Una corda al collo Ben vede che la bottega di fianco a casa sua è aperta: il nuovo fabbro è arrivato, come previsto, nei due giorni in cui lui è stato via. Ben spera solo che non sia come il precedente, un metodista bigotto che lo odiava e non perdeva occasione per ammonirlo che sarebbe bruciato tra le fiamme di Sodoma e Gomorra. Che rottura di coglioni! Ben entra in casa. È tardi per aprire bottega: è quasi l’ora in cui abitualmente chiude, non verrà nessuno a cercare il barbiere, del becchino non sembra esserci bisogno, nessuno è morto ieri od oggi. Come in tante altre cittadine del West, Ben taglia i capelli e si occupa di seppellire i morti. Ben sistema le poche cose che aveva con sé e poi si dice che potrebbe fare un salto dal vicino, a presentarsi e salutarlo. Forse dovrebbe darsi una lavata prima, ma può farlo più tardi: è un po’ sudato, ma non è tanto sporco, non viene da molto lontano. La bottega del fabbro è esattamente di fianco alla sua: tra i due edifici c’è appena un passaggio. Ben entra nella bottega e vede l’uomo indaffarato. Il fiato gli manca, perché quello che ha davanti è un marcantonio, alto, ben piantato, con due braccia che sembrano tronchi d’albero e un torace possente ricoperto da un pelame rigoglioso. Cazzo! Cazzo! Ha pure il ventre un po’ sporgente, come a Ben piace, il tutto bene in vista, perché indossa solo un paio di pantaloni. È alquanto sudato e le goccioline che gli scivolano tra i peli sembrano piccoli diamanti. Ben fa fatica ad articolare le parole, mentre l’uomo lo fissa, con uno sguardo interrogativo. - Buongiorno. Sono Benjamin Guildford, barbiere e becchino di questa cittadina, il suo vicino. L’uomo sorride. Ha un bellissimo sorriso, che illumina quel bel barbone, e occhi di un azzurro profondo. Si avvicina e gli porge la mano. - Piacere di conoscerti, Ben. Io sono Judas, Judas Barnstaple. L’uomo ha una stretta vigorosa. Adesso che è vicinissimo, Ben sente l’odore di sudore, intenso, ma non spiacevole, tutt’altro: a Ben piace un casino. Ma è il vicino che a Ben piace un casino. Judas sta sistemando i suoi attrezzi, deve aver appena smesso di lavorare. Ben non riesce a spiccicare due parole, non ce la fa neppure a distogliere lo sguardo un secondo da Judas, figurarsi se trova la forza per salutare ed andarsene! E, quel ch’è peggio, sotto la cintura avverte una nuova tensione. Sta facendo la figura dell’idiota. Un idiota in calore. Judas sta chiudendo la porta della bottega e mette la sbarra a bloccarla. Adesso chiude anche le finestre. Il locale rimane nella penombra. Ben si rende conto che adesso sono chiusi dentro. Che cazzo sta facendo Judas? Judas si avvicina. - Sono contento che tu sia venuto a presentarti, vicino. E dopo aver detto queste parole, Judas gli prende la testa tra le mani e lo bacia sulla bocca. Ben rimane senza parole, ma quando uno ti sta baciando sulla bocca, non è che servano molto le parole. E quando una lingua ti si infila tra i denti, parlare diventa difficile. Ben non ha niente da dire. Al massimo potrebbe gemere, perché le mani di Judas hanno lasciato la sua testa (tanto ci sono già la lingua e la bocca che si occupano dell’area) e scorrono lungo la sua schiena, fino al culo, che stringono con forza. Di solito non capita che quando uno si presenta al nuovo vicino si trovi baciato ed abbracciato in capo a cinque minuti, ma la piega che ha preso questa presentazione a Ben va benissimo ed in effetti, dopo la paralisi da stupore, anche Ben si dà da fare. Abbraccia Judas e incomincia a giocare con la lingua, mentre le sue dita scorrono tra il pelame che copre la schiena del fabbro, meno fitto di quello che ha sul torace. Le mani del fabbro sono morse, che fanno male quando stringono e ora stanno sbottonando la camicia di Ben (un bottone salta, ma non è il caso di protestare), per poi sfilargliela e passare ad accarezzare la schiena. Ora sono delicate, le mani, ora sfacciate, si infilano nei pantaloni ed è bello sentirle scorrere sulla pelle, pizzicare (ahi!), mentre un dito scivola lungo il solco verso una meta precisa. Judas stacca un attimo la bocca da quella di Ben, per dirgli: - Credo che andremo d’accordo, vicino. Anche Ben è di questo parere, ma non fa in tempo a esprimerlo, perché Judas lo bacia di nuovo, mentre gli slaccia la cintura. Ben decide che non può rimanere inerte di fronte a questa offensiva, per cui reagisce: anche lui slaccia i pantaloni di Judas e li abbassa, insieme a quello che c’è sotto. Non può vedere quello che ne viene fuori, perché Ben continua a baciarlo e giocherellare con la lingua, ma le sue mani incontrano un ferro rovente di dimensioni ragguardevoli e Ben, in un momento in cui la sua bocca è libera, geme. Intanto anche Judas gli ha abbassato i pantaloni e ora si stacca. - Meglio che finiamo di spogliarci, prima di proseguire, no? Ben annuisce. A lui andava anche bene continuare, ma non può dare torto a Judas: i pantaloni alle caviglie e le scarpe impacciano un po’ i movimenti. E poi mentre Ben si sfila gli stivali e Judas le scarpe, ha modo di guardare il suo vicino, in particolare la parte che prima era coperta. Che cazzo, cazzo! E che magnifici coglioni, grossi, ricoperti di pelame pure quelli. E (Judas si volta un po’ per togliere la seconda scarpa) che bel culo, robusto, peloso. Judas è nudo, il più bell’esemplare di maschio che Ben abbia mai visto (giudizio forse un po’ condizionato dalla situazione, ma comunque sincero), con il cazzo in tiro. - Sei bellissimo, Ben. Ben sa di avere un bel corpo, ben proporzionato, anche se non alto, ed è felice che Judas lo apprezzi. Judas gli prende ancora la testa tra le mani, lo bacia e poi gli sussurra, guardandolo negli occhi, la voce roca: - Ti va se te lo metto in culo, Ben? Ben non chiede di meglio. Annuisce. Pensa che è una vita che non scopa, da quando, sei mesi fa, Dave Hunter è tornato con il cadavere di Jimmy lo Sciacallo. Qui a Deepsource non c’è nessuno che gli piaccia davvero. Adesso c’è Judas, che lo sta di nuovo baciando. Ben non è abituato a essere baciato sulla bocca: i rapporti tra uomini qui nel West sono di solito la rapida soddisfazione di un bisogno, bastano un cazzo ed un culo. Dave era un’altra cosa, lui è uno che ci sa fare, ma ormai è fuori portata, ha un compagno e si è stabilito nel Nebraska. Ma anche Dave non è che baciasse. Judas allontana la bocca, gli sorride e poi lo solleva, senza sforzo. Ben è più basso di Judas di una spanna ed è meno grosso, ma è muscoloso e non è proprio una piuma. Eppure Judas lo porta senza fatica fino ad un tavolaccio, su cui lo posa, con il culo sul bordo. - Voglio guardarti in faccia mentre te lo metto in culo, Ben. Sei bellissimo. Ho il più bel vicino che mi sia mai capitato. Si china su di lui, lo bacia ancora, poi gli solleva le gambe, mettendosele sulle spalle. Si bagna abbondantemente la mano con la lingua e incomincia a passarla sul buco di Ben, che geme nuovamente. - È meglio che bagni un po’, non vorrei farti male… Judas ghigna e poi gli dice: - Anche se credo che non sia proprio la prima volta che te lo pigli in culo. Judas ride, ha una bella risata, franca, allegra, rumorosa. Ben sorride, ma tutto il suo corpo è in tensione, perché la mano che gli accarezza il solco, che stuzzica il buco, infila dentro un dito, poi due… quella mano è un tizzone ardente a contatto con paglia e rami secchi e l’incendio si scatena, Ben geme più forte, incapace di contenersi. Judas sputa sulla mano, bagna ancora un po’ e poi Ben sente che il grosso cazzo di Judas sta premendo contro il suo culo, sta entrando. Ben si tende, in uno spasimo di dolore e piacere, mugola, mentre Judas grugnisce. Judas gli passa le mani sul torace e sul ventre, mentre lentamente spinge il suo arnese a fondo, sempre più a fondo. A Ben pare che questa avanzata non debba finire mai e davvero vorrebbe che non finisse mai. A tratti la sensazione è tanto forte che Ben chiude gli occhi, stravolto dal piacere, che è anche dolore. E poi li riapre e guarda Judas, che gli sorride e lo accarezza e gli mormora parole, mescolando apprezzamenti ed oscenità. A Ben pare di essere in paradiso, anche se il suo precedente vicino non sarebbe stato d’accordo, probabilmente avrebbe considerato Judas un diavolo. Se è così, ben venga l’inferno, se i diavoli sono dotati come Judas e ci sanno fare come lui, le fiamme eterne vanno benissimo. In effetti in culo Ben sente un fuoco e vorrebbe davvero che fosse eterno. Judas è arrivato al fondo e ora si ritrae, per avanzare nuovamente, mentre le sue mani percorrono il corpo di Ben, che geme, sospira, mugola e poi si trova, quasi senza rendersene conto, a gridare ad ogni nuova spinta che lo squassa. Judas procede, sorridendo, accarezzandolo, facendolo impazzire di piacere. Ben lo guarda, guarda i rivoli di sudore che si perdono tra i peli sul torace e sul ventre, le goccioline sulla fronte, gli occhi, di un azzurro intensissimo, il sorriso. Vorrebbe accarezzargli il viso, ma non può raggiungerlo. Allora gli poggia le mani sui fianchi, poi le passa sul petto, sulla pelle umida di sudore, tirando i peli, accarezzando. E Judas continua nel suo movimento inesorabile, mentre Ben urla senza ritegno. Le loro parole si mescolano, come il loro sudore, come le loro mani, che ora si incontrano e si stringono, suscitando l’invidia delle loro bocche, che vorrebbero fare altrettanto. Judas cavalca a lungo, ora trottando, ora galoppando, ora andando al passo e Ben pensa che nessuno lo ha mai cavalcato così, neppure Dave. Il sole ormai è tramontato e nella stanza, con le imposte chiuse, sta scendendo il buio. Ma negli occhi di Ben ci sono lampi di luce. Infine Ben sente la scarica che gli riempie il culo e la mano di Judas che, ruvida e insieme delicata, gli accarezza il cazzo. Ben grida - se qualcuno passasse davanti alla bottega, penserebbe che lo stanno scannando - ed il piacere che riempie il suo culo si confonde con quello che sale dai coglioni ed esplode sul suo ventre. Ora Judas esce da lui, fa scivolare il corpo di Ben in modo che sia tutto sul tavolaccio e gli si stende accanto. Lo accarezza dolcemente, passandogli la mano sul viso, sul collo, sul torace. Lo bacia con delicatezza, sulla bocca, sugli occhi, sulla fronte, mentre la mano scende a sfiorargli il cazzo e a giocherellare con i coglioni. Rimangono a lungo così. Ben ci resterebbe per sempre. Ma a un certo punto Judas gli dice: - Ci diamo una lavata, vicino? Ben annuisce. Judas scivola fino al bordo del tavolaccio, mette le gambe a terra e si alza, poi tende una mano a Ben e lo aiuta a sollevarsi. Accende una lanterna. Poi prende due secchi d’acqua e ne sente con la mano la temperatura. - Bene, non ha fatto in tempo a raffreddarsi troppo. Me lo versi tu? Ben annuisce. Prende il secchio e ne rovescia un po’ sul torace di Judas, che si insapona. Poi fa lo stesso con la schiena. È un piacere guardare Judas che si strofina energicamente il culo e la schiena, il torace ed il ventre, il cazzo ed i coglioni. L’acqua è tiepida, Judas doveva averla scaldata vicino al fuoco. Adesso è il turno di Judas a rovesciare l’acqua e Ben sente lo sguardo di Judas su di lui. A tutti e due sta ritornando duro. Judas prende una striscia di tessuto ed incomincia ad aiutare Ben ad asciugarsi. Gliela passa sul torace e sul ventre, poi si mette dietro di lui e gli asciuga la schiena. E poi con una mossa rapida lo stringe a sé e gli morde un orecchio. I loro corpi aderiscono. E il cazzo di Judas cerca e trova il rifugio accogliente che ha lasciato non molto tempo fa. Si vede che ci stava bene. Mentre l’intruso ritorna a quello che sembra considerare il suo posto, le mani di Judas accarezzano e maltrattano il cazzo e i coglioni di Ben, come fossero una loro proprietà. Stare in piedi con un bel cazzo in culo non sarà comodo, ma Ben non si lamenta: i suoi gemiti hanno un’altra origine, anche se il barbiere non saprebbe dire se conta di più la mano che si dà da fare sul davanti o l’arnese che scava dietro. E quando infine hanno concluso e si sono ripuliti, Judas gli dice: - Ci mettiamo a tavola, vicino? Anche un invito a cena? Questo Ben non se l’aspettava proprio! - Ben volentieri. Judas prepara rapidamente una cena: cuoce due belle fette di carne da mettere sotto i denti, scalda le patate, già cotte prima, e tira fuori da un armadio il pane. Mangiano scambiando poche parole, affamati entrambi, ma Judas lo guarda e sorride ed a Ben sembra che quegli occhi dicano un sacco di cose. Dopo cena, Judas mette a posto la cucina (molto ordinato e pulito, nota Ben, due qualità che apprezza), poi Judas gli dice: - È tardi ormai, Ben. Vorrai mica farti tutta la strada di qui a casa tua, in questa notte buia come il culo del diavolo? Fermati a dormire da me. In effetti non che Ben abbia così voglia di fare i quattro passi dalla porta della casa di Judas alla sua. E l’idea di dormire con Judas gli fa piacere. È un po’ presto, forse, per mettersi a dormire, ma Ben sospetta che non dormiranno subito… * Ben si sveglia tra le braccia di Judas. Sono tre mesi che ogni mattina Ben si sveglia in paradiso, perché quelle braccia robuste e pelose sono il paradiso (come il corpo forte che preme contro la sua schiena, come il grosso arnese, quasi sempre in tiro il mattino presto, che Ben sente contro il suo culo e che tra non molto si farà strada dentro di lui). Tutti i giorni si svegliano, scopano, fanno colazione, poi Ben passa nella casa di sua proprietà e apre bottega. Ogni tanto, quando nessuno dei due ha clienti o è indaffarato, uno passa dall’altro e parlano un po’ o stanno anche soltanto insieme, soddisfatti di essere uno vicino all’altro. La sera, terminato il lavoro, Ben torna in quella che ormai è davvero la sua casa. Judas sta ancora dormendo. Ben rimane immobile, non vuole svegliarlo. Ben pensa a come la sua vita sia cambiata completamente. Tre mesi fa era solo, ora vive con Judas. Scopa con Judas. Ama Judas. L’amore è venuto dopo: Judas gli è piaciuto subito, moltissimo, ma era solo attrazione fisica. Vivendo con lui, Ben si è innamorato, giorno dopo giorno, e sa che Judas si è innamorato di lui, anche se non se lo sono mai detto - ma quante volte Judas gli ha detto che gli piace moltissimo? Anche questa mattina tutto si svolge come al solito. E d’altronde, perché cambiare, quando si sta bene così? Il cambiamento arriva, del tutto inatteso, nella mattinata. Ben sta tagliando i capelli ad Oscar, il più giovane dei fratelli Bergson, quando Judas appare sulla soglia. Di rado succede che Judas venga da lui quando Ben ha un cliente, ma a mettere in allarme Ben è la faccia di Judas, faccia da temporale - o forse da funerale. Fuori c’è il cavallo di Judas, sellato e con un bagaglio che fa pensare a un viaggio non breve. - Devo andare, Ben. Magari ripasso. Ben rimane senza parole. C’è nel saluto di Judas qualche cosa che gli fa male, un male dannato, che gli toglie il fiato e spegne il sole. Ben non credeva che si potesse stare così male solo perché qualcuno ti dice che se ne va. Ben sente la terra che sprofonda sotto i suoi piedi. Si scusa con il cliente ed esce per parlare con Judas, che si è già voltato, ha raggiunto il cavallo e ora sta per salire in sella. Judas non lo guarda. Ben fa fatica a parlare. - Che cosa succede, Judas? Che cosa vuol dire che te ne vai? Judas sale a cavallo, senza girarsi a guardarlo. - Me ne vado. Addio, Ben. Ha spronato il cavallo e si allontana, non verso il centro della cittadina, ma in direzione del deserto. Ben è inchiodato al suolo, schiacciato sotto un peso che lo soffoca. Non è possibile. Non è possibile. Questa mattina si sono amati e tutto era come sempre. E adesso, sono forse passate due ore, Judas se ne va, senza una parola di spiegazione. Ben vorrebbe nascondersi in un angolo e piangere, come un bambino piccolo, piangere senza che nessuno lo veda. - Eh che cazzo, Ben! Intendi lasciarmi qui ancora a lungo? Ben si volta, si scusa con Oscar, ritorna in bottega e cerca di riprendere il lavoro. Ma fa fatica, il dolore che sente dentro è troppo forte. A scuoterlo sono le parole di Oscar: - Così Barnstaple se ne va. Carl aveva ragione… Ben cerca di non tradire l’ansia che lo rode. - Di cosa stai parlando? Non ne so niente. Oscar inizia a raccontare, senza farsi pregare: - Ieri sera, tardi, sono arrivati al saloon quattro tipi di fuori, io non li avevo mai visti. Hanno preso da bere e poi si sono messi a chiacchierare. Uno ha detto che aveva bisogno di far ferrare il suo cavallo, ha chiesto se c’era un buon maniscalco. Gli hanno detto che il fabbro si occupava anche di ferrare i cavalli. Allora questi tizi hanno incominciato a chiedere notizie sul fabbro, che tipo era, se era bravo, quando era arrivato, come si chiamava… La mente di Ben lavora in fretta. Cerca di capire. Qualcuno è arrivato in città a cercare Judas, Judas l’ha saputo ed ha deciso di andarsene. Questi che sono arrivati sono una minaccia per Judas, questi… - Ehi! Che cazzo fai? Vuoi tagliarmi un orecchio? In effetti le forbici hanno tagliato dove non dovevano. Per fortuna è solo un graffio. - Scusa, Oscar. Sai com’è, Judas è il mio vicino, questa faccenda puzza alquanto, sono un po’ scombussolato… Oscar annuisce. In città più d’uno sospetta che il barbiere/becchino ed il fabbro non siano solo molto amici. Niente di strano che Ben sia agitato. - Va bene, lasciami le mie orecchie e apri le tue, che finisco la storia. Insomma, era chiaro che quelli non cercavano un maniscalco, ma Judas. Hanno chiesto com’era fatto, si sono fatti raccontare dove abita, tutto insomma. Ancora un po’ e volevano sapere anche il suo numero di scarpe. Poi hanno preso una camera e si sono fermati a dormire in città. Adesso Judas se ne va… Deve aver saputo da qualche cliente che lo cercano ed ha buoni motivi per non farsi trovare. Sì, è così, certamente. Judas se n’è andato per questo, Judas è in pericolo. Ha deciso di fuggire subito, prima che gli altri vengano a cercarlo. Un’idea attraversa la testa di Ben: - Senti, Oscar, se è così, Judas corre dei rischi. Lasciamogli il tempo di togliersi di qua. Non raccontare che è andato via. Dirò che è ammalato. Oscar riflette un momento, poi annuisce. - Sì, credo che tu abbia ragione, Ben. Non dico niente. Ben lo conosce: Oscar è un brav’uomo, manterrà la sua promessa. Oggi Ben lavora senza pausa. Ci sono giorni in cui i clienti sono pochi, altri in cui è un flusso continuo. Oggi è un giorno che non lascia tregua. Ben stramaledice i clienti, che sembrano aver stabilito i turni per non lasciarlo respirare un secondo. Più di una volta pensa che potrebbe chiudere la bottega con qualche scusa, ma a che servirebbe? Judas se n’è andato, non può parlargli. Judas se n’è andato, il pensiero è un coltello che gli apre il ventre. E poi i clienti parlano, raccontano di quei quattro figli di puttana, che ieri sera facevano tante domande e adesso perdono il tempo in città, come se non avessero niente da fare. Qualcuno sospetta che intendano fare una visita notturna. Ben ascolta, chiede altri dettagli. Molti si informano di Judas, gli chiedono perché la bottega è chiusa. Evidentemente Oscar non ha parlato. Meno male. Ben dice che Judas non stava bene, è rimasto a letto. Nel pomeriggio inventa pure che a mezzogiorno è passato a vederlo, che sta meglio, ma non se la sente di lavorare. Verso sera passa anche un tipo che Ben non ha mai visto. Dice che ha bisogno di un fabbro, che gli hanno indicato quella strada, ma ha visto che la bottega è chiusa. Ben dice che il suo vicino sta male, che è meglio ripassare domani. È notte. Ben è steso sul suo letto, che negli ultimi tre mesi non ha mai usato. Non dorme. Non riuscirebbe a dormire in ogni caso, ma non ci prova neppure. Sa che quelli che cercano Judas verranno e vuole controllare ciò che succederà. Ogni tanto si alza, guarda dalla finestra se c’è qualcuno. E intanto pensa che Judas è lontano, in pericolo. Che non sa come ritrovarlo. E l’angoscia gli scava dentro. Il nitrito del cavallo lo avverte del loro arrivo. Ben guarda dalla finestra: ha lasciato le imposte appena socchiuse, per poter vedere fuori senza essere visto. Sono quattro. Sono loro, senza dubbio. Scompaiono oltre la casa di Judas. Ben passa sul retro. Sente dei rumori. Devono aver forzato la porta posteriore ed essere entrati. Passano venti minuti, che a Ben paiono eterni. L’orologio ticchetta. Ben chiude gli occhi. Pensa a Judas. Judas, che non ritroverà mai più. Judas, che ama. Judas. I colpi alla sua porta lo fanno sussultare. Sono loro, di certo. Che può fare? Affrontarli armato, da solo, non è possibile. Anche se non apre, entreranno, come sono entrati da Judas. E lo troveranno. Meglio aprire. Non sa nulla, tanto. I colpi risuonano di nuovo, più decisi. Ben apre la porta e dice: - Chi siete? Che… Il pugno lo prende allo stomaco. Ben si piega in due, mentre lo spingono dentro. Prima che sia riuscito a riprendere fiato, Ben ha le mani legate dietro la schiena e una pistola puntata alla testa. - Adesso ci dici dov’è quello stronzo, altrimenti ti facciamo secco. Ben cerca di arginare la paura che sta straripando. Non sa nulla. Non può dire nulla. Non otterranno niente da lui. Non potrà tradire Judas, questo è quello che conta. Lo ammazzeranno, questo Ben lo sa, ma non tradirà Judas. Non finge di non sapere di chi stanno parlando, è inutile. - Il fabbro? Non lo so. Questa mattina diceva che era malato, ma questa sera non c’era più. Il pugno in faccia lo intontisce. Ben vacilla. - Tu sai dov’è scappato quel figlio di puttana. Ti conviene dircelo in fretta. Ben ansima. Risponde: - Non lo so, non mi ha detto niente. Un altro colpo, allo stomaco. Ben si piega in due. Ha le lacrime agli occhi. - Sparagli, Lou. Ben sente la pistola contro la nuca. Aspetta il colpo. E pensa a Judas, alla prima volta che l’ha visto. Vuole morire con l’immagine di Judas negli occhi. - Aspetta, impicchiamolo. Vediamo se non parla dopo aver ballato un po’ in aria. Lo trascinano fuori, nel cortile, e di lì passano nell’officina di Judas. Uno degli uomini incomincia a preparare il cappio. - Se non ci dici dov’è, ti impicchiamo. Ce ne metterai del tempo a crepare. - Non lo so! Vi giuro che non lo so! - Hai finito, Emil? L’uomo che sta preparando il cappio annuisce. Lancia la corda oltre una trave, in modo che ricada dall’altra parte. - Sollevalo, Archie. Archie lo prende tra le braccia e lo solleva da terra. Emil incomincia a far passare il cappio intorno alla sua testa. Ben sente la corda che gli sfiora il viso. Ora è sul collo ed Emil stringe il nodo. Sta per morire. - Allora, stronzo, vuoi dirci dov’è scappato quel figlio di puttana? - Non lo so, non me l’ha detto. L’uomo che ha parlato, Lou, fa un cenno ad Archie, che molla la presa. Ben cade di poco e la corda gli attanaglia il collo. Cerca di respirare, ma è sempre più difficile, il fiato gli manca. Tra poco morirà. Il pensiero torna ancora a Judas. Ben incomincia a scalciare. A un cenno di Lou, Archie lo prende di nuovo tra le braccia ed Emil allenta il cappio e lo toglie. Lo lasciano andare e Ben cade a terra, ansimando. - Allora, figlio di puttana, ti decidi a parlare? Ben cerca di recuperare il respiro, ma il calcio che lo prende allo stomaco non aiuta. È in quel momento che dal retro irrompono otto uomini. - Mani in alto o spariamo! Ben non è mai stato così contento di vedere Mike, lo sceriffo, con Eddy, il suo vice. Ma quando si accorge che tra gli uomini c’è anche Judas, la gioia è tanto forte che vorrebbe urlare, anche se non ha fiato. Solo Lou cerca di reagire, ma un proiettile lo raggiunge al braccio prima che abbia potuto tirar fuori la pistola. Gli altri si arrendono, ben sapendo che finirebbero crivellati di colpi prima di riuscire a estrarre le armi. Mentre gli uomini dello sceriffo ammanettano i quattro, Judas si precipita su Ben, lo abbraccia, lo solleva da terra, gli chiede come sta. Ben sta benissimo. Nonostante il dolore allo stomaco e al naso, il sangue che gli cola dal labbro ed il segno al collo, il respiro ancora affannoso e il tremito che ora lo scuote, Ben sta meglio di come si è sentito per tutta la giornata, Ben può dire senza mentire che è felice. Le lacrime che gli vengono agli occhi sono di sollievo puro, perché ha ritrovato Judas. Dopo che lo sceriffo e i suoi uomini hanno condotto i quattro in prigione, Judas solleva Ben e lo porta nel loro letto: Ben può camminare, si è ripreso completamente, è solo un po’ scosso, ma Judas lo tratta come un bambino malato ed a Ben non dispiace farsi coccolare. Ma vuole anche sapere. Allora, quando sono distesi insieme sulle lenzuola, Judas lo abbraccia ben stretto e finalmente gli racconta della banda dei Mayer, che seminava il terrore nella vallata in cui Judas viveva. Lui aveva scoperto il loro rifugio, casualmente, un anno fa e lo aveva riferito allo sceriffo: quei bastardi erano stati catturati e impiccati. Quattro di loro però erano scampati alla cattura e Judas aveva dovuto fuggire per evitare che lo ammazzassero come un cane. Questa mattina Judas ha capito subito che si trattava di loro, quando un cliente gli ha parlato di quei quattro che lo cercavano. Ha deciso di andarsene, senza spiegare, temendo che potessero arrivare da un momento all’altro e soprattutto che Ben venisse coinvolto. Ben ha ascoltato senza parlare, ma ora le parole gli sfuggono: - Ho temuto di averti perso. - Mi sarei messo in contatto con te, Ben. Cazzo! Quando ti ho lasciato stavo di merda. Non poterti spiegare… Ben, lo sai benissimo… non potrei andarmene senza di te. Ben annuisce. Lo sa, ma quando ha visto Judas sul cavallo… Non vuole pensarci, tutto è chiaro, ora, Judas lo tiene tra le sue braccia e nessun pericolo lo minaccia più. Questo solo conta. - E come mai sei tornato? - Sono partito di corsa, pensando solo a fuggire ed evitare che tu ti trovassi in mezzo. Ma dopo aver fatto un po’ di strada, ho riflettuto sulla situazione. Temevo che ti succedesse qualche cosa. I Mayer potevano credere che tu sapessi dov’ero scappato. Quei figli di puttana erano capaci di prendersela con te. L’hanno fatto, quei bastardi l’hanno fatto! Ben avverte la rabbia di Judas, ma dentro di lui non c’è ira o rancore: quello che ha passato non significa niente, i segni scompariranno in fretta, il ricordo svanirà. L’unica cosa che conta è che Judas lo tiene tra le sue braccia. - Così quando è diventato buio, sono tornato e sono andato dallo sceriffo. Abbiamo perso tempo, a radunare gli uomini: abbiamo rischiato di arrivare troppo tardi. Cazzo! - È finita, Judas. Non ha importanza. - Voglio vederli impiccare, quei quattro maiali fottuti. * L’esecuzione si svolge nella piazza principale. I quattro erano stati tutti condannati a morte assai prima che venissero a cercare Judas: Mike si limita a eseguire la sentenza. Lo sceriffo è particolarmente soddisfatto: a lui piace un casino vedere i fuorilegge penzolare dalla forca e da tempo non gli capitava di impiccarne qualcuno. Oggi vuole godersi lo spettacolo, dall’inizio alla fine. Nessuno vuole perdersi l’impiccagione: in piazza c’è quasi tutta la città, tutti gli uomini, almeno, e parecchie donne. Ci sono anche Judas e Ben. Judas è ancora furente con quei quattro, per quello che hanno fatto a Ben. Ben vuole essere sicuro che i nemici di Judas siano morti tutti. Mike ha fatto le cose per bene. La forca è montata su una piattaforma alta, in modo da essere ben visibile, e le corde sono corte: lo sceriffo vuole vederli scalciare un po’, prima che crepino. A un cenno di Mike, Eddy muove la leva e la parte anteriore della piattaforma si inclina. I quattro si ritrovano sospesi nel vuoto. Qualche movimento convulso del corpo e poi incominciano ad agitare le gambe, cercando disperatamente un appiglio. Gli spettatori ridono, molti urlano insulti o li deridono. Judas sibila solo, pianissimo: - Crepate, fottuti maiali, crepate! Lo spettacolo dura diversi minuti: Lou smette di agitarsi prima degli altri, il suo corpo ha solo piccoli movimenti, probabilmente non è neppure più cosciente, ma gli altri proseguono a lungo. Judas è dietro Ben, appiccicato a lui e, sarà effetto della lunga danza dei Mayer, sarà - più probabilmente - effetto del contatto con il culo di Ben, ma il barbiere avverte una pressione sempre più forte e decisamente familiare, anche se ora i vestiti rendono impossibile la naturale evoluzione della situazione: dovranno aspettare di essere a casa. Anche a tre dei banditi viene duro, come Ben potrà verificare in veste di becchino, ma è solo una conseguenza dell’impiccagione: loro vengono anche, nei pantaloni. Quanto a Mike, Ben è pronto a scommettere che lo sceriffo verrà pure lui, guardando i quattro che ormai stanno completando la loro esibizione: Lou è immobile, si è pisciato addosso e un’ampia macchia gli si allarga sul davanti; due muovono appena le gambe, ancora vivi, ma certamente non più coscienti; soltanto Archie scalcia ancora, ma con movimenti sempre più lenti. Il rigonfio nei suoi pantaloni rivela una formidabile erezione: preparando i corpi per la sepoltura Ben avrà modo di notare che quel bastardo era dotato come un cavallo. Ben sente la voce di Judas sussurrargli nell’orecchio: - Che ne dici se ce ne andiamo adesso, così abbiamo un po’ di tempo prima che lo sceriffo ti porti i cadaveri? A Ben l’idea pare ottima: sentire quello sperone contro il culo ha avuto una conseguenza ampiamente prevedibile. Non sono solo tre degli impiccati (e Mike e diversi altri spettatori) ad averlo duro… Ora sono distesi sul letto di Judas, nudi entrambi. Judas ha la testa verso la parete e Ben verso il fondo del letto. Non parlano, ognuno dei due ha la bocca piena. Le persone ben educate non parlano con la bocca piena. 2010 |