Le globirene
impudiche Alla mia
impareggiabile editor, Monica Robert entra nella sala.
Le lampade sono spente, ma dalla parete trasparente si vedono le globirene, che appaiono e svaniscono, illuminando con la
loro luce l’interno del locale. Quella che si vede ora ha una doppia
sfumatura di verde: verde smeraldo e verde acqua. Ha
la forma di due corpi allacciati, due bei corpi
maschili, che si baciano e poi si staccano. Robert li riconosce subito: sono Markos e Josip, due uomini
dell’equipaggio. Il corpo verde smeraldo, Markos,
gira su se stesso, mentre il suo colore vira verso il verde bottiglia, e
l’altro, di un verde limone sempre più brillante, gli è sopra. Robert osserva
l’uccello di Josip, ormai quasi arancione, che pare
entrare tra i fianchi della forma sottostante. Un amplesso in piena regola.
Visto da qualche parte sull’astronave, certamente. Le globirene
sono uno spettacolo magico, Robert starebbe ore a guardarle: alcune sono
capaci di assumere infinite forme, prima di spegnersi. Quelle di Chimera6
sembrano privilegiare immagini oscene e questo disturba un po’ Robert, che è
sempre stato abbastanza riservato, un po’ per natura, un po’ per il suo ruolo
di comandante. Hans, che è il tecnico di bordo per i contatti con gli
abitanti di altri mondi, dice che le globirene
riproducono ciò che vedono, ma sanno anche leggere nella mente, forse
attraverso gli occhi, e allora si manifestano con l’aspetto di persone di cui
conserviamo il ricordo. Questa zona di Chimera6 ne rigurgita: quasi ogni
giorno ne incontrano una formazione e per due o tre
ore assistono a questo fuoco d’artificio di forme e colori, con una
proliferazione di forme indecenti. “Una magnifica successione di cazzi e
culi, scopate e seghe”, ha detto l’altro giorno Maurice, che, a differenza di
Robert, non ha molto senso del pudore (per non dire nessuno). Hans dice che
le globirene non dovevano avere mai visto amplessi
maschili, per cui si divertono ad assumere queste nuove forme che hanno
scoperto osservando gli uomini all’interno dell’astronave. Divertirsi è un
termine molto umano, nessuno sa se le globirene
provano emozioni. Però in qualche modo sono sensibili alle emozioni e ai
sentimenti degli umani, perché riproducono soprattutto scene in cui c’è un
coinvolgimento emotivo. Ora appare una nuova globirena,
di un blu turchese con sfumature indaco: ha esattamente la faccia di Maurice
e sembra ammiccare, si tende verso l’astronave e poi scompare. Robert ha
pensato a Maurice e la globirena gliel’ha letto in
testa. Ed eccone un’altra che pare Luke, il fratello di Robert. Sta
rapidamente assumendo un color porpora con riflessi d’argento ed è
bellissima. Chissà che farà mai Luke, in questo momento? Robert si scuote. È bello
guardare le globirene, ma ha altro a cui pensare,
ora. No, non deve pensare: deve agire, anche se il
suo corpo e la sua mente si ribellano. Ma non ha alternative. Robert cerca Maurice, il
suo secondo, ma non è nella sala. Mentre sta per uscire, si accorge che in un
angolo, su uno dei divani, c’è qualche cosa che si muove. Non può vedere che
cos’è, perché il divano è rivolto verso la parete trasparente e lo schienale
copre alla vista ciò che c’è sui cuscini. Nella penombra ha visto solo un
guizzo. Si avvicina, per capire, e vede i due uomini. Sono Markos, steso sotto, e Josip,
che lo sta infilzando con il suo ragguardevole spiedo. La prima globirena stava riproducendo ciò che vedeva nella sala. Robert storce la bocca.
Ogni uomo ha la sua camera, non potrebbe essere altrimenti in questi viaggi
che durano anni. Possono scopare in quella di Markos
o di Josip. Perché devono farlo nella sala, in cui
qualcuno può entrare? Vero è che nessuno si
scandalizzerebbe, anzi i più si divertirebbero: Maurice si farebbe una grassa
risata. D’altronde sull’astronave tutti gli uomini dedicano una parte del
loro tempo libero a scopare, alcuni in coppie più o meno stabili (Josip e Markos sono in effetti una coppia e sembrano amarsi profondamente),
altri cambiando spesso compagno. Robert sa che ogni tanto qualcuno organizza
un’ammucchiata. Solo Robert non ha un compagno. E probabilmente Maurice.
L’essere il comandante rende Robert più cauto nel
muoversi, ma non è quello, lo sa benissimo, il problema. C’è una storia, una
vecchia storia, finita male, che ha lasciato molta
amarezza. Il cuore si è addormentato qualche anno fa e Robert si è detto che
andava bene così, meglio lasciarlo dormire. Poi è arrivato Maurice. È
la prima volta che lavorano insieme. Maurice è così diverso da lui, con
quella sua allegria rumorosa che coinvolge tutti gli altri e mette un po’ a
disagio Robert, sempre piuttosto serio. Eppure con Maurice, Robert ride
volentieri e deve riconoscere che è il migliore secondo che abbia mai avuto,
preparato, capace, con un fortissimo ascendente su tutto l’equipaggio. Il
compagno ideale in una spedizione molto pericolosa. Maurice è un colosso,
leggermente più alto di Robert e alquanto più largo. A Robert è piaciuto
subito, ma la sua testa si è a lungo rifiutata di
considerarlo altro che il suo vice. Dopo due mesi Maurice gli ha fatto una
proposta, molto diretta: Maurice non è uno che ci gira intorno. Robert è
rimasto spiazzato, ha detto di no, non saprebbe neppure lui dire il perché,
Maurice gli piace molto. Poi una volta Robert ha visto Maurice scopare con
Luca e si è reso conto che gli faceva male. Si è detto che ormai era tardi,
anche se in realtà Maurice e Luca non formano una coppia e Robert sa
benissimo che se si facesse avanti, Maurice non gli direbbe di no. Robert lascia la sala,
senza fare rumore (ne fanno già abbastanza Josip e Markos, che hanno preso
a gemere e grugnire e sospirare a tutto spiano), mentre una globirena gialla muta colore verso l’arancio. Robert la
guarda sulla soglia e vede che ha la faccia di Maurice. Di nuovo! Passa nel corridoio,
chiedendosi perché si è sempre rifiutato di riconoscere che si stava
innamorando di Maurice, perché è stato così cieco da rendersene conto solo
ora che stanno per morire. Robert entra nella
cambusa. Maurice è lì, seduto di fronte al responsabile delle provviste, Martens. Robert sorride al suo secondo, si siede anche
lui e si rivolge a Martens: - Quanto rimane? La domanda è superflua.
Conosce la risposta. Sa che deve nuovamente affrontare l’Azazel5. - Abbiamo riserve per otto
giorni, comandante. Robert annuisce. Lo sa. Lo
sa benissimo. Lo sanno tutti. Hanno poco tempo per trovare la porta
attraverso cui tornare nella loro dimensione. Se riescono a varcarla entro cinque-sei giorni, in due-tre giorni sicuramente potranno raggiungere una base e saranno
salvi. Altrimenti è la morte certa. Martens ghigna e aggiunge: - Sempre che Maurice non
spazzoli via tutto prima. Con l’appetito che si ritrova… Maurice mangia parecchio,
in effetti, ma da quando sono entrati in Chimera6 e hanno dovuto razionare il
cibo, riceve la stessa razione degli altri e di certo non è il tipo che cerca
di procurarsi razioni extra. Maurice allunga uno scappellotto a Martens. Ha un bellissimo rapporto con i suoi uomini, sa
scherzare con loro, ma è in grado di metterli in riga in un attimo, se
occorre. - Impertinente! Ti metto
in punizione! Questa sera salti la cena, la tua razione la mangio io. Maurice sembra aver
conservato il buonumore. Anche Martens ha
scherzato. Ma sanno tutti che la loro vita è appesa a un filo, sempre più
esile. Robert scuote la testa.
Poi dice: - Va bene. Vedo di
riuscire ad ottenere qualche informazione in più dal mio gentile ospite.
Maurice, assumi tu la direzione per la prossima ora. Robert lo dice sorridendo
e si alza, cercando di nascondere l’angoscia che prova all’idea di incontrare
l’Azazel5. Maurice gli si para
davanti. Nel suo viso non c’è traccia dell’allegria di sempre, del sorriso di
un attimo prima. Non è rimasta neanche l’ironia. Trapela la sua rabbia, che è
soltanto disperazione. - No capitano, non può
continuare così. C’è una chiara minaccia
nella voce del suo vice, come se fosse pronto a mettergli le mani addosso, ma
Maurice non può fare nulla. Robert sorride. Un sorriso
un po’ amaro, al pensiero che solo ora, che la vita di tutti è in pericolo e che
la sua è arrivata alla fine, si rende conto di ciò che prova per Maurice e di
ciò che Maurice prova per lui. Perché Maurice ricambia i suoi sentimenti. E
questo è il motivo per cui non ha una relazione con nessuno degli uomini
dell’equipaggio, ma vive solitario, come Robert. Robert ha capito. Ma è
troppo tardi. Non potranno nemmeno amarsi una prima e ultima volta: ha
bisogno di tutte le sue energie per affrontare l’Azazel5, di tutte quelle che
rimangono e che la creatura non ha cancellato. - Conosci un’altra via,
Maurice? Il secondo si morde un
labbro. Non ha argomenti a suo favore, lo sanno tutti e due. Ma non si
toglie. - Robert, per favore… La voce ha perso la sua
sicurezza, il passaggio al tu è un’implorazione. Ma Robert
sa che non c’è altro da fare. Guarda Maurice e gli dice: - Non c’è nessun altro
modo di trovare la porta spazio-temporale. I nostri strumenti di bordo sono del tutti inutilizzabili nella dimensione Chimera6, ma
questo è inutile che te lo racconti, lo sai anche tu. Ciechi come una talpa:
fino a che non hanno la soglia davanti al naso, non la vedono. O troviamo
quella fottuta porta o è la fine, Maurice. Gli sembra che Maurice
abbia le lacrime agli occhi. - Robert, quel mostro ti
ucciderà. Robert alza le spalle. - Non è un mostro. È solo
una creatura di questa dimensione. - Ma ti sta uccidendo, Robert. Ogni volta che entri in contatto con lui… ti sta uccidendo, lo sai. Robert queste cose le sa benissimo, gli basta guardarsi allo specchio, per
vedere il volto smagrito, gli occhi infossati, il pallore del viso. E il
sangue che ogni volta gli cola dal naso. Dopo l’ultima visita dell’Azazel5 è svenuto tre volte ed il medico gli ha trovato un calo di
pressione e di globuli rossi inquietante. Gli ha detto chiaro e tondo che il
prossimo incontro potrebbe essergli fatale. Ma non c’è altro modo. - Forse, Maurice… Ma forse prima di morire riuscirò a sapere
quello che ci serve. Siamo almeno riusciti a uscire dalla spirale avvolgente
e senza di lui non ce l’avremmo fatta, saremmo stati
annientati nel buco nero. Maurice lo abbraccia
d’impulso, appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre i singhiozzi lo
scuotono. Robert gli accarezza la testa. Ha anche
lui le lacrime agli occhi. Lo stringe, gli mette una mano sotto il mento, lo
forza a sollevare il viso e lo guarda fisso negli occhi. Poi, senza quasi
rendersene conto, si baciano. Martens si è voltato
e finge di controllare qualche cosa sul monitor. Robert cerca di liberarsi
dalla stretta, ma è una morsa: Maurice non vuole lasciarlo andare a morire. - Robert, ti prego, no… Ma Robert lo bacia una
seconda volta, poi si stacca e si dirige verso la propria cabina. Maurice si appoggia alla
parete e lascia che le lacrime scendano. Se non ci fossero gli altri uomini
dell’equipaggio, userebbe la forza per impedire a Robert di incontrare
l’Azazel5: vivrebbero uno accanto all’altro gli ultimi giorni della loro vita
ed uniti affronterebbero la morte. Ma gli altri
uomini vogliono vivere e Maurice non può negargli quest’ultima possibilità. Robert entra nella cabina.
La sua mano sfiora il pannello di controllo. Esita un attimo. Pensa a
Maurice, di cui si è innamorato ed a cui non
apparterrà nemmeno per un attimo.
Guarda attraverso la parete trasparente. Tre globirene
danzano davanti all’astronave. Quella giallo zafferano e
rosso cremisi rappresenta il viso di Maurice e si sta spegnendo
lentamente; quella blu cobalto ed azzurro turchese sembra acquistare
intensità ad ogni secondo che passa ed ha la forma di Maurice, del corpo di
Maurice, rivestito dalla tuta. La terza è una girandola di colori, non ha
ancora definito il suo aspetto. Diventerà anche quella
Maurice. Perché in questo momento la mente di Robert è rivolta solo a
Maurice. E in effetti è Maurice, un Maurice nudo,
come Robert non l’ha mai visto. Un corpo che il comandante desidera e che non
avrà mai. Robert pensa alla sua vita
che sta spegnendosi, poi pensa ai suoi uomini, che deve salvare. E allora
introduce la password ed abbassa il livello di
selezione, fino a che è certo che l’Azazel5 potrà arrivare a lui. Lo schermo
lampeggia e la voce registrata lo avverte che il livello selezionato è troppo
basso e che non lo garantisce da minacce esterne di tipo F e G. Deve digitare
di nuovo la password, per confermare la sua scelta. Solo a questo punto può
impostare il tempo. Un’ora. Dovrebbe bastare. Di più sarebbe troppo, già così
il rischio di morire o di impazzire senza riuscire a comunicare quanto
scoprirà è molto forte. Di meno sarebbe troppo poco. Robert si stende sulla sua
cuccetta e chiude gli occhi. E i colori incominciano a
riempire la sua mente, mentre ritorna il dolore atroce che ogni volta quasi
lo fa impazzire. L’Azazel5 gli sta distruggendo il cervello, ma questo è il
prezzo da pagare. La follia o, più probabilmente, la morte, in questa macchia
di un viola intenso che si dilata fino a riempire completamente la sua
visione e poi si apre, lasciando apparire al suo interno un rosso cremisi,
che vira verso un rosso sangue… È una dimensione di
colori, Chimera6. Una dimensione da evitare, come tutte le dimensioni
Chimera, ma loro non ci sono arrivati
deliberatamente: ci sono finiti fuggendo da un annientamento certo e nella
fuga precipitosa, sono caduti dalla padella nella brace. Non c’è strumento
che serva, nei mondi Chimera. E le creature che popolano queste dimensioni
sono misteriose e mortali. Come l’Azazel5.
All’Azazel5 piace girare
per la mente di Robert, scoprire immagini di un mondo per lui del tutto
nuovo, in cui vi sono tre dimensioni nello spazio e una nel tempo. Robert si
immagina che per l’Azazel5 viaggiare nel suo cervello sia come per lui,
quand’era bambino, vedere i vecchi filmati bidimensionali, che una volta
usavano sulla Terra: una cosa tanto strana da apparire irreale e perciò
affascinante. Ma l’Azazel5 è come una sfera di fuoco: dove passa distrugge.
Robert non ricorda più nulla della casa in cui è nato ed è vissuto: quelle
immagini di una famiglia serena hanno attirato l’attenzione dell’Azazel5, che
le ha esaminate a lungo, fino a bruciarle completamente. Ma mentre una parte
del suo passato ardeva, Robert ha guardato nella mente dell’Azazel5 (ma è davvero la mente? Impossibile saperlo) la mappa della dimensione in cui si trovano, ha potuto
vedere il buco nero, al fondo della spirale avvolgente, ed ha capito come
sfuggirgli. Ora deve trovare la porta che riconduce al suo mondo. Robert ha perso ricordi,
conoscenze, desideri. L’Azazel5 potrebbe distruggere anche il desiderio di
salvare il suo equipaggio, come un bambino che correndo per un sentiero
schiaccia un insetto senza nemmeno accorgersene. E allora il suo sacrificio
sarebbe vano. Il dolore cresce ancora e
ora il verde smeraldo che riempie i suoi occhi assume sfumature diverse,
lasciando apparire immagini. La partenza dell’equipaggio, i suoi compagni,
Maurice. Maurice no! C’è una reazione, in Robert, non vuole cedere, non vuole che il ricordo di Maurice scompaia, bruciato, non
vuole trovarselo di fronte e non sapere nemmeno come si chiama, dimenticarsi
di averlo amato. Ma l’Azazel5 è affascinato
da qualche cosa di diverso da tutto ciò che ha visto prima, da una realtà che
non riesce a comprendere. La creatura che viene da un’altra dimensione sembra
avere strani legami con altre creature, che l’Azazel5 non capisce. Indugia a
osservare incantato quelle immagini e le fa proprie, mentre esse scompaiono
dalla mente di Robert. E ora le immagini che
l’Azazel5 legge nei ricordi di Robert diventano trasparenti e dietro ad esse
Robert può scorgere altre immagini, tra cui la mappa della dimensione in cui
si trovano ora, vista dall’Azazel5. Perché anche Robert può girare nella
mente della creatura, che non ha un cervello, perché non ha un corpo, ma in
qualche modo gli si rivela mentre si muove nella sua psiche. L’immagine di
Maurice è trasparente, ma non è ancora svanita e Robert lotta per
conservarla, ma dietro c’è un tunnel spazio-temporale e Robert intuisce che è
quello che cercano. E allora lascia che l’Azazel5 distrugga il ricordo di
Maurice, così da poter vedere pienamente la mappa della dimensione nella mente
del suo assassino. Il dolore è atroce, ma ora Robert
ha visto dov’è l’uscita, sa come i suoi compagni potranno salvarsi. Per lui è
tardi, se ne rende conto e forse non gli interessa nemmeno più. Sa di aver
perso qualche cosa, ciò a cui teneva di più al mondo, ma non saprebbe più
dire che cos’era. I colori si attenuano,
l’Azazel5 viene respinto dalla sua mente, l’ora è finita. Robert si alza,
barcollando. Dalla bocca scende qualche cosa di umido. Saliva. Si porta una
mano alla bocca, la guarda. No, è sangue. Ce n’è molto sulla tuta. È la fine,
meglio così. Ma deve riuscire a chiamare gli altri. Toglie il blocco della
porta e preme il pulsante. Entra subito un uomo che
non conosce, che doveva essere in attesa nel corridoio. Come fa ad esserci un uomo che non ha mai visto sull’astronave,
persa in una dimensione inesplorata? Sono sei mesi che viaggiano e lui non lo
conosce. Come è possibile? Eppure c’è qualche cosa che vibra dentro di lui al
vedere questo sconosciuto. - Robert! Cristo! Robert! L’uomo si lancia su di
lui. Evidentemente lo conosce. Robert cerca di parlare.
Fa fatica. Altro sangue gli esce dalla bocca, colandogli sul mento e sulla
tuta. Dare le indicazioni
necessarie è una tortura, Robert non riesce ad
articolare le parole, il sangue gli esce a fiotti dalla bocca, ha paura di
non riuscire a finire prima di crollare. Spiega allo sconosciuto come
imboccare il tunnel spazio-temporale, non sarà difficile raggiungerlo. Poi si
affloscia tra le braccia dell’uomo, che sta piangendo, Robert non capisce perché. Non ha più forze, reclina
la testa e lascia che l’uomo lo accarezzi. È bello rimanere così. È bello
morire tra le braccia di quest’uomo. Tre ore sono passate. La
nave sta per lasciare la dimensione. La porta del tunnel è ormai vicina,
finalmente anche gli strumenti di bordo l’hanno individuata. Mancano poche
ore al passaggio. Sono salvi, ce l’hanno fatta.
Avranno tutto il tempo di trovare una base o una stazione spaziale e
rifornirsi, prima di riprendere la loro spedizione. Il loro vagabondare in Chimera6
è alla fine. Anche Robert è alla fine.
Non tornerà nella loro dimensione. Sta morendo, steso sul suo letto. Ogni
tanto il sangue gli cola dal naso e dalla bocca, ma da tempo è incosciente, è
entrato in un coma da cui non uscirà più. Il medico cerca invano di
rianimarlo, ma non c’è più nulla da fare. Maurice ha guidato la nave
fin quasi alla porta. Quando anche gli strumenti di bordo l’hanno
individuata, ha affidato la guida al pilota più esperto: la rotta non
presenta più nessuna difficoltà. Maurice è tornato da
Robert e ha mandato via il medico. Guarda l’uomo che ama, da
mesi, senza speranza. Robert è a torso nudo, sangue sul torace e sul mento.
Respira ancora, in modo affannoso, con fatica sempre maggiore. Maurice si dice che è
giunto il momento. Perché se Robert sta morendo, anche per Maurice la vita
non ha più senso. Maurice conosce la password di Robert. Non gli è difficile
impostare il pannello di controllo. Abbassa il livello di protezione: non sa
esattamente di quanto lo facesse Robert, ma lo imposta in modo da non
impedire l'accesso di minacce di livello E, F e G. Ha invece attivato il
blocco totale della stanza rispetto agli altri locali dell’astronave, per cui
nessuno può entrare e soprattutto nessuna presenza esterna potrà passare
negli altri locali per farvi danni. Un’ora: il tempo sarà sufficiente per
morire entrambi o almeno per impazzire? Maurice lo spera. Poi si siede accanto a
Robert, lo avvolge tra le sue braccia, quasi a proteggere l’uomo che ama, e
aspetta l’arrivo dell’Azazel5. L’Azazel5 si trova due
menti di fronte. Una è quasi inattiva, l’altre invece gli si offre intatta. Una mente nuova da esplorare, un intero
labirinto di immagini, diverse da tutte quelle che ha incontrato finora.
L’Azazel5 si avventura in questa dimensione sconosciuta. Scarta le immagini
della vita nell’astronave, che ha già visto nella mente dell’altro alieno. Si
addentra nella memoria, verso aree diverse. Anche quest’alieno ha immagini di
creature piccole, che giocano davanti a una immensa
distesa di un blu intenso. Sono belle quelle immagini. L’Azazel5 indugia,
finché, come sempre avviene, esse sembrano perdere colore e poi svanire:
impossibile ritrovarle, ma ce ne sono altre, in cui ci sono tanti piccoli
alieni seduti davanti a strani macchinari. E poi li lasciano e corrono via e
si rincorrono e si toccano e chi correva dietro gli altri si volta e scappa,
mentre quello che veniva rincorso, adesso si mette a inseguire. Strano e
incomprensibile. Maurice sente il dolore,
violento, mentre una macchia di un azzurro cupo riempie la sua mente, creando
un vortice in cui fluttuano screziature scarlatte e cremisi.
Poi le macchie si allargano, fino a che il vortice assume un colore rosso
intenso, con sfumature diverse. E la sofferenza cresce, mentre Maurice
stringe i denti e vorrebbe urlare. Questo è quanto Robert ha dovuto
sopportare, per salvarli. Stringe Robert tra le braccia, come per
indennizzarlo per tutto quanto ha patito, mentre gli sembra che il male
atroce deflagri nella sua mente. Maurice ha la sensazione di affogare in un
oceano di dolore e la sua coscienza si annebbia. Poi, di colpo, qualche
cosa cambia. È come se l’Azazel5 si fermasse, spaventato. C’è una seconda
presenza che sta invadendo la mente di Maurice, ma il suo ingresso non è
doloroso. Maurice non capisce. L’Azazel5 sembra indietreggiare, fino a che
lascia la mente del vicecomandante e svanisce. La nuova presenza sembra
occupare completamente la mente di Maurice. E Maurice si rende conto che gli
sta comunicando qualche cosa. Come, non saprebbe dire. Non parla, non
trasmette pensieri o parole. Ma in qualche modo sa che l’Azazel2 si sta
scusando con lui e con Robert, che il piccolo non voleva fare male, che
trovava un varco in cui l’Azazel2 non riusciva a infilarsi e loro non
sapevano dove fosse finito. Il piccolo non sa come muoversi, è curioso, come
tutti i piccoli, Maurice di certo lo sa, come i bambini degli umani.
L’Azazel2 si scusa per i danni, provvede subito a ripararli in lui e
nell’altro umano, dove sono stati ben più gravi. L’Azazel2 è davvero
dispiaciuto o forse è solo Maurice che legge così, secondo i parametri umani,
ciò che la creatura gli comunica. Un senso di benessere
invade la mente di Maurice. Nella sua testa si forma un grande vortice di
colori, in cui fluttuano immagini dell’infanzia di Maurice e altre. I ricordi
appaiono sbiaditi, ma poi acquistano consistenza e colore, come se
ritrovassero nel grande vortice iridato le tinte che avevano perso. Maurice
sente che la sua mente vacilla e si stringe ancora di più a Robert, mentre si
addormenta. Si svegliano insieme, l’uno nelle braccia dell’altro. Si guardano,
stupiti. A Maurice basta vedere il viso di Robert per capire che il
comandante sta bene: il pallore è scomparso, dalla bocca e dal naso non cola
più sangue. Rimangono silenziosi per
un momento, poi incominciano a parlare tutti e due insieme: - La creatura è entrata anche… - Stai bene, Robert? Scoppiano a ridere. Le
loro parole si accavallano ancora. - Hai visto anche tu… - Non ho sognato, vero? No, non è stato un sogno.
Sono usciti dall’incubo, intatti. Maurice aggiorna Robert su
quanto è accaduto mentre lui era incosciente. Probabilmente sono già nel
tunnel. Robert fa per alzarsi, vuole raggiungere la sala comandi per vedere
se tutto procede per il meglio, ma Maurice lo blocca
fra le sue braccia. - Robert, controlla sul
monitor che tutto sia a posto, se proprio ci tieni…
Ma fai in fretta… Robert lo guarda,
intuisce, sorride e sente che il suo cuore accelera il battito: si è
svegliato, l’inverno è finito, esce dal letargo, ha voglia di recuperare il
tempo perso. Mica solo il cuore si è ridestato,
qualche cosa si sta tendendo anche nel basso ventre. - Sì, Maurice. Devo dire
ai ragazzi di non preoccuparsi, che siamo sani e salvi tutti e due. Maurice grugnisce: - Ti do due minuti per
controllare la situazione e tre per informarli che stai bene. Poi chiudo la
comunicazione. Aspetta, però, ti pulisco, altrimenti quando ti vedono si
spaventano. Maurice usa la giacca
della tuta di Robert, che è già sporca di sangue, per pulirgli il mento e il
torace. E quando ha finito lo bacia sulla bocca. Robert ride: - Non puoi darmi ordini. Sono io il comandante… Maurice gli dice ancora: - Muoviti,
comandante. Cinque minuti, non uno di più. Robert raggiunge il
monitor. Controlla la rotta. Non ci vuole molto. Tra due ore imboccheranno il
tunnel, basterà un’ora per percorrerlo e uscire a
due giorni di distanza dalla base Portuense658. Si volta per dirlo a Maurice
e vede oltre la parete una globirena
color prugna e grigio piombo. La parte sul grigio è inequivocabilmente un
grande uccello teso verso l’alto e la parte prugna è la sua meta, un bel culo
già in posizione. Questo deve essere nella mente di Maurice, ma potrebbe
essere anche nella sua, deve riconoscerlo. Robert scoppia a ridere e
fa cenno con la testa a Maurice, che guarda oltre la parete. Ride anche lui. - Sbrigati, comandante,
hai solo più due minuti. Robert annuisce. Si
collega con la sala navigazione, dove si sono riuniti quasi tutti gli uomini
dell’equipaggio. Accende, controlla l’inquadratura. Incomincia a parlare.
Dice che lui e Maurice stanno bene, che presto li raggiungeranno. Un coro di
urrà accoglie le sue parole. Poi sente una specie di grugnito alle sue spalle
e si volta. Maurice gli si sta avvicinando, un po’ defilato, in modo che la
telecamera non l’inquadri, completamente nudo. Si mette di fianco a lui, il
grosso uccello perfettamente a tiro, e gli dice: - Non tanto presto,
comandante, abbiamo un sacco di cose da fare. E allora un pensiero folle
attraversa la testa di Robert. Con la tastiera sposta la telecamera, in modo
che inquadri completamente Maurice, dal ghigno sulla faccia all’uccello teso.
E poi si rivolge agli uomini dell’equipaggio e dice: - Come vedete,
Maurice mi reclama… Un boato di risa. Maurice non si scompone,
si avvicina, badando di rimanere tutto nell’inquadratura, e dice: - Quindi, siete pregati di
non rompere i coglioni per le prossime ore. Chiaro? Imparate a pulirvi il
culo da soli e lasciateci in pace. Poi interrompe il
collegamento, mentre scoppia l’applauso degli uomini. Maurice solleva Robert dal
sedile e i loro corpi si stringono. Maurice lo bacia sulla bocca, due volte,
poi gli infila la lingua tra i denti. Quando si
staccano gli dice: - Cazzo, comandante, ci
voleva l’Azazel5 perché tu ti decidessi. Robert ride. - Sono un po’ lento. Bacia ancora Maurice, per
farsi perdonare, e in quel momento vede alle spalle del suo secondo, oltre la
parete, una globirena rosso carminio e blu
oltremare. Non sa se la globirena sta leggendo nella
sua testa o in quella di Maurice, ma l’immagine è chiarissima: Robert disteso
sul letto e Maurice su di lui che lo infilza, mentre gli accarezza la
schiena. Robert ride e con la testa
indica oltre la finestra. Maurice si volta, annuisce ed emette una specie di
grugnito. Poi aggiunge. - Esattamente così,
comandante. E mentre lo bacia di
nuovo, gli cala i pantaloni della tuta, stringendogli vigorosamente i
fianchi. Ora sono stretti l’uno
contro l’altro, i loro uccelli perfettamente tesi. Le mani di Maurice si
muovono sicure e a Robert sembra che si stiano impadronendo del suo corpo,
che ogni carezza o stretta sia una presa di possesso. Al comandante va bene
così, null’altro vuole, in questo momento, che appartenere a Maurice e che
Maurice gli appartenga. Maurice lo prende tra le braccia e lo porta trionfalmente verso il
letto. Oltre la parete la globirena svanisce ed
incomincia invece il grande vortice dei grigi, che accompagna l’ingresso dei
tunnel spazio-temporali di quarto tipo. Ma a Maurice e Robert non gliene
fotte niente dei grigi e dei vortici e in questo momento neanche del tunnel
infine trovato. Gli importa soltanto di
loro due, dei loro corpi che si cercano e si
stringono. Maurice ha sempre Robert
tra le braccia e lo depone sul letto, con delicatezza, come fosse un bimbo
addormentato. Ma poi lo volta bruscamente e gli assesta un violento morso a
una natica, poi ad un’altra. E mentre Robert geme -
e ride - gli si stende sopra, gli bacia il collo, la nuca, gli passa la
lingua dietro e dentro l’orecchio, gli morde il lobo. E le sue mani gli
accarezzano la testa, una scende a pizzicargli il culo. Poi Maurice si
solleva, gli si siede sul culo e le sue mani gli scorrono lungo la schiena, più volte, delicate, sicure, leggere, lente,
ruvide, pesanti, veloci, incerte. A Robert pare di volare in cielo. Poi il
peso sul suo corpo svanisce. Maurice gli allarga le gambe. Robert sa che il
momento si avvicina. Ma quello che sente sono i morsi, uno,
due, altri ancora, tanti, che gli strappano piccoli gemiti. E poi la lingua,
la lingua che scorre sul solco, leggera, più decisa,
che s’arresta sull’apertura, che spinge un po’. E di nuovo i morsi. Robert si
abbandona completamente nelle mani di Robert, gli lascia il corpo ed il cuore ed un benessere infinito lo invade. Poi Maurice si stende
nuovamente su di lui e questa volta l’uccello preme gagliardo contro
l’apertura. Robert sorride. Nuovamente, dopo tanto tempo, torna ad
appartenere a qualcuno, completamente. Ed è bello, è bello
sentire l’uccello che con lentezza entra dentro di lui, si ritira un po’,
lascia al culo il tempo di abituarsi alla sensazione, prima di spingersi più
a fondo, conquistando piano ogni posizione. E Robert geme di piacere e
mormora il nome di Maurice, che lo accarezza e gli sussurra parole d’amore. Maurice delira, nel
vortice di un piacere che lo invade, di un desiderio dopo tanto tempo
soddisfatto, di un amore infine appagato. E Robert ritrova il desiderio
smarrito, il piacere dimenticato, l’amore rifiutato. Maurice si muove con
sicurezza, cavaliere esperto che monta un cavallo docile. Robert sente che il
piacere si dilata, dal culo si estende a tutto il corpo, lo avvolge, lo
riempie. Maurice avverte la tensione che cresce nel suo ventre e allora
rallenta il ritmo della cavalcata. Non vuole ancora venire, vuole far durare questo momento il più possibile, anche se
la loro prolungata astinenza esaspera il desiderio, che preme per arrivare in
fretta alla meta. Ma Maurice sa frenare il destriero impaziente e quando
avverte che la tensione si avvicina al punto di rottura,
rallenta il ritmo, si ferma, mentre le sue parole fanno impazzire Robert. Poi
Maurice riprende a cavalcare, spingendo più a fondo ed
a Robert pare che Maurice lo spinga in un abisso senza fine e cos’altro può
desiderare al mondo, che questo precipizio, cadere, per sempre, senza fine? La loro lunga corsa si
interrompe e riprende, con ritmi sempre diversi e Robert sente
un piacere immenso diffondersi dal suo culo martoriato, invaderlo tutto.
Geme, più volte, di un piacere senza freni. E Maurice continua, instancabile,
suscitando nuovi gemiti. Finché infine Maurice
afferra le spalle di Robert e spinge con più forza, mentre il piacere lo
investe in pieno e lo scaglia lontano, anni-luce oltre l’astronave che
viaggia nel tunnel, in una dimensione in cui esistono solo lui e Robert. E al
grido selvaggio di piacere di Maurice, risponde quello di Robert, che si
trova e si perde con lui. Gli uomini dell’equipaggio
non si perdono un dettaglio di ciò che avviene nella cabina del comandante.
Non possono vedere dentro la stanza, ma le ultime globirene
ai bordi del tunnel sì e stanno riproducendo tutti i particolari. Qualcuna anticipa anche ciò che deve ancora avvenire, il
momento in cui Robert si metterà a succhiare l’uccello di Maurice ed il 69
che verrà subito dopo: chissà se leggono nella mente di Maurice o in quella
di Robert? 2010 |