Il Normanno
Il conte Étienne Galmard si desta e apre
gli occhi. Rimane un momento a osservare le nuvole bianche, che corrono
veloci in cielo, spinte dal vento dell’Atlantico. Poi gira il capo di lato e
guarda Guillaume Sauveur, uno dei guardacaccia
della sua tenuta, seduto accanto a lui. Alto, massiccio, vigoroso, è il degno
erede di quei Normanni possenti e spietati che conquistarono la regione e le
lasciarono il loro nome. Étienne ha in bocca il gusto del piscio di Guillaume e in culo il
suo sborro. Sarebbe felice, se non sapesse che la scopata con questo gran
toro che siede al suo fianco è stata l’ultima. Nessun uomo al mondo gli ha mai regalato altrettanto piacere, nessun
altro ha assecondato così pienamente le sue fantasie, senza ritrarsi davanti
a niente. Questo magnifico maschio, privo di ogni pudore, è stato per un anno
il compagno perfetto nei suoi giochi. A tratti Étienne si dice che forse farebbe meglio a chiedergli di
ucciderlo, di sedersi sul suo petto e stringergli il collo con le sue mani
forti. Guillaume non lo farebbe ed Étienne non ha nessuna intenzione di
morire, ma non sopporta l’idea di separarsi per sempre da lui. Eppure non c’è
altro da fare. L’allontanamento di Guillaume è la principale condizione posta
da Henry Duval per il matrimonio di Étienne con la
sorella, Aurore. E senza la cospicua dote di Aurore Duval,
per Étienne c’è solo la rovina. Per anni il conte ha condotto una vita al di
sopra dei suoi mezzi, vendendo le terre ereditate dalla madre in Linguadoca:
gli è rimasto solo un bosco, che sarà venduto entro qualche mese. Ora ci sono
ipoteche anche sulle sue proprietà in Normandia, dove vive quando non è a
Parigi. Se non si sposasse, Étienne dovrebbe vendere buona parte delle sue
proprietà per ripagare i debiti e condurre un’esistenza modesta, in uno dei
fondi rimasti. Ma al conte piace la vita mondana e ama gli abiti eleganti, la
buona tavola, il gioco, i cavalli, i viaggi. Quello che per molti sarebbe
l’ideale di una vita semplice e agiata, per lui sarebbe una gabbia in cui soffocherebbe. Guillaume se ne andrà, domani mattina, lasciando la Normandia per
sempre. Se ne andrà, povero come è sempre stato, perché Étienne possa
continuare a vivere nel lusso. In quest’anno Guillaume non ha mai chiesto nulla. Ha rifiutato il denaro
che Étienne gli ha offerto la prima volta, ritraendosi offeso. Ha accettato
solo qualche piccolo dono, di scarso valore. Étienne non è mai riuscito a
fargli prendere un oggetto d’oro o d’argento: un fazzoletto, una pipa e una
camicia sono gli unici regali che il guardacaccia non ha respinto. E ora si
dispone ad andarsene dalla regione, dove è nato ed è sempre vissuto: - Guillaume, è assurdo che tu debba andartene. Guillaume sorride. - È la condizione che è stata posta e non posso dare torto a Duval: se io rimanessi qui, prima o poi tu mi
cercheresti. - Ti cercherei subito, la prima notte di nozze, dopo aver adempiuto
ai miei doveri coniugali. Verrei da te prima dell’alba. - Appunto. Étienne si sente a disagio, anche se Guillaume non gli fa pesare la
sua partenza. - La colpa è mia. Sono stato una testa di cazzo. Avrei dovuto essere
più prudente. Ma me ne fottevo. Guillaume alza le spalle. Quello che dice Étienne è vero: il conte
non si è preoccupato di non farsi vedere, di tenere segreto il loro legame.
Inevitabilmente la gente ha incominciato a chiacchierare vedendo il conte
recarsi a casa di uno dei guardacaccia la sera o uscire il mattino e infine
le voci sono giunte anche ai Duval. Étienne scaccia il pensiero. Rimanendo disteso, si volta, mettendosi
sulla pancia. Allarga un po’ le gambe. - Prendimi ancora una volta, Guillaume. Prendimi come una bestia.
Fammi male. Gli piace anche la sofferenza e Guillaume sa donargliela. Étienne sente nuovamente il peso di Guillaume su di sé, che lo
schiaccia. L’ingresso è brutale e il dolore feroce, anche se l’apertura è
dilatata. Guillaume avanza con la violenza di chi prende possesso di ciò che
gli appartiene. Étienne chiude gli occhi. - Merda! Ma Étienne non vorrebbe nulla di diverso, vuole questo dolore
violento, vuole che questo cazzo, che per l’ultima volta si fa strada nel suo
culo, lasci il segno. Guillaume rimane un attimo fermo, poi incomincia la sua cavalcata.
Il dolore cresce, in ondate che dal culo si diffondono in tutto il corpo. Étienne
stringe i denti, ma ha il cazzo duro e tutto il suo corpo è teso. - Guillaume! Merda! Guillaume lo fotte con grande energia ed Étienne si morde un labbro
per non gridare. Eppure questo dolore è anche piacere, un piacere che cresce
e gli mozza il fiato, che infine è più forte di tutto e lo spinge a gemere
senza ritegno, un gemere che è quasi un gridare. La cavalcata selvaggia prosegue senza tregua. Étienne sprofonda in
un abisso di dolore e piacere. Gli sembra che Guillaume lo stia fottendo da
ore e ore, che questo peso gravi su di lui da sempre, che questa mescolanza
di dolore e piacere sia tutta la realtà. Infine sente le spinte diventare più violente. Étienne grida, Guillaume
emette una specie di grugnito, forte. Étienne sente il piacere deflagrare e
grida ancora, mentre Guillaume si affloscia su di lui. Étienne chiude gli occhi. A lungo fluttua in un mondo dai contorni
vaghi, in cui si mescolano la sensazione del peso di Guillaume su di lui, del
cazzo di Guillaume dentro di lui, il dolore al culo, il piacere dell’ultima
scopata, lo strazio della separazione. Lentamente, molto lentamente, Étienne riemerge. Apre gli occhi e
muove la testa. - Vorrei che tu mi uccidessi, ora. Guillaume scuote il capo. Sanno tutti e due che non è vero, anche se
Étienne non riesce a sopportare l’idea di una separazione definitiva. Ma se
il conte considerasse il loro rapporto davvero più importante di tutto,
potrebbe rinunciare a sposarsi e accontentarsi di vivere modestamente nelle
sue proprietà. Guillaume si ritrae e si stende accanto a Étienne. Guarda anche lui
la corsa delle nuvole in cielo. Pensa che gli mancheranno i cieli della sua
terra. Dopo un momento, il conte si mette in ginocchio e dice: - Alzati. Guillaume obbedisce. Ora è di fronte al conte, che lo guarda,
affascinato, poi, per l’ultima volta, prende in bocca il cazzo del
guardacaccia e lo pulisce con la lingua e le labbra. È splendido, questo
cazzo, percorso da una vena in rilievo, con la cappella scura, quasi
violacea. È lungo, ma soprattutto è voluminoso e il sangue vi affluisce
rapidamente, anche se Guillaume è già venuto due volte. Il conte soppesa i
coglioni, anch’essi grandi, coperti da una peluria bionda. Li accarezza, li
stringe, li sente grossi e duri nelle sue mani. Quando ha concluso, Étienne si alza e va a lavarsi nel torrente, poi
entrambi si rivestono, in silenzio. Al momento di separarsi, Étienne dice: - Guillaume, tu non hai mai voluto niente da me. Ma adesso che te ne
vai e che tra qualche mese rimarrai senza lavoro, quando il bosco sarà
venduto, voglio che tu… Guillaume lo interrompe: - No. Tra noi non ci sono mai stati soldi e non ce ne saranno ora.
Quando il bosco sarà venduto, mi cercherò lavoro da quelle parti. In questi
mesi avrò modo di fare qualche conoscenza. Étienne si morde il labbro. Poi tira fuori di tasca l’orologio d’oro
con la catena e lo porge a Guillaume: - Questo almeno devi prenderlo, in ricordo di me. Se non lo vuoi, è
perché non t’importa nulla di me. Guillaume esita, ma non vuole ferire Étienne. Sa che il conte si
sente in colpa. - Va bene. - Addio. Si baciano ancora una volta, poi il conte sale a cavallo e si
allontana. Guillaume lo guarda scomparire tra gli alberi. A Guillaume non spiace lasciare la Normandia. Anche se è sempre
vissuto nella regione, non ha paura di affrontare una nuova realtà,
incontrare nuova gente, costruirsi una nuova vita. La novità e i rischi non
lo spaventano, come non spaventavano i suoi antenati che lasciarono la
Scandinavia alla ricerca di ricchezze e nuove terre. Inoltre la scarsa
prudenza del conte lo ha messo in una situazione poco gradevole: tutti ormai
sanno della sua relazione con il nobile e alcuni tendono a evitarlo, mentre
altri fanno battute, pensando che il guardacaccia abbia tratto grandi
vantaggi da questo rapporto. Guillaume non è davvero legato al conte. All’inizio della loro
relazione gli si era affezionato. Lo ammirava, perché apprezza gli uomini che
hanno il coraggio di soddisfare i propri desideri, senza vergogna. Ma si è
reso conto presto che il conte desiderava solo il suo corpo e che non badava
alle sue esigenze. I rapporti con il conte sono stati soddisfacenti sul piano
sessuale e Guillaume ha assecondato volentieri le fantasie del suo datore di
lavoro. Molto di ciò che hanno fatto insieme gli è piaciuto, qualche cosa lo
ha lasciato indifferente, nulla lo ha turbato. Ora incomincia una nuova vita, in Linguadoca, molto lontano dalla
sua terra natale. Guillaume è pronto ad affrontarla. * Antoine Moustier, intendente del barone di
Perceval, raggiunge il torrente. Si guarda intorno
per accertarsi che non ci sia nessuno e si spoglia. Viene spesso a bagnarsi
qui in estate, al termine della giornata di lavoro. Ora sono diversi mesi che
non torna, perché faceva troppo freddo, ma adesso che è arrivata la
primavera, le giornate sono piacevolmente calde, qui nel Sud della Francia. Si toglie i pochi indumenti che ha indosso e li depone sulla riva.
Non si è accorto che Bastien Légier,
uno dei guardacaccia del barone, lo sta spiando, nascosto dietro un albero. Bastien osserva il corpo forte che emerge
dagli abiti: le spalle larghe, il torace villoso, le braccia vigorose, le
gambe robuste e infine il culo, irsuto come gran parte del corpo. Non è un
bell’uomo, Moustier, ma è forte e molto virile. Antoine
si gira per assicurarsi ancora di non essere visto. Si gratta i coglioni,
sorridendo. Gli piace starsene nudo nella natura. Ora Bastien
può vedergli il cazzo e si sente la gola secca: Moustier
è davvero un gran maschio. L’intendente si getta in acqua e incomincia a nuotare vigorosamente.
Bastien aspetta. Al pensiero di quel cazzo
superlativo gli viene l’acquolina in bocca. Non può dirlo con sicurezza, ma è
convinto che l’intendente ci starà: Moustier non ha
una relazione, non guarda le donne, non va a puttane e l’altro giorno, quando
l’intendente è passato da lui e l’ha trovato a torso nudo nell’orto, a Bastien è parso di leggere nei suoi occhi il
desiderio. Quando Moustier ritorna a riva, Bastien esce dal suo nascondiglio, come se arrivasse solo
ora. - Buongiorno signor intendente. Si è fatto una bella nuotata? Antoine annuisce, mentre risponde: - Sì. Oggi fa un caldo fottuto, anche se siamo solo a marzo, e avevo
proprio bisogno di rinfrescarmi. Prende il telo che ha portato e incomincia a asciugarsi. - Certo che lei è un Ercole. Moustier scuote la testa. - Non dire cazzate, Légier. Sa di essere forte, ma il paragone con Ercole gli sembra eccessivo. - Un Ercole anche alquanto ben dotato. Senza lasciare a Moustier il tempo di
replicare, Bastien prosegue: - Quasi quasi mi butto anch’io in acqua. E mentre lo dice, incomincia a spogliarsi. Antoine non dice niente e
Bastien aggiunge: - Lei si ferma un momento ad asciugarsi al sole, no? Se c’è lei, non
mi preoccupo che qualcuno mi rubi i vestiti. Antoine non capisce perché mai qualcuno dovrebbe prendere i vestiti
del guardacaccia, ma non gli spiace aspettare che questo bel giovane ritorni.
Gli piace vederlo spogliarsi: Bastien ha un corpo
snello e armonioso, molto diverso dal suo, meno irsuto e più aggraziato, e un
viso dai tratti regolari: è davvero un giovane Apollo. - Sì, rimango. Bastien si volta per calarsi pantaloni e
mutande. Ha davvero un bellissimo culo. Antoine si accorge che il sangue gli
sta affluendo al cazzo. Tiene il telo davanti, in modo da nascondere
l’erezione improvvisa. Bastien sorride e ad Antoine pare di
leggere una certa ironia in quel sorriso. Il guardacaccia si butta in acqua e
l’intendente rimane a guardarlo nuotare. L’erezione si riduce, ma, a ogni buon conto, quando vede Bastien nuotare verso riva, Antoine incomincia a
rivestirsi, infilandosi mutande e pantaloni. Bastien
esce dall’acqua, sorridente e gocciolante. - Si sta già rivestendo? Peccato! Non
rimane un momento? Antoine si ferma e lo guarda. Ha
intuito dove vuole arrivare il guardacaccia. Una parte del suo cervello gli suggerisce
di andarsene, dire che ha da fare, ma il suo corpo è di altro parere. Bastien ha
colto l’esitazione. Sorride, ormai sicuro del risultato. - Possiamo… divertirci un po’. E dicendolo allunga una mano e stringe
i pantaloni in modo da afferrare il cazzo dell’intendente, che già si tende.
Il sorriso di Bastien diviene più ampio. - Lei è davvero ben attrezzato. Antoine risponde: - Lo vuoi provare? Non avrebbe dovuto dirlo, ma ormai ha
ceduto. Bastien
annuisce. Si volta e si mette a quattro zampe, in modo da offrirgli il culo.
Antoine lo guarda. Pensa che il guardacaccia non perde tempo, ma è un bel
culo, quello di Bastien, snello, coperto da una
peluria molto leggera. Antoine si cala i pantaloni e le
mutande, poi passa due dita lungo il solco del culo che gli si offre. Sputa
sulla mano e inumidisce bene l’ingresso. Sa che deve muoversi con cautela, ma
per Bastien non è sicuramente la prima volta.
Quando Antoine introduce un dito per inumidire bene l’anello di carne, Bastien sussulta e geme, un gemito di piacere. Antoine si
bagna di nuovo le dita e ne introduce due. Bastien
geme più forte: - Sì, sì! Antoine si dice che il guardacaccia è
proprio una troia. Estrae le dita, afferra il culo di Bastien
con le mani e lo stringe con forza. Poi divarica le natiche, avvicina piano
la cappella all’apertura e con lentezza la spinge dentro. Si muove lentamente,
per non fare male. Spinge il cazzo ben avanti nel culo di Bastien,
che ora geme senza ritegno. Antoine inizia a muovere avanti e
indietro il culo, con lentezza, Bastien si
contorce, come se volesse sfuggire allo spiedo che lo trapassa, ma grida: - Sì, sì, fottimi. Vanno avanti a lungo: Antoine è un
bravo stallone e Bastien non chiede di meglio. E infine il guardacaccia lancia un
grido, squassato da un piacere che deborda. Antoine accelera il ritmo e viene
dentro di lui. Poi esce, si lava e si asciuga. Bastien
si solleva. Mormora: - Cazzo, intendente. Nessuno mi ha mai
scopato così. Antoine sorride. - Quando vuoi riprovare, basta che tu
me lo dica. Antoine si riveste. Ora che ha
soddisfatto il bisogno, prova sentimenti contrastanti. Non gli spiace avere qualcuno con cui
scopare. Fottere è sempre piacevole e Bastien è proprio
un bel ragazzo. L’intendente ha un forte appetito e ben poche opportunità di
saziarlo in questa provincia bigotta. Forse se lasciasse il lavoro e si
stabilisse in qualche città, avrebbe più possibilità di trovare qualcuno con
cui scopare, ma gli peserebbe rinunciare alla vita che conduce. Il suo lavoro
gli piace, ha bisogno di vivere all’aria aperta, di camminare tra i boschi e
i campi, di salire sulle colline da cui nelle giornate limpide si vede il
Mediterraneo. Adesso però si chiede se ha fatto bene
a scopare con Bastien e a dichiararsi disponibile a
ripetere l’esperienza: una relazione con un uomo che lavora alle sue
dipendenze può creare dei problemi. Il guardacaccia non è così solerte nel
suo lavoro come dovrebbe essere. Adesso si aspetterà che lui sia più
indulgente nei suoi confronti? Probabilmente è così. Forse ha sbagliato, ma ormai
è fatta. Bastien invece, nonostante il male al
culo, è pienamente soddisfatto: la scopata è stata superlativa e adesso
l’intendente chiuderà un occhio, come bisogna che faccia. Scopano altre volte nel mese seguente. Si ritrovano la sera, quando Bastien non è di turno, dandosi appuntamento al torrente
o a casa dell’intendente. Ma una sera, mentre è in città per alcune pratiche, Antoine incontra
il farmacista, che sorride e gli dice: - Da Gaumier hanno di nuovo servito cervo.
È la terza volta nel mese. Gaumier è il proprietario di una trattoria
di Béranger, un paese ai margini della tenuta del
barone di Perceval. Antoine freme. Sa benissimo da
dove proviene il cervo: nella regione se ne trovano solo nel bosco di Belfol-aux-Sources, proprietà del barone. Quell’area è
sorvegliata dal guardacaccia Bastien Légier. O, piuttosto, dovrebbe essere sorvegliata, perché
in realtà i cervi vengono uccisi senza che Bastien
riesca mai a sorprendere un bracconiere. Antoine è furibondo, con Bastien e con se
stesso. Il guardacaccia ritiene di poter evitare di fare il suo dovere perché
adesso loro due scopano? Merda! Quando è stato ucciso il primo cervo, non ci
ha badato: che qualche bracconiere più abile riesca a fottere i guardacaccia,
ci sta. Al secondo ha incominciato a porsi domande. Ma adesso siamo a tre, in
un mese! Questa storia deve finire! Antoine cerca Bastien la sera stessa,
recandosi da lui. Il guardacaccia non è a casa. C’è invece Mariette,
la giovane donna che da due settimane vive con lui: i suoi genitori l’hanno
sbattuta fuori di casa quando hanno scoperto che era incinta e lei si è
rifugiata da Bastien, che l’ha accolta
controvoglia. Il guardacaccia non ha nessuna intenzione di mantenere la
ragazza e tanto meno il figlio: quella stupida poteva liberarsi, come fanno
tante quando rimangono incinte. Per il momento le permette di rimanere con
lui perché lei gli tiene in ordine la casa, fa da mangiare ed è pur sempre
una fica da scopare. A Bastien piacciono sia i
cazzi, sia le fiche, ma intende sbarazzarsi di lei al più presto. Mariette è in soggezione davanti
all’intendente: si vergogna di farsi trovare a casa di un uomo che non ha
sposato, si vergogna di essere incinta, di essere diventata un’appestata che
tutte le donne perbene evitano e a cui i maschi fanno battute salaci e
proposte oscene. Mariette abbassa gli occhi e dice: - Bastien non è ancora rientrato. La donna sa benissimo che l’uomo non svolge il suo lavoro come
dovrebbe: Bastien è uno che chiacchiera, non sa
tenere la lingua a posto. Le ha detto che chiude un occhio quando un suo
amico caccia i cervi, perché tanto l’intendente non gli fa nulla. Mariette ha paura che Bastien venga
licenziato. Ignora che si è offerto ad Antoine, convinto che l’intendente
fosse disposto a tollerare la sua negligenza in cambio di qualche scopata. - Vuole un po’ di vino, signor Moustier? - No, non ti disturbare. - Si sieda, signor Moustier. Antoine si siede, ma ora si sente a disagio. Pensa che scopa con Bastien, che ha ingravidato questa donna. L’idea lo
disturba, anche se non è stato lui a sedurre Bastien:
è stato il guardacaccia a offrirsi. Antoine si alza. - Lo aspetto fuori. Mariette china la testa. Non le spiace che
l’intendente esca: la sua presenza la turba. Ma adesso ha paura che Bastien abbia combinato qualche guaio e che l’intendente
non voglia parlare davanti a lei perché vuole rimproverarlo pesantemente. Se Moustier umilierà Bastien, lui
se la prenderà con lei, probabilmente la picchierà: l’ha già fatto più di una
volta. E se Bastien dovesse perdere il posto e
perciò anche la casa, che è di proprietà del barone, lei dove potrebbe
andare? A buttarsi nel fiume, non c’è altra soluzione. - Come vuole, signor intendente. Antoine si allontana dalla casa, si accende un sigaro e incomincia a
fumare. Il sole sta tramontando. Bastien dovrebbe
arrivare tra non molto. Pensa a Mariette, che si è
lasciata sedurre. Antoine si dice che anche lui si è lasciato sedurre, come
un coglione. Non è certo innamorato di Bastien,
come probabilmente la povera Mariette, ma comunque
ha sbagliato a scopare con lui. Bastien arriva dopo pochi minuti. Antoine
gli va incontro non appena lo vede spuntare. Non lo saluta neppure. Gli dice
subito, a muso duro: - Bastien, hanno ammazzato un altro cervo.
- Signor intendente, io… Antoine non lo lascia finire la frase: - Bastien, hai un compito da svolgere. Che
un bracconiere riesca a fotterti una volta, può capitare, ma è la terza volta
in un mese che un cervo viene ucciso. O non sai fare il tuo lavoro o non vuoi
farlo: in entrambi i casi, non può continuare così. È l’ultimo avviso che ti
do. Poi dovrò riferire al barone e sai che cosa significa. Che cosa significa, lo sanno entrambi benissimo: licenziamento
immediato. Bastien abbassa la testa e si morde il
labbro. Sa che non c’è spazio per difendersi. Può solo obbedire. - Farò del mio meglio. Bastien entra in casa, cupo. Mariette chiede: - Che cosa voleva l’intendente, Bastien? - Niente, niente. È pronta la cena? Devo uscire. - È tutto pronto. Bastien si mette a tavola, ma è nervoso e
non gli va bene niente. - Perché non c’è il latte? - Non avevo soldi per comprarlo. - Sei una buona a nulla! Non c’è neanche un uovo? - La gallina non ha fatto… Il ceffone arriva subito, violento. Mariette
china il capo senza dire nulla: non vuole peggiorare la situazione e prendere
altre sberle. Pensa che è stata innamorata di quest’uomo, ma non è così: era
un altro Bastien quello da cui si è lasciata
sedurre. Dopo aver cenato, Bastien esce e si dirige
a casa di Claude Levieux. Il bracconiere vive in
una piccola costruzione ai margini del paese. - Claude, il Bastardo ha saputo del cervo. Antoine Moustier viene talvolta chiamato
il Bastardo, un soprannome che gli è stato affibbiato quando era bambino,
perché non si sa chi sia suo padre. I compaesani lo stimano e lo rispettano,
per cui ormai evitano di chiamarlo così. Solo quelli che ce l’hanno con lui
usano ancora il soprannome, quando lui non è presente, ma sono poche persone:
qualche bracconiere, qualche affittuario che non riesce a imbrogliarlo, a
volte l’intendente del Conte Malaniel, che si è
fatto fregare da lui in almeno due occasioni... - Ha minacciato di licenziarmi se ne viene ucciso un altro. Claude è irritato: la piccola selvaggina che caccia di frodo gli
fornisce il cibo e spesso vende una lepre, ma i cervi sono la sua principale occasione
di guadagno. Il padrone della locanda paga bene. - Andrò a venderli a Moutines oppure a Sourcerol. - No, gli unici cervi della regione sono nella tenuta del barone e
il Bastardo lo verrebbe a sapere. Qualche figlio di puttana farebbe la spia,
di sicuro. Non posso più lasciarti uccidere i cervi. Claude non ha nessuna intenzione di smettere, ma sa che adesso Bastien non chiuderà più un occhio. - Va bene. Lasciamo stare. Visto che sei qui, ci divertiamo un po’?
Così ti passa il cattivo umore. Claude sa che quando si tratta di scopare, Bastien
non si tira mai indietro. - D’accordo. - Allora spogliami. Le mani di Bastien si posano sulla giubba
del bracconiere, lo sfilano, poi scendono fino ai fianchi, afferrano la
camicia e la sollevano. Claude alza le braccia per permettergli di togliergliela.
Vedere il torace muscoloso dell’amico accende il desiderio del guardacaccia. Bastien lascia cadere a terra la camicia e
bacia Claude alla base del collo, mentre ne sente l’odore, un odore di bestia
selvatica. Poi gli passa le mani sul torace, mentre le labbra avvolgono un
capezzolo e i denti lo mordono. Claude sussulta. - Sì, così! Bastien succhia anche l’altro capezzolo,
lo mordicchia, poi le sue labbra scivolano sul petto di Claude, in un bacio
che scende fino alla cintura, mentre Bastien si inginocchia.
Le mani del guardacaccia aprono la fibbia e abbassano i pantaloni del
bracconiere. Davanti agli occhi di Bastien c’è il
cazzo di Claude, che si sta drizzando. Bastien
soppesa i coglioni, li stringe delicatamente, poi le sue mani accarezzano il
cazzo e la sua bocca si avvicina. Sente l’odore di sudore e di piscio. A Bastien piace. Le sue labbra si posano sulla cappella,
poi l’avvolgono completamente, mentre la lingua l’accarezza. Claude geme. Il
desiderio si dilata, dalla cappella si espande a tutto il cazzo, ai coglioni,
al ventre, è un fuoco che gli brucia nelle viscere. Claude chiude gli occhi.
Voleva incularlo, ma si rende conto che sta per venire. Va bene, va bene
così. Non potrebbe dirgli di smettere ora, vuole sentire la lingua che gli
accarezza la cappella, le labbra che succhiano avidamente, i denti che
stuzzicano, la mano che avvolge i coglioni, l’altra che preme dietro la
sacca. Claude chiude gli occhi. Il piacere è un’esplosione, si moltiplica in
una serie di ondate sempre più violente, che poi lentamente scemano, fino a
lasciare Claude senza fiato. Claude si dice che Bastien è davvero una
troia, ma ci sa fare. È passata una settimana. Bastien sta
facendo il suo giro abituale di perlustrazione nel bosco di Belfol-aux-Sources. Cerca di essere molto scrupoloso: sa
che il Bastardo ce l’ha con lui. Quel figlio di puttana non ha più voluto
scopare. Bastien ha provato ad accennare a un
incontro, ma l’intendente ha ignorato l’invito. Bastien è nervoso. Quello che gli dava
Claude gli faceva comodo, il salario di un guardacaccia non è granché. E poi
c’è quella stronza di Mariette, che piange sempre.
Le ha detto che deve andarsene: non la sopporta più. Quando torna a casa
domani mattina non vuole trovarsela tra i piedi. Il cielo è limpido e c’è una mezza luna, che illumina i prati e le
radure, mentre sotto gli alberi l’ombra è fitta. Bastien
sente uno sparo. Merda! Si dirige in fretta nella direzione da cui proveniva
il rumore. Questa non ci voleva! Si muove rapido, lungo i sentieri che conosce bene. Se il
bracconiere ha una grossa preda, non potrà passare in alto, sulle pareti
della valle. Dovrà rimanere più in basso e allora riuscirà a intercettarlo.
Sentendo un rumore di fronde spostate in lontananza, si ferma dietro il
tronco di un faggio. Poco dopo vede arrivare un uomo che porta sulla schiena una grossa
preda: è Claude, che ha ucciso un cervo! ‘Sto
stronzo vuole farlo licenziare! Merda! Bastien esce con il fucile spianato. - Sei un coglione, Claude. Pensavi di farla franca? Claude è irritato. - Bastien, ho bisogno dei soldi che mi dà Gaumier. - Ti avevo avvisato, questa volta non la scampi. - Eddai, Bastien,
chiudi un occhio, come hai sempre fatto. Ti do una parte di quanto mi paga Gaumier, come sempre. Se vuoi di più, ti do di più. - Non posso: il Bastardo mi licenzia, te l’ho detto. Adesso vieni
con me. Claude è furente, ma si rende conto che Bastien
non intende cedere. Inutile opporre resistenza. Meglio fingere di cedere. - Va bene. Claude depone a terra il cervo e mentre lo fa prende il coltello. Questo
figlio di puttana vuole rovinarlo. Fa ancora un tentativo: - Lasciami andare, Bastien. Ti lascio il
cervo, così puoi dire che hai fatto fuggire il bracconiere e recuperato la selvaggina. - Quando il Bastardo scopre che mi sono lasciato sfuggire il
bracconiere, mi licenzia. No, non c’è niente da fare. Vieni con me. Non c’è altra via. Questo coglione se l’è voluta. - Va bene. Claude si avvicina, tenendo la mano destra lungo il fianco, la lama
nascosta. Quando è di fronte a Bastien, vibra un
fendente al ventre. Il rumore secco della lama che entra nella carne è
accompagnato dal gemito di Bastien. Claude colpisce
ancora, due volte. Di nuovo il suono della carne lacerata e i gemiti, quasi
grida strozzate, del guardacaccia. Con la destra Bastien
cerca di fermare il braccio che vibra i colpi, con la sinistra cerca di
tenersi a Claude per non cadere, perché ormai le gambe non lo reggono più, e
afferra il fazzoletto che Claude porta al collo, mentre questi colpisce
ancora. Bastien cade a terra. Claude si china su di
lui e gli taglia la gola. C’è ancora un rantolo, poi il silenzio. Claude rimane fermo, chino sul cadavere, quasi timoroso che Bastien possa ancora alzarsi. Il cuore gli batte forte e
il respiro è affannoso: non aveva mai ucciso un uomo. Ma ormai è fatta. E
adesso è un bel casino! Porca puttana! Non può nemmeno portare via il cervo:
se lo vendesse sospetterebbero subito di lui. Tanta fatica per nulla. E c’è
pure il rischio che lo scoprano. Torna a casa, preoccupato e furente. Appena arrivato si cambia e si
mette l’abito della domenica. Nasconde nella stufa la giacca e la camicia,
sporche di sangue. Ha sangue anche sui pantaloni! Merda! Domani sera porterà
il tutto a Rose, dicendole di lavarli senza farli vedere a nessuno. Rose non
è stupida, sa tenere il becco chiuso. Purché non si lasci sfuggire nulla. Se
lo beccano, è la ghigliottina. A casa Mariette aspetta Bastien, seduta accanto al tavolo. Non se n’è andata, non
sa dove potrebbe rifugiarsi. Quando arriverà, lui la picchierà: lo sa ed è
rassegnata. Meglio le botte che non avere un tetto sulla testa. Deve riuscire
a convincerlo a non mandarla via. Che cosa potrebbe fare, dove potrebbe
andare? La giovane donna si tormenta le mani. A tratti le vengono le lacrime. Bastien non torna. A un certo punto Mariette china la testa sulle braccia che ha appoggiato
sul tavolo: ha bisogno di riposare un po’, nella notte ha dormito poco, era
troppo agitata. Si è svegliata moltissime volte e a un certo punto non è più
riuscita a riprendere sonno. Si addormenta subito. Quando si sveglia, sono passate diverse ore: è
ormai mezzogiorno. Bastien non è ancora tornato.
Come mai? Sul tavolo c’è la colazione che aveva preparato per lui. Mariette ha fame, ma non osa mangiare. Se Bastien arrivasse adesso e la sorprendesse mentre mangia
la colazione destinata a lui… Mariette rabbrividisce. Il cadavere viene ritrovato nel primo pomeriggio. Vengono chiamati i
gendarmi e avvisato l’intendente. Uno degli uomini venuti a prendere il
cadavere si accorge che nella mano del morto c’è qualche cosa. Punta l’indice
e dice: - E quello che cos’è? Quello che ha in mano, intendo. Tutti guardano. - Stringe un fazzoletto. - Sì, un fazzoletto strappato, viola. Riescono a tirar via il pezzo di stoffa e lo osservano. Uno dice
quello che anche altri sanno: - Un fazzoletto così ce l’ha Claude Levieux. - Già, il bracconiere che vende i cervi a Gaumier. - E abbiamo visto il cervo morto. Non ci sono dubbi. I gendarmi vanno subito a casa di Claude, che non
si aspettava una visita. Trovano gli abiti insanguinati nascosti nella stufa.
Non occorre altro. Mariette non si è mossa di casa tutto il
giorno. Ha paura che se Bastien non la trova quando
torna, non la faccia più entrare. Sa che con ogni probabilità lui la
picchierà e la sbatterà fuori, ma spera ancora di convincerlo. È sera quando vede arrivare l’intendente. Si spaventa. Antoine la guarda un momento in silenzio, come se volesse leggerle
in volto. Poi chiede: - Non sai ancora niente? Mariette scuote la testa, intimorita. - No… che cosa… è successo qualche cosa? Pensa che Bastien sia stato licenziato su
due piedi, per non aver sorvegliato bene il bosco. Ma perché non è passato a
ritirare le sue cose? - Mi spiace, Mariette. Questa notte… Deve
aver sorpreso Claude Levieux che cacciava di frodo
e Claude l’ha accoltellato. Mariette è impallidita. - È… è… morto? Antoine annuisce. Mariette scoppia a piangere. Non ama più Bastien, ma ora non ha davvero nessuno a cui rivolgersi. Antoine capisce benissimo la situazione della ragazza, che gli fa
pena. Sa che dovrebbe ordinarle di andarsene questa sera stessa, ma invece
dice: - Puoi rimanere qui fino a che non arriva il nuovo guardiacaccia.
Hai un po’ di denaro? Mariette scuote la testa. Non ha nulla. Antoine infila la mano in tasca e tira fuori le monete che ha: non è
molto, ma le basterà per una settimana o due. Antoine deve trovare un nuovo guardacaccia. Il pensiero va subito al
Normanno. Lo chiamano così perché è arrivato dalla Normandia e sorveglia la
tenuta del conte Galmard. Non è una grande
proprietà: il conte vive in Normandia e negli ultimi anni ha venduto quasi
tutte le terre che possedeva in Linguadoca, un’eredità della madre. Quando il
guardacaccia è arrivato, nessuno ha capito perché il conte lo aveva mandato,
dopo anni in cui il bosco era abbandonato. E poi, dopo appena tre mesi, il
conte ha venduto anche l’ultima proprietà e il Normanno è stato licenziato:
il signor Morsan, che ha comprato i terreni,
intende abbattere tutti gli alberi per vendere il legname e non gli serve
certo un guardacaccia. Antoine ha incontrato il Normanno due volte, ma ha scambiato solo poche
parole con lui. Decide di parlargli e lo convoca. Il guardacaccia si presenta
da lui la sera stessa. L’intendente lo osserva. È un uomo di statura
superiore alla media, molto robusto, con capelli, barba e baffi biondi. Dà
un’impressione di grande potenza. Di uno così i bracconieri avrebbero
senz’altro paura. - Sto cercando un guardacaccia che sostituisca Légier.
Mi risulta che sei stato licenziato. - Sì, tra dieci giorni devo lasciare la casa dove alloggio, ma già
adesso sono libero: il conte mi ha pagato fino alla fine di questo mese, ma
al nuovo proprietario non interessa un guardacaccia. - In questo caso, se ci mettiamo d’accordo, può essere una buona
cosa per entrambi. Però ho bisogno di avere alcune informazioni. - Mi dica, signor intendente. - In primo luogo, perché il conte Galmard
ti ha mandato qui, se aveva intenzione di vendere il bosco di Huitsources? Guillaume Sauveur risponde senza esitare. - Volevo andarmene dalla Normandia. Venire qui come guardacaccia mi
permetteva di lavorare ancora alcuni mesi per il conte e percepire un
salario, mentre incominciavo a conoscere un nuovo ambiente. Quella del conte
mi è sembrata un’ottima proposta. Se l’acquirente della tenuta non avesse
deciso di abbattere il bosco, avrebbe potuto tenermi alle sue dipendenze. Se
invece avesse deciso di tagliare gli alberi, come avverrà, avrei comunque
avuto modo di cercarmi un lavoro in un posto in cui avevo già qualche
conoscenza. La spiegazione è convincente. - Perché hai deciso di lasciare la tua terra? - Una faccenda personale, signor intendente. Antoine apprezza che l’uomo non abbia inventato qualche scusa. Sa di
non avere diritto di chiedere oltre, ma naturalmente raccoglierà qualche
informazione. Parlano ancora un momento, poi Antoine comunica al guardacaccia che
prenderà una decisione a breve. Guillaume gli ha fatto un’ottima impressione:
gli è parso sicuro di sé, ma non presuntuoso, intelligente e franco. Quando il colloquio si è concluso, Antoine scrive all’intendente del
conte Galmard, chiedendo notizie di Guillaume Sauveur. La risposta non si fa attendere. Dopo le formule di cortesia
l’amministratore scrive: Il guardacaccia Guillaume Sauveur ha lavorato per nove anni nella tenuta del conte Galmard e non ho mai avuto motivo di rimproverarlo. Ha
sempre svolto il suo lavoro con grande serietà e competenza e sono sicuro che
se lo assumerete, il barone di Perceval ne sarà
pienamente soddisfatto. Il conte vi prega di
trasmettere i suoi saluti al barone, a cui raccomanda vivamente il signor Sauveur. Antoine è soddisfatto. Non sa per quali motivi Sauveur
abbia deciso di lasciare la Normandia, ma non devono essere problemi legati al
lavoro, visto che l’intendente del conte Galmard
non ha scritto nulla in proposito. Non c’è quindi nessun motivo per non
assumere Guillaume. Antoine comunica la sua decisione a Guillaume e poi l’accompagna
alla casa in cui stava Bastien Légier:
è l’abitazione del guardacaccia che sorveglia la zona. È un edificio isolato,
piuttosto lontano dalla residenza dell’intendente e dal palazzo del barone.
Quando sono quasi arrivati, Antoine si ricorda di colpo che nella casa
potrebbe esserci Mariette. Si dà del coglione per
non averci pensato prima. Si rivolge a Guillaume e gli dice: - Non mi è venuto in mente prima, ma probabilmente nella casa c’è
ancora Mariette, che stava con Bastien
Légier. Se ne andrà adesso che ti stabilisci tu lì. Mariette in effetti è ancora nella casa. Guarda,
muta e sgomenta, il nuovo inquilino. Sa che dovrà andarsene, ma non conosce
nessuno disponibile ad ospitarla. Guillaume le si rivolge quasi subito, chiedendo: - Lei dove andrà? Mariette scuote la testa, mentre le
spuntano due lacrime - Non lo so. Guillaume non dice nulla. Apre le porte che dalla stanza d’ingresso,
che serve da cucina e sala, portano alle due camere: la casa è abbastanza
spaziosa, adatta a ospitare la famiglia di un guardaparco. Poi ritorna a parlare
con Mariette: - Ci sono due stanze. Per quel che mi riguarda, può rimanere in
quella dove dorme ora. Mariette guarda Guillaume, incredula. Il
Normanno aggiunge: - Ha bisogno di un tetto sulla testa e non può trovare lavoro in una
casa, adesso che aspetta un bambino. Poi Guillaume si rivolge ad Antoine: - Non ci sono problemi, suppongo. L’intendente è stato preso di sorpresa: non si aspettava certo che
il nuovo guardacaccia fosse disponibile a ospitare Mariette.
Personalmente non ha nulla da ridire: gli fa invece piacere che la giovane non
finisca in mezzo alla strada. Il barone potrebbe obiettare? Non viene spesso
nella sua proprietà e in ogni caso non si interessa della vita privata dei
suoi dipendenti. Certo, in paese se ne parlerà, qualcuno avrà da ridire, la
gente ha sempre da ridire, ma chi se ne fotte? Più tardi, tornando alla propria casa, Antoine si dice che il
Normanno ha trovato un buon modo per scopare senza andare a puttane: Mariette gliela darà, in cambio dell’ospitalità. Non è un
cattivo affare per lei: non ha un posto dove andare e finirebbe sicuramente
per doversi prostituire. Meglio darla solo al Normanno, che non è male:
certamente non è bello com’era Bastien, ma è un
uomo vigoroso. Ad Antoine piace più di Bastien: gli
piacciono i maschi forti e Guillaume è davvero un Ercole. Nei primi mesi Antoine si reca spesso nell’area sorvegliata da
Guillaume, anche se è piuttosto lontana dalla sua abitazione: vuole
controllare il nuovo guardacaccia. Non gli ci vuole molto per rendersi conto
che il Normanno svolge il suo lavoro con la massima cura: rispetta sempre i
turni, non rientra mai a casa prima del tempo e fa buona guardia. Il
farmacista, che incontra una volta in città, gli dice ridendo che da Gaumier non solo non servono più cervo, ma neanche lepre.
Antoine incontra ogni tanto Guillaume, quando questi è al lavoro, e
talvolta va da lui, per questioni di servizio. In queste occasioni parlano un
po’. Antoine si trova molto bene con quest’uomo, con cui è piacevole
scambiare due chiacchiere: ne apprezza l’equilibrio, l’esperienza di vita, la
generosità che appare in diverse considerazioni. Se si trova a passare
nell’area sorvegliata da Guillaume, lo cerca, perché le loro brevi
conversazioni sono uno dei momenti più piacevoli delle sue settimane. Un giorno lo trova in piedi davanti a un albero, che sta pisciando.
La vista lo turba alquanto. Guillaume invece è del tutto a suo agio.
Conclude, poi fa scomparire il suo uccello nei pantaloni e gli sorride.
Parlano tranquillamente, come se non fosse successo niente. Non è successo
davvero niente, ma Antoine è turbato. Sa il perché: non scopa da mesi, il
Normanno gli piace e vedere il suo grosso cazzo ha destato il suo desiderio.
Ma l’esperienza con Bastien gli è bastata: mai più
con uno dei suoi dipendenti. Un pomeriggio Marc Gordier, un altro
guardacaccia, gli dà la notizia: - Sa la novità, signor intendente? Sauveur
si sposa, me l’ha detto questa mattina. Antoine è allibito. - Cosa? - Sposa Mariette. D’altronde, vivono
insieme da due mesi. Marc sorride e aggiunge: - Gli farò da testimone. Sono contento per lui e per Mariette, che è una brava ragazza. Antoine non dice nulla. Non capisce perché la notizia, di per sé
insignificante, lo abbia turbato tanto. Poche ore dopo Guillaume si presenta da lui per comunicargli la sua
decisione. L’intendente vorrebbe chiedere, ma non ha nessun diritto di
indagare su una scelta personale. Si limita a fargli le sue congratulazioni. La cerimonia si svolge in chiesa, dove Guillaume non ha mai messo
piede da quando è arrivato. Il parroco non fa storie: Mariette
ha trovato un marito; il bambino che sta per nascere ha trovato un padre e non
sarà un bastardo; una pubblica peccatrice ritorna a essere una donna per
bene. La situazione spiacevole che si è creata con la gravidanza di Mariette trova una soluzione cristiana e socialmente
accettabile. Di fronte a tutto questo, il fatto che il Normanno non mostri
nessun interesse per la religione, non è così rilevante. Il matrimonio
provocherà ancora un po’ di chiacchiere, perché Guillaume non è il padre del
bambino che nascerà, ma dato che lui intende riconoscerlo, alla fine tutta la
faccenda finirà nel dimenticatoio. Antoine smette di recarsi spesso nell’area controllata da Guillaume.
Non saprebbe spiegare il perché, ma preferisce stare alla larga. Altri mesi passano. Mariette dà alla luce
un maschietto, a cui viene dato il nome di François. Guillaume continua a
lavorare in modo coscienzioso. Anche Antoine lavora molto: la proprietà del barone è grande e c’è
molto da fare. E poi lavorare è un buon modo per non pensare. Antoine ha un
buon lavoro, che gli piace ed è pagato bene. Ma sente la mancanza di un
compagno e il desiderio lo tormenta. A volte, la domenica, si stende sul letto e il pensiero va agli
uomini che gli piacciono, come Guillaume, e a quelli con cui ha scopato, come
Bastien. Allora la sua mano scende al cazzo e
incomincia a solleticarlo, prima accarezzandolo con movimenti rotatori, poi
scorrendo dalla cappella ai coglioni e infine stringendolo con forza e
muovendosi fino a che il seme sgorga. A volte, mentre la destra lavora sul
cazzo, la sinistra stringe un po’ i coglioni e l’area retrostante, poi si
spinge più indietro, fino a che il medio stuzzica il buco del culo. Antoine
pensa che a Bastien piaceva molto prenderselo in
culo: già la prima volta era venuto senza neppure toccarsi. Antoine si chiede
che cosa si prova. È una domanda oziosa, tanto non avrà mai modo di fare
l’esperienza: le volte in cui ha scopato con un uomo, è stato sempre questi a
offrirsi. Magari non avrà neppure occasione di fottere ancora. È assurdo
pensare che a trent’anni potrebbe non trovare più nessuno con cui scopare, ma
in campagna è così. Per fortuna la sua mano destra sa come fare… È una domenica d’autunno quando Antoine torna alla casa del
guardacaccia Guillaume Sauveur: non ci va da alcuni
mesi, ma adesso è necessario. Lo accoglie Mariette,
che si è completamente trasformata: è serena, sorride e non si vergogna più. - Guillaume è andato a bagnarsi al laghetto, con il piccolo. Antoine sa dov’è il laghetto. Risale a cavallo e raggiunge la radura
erbosa da cui si accede alla pozza d’acqua. Scende e non appena mette piede a
terra, vede il Normanno, steso sull’erba ai piedi di un albero. È nudo e sul
suo petto riposa il bambino. Per Antoine la vista di questo corpo possente
nudo è un pugno nello stomaco, che lo coglie del tutto impreparato. In un attimo il cazzo gli si tende. Sono parecchi mesi che non scopa,
da prima che morisse Bastien. Guillaume si è accorto del suo arrivo e si alza, tenendo in braccio
il bambino. Gli ha passato il braccio sotto il sedere e gli tiene una mano
sulla testa, appoggiandola contro il petto villoso. - Cercava me, signor intendente? Antoine cerca di distogliere lo sguardo dal cazzo vigoroso del
Normanno. Ha la sensazione di non essere ben fermo sulle gambe. - Sì, ho bisogno di parlarti un momento. - Va bene. Allora, se non le spiace, riporto il bambino da Mariette. Guillaume sorride, si china per posare il bambino sulla camicia e
prendere i pantaloni. Ha un culo vigoroso, coperto da un pelame biondo e
Antoine prova il desiderio di allungare le mani per stringerlo. Controllarsi gli
costa uno sforzo. Guillaume ha recuperato i pantaloni e mentre se li infila,
senza mettersi le mutande, dice: - Mariette aveva bisogno di riposare un
po’. Questo diavoletto l’ha tenuta sveglia metà della notte. Tra poco però va
allattato, per cui lo riporto dalla mamma. Antoine cerca di evitare che il suo sguardo scenda alla foresta di
peli che copre il basso ventre, al grosso cazzo, ai coglioni che ora
scompaiono nei pantaloni. Guillaume si dirige alla casa, camminando a piedi nudi. Antoine cerca di calmarsi. Non si aspettava di trovare Guillaume
nudo e soprattutto non si aspettava che il suo corpo reagisse con tanta
violenza. Bisogna che si dia una calmata. Non vuole che Guillaume si accorga della
sua eccitazione. Non sa che cosa potrebbe pensare, probabilmente si
ritrarrebbe disgustato. E anche se invece fosse disposto a combinare qualche
cosa, Antoine non ha proprio nessuna intenzione di mettersi di nuovo a
scopare con uno dei suoi dipendenti. Non è una buona cosa, lo sapeva già
prima e l’esperienza di Bastien glielo ha
confermato. Pochi minuti dopo Guillaume è di ritorno. Antoine comunica quello che ha da dire: un cambiamento nei turni,
che si è reso necessario all’ultimo minuto. Guillaume ascolta, poi dice: - Va bene. Antoine ha già notato che il Normanno non ha mai obiezioni sui
turni: i cambiamenti di orario non gli creano problemi. Poi Guillaume aggiunge: - Adesso torno a bagnarmi. Non ha voglia di rinfrescarsi un po’,
signor Moustier? E mentre lo dice Guillaume si cala i pantaloni. C’è un sorriso un po’ sornione sulle labbra di Guillaume. Antoine sa
che dovrebbe andarsene, subito, ma non è in grado. Scuote la testa, incapace
di parlare, incapace di non fissare questo corpo nudo. Guillaume si avvicina. - Si spogli, signor intendente. È una bella giornata, fa ancora
caldo ed è l’ideale per bagnarsi. O per fare altro. Antoine lo guarda. Balbetta: - Al… al…tro? - Sì, altro. Che ne dice? Credo che ne abbiamo voglia tutti e due. Antoine ha trent’anni, il Normanno gli piace moltissimo, non scopa
da mesi e mesi. Sa che non dovrebbe, ma cede senza aver davvero lottato.
Annuisce, senza muoversi. È Guillaume a incominciare a spogliarlo. Lo fa con gesti lenti,
senza fretta. Antoine pensa che è bellissimo sentire queste mani forti che si
posano sul suo corpo, accarezzando e poi sfilando la camicia, slacciando la
fibbia della cintura, abbassando i pantaloni. Poi le mani si posano sulle sue
guance e Guillaume lo bacia. Nessun uomo ha mai baciato Antoine, che rimane
immobile, incapace di reagire. Guillaume si stacca, lo guarda e poi lo bacia
di nuovo. E allora Antoine stringe il corpo nudo del guardacaccia, le sue
mani scorrono avide sulla schiena, fino al culo. E quando la lingua di
Guillaume preme contro la sua bocca, Antoine schiude le labbra e la lascia entrare.
Non saprebbe dire se gli piace o no, ma il suo corpo arde. Le mani di Guillaume scendono a calargli le mutande, mentre le loro
bocche ancora sono unite. Poi Guillaume fa un passo indietro e dice: - Finisci di spogliarti. Antoine annuisce. Si libera delle scarpe, dei pantaloni e delle
mutande. Ora è nudo, di fronte a Guillaume, il cazzo teso allo spasimo. - Che cosa ti piace fare, Antoine? - Voglio prenderti. Antoine ha risposto d’impulso, ma ora prova vergogna e abbassa la
testa. - Per me va bene, Antoine, se è alla pari. Tu mi prendi e poi io prendo
te. Ti va bene così? Altrimenti… possiamo divertirci con la bocca e le mani. - No, va bene, va bene. Antoine ha risposto senza riflettere. Ma desidera provare, anche se
ha paura. Lascerà che il
Normanno lo prenda, per la prima volta nella sua vita, un maschio lo
inculerà. Sa di desiderarlo, anche se l’idea lo spaventa. Antoine mette le mani sui
fianchi di Guillaume. Lo attira a sé, lo volta. I loro corpi aderiscono. Il
guardacaccia sente contro il culo il cazzo di Antoine che si irrigidisce e
cresce. Chiude gli occhi. Una mano di Antoine passa
davanti, scivola sul petto e sul ventre e scende ad accarezzargli il cazzo e
i coglioni. Guillaume sente il desiderio dilatarsi. Antoine spinge Guillaume a
mettersi a quattro zampe. Gli sputa sul solco e sparge la saliva in modo da
inumidire bene l’apertura, poi bagna la cappella e si stende su di lui. Il guardacaccia sente il cazzo
premere e poi entrare. L’intendente si muove piano, spingendo lentamente, poi
si ferma un momento, prima di riprendere la sua cavalcata. Intanto la sua
mano gioca con il cazzo di Guillaume, lo stuzzica, lo accarezza, lo stringe,
a tratti scende ai coglioni, li strizza un poco. La sua bocca morde
l’orecchio del guardacaccia. Questo maschio che le sue mani accarezzano e
tormentano gli piace, più di tutti gli altri uomini che ha posseduto. Gli
piace la sua forza, la carne che sembra cedere a fatica alla pressione del
suo cazzo, la peluria bionda che copre il culo, l’uccello gagliardo che si
drizza e batte contro il ventre, i grossi coglioni che la mano stringe. L’intendente cavalca a lungo,
fino a che il piacere è troppo intenso per poter essere ancora contenuto.
Allora accelera il ritmo, spingendo sempre più forte, fino a che il suo seme
non si rovescia in culo al guardacaccia. Rimangono un buon momento così, poi Antoine si lascia cadere di
lato. Guillaume lo stringe in un abbraccio. Per Antoine è stata la migliore
scopata della sua vita, ma ora è esausto. Quasi senza accorgersene scivola
nel sonno. A risvegliarlo sono i baci e la voce di Guillaume. - Ora di fare cambio. E con un movimento deciso il guardacaccia fa girare l’intendente,
che si trova stesso prono. Guillaume si stende su di lui, baciandogli la
schiena, la nuca. Ma Antoine ora ha paura, si dibatte, cerca di liberarsi del
corpo che preme sul suo. Guillaume è più forte e Antoine si ritrova bloccato.
Sente contro il culo il cazzo di Guillaume, rigido. Grida: - No! Guillaume si ferma, poi chiede: - Non te la senti, Antoine? - No, Guillaume, no… non ce la faccio. Guillaume si stacca e si alza. Antoine volta la testa verso di lui.
Vede che si sta rivestendo. Il grosso cazzo duro sta scomparendo nelle mutande. Antoine si alza. Prova vergogna. Sa di doversi giustificare. - Mi spiace, Guillaume. Quando ho accettato, avevo intenzione di
farlo. Ma… non me la sono sentita. Ti chiedo scusa. Guillaume ha continuato a rivestirsi. Ora sta infilandosi la camicia
nei pantaloni, ma si ferma e guarda Antoine. - Non ti preoccupare, Antoine. Se non l’hai mai fatto, capisco che
ti possa spaventare. Se non te la senti, pazienza. Mi spiace, perché mi piaci
molto, ma per me un rapporto ha senso solo in una condizione di parità. Antoine annuisce. Le parole di Guillaume gli hanno reso la serenità,
ma non hanno certo cancellato il senso di vergogna. - Grazie, Guillaume. Guillaume sorride, gli si avvicina, gli prende la testa tra le mani
e lo bacia. Poi si stacca, si volta e si allontana, dicendo: - Buona serata. A fatica Antoine riesce a rispondere: - Buona serata. Antoine lo guarda allontanarsi, poi si riveste. China il capo e
rimane fermo. Scopare con Guillaume è stato bellissimo, ma ora l’intendente si
sente sommergere da una tristezza infinita. Si lascia cadere in ginocchio. Ha
voglia di piangere, come gli capitava da bambino. Rimane un buon momento immobile, poi, con fatica, si rialza, sale a
cavallo e si allontana. Nei mesi successivi, Antoine si rende conto che Guillaume gli
ritorna in mente in modo ossessivo. Cerca di distrarsi, di non pensare troppo
al guardacaccia. Ma ogni giornata è più pesante e si sente sempre più
infelice. Un mattino, quando si alza dal letto, guarda il fucile appeso alla
parete e rimane a lungo a fissarlo, senza muoversi. Si dice che potrebbe
spararsi un colpo e chiudere con tutto. Poi si riscuote. È frastornato,
confuso. Non gli era mai successo di pensare al suicidio. L’inverno è finito, ma ad Antoine sembra che continui dentro di lui.
Ha convocato due guardacaccia, Sauveur e
Leblanc. Ha dovuto farlo, per una richiesta di Leblanc, ma questo incontro
gli pesa moltissimo. È la prima volta che Guillaume torna nella casa
dell’intendente dopo il loro incontro al laghetto. Si sono visti pochissimo
in questi mesi, perché Antoine ha evitato di recarsi nell’area sorvegliata da
Guillaume. L’idea di vederlo, di dovergli parlare, lo fa stare male, ma ormai
da tempo ogni giorno porta sofferenza: gli sembra di sprofondare in una
palude e il mattino fa sempre più fatica ad alzarsi. Lo sguardo va spesso al
fucile appeso e Antoine a volte esce di fretta, quasi di corsa, dalla sua abitazione,
perché ha paura di quello che potrebbe fare. Antoine scruta i due uomini in piedi davanti a lui. Guillaume è
sempre lo stesso, attento, sereno. Nulla nel suo atteggiamento o nella sua
espressione potrebbe far pensare che tra loro due è successo qualche cosa. L’intendente espone direttamente il motivo della convocazione: vuole
che questo incontro finisca in fretta. - Sauveur, Leblanc mi ha chiesto di
spostarlo a Belfol-aux-Sources. Ti crea problemi
fare cambio con lui? Prima che Guillaume possa rispondere, Leblanc interviene: - Guillaume, ormai sono anziano, mia moglie non sta tanto bene e
avrebbe bisogno di una mano. Nostra figlia e nostro genero stanno a Béranger, neanche un quarto d’ora dalla casa dove stai tu
adesso. I loro figli sono grandi e possono dare una mano anche loro. Di qua a
Béranger a piedi ci vogliono quasi due ore. La casa
qui è bella, l’orto c’è e mia moglie l’ha sempre curato. Guillaume annuisce. Risponde a Leblanc: - Per me va bene. Dovrò imparare a conoscere la zona. Ne parlerò con
Mariette, ma non credo che abbia problemi, anzi: per
lei quella casa è troppo isolata, non le piace quando io sono di servizio la
notte e lei rimane da sola. Qui ci sono diverse altre case e il castello è a
due passi. Credo che sarà contenta. Guillaume si volta verso Antoine, che si tende. Si chiede se gli
darà del tu. Ma Guillaume sa benissimo come deve comportarsi. - Signor intendente, credo che si possa fare. Mi permetta di parlare
un momento con mia moglie. Antoine annuisce: - Una richiesta sensata. Mi darai la risposta domani. Questo è
tutto. I due guardacaccia si dirigono alla porta. Antoine guarda sgomento
Guillaume allontanarsi. Non vuole che se ne vada. Mentre sta per uscire, gli
dice: - Sauveur, fermati un momento. C’è ancora
una cosa di cui voglio parlarti. Guillaume torna indietro. - Mi dica, signor intendente. Antoine non sa che cosa dire. L’ha trattenuto perché non voleva che
se ne andasse. Si avvicina a lui, gli posa le mani sulle guance, avvicina la
bocca a quella di Guillaume e lo bacia. Per un momento Guillaume non reagisce, poi però abbraccia Antoine.
L’intendente si sente bene, avvolto in questa stretta. La sua angoscia
svanisce. Vorrebbe stare per sempre così, sentire il calore del corpo che
preme contro di lui, la forza delle braccia che lo stringono. Antoine si stacca e guarda Guillaume negli occhi. - Guillaume, domani, al posto dell’altra volta, vuoi? Mi prenderai. Il guardacaccia annuisce, poi sorride e dice: - Agli ordini, signor intendente. Antoine fissa un’ora. Guillaume esce. Nella notte Antoine dorme poco. Ha paura, ma si sente felice. Guillaume
non ce l’ha con lui, l’ha abbracciato, non gli ha detto di no. Domani si offrirà
a Guillaume. E per loro sarà l’inizio di un futuro che appare ancora vago, ma
carico di promesse. Sono tutti e due un po’ in anticipo, per cui arrivano
contemporaneamente. - Sei sicuro, Antoine? - Lo sono, Guillaume. Questa volta è l’intendente a spogliare il guardacaccia, che lo
lascia fare e poi, dopo averlo abbracciato, lo spoglia a sua volta. Quando
sono nudi si baciano e si stringono, appoggiati al tronco di un albero, poi Guillaume
si ritrae e Antoine si stende, allargando un po’ le gambe. Ora ha paura. Guillaume si sposta, si mette tra le gambe di Antoine e incomincia a
mordergli il culo. Antoine sussulta, poi ride e chiede: - Che cazzo fai, Guillaume? Anche Guillaume ride, senza rispondere: che cosa sta facendo è
chiaro a tutti e due. Antoine non se l’aspettava, nessuno gli aveva mai morso
il culo, ma questa sensazione è piacevole, maledettamente piacevole. Poi Guillaume
passa la sua lingua sul solco tra le natiche di Antoine, che chiude gli occhi,
sopraffatto dalle sensazioni che prova: questa carezza umida è
piacevolissima. Guillaume continua a leccare, a premere contro l’apertura, a
mordicchiare le natiche, ad accarezzare con la lingua il solco. Antoine sente
che il cazzo gli si tende. Le parole gli sfuggono dalle labbra: - Prendimi, Guillaume. Guillaume si ferma. Questo è il loro accordo, ma non vuole forzare
Antoine. Chiede: - Sei sicuro, Antoine? Sai che ti farà male. - Prendimi. Guillaume annuisce. È ciò che desidera, da tempo. Lavora ancora con la lingua, poi inumidisce bene la cappella e con
delicatezza la spinge contro l’apertura. Avanza un poco e si ritrae, dando a Antoine
il tempo di abituarsi. Quando il buco infine è ben dilatato, entra e si
ferma, subito. Antoine geme. - Vuoi che esca, Antoine? È un po’ doloroso, ma non molto, e nello stesso tempo è piacevole. - No, rimani. Guillaume gioca con la lingua, passandola dietro un orecchio di
Antoine, e con i denti, mordicchiando il lobo e poi la spalla. Intanto avanza
lentamente, prendendo possesso di questo culo vergine che gli si offre. È una
sensazione fortissima. - Mi piace il tuo culo, Antoine. Antoine ride. Nessuno glielo aveva mai detto. Il cazzo di Guillaume ora è tutto dentro Antoine. Le mani di Guillaume
accarezzano, le labbra baciano, i denti mordono, la lingua lecca. Antoine
affonda in un mare di sensazioni, in cui è difficile distinguere il piacere dal
dolore. Guillaume incomincia a spingere e i movimenti provocano una
sofferenza che cresce man mano che le spinte diventano più forti. Ma a questa
sofferenza si mescola un godimento, che diventa anch’esso più forte. È una
cavalcata che sembra non finire mai. L’intendente
assapora le sensazioni che gli trasmette il cazzo del guardacaccia dentro di
lui, questo cazzo formidabile che gli dilata le viscere, che lo riempie. Gli
piace sentirsi preda di quest’uomo forte. Infine, dopo un tempo che ad Antoine è apparso infinito, Guillaume emette
un verso animale, prolungato, e Antoine sente per la prima volta il seme di
un uomo spandersi nelle sue viscere. Il cazzo di Guillaume perde consistenza e volume. Ora è piacevole
averlo dentro. Guillaume afferra Antoine e si volta con lui: Antoine si ritrova
disteso su Guillaume ed è una bella sensazione poggiare su questo corpo
caldo, sentire ancora dentro di sé il cazzo che ha preso possesso di lui. Guillaume
gli afferra con la destra l’uccello e muove la mano lentamente. Antoine sente
il piacere dilatarsi e infine esplodere. Poi rimangono distesi, Guillaume sotto, Antoine sopra, stretto tra
le sue braccia. L’intendente non si è mai sentito così bene come ora, mentre il
guardacaccia gli accarezza la testa, con molta delicatezza. Poi la mano dai
capelli scende al petto, ritorna a stuzzicare il cazzo. Antoine si abbandona a queste carezze. La mente vaga e riemergono
ricordi. - Guillaume… - Dimmi. - Quel giorno, al laghetto… sei stato molto diretto. - Andavo abbastanza sul sicuro: sapevo che scopavi con Bastien, perciò gli uomini di certo ti piacevano. - Come facevi a saperlo? - Me lo aveva detto lui. - Lo conoscevi? Ma eri arrivato da poco quando l’hanno ammazzato. - Ci scopavo. Ci eravamo visti all’osteria una domenica e lui si era
fatto avanti. - E poi ti ha raccontato di me? - Di te e degli altri. Bastien scopava
anche con il bracconiere che poi lo ha ucciso. - Che troia! Guillaume alza le spalle. - Gli piacevano gli uomini, gli piacevano le donne e si divertiva.
Non lo critico perché scopava con tutti: se era quello che voleva, faceva
bene a farlo. - Ma parlarne in giro… - Sì, è sciocco, ma ne parlava solo con quelli con cui scopava. Di
te mi raccontò solo perché eravamo tutti e due alle tue dipendenze, ma si
raccomandò che non ne parlassi a nessuno. - Spero che davvero non l’abbia raccontato ad altri. Dopo un momento di silenzio, Antoine riprende: - E così sei andato sul sicuro. - Diciamo che quando ti è venuto duro, ho capito che ti piacevo. - Te ne sei accorto? - Sì. Tu eri piuttosto turbato e ho pensato che la causa potesse essere
il vedermi nudo. Ho dato un’occhiata e c’era un rigonfio promettente nei tuoi
pantaloni. Guillaume ride. - Lo faremo ancora, Guillaume? - Il più spesso possibile, per quel che mi riguarda. Adesso che
verrò a vivere vicino a te, le occasioni non mancheranno. Il pensiero di Antoine di colpo va a Mariette. - Mariette… Sei un uomo sposato… - Mariette aveva bisogno di un marito, per
non essere trattata come un’appestata. Le ho parlato chiaramente: ognuno di
noi due è libero di condurre la vita che vuole, rispettando le apparenze. Lei
tiene in ordine la casa, cura l’orto e cucina, io guadagno il pane. Stiamo
benissimo così. Mi sono affezionato a lei e lei a me, ma non siamo davvero
una coppia. Antoine vorrebbe chiedere se scopano, ma non si sente in diritto di
porre la domanda, per cui devia il discorso: - E il bambino? - Il bambino per me è mio figlio. Intendo prendermi cura di lui,
come meglio posso. Antoine guarda Guillaume. Gli piace quest’uomo, gli piace
moltissimo. Se ne sta innamorando, lo sa. Se n’è già innamorato. L’idea lo
spaventa un po’, ma lo rende anche felice. Vorrebbe chiedergli se gli vuole
bene, ma non osa. Guillaume lo sta guardando, sorridendo, e dice: - Mi piaci molto, Antoine. E non solo fisicamente. Ho voglia di
conoscerti meglio, di stare con te, non solo di scopare. Antoine chiude gli occhi. È troppo felice. 2023 |