Lampo

(I finale)

 

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Sabato. Roberto sta per finire il suo turno di lavoro. Alla scrivania davanti a lui è seduto Francesco, il suo collega. Roberto lo guarda. Nella sua testa passano mille pensieri. Ogni tanto Roberto fissa la porta dell’ufficio del suo capo. Avrà a che fare con un altro omicidio, quello di un suo agente, perché Roberto vive in un’area di competenza del commissario. A Roberto manca il fiato.

Il loro turno è finito. Si alzano. Si salutano.

- Questa settimana pure il sabato ci è toccato lavorare! Che rottura! Meno male che ci risparmiamo la domenica. Ci vediamo lunedì, Roberto.

Una stretta alle viscere. No, non si vedranno lunedì. Non ci sarà più nessun lunedì. Oggi è l’ultimo sabato. Ci sono ancora alcune ore di domenica, poco più di tre.

Roberto risponde:

- Buona domenica, Francesco.

 

È notte. L’orologio segna le due. Roberto è steso sul letto, nudo: ha soltanto il ciondolo a forma di lampo, che ogni tanto sfiora con un dito. Guarda il soffitto. La luce nella camera è spenta, ma un po’ di chiarore filtra dalla strada. Roberto ha fatto tutto quanto doveva. Ha scritto a Eze, ha comprato due bottiglie di vodka ed una di alcol denaturato. Sono sul comodino, accanto alle corde.

Roberto sa che basterebbe alzarsi, mettere la chiave nella toppa, dare un giro o tre e lasciarla lì: nessuno potrebbe entrare. Domani mattina Roberto si alzerebbe e potrebbe incominciare una nuova giornata.

Non ci sarà una nuova giornata.

L’immagine di Birillo ritorna, ossessiva, e la tensione sale. Il cazzo è duro e Roberto lo sfiora appena. Guarda le bottiglie, appena visibili nella penombra. Rabbrividisce. Le sue dita cercano le cicatrici che coprono il suo corpo. Le accarezza. Ricorda il modo in cui ognuna di loro è stata prodotta.

A tratti la paura emerge, forte. A un certo punto Roberto fa per alzarsi ed andare a chiudere la porta, ma torna a stendersi. Ha fatto la sua scelta, non tornerà indietro. Ogni tanto un lampo illumina la stanza, ma non piove ancora.

Eze arriva puntuale. Apre silenziosamente la porta e la richiude dietro di sé. Raggiunge la camera da letto.

Roberto guarda il suo assassino, poco più che un’ombra. Chiude gli occhi.

Eze accende la luce sul comodino, volgendola verso il muro, in modo che la stanza sia appena illuminata. Poi si toglie i guanti, si china su di lui e lentamente lo accarezza. Le punte delle dita gli sfiorano una guancia, scendono sul collo, sul torace, fino al ventre, scorrono a fianco del cazzo teso, lungo una gamba. Poi sono le due mani ad accarezzarlo ed a scendere, delicatamente, dal viso alle caviglie.

Eze lo volta e gli accarezza la schiena, le scapole, poi la colonna vertebrale, giù, fino al solco, ma qui le due mani scivolano sull’esterno delle natiche e poi lungo le cosce.

Eze si spoglia e Roberto guarda i movimenti lenti con cui il suo assassino si toglie la camicia, poi le scarpe ed i pantaloni, rimanendo con i jock-strap.

Eze gli divarica le gambe, poi prende a mordere le natiche. E dopo i morsi è una carezza umida che scorre lungo il solco ed indugia sul buco, a lungo. Eze accarezza con la lingua, poi preme e Roberto geme. A lungo la bocca di Eze prepara la strada. La tensione in Roberto sale lentamente.

Eze lo volta di nuovo. Si mette i guanti. Prende la corda e la mostra a Roberto. Poi gli piega la gamba sinistra e con la corda lega il ginocchio al gomito, in una morsa che non si può sciogliere.

Roberto lascia che Eze lo leghi. Il cuore gli batte più forte, ma il desiderio sale in lui. Il cazzo sembra tendersi ancora di più. Per l’ultima volta.

Eze passa un’altra corda intorno alla caviglia e al polso sinistri.

Poi la sua bocca percorre il torace di Roberto, mordicchiando e strappandogli piccoli gemiti. Le sue mani accarezzano il corpo della sua vittima, dalla bocca al culo. Sono abili, queste mani, sanno muoversi con maestria, sanno stringere una corda ed accarezzare, torturare ed uccidere. Indugiano a lungo sull’apertura, a ricordare che quella è la meta.

Ora Eze ripete le stesse operazioni con la gamba e il braccio destro. Un lampo illumina il volto di Eze, il volto del suo assassino. Il tuono pare riempire la camera con il suo fragore. E di colpo un terrore cieco sale dalle viscere di Roberto. Non vuole, non vuole. Non vuole morire. Cerca di liberare il braccio che Eze sta legando, dalla gola gli esce un grido strozzato:

- No, no!

Eze fa un nodo provvisorio, che non blocca del tutto i movimenti.

Roberto ripete, disperato:

- No, non voglio, non voglio!

Eze prende il bavaglio. Roberto sa che sta per svanire la sua ultima possibilità di salvarsi. Più forte ripete:

- No, non voglio!

Eze gli spinge la pallina in bocca, soffocando la sua voce. Poi passa la corda per fissare il bavaglio. Roberto sa che sta per morire, che ormai nulla al mondo può salvarlo. Si agita, cerca di liberare la mano destra, che non è legata stretta come l’altra.

Eze prende a stringere la corda, in modo da bloccare completamente il braccio e la gamba destra, e dice:

- Anche Birillo ha cambiato idea all’ultimo momento. Ivan no, lui è andato fino in fondo.

La corda è una morsa che stringe il braccio e la gamba. Ora Roberto è del tutto nelle mani del suo assassino, il culo ben aperto. Chiude gli occhi, preda di un terrore che lo travolge. Non vuole. Non vuole.

Eze lo guarda e sorride.

- Mi piaci molto, Roberto, davvero molto.

Roberto apre gli occhi e guarda Eze. Nei suoi occhi legge una gioia profonda.

Chiude gli occhi, non vuole vedere il suo assassino.

Eze lo accarezza, lentamente. La sua mano scorre sul suo corpo, ridestando il desiderio, calmando l’angoscia.

- Non c’è più nulla da fare, Roberto. Accetta quello che sta per succedere, perché lo vuoi, lo vuoi anche tu.

La mano di Eze accarezza il corpo di Roberto, con molta dolcezza. Due dita scorrono sul collo e poi scendono sul torace, giocherellano nell’intrico di peli e poi scivolano ancora fino al ventre, di fianco al sesso, che nuovamente si tende. Le dita percorrono l’asta due volte, dalla base alla cappella, ed in Roberto il desiderio sale.

- È bello che sia così, deve essere così. Dev’essere qualcuno che mi piace molto. Anche Gianmarco, Birillo, come lo chiamavate, mi piaceva molto. Ma tu mi piaci ancora di più.

La voce di Eze è dolcissima, ma Roberto sente che gli manca il fiato.

- Sei bello, Roberto. Non della stupida bellezza di un attore. Hai la bellezza di un uomo, di un maschio mortale.

E alla parola “mortale” un brivido scorre lungo la schiena di Roberto. Eppure la paura sta cedendo al desiderio, che le carezze di Eze ridestano. Non c’è più nulla da fare, ormai. Roberto chiude gli occhi. Si dice che l’ha voluto, che una parte di lui lo vuole ancora. Respira a fondo, per quanto gli permette il bavaglio, e annuisce, a stesso, più che a Eze.

La voce del suo assassino risuona vicinissimo al suo orecchio:

- Godi questa morte, Roberto, come la godrò io.

Eze continua ad accarezzarlo, con dolcezza. Ora le sue dita giocano con i coglioni di Roberto e c’è nelle loro carezze una delicatezza estrema. Poi scendono ancora, fino a raggiungere l’apertura, che gli si offre.

- Mi ha dato molto piacere, prenderti, ogni volta. Mi darà ancora più piacere prenderti la vita. Te ne darà altrettanto, sarà davvero l’orgasmo più forte che tu abbia mai provato.

Roberto ha aperto gli occhi. Ha smesso di lottare. Ha chiesto lui, quello che sta per accadere, l’ha davvero desiderato. Lo desidera ancora, nonostante la paura che gli blocca la gola. Lo vuole. Vuole lo strazio del suo corpo.

Eze si stende su di lui, gli bacia gli occhi, la fronte, gli accarezza la testa, le sue dita giocano con i suoi capelli, con la barba. Lo bacia ancora. Gli accarezza il cazzo.

- Ti amo, Roberto, e tu mi ami. E questa è la giusta conclusione del nostro amore.

Eze prende un cuscino e lo infila sotto le gambe di Roberto. Poi ne mette un secondo e Roberto si trova con il culo in aria e la testa in basso. È una posizione scomoda.

Una mano di Eze riprende ad accarezzare il cazzo di Roberto.

- È giunto il momento, Roberto.

Eze lo accarezza con grande delicatezza, poi gli morde un capezzolo, poi l’altro, due volte, accarezza di nuovo, stuzzica il buco del culo. C’è una dolcezza incredibile in quelle carezze. E Roberto sente che la tensione cresce ancora. Ora il suo corpo si tende verso la morte che sta per ghermirlo, verso la sofferenza che lo devasterà.

- Ecco, così.

Le mani di Eze proseguono la loro opera. Poi la lingua, che a lungo accarezza e penetra. Roberto geme, ma il bavaglio soffoca i suoi gemiti.

- Ora, Roberto, ora.

Una mano di Eze è sul ventre di Roberto. Il collo della bottiglia di plastica viene spinto dentro il buco del culo e un po’ di liquido cola. La pressione della mano di Eze sulla bottiglia spinge l’alcol dentro il culo. Per un momento è solo una sensazione di calore, appena un po’ fastidiosa. Ma il calore diventa un bruciore forte. Roberto geme.

Eze sorride, gli bacia la punta del cazzo, ancora teso. Poi fa pressione sulla bottiglia ed altro alcol cola. Il dolore cresce, sempre più forte, insostenibile. Roberto ha la sensazione che un fuoco gli arda nel culo, divorandogli le viscere.

Roberto urlerebbe, ma il bavaglio trasforma il suo grido in un mugolio. Il liquido gli incendia le viscere ed il dolore è insopportabile. La mano di Eze preme ancora sulla bottiglia e altro liquido penetra nel culo di Roberto, che si agita, per quanto glielo permettono le corde e la mano di Eze sul ventre. Il suo corpo vibra nello spasimo di una sofferenza atroce. Roberto chiude gli occhi. 

Eppure l’inferno in culo non ha spento il suo desiderio, forse lo ha fatto crescere ancora, la tensione nei coglioni è intollerabile quanto l’alcol che gli incendia le viscere e di colpo Roberto sente l’ondata di piacere, che sovrasta il dolore, ne ricava forza ed esplode, travolgendolo. Il seme sgorga, copioso, schizza fin sulla barba, cola sul torace e sul ventre. Per un attimo il piacere è stato più forte di tutto. Ora rimane solo il dolore, ma Eze è un assassino misericordioso. Già ha travasato la vodka nella bottiglia dell’alcol e gliela sta infilando in culo.

- È la morte, Roberto. Quella che desideri.

Il liquore inonda le viscere di Roberto. L’incendio nel suo culo sembra dilatarsi ancora, ma le sensazioni diventano più lontane. Roberto sente che il liquido lo invade, ma la mente vacilla, come quando si ubriaca. Il dolore si attenua, è ancora forte, ma più lontano, Roberto lo guarda quasi con distacco, ma è la vita intera che sembra staccarsi da Roberto. La luce diviene ancora più fioca, dell’incendio che ardeva nel suo culo sembrano essere rimaste solo le braci, il liquido che scorre è un torrente che lo porta altrove, oltre la stanza che sta svanendo, oltre la mano di Eze che avverte appena sul cazzo, oltre la pressione del collo della bottiglia dentro di lui. Roberto sa che sta morendo, ma anche questo non ha più importanza, è oltre il dolore e il piacere, oltre la paura.

Quando Eze prende la seconda bottiglia e la travasa, Roberto non è più cosciente. La vodka che gli riempie nuovamente il culo affretta soltanto il passaggio dal coma etilico alla morte.

Eze lo bacia ancora, poi toglie la bottiglia dal culo di Roberto e sposta i cuscini, in modo che il cadavere sia esattamente nella stessa posizione delle prime due vittime.

Lo guarda, sorridendo.

Mette le tre bottiglie vuote sotto il letto.

Prende tra le dita il ciondolo a forma di lampo e lo guarda. Poi si china su Roberto e lo bacia sulla bocca. Un ultimo lampo illumina la stanza. Il temporale si sta spostando altrove.

 

2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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