gli occhi per un momento. Li riapre, sorride e dice:

- Non vorrei far finire la Victoriosa sugli scogli, Pedro. Tu non sai che cosa significa per me quello che mi hai detto.

- Ti amo da tempo, Eduardo.

- Sì, l’avevo intuito. È questo che mi ha dato il coraggio di parlare. Ma non è stato facile.

Pedro sta per rispondere, ma la porta si apre ed entra un marinaio. Ci sono alcune cose da fare, la nave sta per arrivare al porto. Eduardo e Pedro non rimangono più soli.

Al porto ci sono tante formalità. C’è un’inchiesta in corso, due passeggeri che potevano essere tratti in salvo sono stati abbandonati su una nave, uno è morto.

È tardi quando Eduardo e Pedro sono infine liberi di andarsene. Non tornano subito alla nave: il capitano cerca un posto tranquillo, in cui poter parlare. Sceglie una locanda poco affollata e si siedono a un tavolo appartato.

Eduardo è molto sereno e nei suoi occhi Pedro legge una gioia che lo spaventa. Pedro si sente inadeguato.

- Pedro, non vedo l’ora di arrivare a Santiago. Abbiamo una settimana prima di salire sulla nuova nave e vorrei che la passassimo insieme, io e te.

Il capitano ha un sorriso ironico e conclude:

- E non per parlare di navigazione…

Pedro non sa che cosa dire. È frastornato. Altamira continua:

- Pedro, ti desidero tanto da stare male, tanto che adesso vorrei cercare un angolo buio, una barca tirata sulla spiaggia, un cespuglio…

Eduardo si interrompe e ride.

- …scusa, Pedro, forse non dovrei dire queste cose, ma l’amore è anche questo.

Pedro non alza la testa. È sgomento. Dopo un momento dice:

- Torniamo alla nave, capitano.

- Chiamami Eduardo.

Ma Pedro scuote la testa e si alza. Non guarda Altamira.

In serata fa in modo di non rimanere mai da solo con il capitano. Il mattino dopo ripartono per l’ultimo viaggio della Victoriosa.

Quando non è al lavoro, Pedro guarda il mare. Si tiene alla larga da Altamira. Lentamente dentro di lui si sta facendo chiarezza. È la chiarezza del fulmine, che illumina a giorno e schianta. Per fortuna i giorni di navigazione sono soltanto due. Quando arrivano, ognuno ha il suo da fare. Poi gli uomini incominciano a scendere. Sulla nuova nave si ritroveranno in nove, compresi Pedro e Altamira. Ma Pedro sa che saranno solo otto.

Gli uomini scherzano, si dicono come faranno a viaggiare su una nave normale. Pedro cerca di sorridere. Il capitano scherza con gli altri. Non ha più detto nulla a Pedro, ha rispettato il suo silenzio.

Altamira deve scendere di nuovo a terra, per sbrigare alcune pratiche. La consegna della nave è già stata fatta, ma loro possono rimanere a bordo anche fino al mattino dopo. Altamira chiede a Pedro di aspettare il suo ritorno.

A Pedro va bene, non reggerebbe un addio.

Dopo che Altamira è sceso, Pedro attende dieci minuti, poi prende la sua sacca e scende. Il suo bagaglio è diventato più pesante: in questo periodo Pedro si è comprato qualche cosa di decente da mettersi addosso, in modo da non apparire un barbone. Ma il peso maggiore è quello che si porta dentro, un senso di oppressione che lo stronca.

Pedro cammina deciso. Non sa dove va, sa solo che vuole allontanarsi dalla Victoriosa, lasciarsi alle spalle per sempre un sogno impossibile.

Dopo mezz’ora, Pedro entra in un bar. Si siede e pensa che questa sera si ubriacherà, come non gli è mai più successo. Ma rimane seduto a guardare il bicchiere di vino. Non vuole sporcarsi ancora, gli sembra di non avere il diritto di farlo.

Pedro ha le lacrime agli occhi. Sa di aver fatto una follia, ma sa anche che non aveva scelta. Pedro non trattiene le lacrime, lascia che scendano.

Sta piangendo quando Altamira si siede davanti a lui. Pedro sobbalza.

Si guardano muti, sofferenti.

Pedro balbetta:

- Co-come ha fatto, capitano?

- Ti ho seguito, Pedro. Sapevo che saresti sceso per andartene.

- Capitano…

- Non puoi chiamarmi per nome, cazzo!? Pedro, non ricacciarmi indietro.

Pedro affonda, come sul relitto tre giorni fa. Riesce a dire:

- Cerchi qualcuno migliore di me, capitano.

- Io non cerco qualcuno, Pedro. Non ho mai cercato. Era un capitolo che pensavo di aver chiuso per sempre. E poi sei arrivato tu, Pedro, ancora più infelice di quanto fossi sporco. Non sono stato in guardia, non pensavo che mi sarei innamorato di te. Ma è successo.

Pedro tace.

- Pedro, perché? Cazzo! Perché?

Pedro scuote la testa. Sa che non è possibile. Pensa al suo passato, agli incontri casuali, spesso mercenari.

- Eduardo, io…

- Dimmi, Pedro.

Pedro guarda fuori dalla finestra. Non riesce a fissare Altamira, mentre parla.

- Eduardo, io… ho dato via il mio corpo, mi sono venduto, mi sono…

- Questo è un peso così forte per te?

Pedro china la testa:

- Ora sì. Non lo è mai stato, prima.

- Pedro, a me non importa del tuo passato. Io amo te, tutto quello che sei.

- Non è possibile.

- Pedro, mi hai detto che mi amavi. Non mentivi, allora, e non hai cambiato idea.

Pedro continua a fissare le mani, che tiene in grembo.

- L’amerò per sempre, capitano. Ma adesso mi lasci qui. Io sono…

Altamira non lo lascia finire, completa la frase al suo posto:

- …l’uomo che amo. E questo per me è tutto quello che conta.

Pedro tace. Alza gli occhi e il suo sguardo incrocia quello di Altamira. Pedro sa di aver perso la partita. E l’angoscia lentamente si dissolve.

Eduardo ha capito. Si alza e, come una sera di otto mesi fa, Pedro lo imita.

Eduardo chiama un taxi con il telefonino e raggiungono un albergo. È decisamente elegante e Pedro si stupisce. Non dice nulla, ma Eduardo ha capito e gli dice:

- Volevo che fosse un posto davvero bello.

Hanno due camere, comunicanti. Eduardo ha pensato a tutto.

E quando infine sono tutti e due nella camera di Eduardo, in piedi davanti al letto, Pedro scopre di aver paura, come se fosse la prima volta e non ce ne fossero state troppe.

Eduardo si siede sul letto. Non c’è più traccia del sorriso. C’è un velo di tristezza.

- Quanto mi hai fatto penare, Pedro. In questi giorni mi è sembrato di impazzire.

Pedro sorride, un sorriso incerto. Le sue mani accarezzano la testa di Eduardo, gli scompigliano i capelli neri.

- Perdonami, Eduardo. Io…

Eduardo alza le braccia e Pedro sente le mani che gli stringono le guance.

- Pedro, amore mio…

- Eduardo…

Eduardo gli passa le mani dietro la schiena e si stende sul letto, trascinandolo con sé. Pedro è sopra Eduardo e lo bacia, ancora insicuro. Ma il desiderio si sta accendendo in entrambi e il bacio diventa appassionato, le loro lingue si incontrano. Si baciano a lungo. Pedro sente svanire il peso che l’opprimeva. Si dice che è stato pazzo, completamente pazzo.

Sente le mani di Eduardo corrergli lungo la schiena, accarezzare, stringere e poi scendere fino ai fianchi. Le sue dita invece accarezzano il viso di Eduardo.

Eduardo lo afferra e si gira. Ora è sopra di lui. Eduardo si solleva un po’ e gli solleva la maglia. Pedro alza le braccia, in modo che Eduardo possa sfilargliela. Poi Eduardo sbottona la camicia e le sue mani scorrono sul petto di Pedro, gli stuzzicano i capezzoli che si rizzano, giocano con la peluria chiara sui pettorali, scendono fino al ventre.

Pedro alza le braccia e incomincia a spogliare Eduardo. Si baciano, più volte.

Ora sono tutti e due a torso nudo, uno sull’altro, e si baciano ancora, si accarezzano, si abbracciano.

Eduardo si alza e guarda Pedro steso sul letto, guarda il torace muscoloso, il ventre un po’ sporgente, il rigonfio dei pantaloni. Si china e gli sfila le scarpe, gli toglie le calze.

Pedro pensa che non si è neanche fatto una doccia.

- Capitano…

- Che!?

Pedro sorride.

- Scusa, volevo dire Eduardo. Vorrei almeno farmi una doccia.

- Sei sicuro di poter reggere?

 Pedro strizza un occhio:

- Con uno sforzo.

- Va bene, però ti spoglio io…

Eduardo slaccia la cintura di Pedro e poi gli cala lentamente i pantaloni. Lo contempla con un’intensità che spaventa Pedro. Poi, con grande lentezza, gli abbassa gli slip, liberando il sesso. Eduardo guarda affascinato la cappella, poi si china e la prende in bocca. Pedro sussulta. Grida il nome di Eduardo, gli prende la testa tra le mani. Ma Eduardo si sta dando da fare con la lingua e con le labbra, lecca, succhia, accarezza, mentre le sue mani stringono il culo.

- Eduardo, fermo! Altrimenti vengo.

Eduardo sorride e molla la sua preda. Si alza. Anche Pedro si alza, lo abbraccia ancora, poi gli slaccia la cintura e gli abbassa pantaloni e slip insieme. Guarda il bel cazzo del suo capitano, che svetta sulla peluria nera che copre il ventre. Si china e lo prende in bocca. Avrà modo di gustarlo più a fondo, in altre occasioni, adesso è solo un assaggio.

- Cazzo! Pedro, non ce la faccio più. Muoviti con questa doccia del cazzo.

Pedro si alza, bacia ancora Eduardo sulla bocca e corre alla doccia. Si è appena infilato sotto l’acqua, quando vede arrivare Edoardo con la bustina di un preservativo. Entra anche lui nella doccia: in fondo ci stanno tutti e due. Si baciano ancora, mentre Pedro lava la schiena del suo capitano, sfregando bene il sapone tra le natiche e dietro i coglioni.

Eduardo gli prende il sapone e glielo passa sul torace, sul ventre, sulla schiena. Si baciano ancora. Poi Eduardo apre la bustina e infila il preservativo sul cazzo bagnato di Pedro. Si volta, in modo da dare la schiena al suo marinaio. Pedro lo stringe tra le braccia, lo bacia sulla nuca, sulla spalla, lo morde. Poi lo spinge contro la parete della doccia, ormai accecato dal desiderio, e gli divarica le natiche con le mani. Avvicina la cappella all’apertura e lentamente entra.

Eduardo geme. Pedro avanza, piano, mentre sente il piacere che sale e gli toglie il fiato. Eduardo geme di nuovo, più forte. Grida: - Sì!

Pedro spinge a fondo, schiacciando il corpo di Eduardo contro la parete.

- Ti amo!

E ritrae il cazzo fin quasi a farlo uscire, per poi spingere di nuovo fino in fondo, in un movimento continuo. Eduardo geme, Pedro emette suoni strozzati. Le mani di Pedro accarezzano il corpo di Eduardo, lo stringono, lo martoriano. Quelle di Eduardo sono appoggiare contro la parete.

Pedro spinge con forza, mentre il piacere si espande, fino ad inghiottirlo tutto e ad annullarlo. E allora grida, mentre il seme sgorga e sente che Eduardo geme più forte, squassato dallo stesso piacere.  

Pedro ha chiuso gli occhi. Nulla esiste più, né il passato, ora davvero scomparso per sempre, né il presente, che solo lentamente riemerge. Esiste soltanto il corpo che stringe tra le mani.

 

2012

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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