Un progetto individuale

 

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      Perché aveva scelto Ennio? Non lo sapeva bene neanche lui. Forse perché gli faceva pena vederlo così solo. E sicuramente perché era affascinato dalla camera di Ennio. Non era una stanza come le altre, no: nessuno aveva una camera come la sua. Gli altri mettevano qualche abito e un po’ di biancheria nell’armadio, una fotografia del marito o della moglie sul comodino. Quando morivano, si faceva in fretta a sgomberare la stanza. Ennio no, lui aveva riempito la sua camera di scaffali e su quegli scaffali si accatastavano centinaia di libri. Libri in italiano, in spagnolo, in inglese. Romanzi, racconti, libri di storia, libri fotografici su paesi lontani, libri d'arte.

      Guido aveva sempre amato leggere, ma molti di quei titoli e di quegli autori gli erano sconosciuti, altri li ricordava solo per averli studiati a scuola. Quelle rare volte che aveva avuto l'occasione di scorrere un po’ i titoli sugli scaffali, mentre Ennio non era in camera, gli era sembrato di affacciarsi su un mondo sconosciuto. E avrebbe voluto potervi entrare, per scoprirne ogni segreto. Gli era sempre piaciuto esplorare, già da bambino. Quante volte sua madre gli aveva ripetuto che era troppo curioso e che prima o poi gli sarebbe capitato qualche guaio: tanto va la gatta al lardo....

      Forse in un guaio si era messo, con quella scelta. E rischiava di rimetterci, se non la zampa, almeno un bel po' di autostima.

Ennio non era un ospite "facile": non partecipava volentieri alle attività comuni e, anche se non creava particolari problemi, non legava con gli altri. Nulla di strano, visto che era molto più giovane degli altri: aveva meno di sessant'anni e aveva sempre condotto una vita molto attiva. Che cosa poteva avere in comune con la centenaria Leonida, che era una cara persona, ma non sapeva raccontare altro che del figlio morto nel sottomarino, durante la seconda guerra mondiale? E che senso aveva che lui, che era perfettamente lucido, si mettesse a tagliare cartoncini per le decorazioni natalizie o a colorare album per bambini? Quelle attività andavano benissimo per molti degli anziani, ma non per Ennio.

      Pensò che non doveva essere facile per Ennio: quell'incidente gli aveva tolto l'uso delle gambe e, non avendo parenti disposti a prendersi cura di lui, non gli era rimasta altra soluzione che la casa protetta.

      Ennio metteva in soggezione, non accettava di essere trattato in modo familiare. Era cortese con il personale, ma distaccato. Se qualcuno cercava di invadere il suo spazio privato, sapeva essere caustico nelle sue repliche: alcuni dei volontari che circolavano per la casa lo avevano imparato a proprie spese. La loro buona volontà non era bastata a proteggerli dal sarcasmo di Ennio e ora lo evitavano il più possibile.

      Ennio era molto solo. Passava parecchio tempo nella sua camera. Se stava nei salottini dei nuclei o nel corridoio, aveva sempre una maschera di indifferenza. Cortesia e indifferenza.

Solo una volta Guido lo aveva visto senza maschera. C'era un gruppo di ragazzi dell'oratorio che cantava: le solite canzoni tutte amore per il prossimo e vogliamoci bene. Poi avevano attaccato La canzone di Marinella. Alle prime note Guido aveva dato un'occhiata intorno e aveva visto Ennio in un angolo. Lo sguardo di Ennio: un urlo di dolore. Era durato un attimo, poi Ennio aveva ripreso la sua espressione di indifferenza. Guido aveva chinato il capo, vergognandosi di aver sorpreso quello sguardo.

      Adesso, ripensando a quel momento, si disse che forse anche quello sguardo aveva avuto un peso nella sua scelta.

Comunque fosse, quando si era parlato dei progetti individuali per gli anziani e ogni operatore aveva scelto un ospite della casa, lui non aveva avuto esitazioni: aveva immediatamente pensato a Ennio. Forse per i libri, o per quello sguardo, forse solo per curiosità. Per che cosa fosse, non sapeva. Ma aveva scelto Ennio.

      Aveva espresso la sua scelta nella riunione. Franca lo aveva guardato, un po’ sorpresa, ma soddisfatta, e gli aveva detto:

      - Bravo! Spero proprio che tu ce la faccia!

      Non era tanto sicuro di farcela, ma avrebbe provato. Avrebbe dovuto spiegare, di questo era sicuro. Gli altri, quelli che più o meno erano in grado di ragionare, di fronte alla proposta di giocare a carte, di leggere qualche cosa o di mettersi a ritagliare stelline per la festa di Natale, accettavano subito, senza chiedere nulla. Con Ennio non sarebbe stato così.

 

      Avrebbe incominciato il giorno dopo. Si chiedeva come proporsi a Ennio. Il pensiero lo innervosiva. Era meglio mettere subito tutto in chiaro, in modo da evitare malintesi. Forse Ennio avrebbe rifiutato. In questo caso sarebbe stato inutile insistere.

      Quella notte dormì male. Sognò perfino Ennio: era seduto davanti a lui, lo fissava e gli diceva che non ne voleva sapere.

Il mattino dopo rise di se stesso: era agitato come quando aveva dovuto affrontare l'esame per la patente o il primo (ed unico) esame universitario. O come quando, adolescente, voleva proporsi a una ragazza.

 

      - La disturbo?

      - No, si figuri. Che cosa c'è?

      Ennio fissò su di lui i suoi occhi chiari. Guido sentì di nuovo la sensazione di essere sottoposto a un esame. Mettere subito in chiaro la situazione.

      - Volevo chiederle una cosa. Ognuno di noi operatori porta avanti un progetto con uno degli ospiti della casa. A me piacerebbe fare un progetto con lei.

      Un po' brusco come inizio, così, tutto d'un fiato. Avrebbe potuto prenderla un po' più alla larga. Ma con Ennio non sarebbe stato facile.

      - Un progetto? Di che tipo?

      - Non saprei, mi piacerebbe discuterne con lei.

      - Non mi è molto chiaro che cosa intende per progetto.

      - Una qualunque attività fatta in comune che...

      Non sapeva già più come proseguire.

      - Del tipo?

      - Leggere, giocare a carte...

      Ennio lo fissava. Difficile leggere nel suo sguardo. A Guido sembrava di annaspare. Si appoggiò al letto, perché così, in piedi, si sentiva ancora più impacciato.

      - Ad esempio potrei leggerle qualche cosa.

      Ennio lo guardò ancora un attimo. Poi rispose.

      - Grazie, è molto gentile. Leggere mi piace molto, ma dopo un po' mi affatica la vista.

      Tirò un sospiro di sollievo. Il primo passo era fatto e non era saltato in aria su una mina. Sapeva benissimo di non essere fuori pericolo, ma almeno era sul sentiero giusto. Forse, per questa volta, non ci avrebbe rimesso lo zampino.

      - Se vuole, possiamo cominciare subito. Sono venuto adesso a parlargliene, perché ho una mezz'ora libera.

      - Come preferisce.

      - Che libro vuole che le legga?

      Ennio rifletté un attimo.

      - Mah, potremmo cominciare con un racconto. Le piace Maupassant?

      Guido si sentì nuovamente a disagio. Decise di proseguire nella linea che aveva scelto: essere il più franco possibile.

      - Mi spiace, non lo conosco. Solo di nome. Non ho mai letto niente.

      - Bene, un'occasione per conoscerlo. Prenda uno di quei due volumi lassù.

      Guido respirò sollevato. Tutto filava liscio come l'olio. Il campo minato sembrava un prato fiorito. Aveva davvero trovato la strada giusta, o sarebbe saltato in aria proprio quando non se lo aspettava più? Prese uno dei due volumi.

      - Mi scusi, non le ho neanche detto di sedersi.

      - Grazie.

      Si mise seduto e incominciò a rilassarsi.

      - Che racconto vuole che le legga?

      - Che volume ha preso? Il primo?

      - Sì, il primo.

      - Mi legga qualche titolo, a caso, non dall'inizio.

      Guido incominciò a scorrere i titoli.

      - Una vendita, Vani consigli, La madre Sauvage.

      Non sapeva come si pronunciava il nome. Lo lesse com'era scritto.

      - Sì, La madre Sauvage va bene.

      Aveva pronunciato Sovasg. Ma senza calcare sul fatto che lui aveva sbagliato. Comunque Guido memorizzò immediatamente la pronuncia corretta.

      Cominciò a leggere. Di fronte a un nuovo nome cercava di indovinarne la pronuncia, poi, dopo averlo letto, guardava interrogativamente Ennio, che annuiva o lo correggeva sorridendo.

Si concentrò nello sforzo di trovare l'intonazione giusta per il testo. Ora si sentiva di nuovo a disagio. Leggere per gli ospiti era facile, non avevano pretese, nessuno di loro doveva essere stato un grande lettore. Con Ennio era un'altra faccenda: se si fosse potuto preparare prima, sarebbe stato meglio Temeva il giudizio di Ennio.

Di nuovo la sensazione di dover sostenere un esame. Cercò di non preoccuparsi degli errori che avrebbe potuto commettere e di pensare esclusivamente  alla lettura.

Quando ebbe finito, si sentì sollevato, ma il sollievo fu di breve durata. Subentrò immediatamente l’imbarazzo. E ora che aveva concluso, come muoversi? A questo non aveva pensato. Salutare e andarsene? Troppo brusco. Chiedergli se gli era piaciuto? Sì, ma aveva paura della risposta.

L’intervento di Ennio lo tolse dall’imbarazzo:

      - Grazie. È stato molto bello sentirlo leggere. Lei legge molto bene.

      Guido trasecolò. Doveva essere successo un miracolo, non poteva essere tutto così semplice. Riuscì appena a farfugliare un: - Grazie.

      - Che ne dice di questo racconto?

      La domanda lo prese alla sprovvista. Si sentì nuovamente sotto esame.

      - È molto triste.

      Cercò le parole per spiegarsi meglio.

      - Quei quattro poveracci non avevano fatto nulla per meritare una morte così tremenda.

      - Sì, è vero. Questo rende l'orrore della guerra ancora più forte. Tanto più che la cornice è tutta un inno di gioia per il contatto con la natura.

      La risposta di Ennio lo tranquillizzò. Ennio non si aspettava da lui una critica letteraria. Non voleva metterlo alla prova. Voleva soltanto fare un po' di conversazione e il racconto era un buon argomento. Bene, era filato tutto liscio. Ora però doveva andare, era tempo che si dedicasse agli altri ospiti.

      - Adesso è ora che vada. Le va bene se torno ogni tanto a leggerle qualche libro?

      - Sì, mi farà piacere. Grazie.

      Guido si alzò e guardò la parete. Sorrise, mentre diceva:

      - Lei ha molti libri.

      Si accorse che Ennio lo stava fissando. Non sorrideva. E c'era molta amarezza nella sua risposta:

      - Avevo migliaia di libri. Qui ho potuto portare solo questi.

      - Bene. Ho toppato! - pensò - Devo contare fino a cento prima di parlare.

      Ma la risposta gli venne alle labbra e parlò senza riflettere:

      - Mi spiace, mi rendo conto che non è facile.

      Ennio non replicò e Guido si diede immediatamente dell'idiota per quella frase vaga e insieme indiscreta. Ma quando Ennio rispose, non c'era più amarezza nella sua voce.

      - Sì, è vero, non è facile e capisco che a volte divento intrattabile. Mi scusi e non ne parliamo più. Grazie per la lettura.

      Sentì l'impulso di avvicinarsi a Ennio e stringergli la mano, ma la paura di una reazione negativa lo bloccò.

      - Alla prossima volta. Arrivederci.

      Uscì dalla stanza di Ennio esausto e sudato, con una sensazione che non riusciva a definire. Era contento di essere riuscito a stabilire un rapporto con Ennio, ma gli sembrava un successo futile. A che cosa serviva? Che cosa cambiava? Forse per Ennio era inutile.

Più volte nel corso della giornata pensò a quel primo incontro, senza riuscire a dipanare la matassa delle sue sensazioni, troppo ingarbugliate.

 

      Tornò più volte da Ennio quell'inverno e ben presto non si sentì più a disagio. Aveva imparato la pronuncia dei nomi francesi ed era orgoglioso di non commettere più errori. Al termine di ogni lettura discutevano, a volte a lungo, confrontando i racconti. Una sera infine Ennio gli chiese:

      - Allora, qual è la sua impressione generale su Maupassant?

      - Mi sono piaciuti molto diversi racconti. E le novelle, quelle più lunghe. Però a volte lo trovo ripetitivo: certi temi ricorrono troppo spesso.

      - Sa, ogni autore ha un suo mondo, le sue ossessioni, usa un numero limitato di ingredienti, con cui cucina piatti diversi, più o meno raffinati.

      - Beh, se è una questione di cucina, bisogna anche vedere i gusti di chi mangia. Magari gli piacciono le torte, ma non ha voglia di mangiarle sempre alla panna.

      Le torte gli erano sempre piaciute moltissimo, anche se cercava di limitarsi, per evitare di ingrassare. Da qualche anno, da quando aveva smesso con la pallanuoto, era evidente che l'ago della bilancia tendeva a spostarsi un po' troppo a destra.

      - E lei, che tipo di torte preferisce?

      La domanda lo disorientò: non capì, non sapeva che cosa rispondere.

      - Fuor di metafora, che cosa preferisce leggere?

      - Beh, libri diversi. Leggo un po' di tutto. Soprattutto scrittori di oggi. Mi piace molto Camilleri. E la Cornwell. E... altri.

      - Anche a me piacciono i gialli.

      Ora Guido era imbarazzato. Temeva che Ennio avrebbe giudicato inadeguate le sue scelte. Ma non voleva barare.

      - Leggo anche molti libri che non valgono molto, me ne rendo conto. Sono robaccia.

      Ennio sorrise. Un sorriso pieno, largo, come non gli aveva mai visto prima. Un bel sorriso.

      - Anche diversi libri qui dentro sono robaccia. Non si può mangiare sempre caviale. Uno può aver voglia di una bella fetta di mortadella.

      - Mi piace leggere i suoi libri. Mi piace scoprire nuovi autori. Mi piace esplorare.

      Avrebbe voluto dire "curiosare", ma gli sembrava scortese. Avrebbe voluto dire: - Mi piace stare qui con lei -, ma non osava. Non si osava, come gli veniva da pensare: un'espressione coniata sul dialetto, che considerava più pregnante. Ennio sorrise di nuovo. Era bello vederlo sorridere così: gli si illuminava il viso.

      - È l'atteggiamento giusto. Ma io in realtà non sono stato una buona guida gastronomica, le ho fatto provare una sola cucina e ho esagerato: l'ho rimpinzata di Maupassant e adesso deve averne fin sopra i capelli. La prossima volta cambiamo ristorante.

      - Con piacere. Ma sono contento di aver sperimentato questa cucina.

     

      Il loro rapporto diventava più cordiale e Guido ormai si sentiva rilassato, ma non era ancora un vero rapporto personale.

Non solo: da quando Guido aveva avviato il suo progetto, Ennio rifiutava di farsi aiutare da lui per la pulizia personale. Ennio era autonomo nell’uso del wc, ma per la doccia doveva essere aiutato. Non da Guido, non più. Glielo aveva detto chiaramente:

      - Preferirei che non lo facesse lei.

      Guido era rimasto interdetto, ed Ennio aveva aggiunto:

      - Per favore, non lo consideri un rifiuto o una critica, è semmai il contrario.

      Il per favore aveva un accento quasi di preghiera. E quel è semmai il contrario lo aveva confuso. Guido aveva cercato di mettere nella sua risposta comprensione e affetto. Non era sicuro di esserci riuscito, ma quando aveva detto: - Non c'è nessun problema -, Ennio era apparso sollevato.

 

      I cambiamenti in Ennio erano evidenti. Curava di più il proprio abbigliamento. Aveva incominciato a farsi crescere la barba, che teneva corta. Appariva più socievole con tutti e non troppo scortese perfino con i volontari meno dotati di tatto. Quando qualcuno di loro si prendeva un'eccessiva familiarità, si limitava a tenerlo a distanza, ma senza sarcasmo. Franca si congratulò con Guido.

      - Bravo, mi sembra che tu abbia ottenuto un pieno successo.

      Guido non capì subito a che cosa alludeva e la guardò interdetto.

      - Con Ennio.

      - Ti sembra?

      - Altroché, si è trasformato. Non morde più.

      - Non ha mai morso nessuno!

      Aveva risposto di scatto, quasi Franca lo avesse offeso.

      - Proprio morso, no, ma ci è andato molto vicino. Adesso è tutt'un'altra persona!

      Non replicò. Era confuso. Ennio non era diventato un'altra persona, probabilmente quello era il vero Ennio, che emergeva dalle difese che si era costruito. Ma lui aveva davvero avuto successo? L'idea lo disorientava. Lo aveva pensato anche lui dopo i primi incontri, ma adesso non riusciva più a vederlo in questo modo. Qual era il suo progetto con Ennio? Stava recuperando gli interessi di Ennio o si serviva di Ennio per curiosare tra i suoi libri? Messo così era ridicolo. Non si serviva di Ennio. Gli piaceva stare con Ennio. Ed Ennio era contento. Tanto bastava.

 

      Quel mercoledì pomeriggio Guido cercò di ricavarsi appena possibile un attimo di tempo per passare a salutare Ennio. Non per leggere, no, non sarebbe stato possibile fino a più tardi, ma per parlargli un momento. Il giorno prima era stato via perché aveva un giorno di recupero, per cui non vedeva Ennio dal lunedì mattina e aveva voglia di salutarlo. La porta era socchiusa. Bussò ed entrò. Guardò Ennio stupito. Per un attimo non capì che cosa era successo. Poi realizzò. In realtà era molto semplice: la giacca e la cravatta, che non gli aveva mai visto; un buon taglio di capelli e la barba curata. Vestito elegantemente, con il viso incorniciato dalla barba grigia, Ennio appariva un altro.

      - Ma è elegantissimo!

      - Ho deciso che ogni tanto non fa male curarsi un po' di più.

      - Ottima idea. Ed è stato anche dal barbiere.

      - Sì, ieri mi sono fatto portare dal parrucchiere. Ho circuito un volontario, convincendolo ad accompagnarmi.

      - Ha fatto molto bene.

      Guido avrebbe voluto domandargli perché non si era rivolto a lui. L'avrebbe fatto molto volentieri. Ma non aveva nessun diritto di chiederglielo. Gli dispiaceva che Ennio si fosse fatto aiutare da un altro. In fondo lui era la persona con cui Ennio aveva più contatti. Stava esagerando, forse incominciava a pensare che Ennio fosse una sua proprietà? Se era così, era proprio un idiota.

      Guardò ancora Ennio. Ben vestito, barba e capelli curati, appariva ancora più fuori posto in quella casa. E gli sembrava lontano. Apparteneva a un altro mondo, non alla sua realtà quotidiana. Si sentì inadeguato.

      Uscendo, Guido si chiese se quello che aveva visto era il vero aspetto di Ennio, quello di prima. Ma forse non aveva senso, non esisteva un vero aspetto. Ennio cambiava, come cambiava lui. A ogni modo non aveva nessuna possibilità di saperlo: non c'erano fotografie di Ennio, nella sua camera. Il passato di Ennio era al di fuori della sua portata. Era giusto che fosse così. Ma avrebbe voluto sapere. Come sempre, era curioso.

 

      Dopo Maupassant fu Cortázar, poi Cechov. Ennio sceglieva sempre racconti, in modo che la lettura potesse esaurirsi in una o due volte.

Un giorno gli chiese:

      - Conosce altre lingue oltre all'italiano?

      - Un po' l'inglese, ma non me la sento di leggere in inglese.

      - Peccato, mi sarebbe piaciuto che mi leggesse qualche racconto della Mansfield, ma li ho solo in inglese.

      Ennio aveva molti libri in inglese.

      - Se vuole, posso procurarmi in biblioteca una traduzione. Non è la stessa cosa, ma ...

      - Non voglio farle perdere altro tempo.

      - Non mi costa niente, abito a due passi dalla biblioteca civica. E a questo punto sono curioso di scoprire questa autrice.

      - Se davvero ha la possibilità di prendere in prestito un libro, senza perdere troppo tempo, mi piacerebbe che mi procurasse i racconti della Mansfield, una qualunque delle raccolte, no, non quella della pensione tedesca, non so che titolo può avere in italiano. Qualche cosa del tipo In una pensione tedesca.

 

      Il mattino seguente Guido andò alla biblioteca e si procurò un'edizione dei racconti della Mansfield. A casa diede un'occhiata al libro, ma poi decise che preferiva che fosse Ennio a guidarlo. Era lui la sua guida. La guida di Guido. Una guida gli sarebbe servita per tante altre cose, mica solo per i libri. Ma tutto non si può avere. E i suoi problemi doveva imparare a risolverli da solo. Ed esaurita la riserva di frasi fatte, era meglio occuparsi d'altro.

 

      La primavera era finalmente arrivata, non solo quella del calendario, che era cominciata da un bel pezzo, ma anche quella vera: le piogge erano finite e nel tepore di fine aprile si stava benissimo. Fuori.

Dentro, alla casa protetta, si stava malissimo: la maternità di Lidia era un grosso guaio. Proprio dopo l'arrivo dei due nuovi ospiti del nucleo C, che creavano non pochi problemi. Guido era scocciato. Il lavoro non gli faceva paura, ma adesso era continuamente impegnato e non riusciva a fermarsi un attimo per respirare.

Soprattutto non riusciva più a leggere a Ennio. Proprio ora che avevano incominciato Il maestro e Margherita, un romanzo: gli sembrava di avere di fronte una tavola imbandita, e non più solo qualche antipasto, e non riusciva a mettere le mani sui piatti! Le giornate erano sempre piene e Guido si riprometteva ogni giorno di trovare almeno un piccolo spazio per Ennio, ma non ci riusciva. Passava ogni tanto a trovarlo, scusandosi. Ennio era molto comprensivo, ma Guido si sentiva in colpa. Gli sembrava che Ennio fosse triste. Forse era solo una sua impressione. Forse si stava sopravvalutando: non era così importante per Ennio.

 

      Anche quel giorno era finita allo stesso modo. Passò a parlargli alle nove.

      - Mi spiace, non ce la faccio neanche oggi.

      - Non si preoccupi, sarà per un'altra volta.

      - È già la terza volta che succede. Martedì però cercherò proprio di venire.

      - Non è un problema. Non si affanni. Mi spiace per lei che ha tanto da fare.

      - A me spiace di non poter venire. Ho voglia di scoprire come procede Il maestro e Margherita.

      - Se vuole glielo posso prestare.

      Non si aspettava quella risposta. Ci rimase male. Era un’offerta gentile, ma si sentì spiazzato.

      - No, la ringrazio. Non ho molto tempo neppure a casa.

      Non era vero. Non era quello che avrebbe voluto dire. Avrebbe voluto dire che voleva leggerlo a lui, con lui. Ma non osava. Non si osava.

 

      Neanche il martedì riuscì a trovare due minuti di tempo. Ormai erano le nove e mezzo e doveva ancora mettere a letto gli anziani del reparto D. Il turno stava per finire. Era infastidito e il pensiero di Ennio gli bruciava. Ormai Ennio doveva aver capito che lui non sarebbe più andato. Senz’altro ci era rimasto male, anche se non avrebbe detto niente. Era la quarta volta. La ragazza che sostituiva Lidia non aveva ancora ingranato, era una di quelle per cui gli anziani sono tutti "nonnini", e il nucleo C era una bella gatta da pelare.

      Si sentiva sempre più irritato. Il bicchiere che stava prendendo, per versare una tisana a Libero, gli cadde di mano. Ne prese un altro, lo riempì e andò a cercare la paletta. Mentre raccoglieva i frammenti di vetro, di colpo gli venne l'idea.

Andò rapidamente nella camera di Ennio. Lo trovò che guardava un libro d'arte.

      - Senta, oggi non sono proprio riuscito a trovare un momento per venire a leggere. Le va bene se vengo dopo le dieci?

      Ennio lo guardò stupito.

      - Ma non ha mica il turno di notte!

      - No, ma posso fermarmi, tanto stasera non ho niente da fare. Posso fermarmi un po'. Se non le spiace.

      Si rese conto che stava per aggiungere per favore. Gli stava chiedendo di permettergli di fermarsi.

      - Mi spiace che si fermi dopo l'orario di lavoro.

      Bene. Non aveva detto di no.

      - Solo un momento.

     

      Il momento durò due ore. Finalmente senza interruzioni, Guido riuscì a leggere tutto l'episodio del gran ballo di Satana a Mosca. Man mano che leggeva sentiva una sensazione di benessere invaderlo. Avrebbe voluto rimanere per sempre in quella camera, a leggere a Ennio quel libro. Quando ebbe finito l'episodio chiuse il libro e respirò profondamente. Sorrise a Ennio. Si sentiva appagato.

      - Vedo che le è piaciuto.

      - È bellissimo. Grazie. Grazie per avermelo fatto scoprire.

      - Grazie a lei. È bello sentirlo leggere da lei.

      La sensazione era troppo forte. Non potevano esserci parole. Lo disse:

      - È troppo bello. Non voglio parlarne ora.

      - La capisco. Ha ragione.

      Rimase seduto con il libro tra le mani, ancora immerso nelle sensazioni che lo avevano avvolto mentre leggeva. Poi guardò Ennio.

      - Grazie.

 

      Quella di fermarsi alla fine del turno del mattino o del pomeriggio, o di venire un po' prima del turno di notte, divenne un'abitudine. Non tutti i giorni, ma due, anche tre volte la settimana. Almeno fino a quando la situazione non si fosse normalizzata.

      Il loro rapporto si arricchiva, ma tra loro rimaneva una certa distanza. Guido avrebbe voluto dare del tu a Ennio, ma non voleva essere lui a proporglielo, temeva di essere indiscreto, di richiedere una familiarità che a Ennio avrebbe dato fastidio.

 

      - Ti fermi di nuovo?

      - Sì, perché?

      Aveva risposto in modo secco, troppo. Alla domanda di Franca si era immediatamente messo sulla difensiva. Non era il caso. Non aveva niente da rimproverarsi.

      - Non te la prendere, ho soltanto notato che ti fermi spesso.

      - Non me la prendo mica.

      Se l'era presa, eccome. Lo sapeva. Stava barando. E male. Proseguì:

      - So che non devo farmi coinvolgere in modo eccessivo dal lavoro, se è questo che vuoi dire.

      Sul coinvolgimento eccessivo, sui rischi di scoppiare, il burning out, come lo chiamavano elegantemente ai corsi, era perfettamente informato. Ma tutto questo con Ennio non c'entrava. Per niente.

      - Va bene, ho capito che è meglio non parlarne.

      - Parliamone pure, non mi sembra di fare nulla di sbagliato.

      - Di sbagliato no, ma ...

      - E comunque è fuori dall'orario di lavoro. Non tolgo il tempo a nessuno. Quale tempo, poi, in questa situazione.

      - Lo so, a chi lo dici, ma tieni anche conto che crei delle aspettative in Ennio, lo abitui a vederti molto, ti rendi insostituibile. Se tu dovessi cambiare lavoro o perdere interesse, per lui non sarebbe facile.

      - Va bene, ci penserò.

      Aveva tagliato corto. L'unica possibilità. Sapeva che il suo rapporto con Ennio era anomalo. Il suo progetto con Ennio andava forse più a beneficio suo che di Ennio. No, non era vero neanche questo. Comunque era al di fuori dell'orario di lavoro, ormai. Lui non avrebbe perso interesse. E se invece fosse avvenuto? Ennio lo guidava per mano in un universo che non era infinito. Se, dopo aver visto quanto c'era da vedere, lui si fosse stufato? Non capitava. Nei suoi rapporti personali non era mai lui a troncare. Era fedele come un cane. E soffriva come un cane quando un rapporto finiva. Non voleva fare male a Ennio. Tutto fuorché quello.

E se Ennio si fosse stufato? Lui non era all'altezza, non aveva la sua cultura. Se Ennio si fosse stufato di guidarlo per mano? Il pensiero non gli era mai venuto in mente. Forse già ora Ennio accettava che lui gli leggesse qualche libro solo per cortesia, non voleva dirgli di no. Magari si era già stufato. Lui non era un lettore professionale.

No, non era possibile. Non poteva ingannarsi così su Ennio. Però in futuro sarebbe potuto accadere. E allora? Che cosa avrebbe fatto? Avrebbe rinunciato a leggergli. No, non era possibile.

Si fermò in mezzo al corridoio, incapace di fare ancora un passo. In quel casino, una cosa sola gli era chiara: non riusciva più a pensarsi alla casa protetta senza le ore di lettura a Ennio. Era davvero un bel casino!

 

      Al momento di alzarsi, si fermò un attimo a guardare le fotografie sulla parete. Due persone anziane, una donna giovane, un bambino, un uomo giovane che appariva più volte. Avrebbe voluto chiedere, ma temeva di apparire indiscreto. Fu Ennio a parlare.

      - Quelli sono i miei genitori. Mio padre, che morì qualche anno dopo quella foto, ormai sono dieci anni. E mia madre, che è morta tre anni fa, per fortuna.

      Il "per fortuna" lo colpì. Fissò Ennio con uno sguardo interrogativo.

      - Per fortuna non mi ha visto così. Avrebbe sofferto moltissimo.

      Guido non trovò le parole per rispondere. Sarebbe stato meglio se non avesse guardato le fotografie.

Ennio continuò.

      - La donna è mia sorella, si è separata e poi si è risposata con un americano. Così si è trasferita in America con mio nipote, il bambino, che ormai avrà vent'anni. Non li ho mai più visti. Ci siamo lasciati male.

      Guido aveva paura. Ennio stava aprendo una porta, una porta che aveva tenuto rigorosamente chiusa. Aveva paura a entrare. Non sapeva che cosa avrebbe trovato. Non sapeva se sarebbe stato all'altezza.

      - Mi spiace. Purtroppo, a volte succede… di non capirsi.

      - Sì, certo. Forse, se fossero rimasti in Italia, sarebbe stato diverso. Avremmo potuto parlarci, spiegarci.

      - Ennio...

      Aveva incominciato a parlare, ma non sapeva che cosa dire. Voleva solo fermare Ennio, perché intuiva che stava per soddisfare la sua curiosità. Ma aveva paura del prezzo.

Tacque.

      - E l'uomo...

      Ci fu una breve pausa, quasi impercettibile. Guido avrebbe voluto dirgli di fermarsi, che non voleva sapere nulla di più, che non se la sentiva di ascoltare quello che stava per dirgli, che aveva paura. Voleva scappare. Anche a Ennio costava continuare, lo vedeva, ma non sapeva come fermarlo...

      - ...è quello con cui ho vissuto dieci anni. L'unico... Se ne è andato dopo l'incidente.

      Ci fu una pausa.

      Guido non sapeva che cosa dire, come rispondere, come muoversi. Non sapeva. Avrebbe voluto scomparire. Avrebbe voluto guardarlo, ma temeva che Ennio gli leggesse in volto la confusione. Avrebbe voluto guardare da un'altra parte, ma temeva che Ennio lo considerasse una condanna. Fissò ancora le fotografie, senza vederle. Poi si volse verso Ennio. Articolò a fatica:

      - Ennio... Vorrei che ci dessimo del tu.

      Non era quello che voleva dirgli. Aveva parlato senza pensare. Non c'entrava niente. Non erano le parole giuste. Ennio tacque. Poi rispose:

      - Grazie, Guido.

 

      Uscì frastornato. Si sedette nell'ufficio. Pensò a sua madre, ad Anna, all'infinita amarezza di quel grande amore finito male, malissimo, a quel vuoto immenso che la fine di quell'amore aveva lasciato, quel vuoto che giorno dopo giorno aveva riempito la sua esistenza, senza lasciare spazio per nulla, quel vuoto da cui aveva cercato di difendere almeno il lavoro e le amicizie, ma che a un certo punto aveva finito per sommergere tutto. Molto lentamente aveva ritrovato il gusto per il lavoro, aveva ripreso a respirare, a sorridere. Ma rideva molto di rado e da anni non aveva stabilito nuovi rapporti umani, come se una porta si fosse chiusa. Ennio era la prima persona con cui cercava di entrare in contatto, ma era stato attraverso il lavoro.

      Ennio. L'uomo della fotografia. Pensò alle proprie mezze esperienze con alcuni dei suoi compagni di squadra. Anche lì la curiosità. Il gioco, la lotta. Il desiderio. La finzione che quel toccarsi, stringersi, non avesse nessuna importanza, che fosse solo uno scherzo, la ricerca di un piacere nuovo.

      Ennio. Aveva voglia di piangere. 

     

      Tornò la sera successiva. Voleva far sentire a Ennio che la sua confidenza non lo aveva allontanato. Voleva sentire Ennio che gli dava del tu. Voleva dargli del tu. Voleva sentirsi chiamare Guido con il tono con cui lo aveva chiamato la sera prima. Non sapeva che cosa Franca avrebbe pensato a vedere che si fermava di nuovo, ma non gli importava nulla. Assolutamente nulla.

      - Com'è andata la giornata, Ennio?

      - Bene, grazie, Guido.

      Era bello sentirsi chiamare Guido da Ennio.

 

      Ennio non ritornò più sui soggetti delle fotografie. A Guido un po' spiaceva, a volte la curiosità lo tormentava, pensava spesso soprattutto all'uomo. L'uomo che Ennio aveva amato. Ma non voleva sembrare indiscreto. Per nulla al mondo.

      Le letture proseguivano. E talvolta affioravano brandelli della vita di Ennio.

      Quando Guido gli lesse Sostiene Pereira, Ennio si lasciò sfuggire che Lisbona gli era piaciuta molto.

      - Sei stato in Portogallo?

      - Sì, mi piaceva molto viaggiare.

      Avrebbe voluto chiedere se c'era stato con l'uomo della fotografia, ma non era una domanda da farsi.

      - Sei stato anche fuori dall'Europa?

      - Sì, tante volte, in America, in Africa, in Asia.

      - In Australia no?

      Da anni Guido sognava un viaggio in Australia. Aveva visto una volta le diapositive di un amico e si era innamorato di quegli spazi sconfinati.

      - Sì, anche in Australia.

      - È un bel paese?

      - Bellissimo. Una natura splendida.

      - Mi piacerebbe moltissimo andarci.

      - Se ci vai, ti posso dare alcune informazioni. Ci sono stato pochi anni fa.

      Andarci era un sogno. Pensò a Ennio in Australia. Pochi anni prima. Quindi doveva esserci stato con l'uomo della fotografia. Che bello visitare un posto come l'Australia con la persona che si ama!

      - Costa molto?

      - Non è molto cara. Quello che costa è il volo aereo.

      - Già, è così lontano!

      - Se riesci ad andarci, vale davvero la pena.

      - Mi piacerebbe che tu mi facessi da guida.

      Si rese conto troppo tardi di quello che aveva detto, come sempre. Gli era venuto senza pensarci. Per un momento si sentì gelare. Come l'avrebbe presa Ennio?

      Ennio sorrise.

      - Sono molto bene organizzati per accogliere gli handicappati. Ma temo che sarei più d'impaccio che di aiuto.

      Guido avrebbe voluto scusarsi. Ma temeva di sottolineare la sua gaffe. Glissare sulle gaffe, come insegnava il suo amico Andrea.

      - Credo che ci vorrà un po' di tempo. Ma prima o poi ci andrò!

 

      Il caldo era insopportabile, un luglio implacabile. Guido arrivò un quarto d'ora prima.

      - Che cosa leggiamo?

      - Scegli tu.

      Non era la prima volta che Ennio lo lasciava scegliere. Inizialmente Guido non aveva osato avventurarsi fuori del seminato: aveva optato per un altro racconto di uno degli autori che Ennio gli aveva fatto conoscere. Poi aveva incominciato a prendere qualche racconto o romanzo breve il cui titolo lo incuriosiva. Questa volta la sua scelta cadde su un volumetto seminascosto, in uno scaffale che non aveva mai esplorato. Si sedette e lo aprì.

      - Che cosa hai preso?

      - Uomini di nebbia.

      - No, quello no... Non vale niente.

      Ci fu un attimo di pausa, mentre Guido richiudeva il libro. Se Ennio aveva dovuto rinunciare a tanti libri, perché ne aveva tenuto uno che non valeva niente? Era curioso, avrebbe voluto sfogliarlo, ma non osava farlo. Forse quel libro gli avrebbe rivelato qualche cosa di più di Ennio. Tenne il libro tra le mani, mentre rispondeva:

      - Se ricordo bene, qualcuno di mia conoscenza sosteneva che non si può sempre mangiare salmone e che qualche volta uno può aver voglia di mortadella.

      Pensò immediatamente che forse non avrebbe dovuto dirlo.

      - Non a tutti piace la mortadella. Non credo che quel libro ti piacerebbe.

      - Mi piacerebbe fare l'esperimento.

      Ancora una volta aveva risposto di getto. Si vergognò immediatamente. Era indiscreto, insistente. Stava forzando Ennio, per soddisfare la propria curiosità. Si affrettò ad aggiungere:

      - Scusami. Non voglio forzarti. Se non vuoi, se non ti fa piacere...

      Per un attimo, gli parve di vedere una strana espressione negli occhi di Ennio.

      - Mi piacerebbe molto. Ma a un patto.

      Guido lo guardò interrogativamente.

      - Che se il libro ti darà fastidio, lo metterai subito via.

      - Va bene, come vuoi.

      - È un impegno preciso quello che ti chiedo.

      - Mi impegno solennemente.

      Lo disse sorridendo. Ma Ennio non sorrideva.

      Ora era ancora più curioso di conoscere il contenuto di quel libro.

      Lo scoprì dopo poche pagine: veniva raccontata la relazione tra due uomini, due operai che si conoscevano sul lavoro e diventavano amanti. Ben presto comparvero scene molto esplicite di rapporti sessuali. Guido avvertì un disagio crescente. Si fermò. Ennio parlò immediatamente: lo aveva aspettato al varco.

      - Ti sei impegnato. Se ti infastidisce...

      - No, vorrei proseguire. Non mi infastidisce...

      Non completò la frase. Non sapeva come completarla. Aveva paura delle sue reazioni, delle reazioni del suo corpo.

      Lesse ancora qualche pagina. Poi si fermò. Era prima del solito. Lo disse sinceramente a Ennio.

      - Preferirei fermarmi qui.

      - Mettilo via e lasciamolo perdere.

      - No, ma per questa sera basta. Parliamo d'altro. Hai visto i ragazzi del murale? In gamba, neh?

      - Sì, davvero bravi.

      Ennio era irrequieto. Guido cercò di intavolare una conversazione, ma Ennio rispondeva appena. C'era imbarazzo ora tra di loro. Forse era stata una scelta sbagliata. Non avrebbe dovuto insistere. Perché voleva a tutti i costi sapere, curiosare, impicciarsi degli affari altrui? Ora Ennio aveva solo voglia che lui se ne andasse. E lui poteva solo prenderne atto.

      - Buonanotte, Ennio.

      In quel buonanotte cercò di mettere tutta la dolcezza di cui era capace. Non voleva che Ennio si sentisse giudicato.

      Uscì confuso, a disagio, triste. Ennio aveva il potere di confondergli le idee, di metterlo in crisi.      

 

      Il giorno seguente si chiese se proseguire con la lettura di quel libro. Gli sembrava che accantonarlo fosse una critica a Ennio, un voler escludere dal loro rapporto un aspetto importante. Ma forse era soltanto invadente. Con che diritto pretendeva di conoscere tutto di Ennio? Però gli sarebbe piaciuto parlare con Ennio anche di quegli aspetti, a esempio farsi spiegare i confini tra erotismo e pornografia. E il sesso degli angeli, quello no?  Dio santo, che macello! Allora, proseguire, o no? Il libro lo incuriosiva. Questa era la verità. Forse.

 

      Anche quella sera ritornò da Ennio.

      - Va bene se leggiamo un altro po'?

      Vide che Ennio era leggermente stupito: due sere di seguito era raro, ma tre non era mai capitato. Stupito, ma evidentemente contento. Guido notò per la centesima volta che aveva un sorriso splendido.

      - Certamente. Ho pensato che mi piacerebbe proporti Christa Wolf.

      La risposta di Ennio lo spiazzò. Tacque, mentre Ennio proseguiva:

      - Se ti va bene.

      - D'accordo.

      Non aveva avuto il tempo per pensare, aveva risposto automaticamente. Ennio sembrava avere fretta, come se stesse spiattellandogli un discorso già preparato, che voleva concludere rapidamente.

      - Ti vorrei proporre un romanzo, un po' lungo, ma molto bello. Sono sicuro che ti piacerà. S’intitola Trama d'infanzia.

      Ci fu un momento di silenzio. Guido continuava a pensare. Era rimasto alla domanda di prima. No, non gli andava bene, per niente. Proprio per niente. Doveva dirglielo.

      - Senti, Ennio, mi va benissimo, ormai so che mi andrà bene, ma, se non ti spiace, vorrei prima finire Uomini di nebbia.

      Per una volta tanto, fu Ennio a essere spiazzato. O forse no, forse capitava spesso anche a lui, ma Guido non poteva leggergli i pensieri, non se ne rendeva conto: era troppo concentrato su se stesso. Forse, nel suo rapporto con Ennio era egocentrico.

      - Come preferisci.

      Era lui a essere imbarazzato, ora.

      Riprese la lettura. Ora sapeva quello che lo aspettava. Era più rilassato della sera prima. Cercò il tono giusto per leggere ad alta voce, senza sottolineare troppo le scene più esplicite, ma senza neppure abbassare la voce, come se si vergognasse. Man mano che procedeva, superò l'imbarazzo. Ora si sentiva meno a disagio. Si lasciò coinvolgere nella storia. Si lasciò coinvolgere nella lettura. Troppo.

      Capì che stava immedesimandosi troppo. Si rese conto di quello che stava avvenendo. Cercò di non alterare il tono della voce. Sperava che Ennio non se ne rendesse conto, ma con quei pantaloni leggeri era impossibile. Cercò di dirsi che era una cosa perfettamente normale, che quel libro in fondo serviva proprio a quello, che anche Ennio...

      - Guido...

      Alzò lo sguardo a fatica, imbarazzato.

      - Avvicinati.

      Di colpo sentì le forze mancargli. Avrebbe voluto dire di no, rimanere seduto, ma era incapace di resistere alla voce di Ennio. Si alzò dal letto e lentamente si mosse fino a porsi di fronte a Ennio.

Ora che era in piedi, non poteva più nasconderlo.

      - Continua a leggere. Voglio sentire la tua voce.

      Riprese la lettura. Fissò le righe, mentre sentiva le mani di Ennio che armeggiavano con la sua cintura, poi sui suoi fianchi, spogliandolo. Sentì la bocca di Ennio. Una vertigine di desiderio e di paura.   Avrebbe voluto fermare Ennio, ma non avrebbe potuto fermarlo per nulla al mondo. Faceva fatica a leggere, mentre ondate di calore percorrevano il suo corpo. Lasciò cadere il libro. Accarezzò la testa di Ennio.

     

      Ora Ennio teneva gli occhi bassi. Guido avrebbe voluto incontrare il suo sguardo, avrebbe voluto essere mille miglia lontano, avrebbe voluto parlargli, doveva uscire. Non poteva più rimanere lì. Gli mancava l'aria, doveva uscire. Doveva rimanere con se stesso. Guardò la testa china di Ennio. Si impedì di dire quello che gli veniva sulle labbra. Con fatica, articolò invece:

      - Grazie, Ennio.

      Gli accarezzò la testa. Cercò di mettere in quel gesto tutta la sua tenerezza. Avrebbe voluto baciarlo. Ennio non alzò lo sguardo.

      - Devo andare, ora, Ennio. Ho bisogno di andare. A domani.

      Ennio non disse nulla. Annuì soltanto, continuando a stare a capo chino. Guido uscì.

     

      Quella notte rimase a fissare il soffitto della sua camera per ore. Si sentiva in colpa, nei confronti di Ennio. Per non aver saputo dire le parole giuste dopo, per non essersi fermato con lui, per non avergli parlato, per averlo lasciato così. Paura. Che il loro rapporto entrasse in crisi. Che si trasformasse. Che quella sera si frapponesse tra loro. Che quella sera si ripetesse. Che quella sera non si ripetesse. Ed Ennio. Non si era preoccupato di lui. Quali erano i desideri di Ennio. Quali... Si fermò, vergognandosi della domanda che stava formulando.

      Si addormentò verso l'alba e dormì un breve sonno agitato. Al risveglio era sudato e stanco, ma non avrebbe saputo dire che cosa aveva sognato.

      Aveva il turno del pomeriggio. Il lavoro era un po' meno frenetico. Ennio non era in giardino, dove durante l'estate trascorreva molte ore.

      - Ennio non sta bene?

      - No, non ha voluto uscire. È rimasto nel nucleo.

      Doveva passare a trovarlo. Ma era imbarazzato. Non sapeva come parlargli. Era confuso. Lasciò che il lavoro lo assorbisse. Istintivamente si tenne alla larga dal nucleo di Ennio. Verso le cinque decise che non poteva continuare così. Doveva almeno salutarlo. Andò nel nucleo. Ennio era in camera, la porta era chiusa. Se Ennio fosse stato nel salottino, sarebbe stato più facile. Salutarlo, mostrare che nulla era cambiato. Idiozie. Tutto era cambiato. Voleva bussare, ma non sapeva che cosa dire, come porsi. Peggio della prima volta. Ci rinunciò. Sarebbe passato dopo.

      Vide Ennio soltanto a cena. Cercò di trasmettergli con un sorriso il piacere di rivederlo. Era un sorriso falso. Gli faceva piacere rivederlo. Ma aveva paura. Una paura dannata. Paura che Ennio non gli sorridesse più come prima.

      - Tutto bene? Non ti ho visto oggi.

      Suonava falso, era falso. Non era questo che voleva dire. Ma non poteva dire di fronte a tutti che... non sapeva che cosa. Anche se Ennio fosse stato solo, che cosa gli avrebbe detto?

      - No, sono rimasto in camera.

      Ennio lo guardò appena, con un mezzo sorriso. Guido fu assalito dallo sconforto. Uno sconforto sproporzionato. Avrebbe voluto piangere. Cercò di fare in fretta. Sarebbe andato da lui alla fine del turno. Doveva parlargli, da solo.

 

      La luce nella camera di Ennio era spenta. Erano le dieci e trenta. Ennio non era mai a letto a quell'ora. Quella luce spenta era un segnale. Si fermò di fronte alla porta. Non era atteso. Non era desiderato. Un peso lo opprimeva. Perché di colpo si sentiva così? Si voltò per andarsene. Camminò lungo il corridoio, l'oppressione cresceva. Aveva voglia di piangere. Di nuovo. Arrivò alla porta d’uscita. Non ce la faceva a uscire. Si sedette su una sedia del salone.

      Non poteva andare via. Non doveva andare via così. Non doveva lasciarlo così. Ennio era sveglio. E lo aspettava. Anche se aveva spento la luce. Doveva parlargli. Si alzò rapidamente, tornò al nucleo dove stava Ennio. Bussò. Nessuna risposta. Se non rispondeva era perché non lo voleva. Doveva andarsene. A Ennio non importava niente, non ne voleva più sapere. Bussò di nuovo.

      - Avanti.

      Aprendo la porta, la luce dell'anticamera entrò nella stanza e Guido vide Ennio sulla sedia, accanto alla finestra.

      - Ennio.

      Non ci fu risposta. Guido entrò e lasciò che la porta si richiudesse. Ora era al buio. La luce dei lampioni filtrava appena attraverso la tapparella, quasi completamente abbassata. Guido non vedeva quasi nulla.

      - Ennio.

      Non sapeva che cos'altro dire.

      - Mi spiace, Guido.

      - Di che cosa?

      - Non dovevo lasciarti leggere quel libro.

      - Perché?

      - Non volevo trasformare questo rapporto che mi ha dato moltissimo in... non lo so in che cosa, in un... Non volevo sfruttarti per soddisfare i miei desideri. Le ore passate con te sono state una delle cose più belle...

      Era la prima volta che Ennio parlava così direttamente del loro rapporto. Forse nel buio riusciva a superare la sua riservatezza. Forse anche Ennio era in realtà timido. Forse, quello che era accaduto la sera prima in qualche modo lo spingeva a essere meno riservato. Guido si sentiva sopraffare dalla felicità. Avrebbe voluto abbracciare Ennio, ma non voleva interromperlo. Aveva bisogno di quelle parole.

      - Per la prima volta dall'incidente avevo voglia di vivere, aspettavo che tu arrivassi e solo quell'attesa mi riempiva la giornata. Vederti ogni tanto che passavi era una gioia.

      Ennio parlava del loro rapporto come se fosse concluso. E la felicità si sciolse in un'angoscia crescente che in un attimo dilagò, sommergendo Guido. Fece fatica ad articolare.

      - Ennio...

      Non sapeva come continuare. Respirò a fondo e proseguì.

      - Prima o poi dovevamo dircelo.

      Che cosa stava dicendo, non lo sapeva. In quella camera buia, mentre la sagoma di Ennio sulla sedia a rotelle cominciava a emergere più chiaramente dal buio circostante, era possibile dire tutto. Non poteva vedere il viso di Ennio. Meglio così. Era più facile. Ennio non rispondeva. Guido pensava di sapere perché. Perché aveva paura di chiedergli che cosa dovevano dirsi. Come lui aveva paura di dirlo. Di dirselo.

      Si avvicinò a Ennio. Gli prese la testa tra le mani, si chinò in avanti e lo baciò sulla bocca.

       

      Alcune ore dopo fu Ennio a chiedergli di accendere la luce.

      - Voglio vederti.

      Guido si alzò e cercò a tastoni l’interruttore principale. Socchiusero entrambi gli occhi, accecati dalla luce troppo forte. Ennio si sollevò a sedere sul letto. Guido rimase vicino all'interruttore. Un po' si vergognava della sua nudità, un po' gli faceva piacere vedere Ennio che lo fissava.

      - Sei bellissimo.

      Guido sorrise. Avrebbe voluto dire a Ennio che lui lo era molto di più, ma si vergognava. Andò a sedersi sul letto, di fianco a Ennio. Si baciarono. Poi Guido guardò la parete di fronte a loro. I loro volti vicini si riflettevano sul vetro delle fotografie, come in uno specchio. Le foto sotto erano invisibili, si vedevano solo i loro due visi.


 

1998

 

 

 

 

 

 

 

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