Vento del Nord

 

Vento4

 

      Marteen cammina senza meta. È notte fonda e non è certo il momento migliore per andare in giro per le strade di Anversa: la luce lunare permette appena di vedere dove si mettono i piedi e a quest’ora ogni angolo può nascondere un’insidia. Ma Marteen non ha paura di ladri e assassini: è ben armato e sa usare la sua spada come pochi altri.

      Marteen non ha voglia di tornare a casa. È irrequieto. La primavera gli mette addosso un’agitazione che non riesce a calmare.

      Marteen è in riva alla Schelda, ora. Guarda le acque in cui si riflette la luna. Strani pensieri passano per la sua testa, immagini di morti suicidi, di compagni d’arme uccisi in battaglia, di una conversazione davanti al fuoco di un accampamento. La destra sfiora una striscia di stoffa rossa che Marteen porta al braccio sinistro, da ormai dieci anni. Nessuno sa che cosa significhi. Si dice che sia un omaggio a una donna amata perdutamente, ma sono soltanto dicerie, probabilmente nate dal disinteresse che Marteen mostra per le donne.

      Marteen è irrequieto, guarda verso la foce del fiume, verso le terre fiamminghe che hanno da poco ottenuto l’indipendenza dalla Spagna, quelle Province Unite la cui crescita sta lentamente strangolando Anversa. Qualche cosa lo attira verso quelle terre, gli sembra che ad Anversa l’aria gli manchi, i roghi dell’Inquisizione diffondono ovunque il loro lezzo di carne bruciata, molti sono partiti.

Marteen non è calvinista, non è neanche cattolico: poco gli importa di Dio. Ma Anversa è un cortile troppo stretto rinchiuso tra muri troppo alti, Marteen ha bisogno di spazi aperti. Vorrebbe che il vento del Nord lo portasse via, verso le terre della libertà. Non ha nulla che lo trattenga ancora ad Anversa, ma non sa decidersi. Alla città lo legano solo più i ricordi. Che senso ha rimanere? Ha bisogno di respirare a pieni polmoni un’aria pura.

Forse ha bisogno d’altro, di qualche cosa che ha intravisto dieci anni fa, alla vigilia di una battaglia, e che la morte gli ha tolto. L’indice accarezza la fascia rossa e Marteen si chiede se ha ancora un senso portarla. No, nemmeno questo ha più senso. Con un gesto improvviso la strappa e la getta in acqua. Guarda ancora il fiume, poi si scosta con un movimento brusco. È meglio che vada a letto, ora, anche se non dormirà facilmente, è troppo irrequieto.

      Riprende a camminare verso la locanda di quart’ordine dove alloggia, quando sente provenire, oltre un angolo della via che sta percorrendo, grida e rumori di lame che si incrociano. Si slancia in avanti e dopo che ha svoltato, la luce di una lanterna illumina la scena di uno scontro.

Contro il muro di una casa due uomini si difendono da quattro assalitori. I due sono ben vestiti, poco più in là ci sono i loro cavalli. Probabilmente sono viaggiatori, attaccati da banditi. I quattro li incalzano, per i due non ci sono molte speranze. Uno dei quattro dà ordini, esorta gli altri ad ammazzare, grida di badare a non farsi sfuggire i cavalli. 

      Il farsi gli affari propri è la prima regola per campare a lungo, ma Marteen non è particolarmente interessato a campare a lungo.

      Marteen sguaina la spada, si fa avanti e grida:

      - Lasciateli, bastardi!

      Uno dei banditi si volge contro di lui e cerca di infilzarlo. Marteen schiva il colpo e gli infila la spada nel fegato. Un altro è su di lui, ma Marteen ha già estratto la spada dal corpo del ferito e, mentre l’uomo si precipita in avanti, lo colpisce al collo.

      La situazione si è rovesciata, i due viaggiatori possono difendersi, ora, e un altro degli attaccanti cade sotto i colpi di uno dei due. Il quarto si volta per fuggire, ma si trova Marteen davanti. Si scaglia contro di lui con rabbia. È abile e Marteen riesce appena in tempo a deviare la spada che si abbatte su di lui. È il suo turno di attaccare, ora, ma l’uomo schiva il colpo e tende il braccio. Marteen sente una fitta alla spalla sinistra. Con un rapido movimento, si getta in avanti e conficca la spada nel ventre del suo avversario. Questi barcolla, lascia cadere l’arma e quando Marteen estrae la lama, crolla a terra.

      I due si avvicinano a Marteen.

      - Grazie, lei ci ha salvati. Questi ladri ci avrebbero uccisi.

      Marteen guarda l’uomo in faccia e gli sembra di vedere un angelo in un dipinto medioevale: riccioli d’oro circondano un viso dalle linee delicate. Non ha più di vent’anni. Il giovane prosegue:

      - Volevano le nostre borse.

      - Forse.

      È stato l’altro uomo a parlare. Ha una voce profonda, deve essere meno giovane, anche la corporatura è più robusta, ma Marteen non può vederlo. L’uomo è andato a prendere i cavalli ed ora sta ritornando, ma la luce della lanterna non lo illumina.

      Marteen guarda l’uomo che ha colpito per ultimo e lo indica agli altri due.

      - No, non le vostre borse. Non solo quelle. Jan di Liegi non era un ladro, ma un assassino.

      - Lo conosceva?

      Marteen annuisce.

      Il secondo uomo si avvicina e Marteen lo può vedere in faccia. È anche lui biondo, ma porta i capelli molto corti e, anche se il suo viso assomiglia a quello del giovane, ha tratti più duri. Ha almeno dieci anni in più dell’altro, più o meno l’età di Marteen.

      Guarda Marteen e gli dice:

      - Lei è ferito. Mi faccia vedere.

      Marteen scuote la testa.

      - Non è niente. Solo un graffio.

      Ma l’uomo gli sta già aprendo la camicia e osserva la ferita. Marteen rimane sorpreso, ma lo lascia fare.

      - Sì, per fortuna è una ferita leggera.

      L’uomo ha preso da una delle bisacce del cavallo un ampio fazzoletto e benda la spalla di Marteen.

      - Non credo che sia opportuno fermarci qui. Possono arrivare le guardie.

      L’uomo annuisce alle parole di Marteen, ma sta seguendo un suo pensiero. Poi, di colpo, lo fissa e dice:

      - Lei ha già fatto moltissimo per noi e non saremo ingrati. Le chiedo ancora un favore. Può indicarci un posto dove possiamo rimanere ventiquattr’ore senza che nessuno lo sappia?

      La richiesta coglie di sorpresa Marteen. Vorrebbe dire che non sono affari suoi, che lui ha già fatto più che abbastanza, ma in questa sera di irrequietezza i due uomini gli offrono un diversivo, utile a scacciare i pensieri neri.

          Marteen riflette un momento.

         - Sì, credo di sì.

      - Bene, allora è opportuno che ci diamo da fare in fretta. Ernst, metti i tuoi documenti nella tasca di questo.

      L’uomo indica uno dei cadaveri e intanto si avvicina all’altro e gli infila qualche cosa tra gli abiti.

      - Poi facciamo sparire… Lei dice che questo Jan doveva essere il capo?

      Marteen non ha detto nulla del genere, ma la deduzione dell’uomo è giusta. Annuisce.

      - Quindi lasciamo questo morto qui ed eliminiamo uno degli altri. Questo. Mentre io lo getto nel fiume, tu metti il tuo mantello indosso a quel morto.

      L’uomo solleva il cadavere e si allontana in direzione della Schelda. Dopo poco è di ritorno. Mette il suo mantello da viaggio indosso a uno dei morti.

      Marteen incomincia a capire. L’uomo vuole far credere che gli assassini li hanno uccisi e che nel duello anche il capo della banda è morto.

      - Pieter, tu credi…

      - È la nostra unica possibilità.

      Pieter si rivolge a Marteen e gli dice:

      - Ora ci può guidare nel posto che conosce?

      Marteen annuisce. La casa dei Van der Vlaar, ai margini della città, è rimasta vuota. La famiglia si è trasferita. Sono partiti da due giorni e per il momento nessuno ha acquistato l’edificio. La gente se ne va da Anversa e nessuno compra casa. Non sarà difficile entrare, Marteen conosce un ingresso dal retro del cortile. Nessuno potrà sospettare.

      - Seguitemi.

      La casa non è molto lontana, ma il percorso è sufficiente per dare a Marteen il tempo di pensare, di chiedersi che cosa sta facendo, chi sta aiutando. Volevano ucciderli, ma questo non significa molto. Che gente sono questi due uomini, il giovane Ernst dal viso d’angelo e Pieter? Magari giunti alla casa lo uccideranno, per essere sicuri del suo silenzio. No, sono sciocchezze.

      Arrivano davanti alla vecchia porta. È chiusa, ma non è difficile forzare la serratura. Entrano nel cortile. Qui nessuno può vederli. C’è una scuderia. C’è persino un po’ di fieno: bene, così non devono preoccuparsi di cercare cibo per i cavalli.

      Dopo aver sistemato gli animali, entrano nella casa. Le stanze sembrano vuote, magari i due troveranno qualche pagliericcio, altrimenti dovranno dormire per terra, ma sono in grado di arrangiarsi.

      Marteen sta dicendosi che è ora di andarsene, ma Pieter ha acceso una lanterna e lo invita a sedersi sul pavimento.

      - Se può rimanere un momento con noi, vorrei dirle due parole.

      Marteen acconsente. Si siedono e Pieter chiede:

      - Posso sapere il nome dell’uomo a cui dobbiamo la vita?

      - Mi chiamo Marteen Hoog.

      - Noi siamo Ernst e Pieter Hals.

      Il nome non è sconosciuto a Marteen, è quello di una ricca famiglia di Rotterdam. Ma non è un nome raro, non è detto che si tratti di loro.

      L’uomo sorride e aggiunge:

      - Non dovrei rivelarle i nostri nomi, ma le dobbiamo la vita e non avrebbe senso non fidarsi di lei. I documenti che abbiamo messo in tasca ai due morti portano altri nomi, ma chi ha voluto ucciderci forse crederà di essere riuscito nel suo intento. E noi abbiamo una possibilità di riuscire nella nostra impresa.

      Ernst guarda il fratello. È preoccupato.

      - Se sapevano del nostro arrivo…

      - Sapevano e di sicuro hanno preso le misure necessarie. Ma se credono davvero che siamo morti, abbasseranno la guardia. Se domani si diffonde la notizia che ci hanno uccisi…

      Pieter si rivolge di nuovo a Marteen.

      - Speravamo che non si aspettassero il nostro arrivo, ma in qualche modo ne erano informati. Hanno deciso di assoldare qualcuno che ci uccidesse. Un attacco di banditi, due sconosciuti assassinati. Senza coinvolgere le autorità, senza fare troppo chiasso.

      Marteen non capisce che cosa vogliano ancora da lui. Che cosa vuole Pieter, perché è lui che conduce il gioco. Pieter forse intuisce la domanda che Marteen si sta ponendo, perché risponde.

      - Le vorrei chiedere un favore. Se le è possibile. Noi non possiamo contare su nessuno degli uomini che avrebbero dovuto aiutarci, perché è stato uno di loro a tradirci, sicuramente. Vorremmo sapere se il nostro piccolo stratagemma funziona e ci credono davvero morti. Può aiutarci in questo?

      Marteen è molto dubbioso. Non sa di che cosa si tratta. Ha salvato due uomini che stavano per essere assassinati, ma chi sono?

      Pieter coglie la perplessità di Marteen.

      - Se preferisce non farlo, non importa. Lei ha già fatto molto per noi.

Marteen cerca di esprimere i suoi dubbi.

      - No, non è questo. Non so nulla di voi, a parte i vostri nomi. Non so perché siete qui, che cosa volete.

      Pieter lo guarda un attimo, poi incomincia a raccontare.

      - Credo che lei abbia sentito parlare della famiglia degli Hanjeken. Vivevano qui ad Anversa, ma per evitare le persecuzioni dei papisti, si trasferirono a Rotterdam. Nostro padre era molto amico di Hector Hanjeken e le nostre famiglie si frequentavano. Tra Ernst e Marie Hanjeken nacque un amore, che i genitori incoraggiarono, lieti dell’alleanza che sarebbe nata tra le due famiglie. 

      Marteen guarda Ernst, che appare turbato, in preda forse a un ricordo doloroso.

      - Il matrimonio venne combinato, ma il padre di Marie morì, tre mesi fa. Lo zio di Marie, vescovo di Tournai, venne allora a Rotterdam per parlare con lei e convincerla a seguirlo nei Paesi bassi spagnoli. Marie rifiutò, spinta dall’obbedienza alla volontà del padre e dall’amore per Ernst. Il vescovo finse di arrendersi, ma alcuni giorni dopo, al momento della partenza, fece rapire Marie.

      C’è una breve interruzione, poi Pieter conclude:

      - Sappiamo che Marie è qui, nel convento delle suore domenicane. Il vescovo vuole utilizzarla per i suoi giochi politici, combinando un matrimonio con l’erede di qualche famiglia cattolica. Noi vogliamo farla fuggire e riportarla a Rotterdam. Abbiamo organizzato un piano, ma qualcuno ci ha tradito e ora non abbiamo più nessuno di cui possiamo fidarci. Questo è tutto. 

      Marteen rimane un buon momento in silenzio. Sta riflettendo. Non può sapere se ciò che l’uomo gli ha raccontato è vero, ma istintivamente si fida di lui. Entrare in un convento con la forza significa finire sul rogo, ma ai due non manca certo il coraggio: l’aggressione subita, che senza l’intervento di Marteen si sarebbe conclusa quasi sicuramente con la morte di entrambi, non sembra aver turbato più di tanto nemmeno Ernst, che pure è così giovane.

Marteen si dice che li aiuterà volentieri.

- Per me non è difficile sentire quello che si dirà in giro domani sull’aggressione di questa notte. Posso riferirvi in serata. Ma pensate di riuscire davvero a portare a termine la vostra impresa? Se sono stati avvisati…

      - Se ci credono morti, penseranno di non dover temere più niente.

      - Ma probabilmente Marie Hanjeken sarà stata trasferita altrove.

      - Se pensano di averci eliminati, la riporteranno al convento. Il vescovo si è stabilito lì vicino e ogni giorno va a trovarla, per fare pressione su di lei. Pensando che siamo morti, sicuramente ne approfitterà per cercare di convincerla che ormai non ha alternative.

      - Posso vedere di controllare se ci sono movimenti al convento, domani.

      Marteen non sa perché ha parlato. Si sta lasciando coinvolgere in questa storia, che non è sua. Ma ormai l’ha detto.

      Pieter lo fissa. Ha uno sguardo molto intenso.

      - Questo ci sarebbe utilissimo.

      Marteen ricambia lo sguardo, senza abbassare gli occhi.

      - Vi chiedo una cosa, in cambio.

      - Tutto quello che possiamo.

      Marteen ha parlato senza darsi il tempo di riflettere. Ma in realtà sa di avere già deciso, da tempo. Cercava solo un’occasione, che è arrivata.

         - Vorrei venire con voi nelle Province Unite.

      - Ben volentieri. Il nostro paese ha bisogno di uomini forti e coraggiosi. Ma è ben poca cosa rispetto a quello che avete fatto per noi.

      Marteen scrolla le spalle.

      - Ripasserò in giornata a portarvi notizie. Avete cibo?

      - Sì, tutto quello che può servire.

      - Come contate di fare per portarla via, la notte? Le porte della città sono chiuse. Aspettare fino al mattino non è possibile, la scomparsa verrà scoperta e segnalata. Il vescovo di Tournai è un uomo influente e comunque il rapimento di una donna da un convento, sia pure non una suora, provocherà l’intervento delle autorità.

      - Pensavamo di nasconderci e poi di uscire il giorno successivo. Ci cercheranno, ovviamente, ma in modo discreto: il vescovo ha i suoi buoni motivi per non voler dare troppa pubblicità alla faccenda, non ha ottimi rapporti con il vescovo di Anversa, una vecchia ruggine. Certamente, se ci prendono mentre cerchiamo di entrare in un convento, ci portano dritti dritti al rogo, ma Marie non è una suora e se la storia venisse a galla, il vescovo di Anversa avrebbe buon gioco a toglierla al suo collega di Liegi. Noi contiamo di uscire dalla città separatamente. Per quanto possa esserci sorveglianza alle porte, non uscendo tutti e tre insieme forse riusciremo a cavarcela. 

      - In questo penso di potervi aiutare.

      A una delle porte presta servizio Dolf, un amico di Marteen. Vedendolo con una donna e degli amici non sospetterà di nulla.

      - Benissimo. A domani. Ah, un’ultima cosa: tornerò solo a notte. Di giorno sarebbe troppo pericoloso.

 

      Marteen esce in silenzio, controllando che nessuno lo veda. Mentre raggiunge la locanda dove alloggia, riflette. Bisogna sorvegliare il convento, per quello va benissimo Simon, il ragazzino è sveglio e saprà osservare senza dare nell’occhio, nessuno sospetterà di lui. Bisogna scoprire che cosa si dice in giro dei tre uomini trovati morti nella notte, di quello può occuparsi personalmente, ma Modeste riuscirà senz’altro a raccogliere più informazioni.

      Nella stanza Marteen guarda le sue poche cose. Non ha molto da portare via ed è meglio così.

      Il mattino successivo, Marteen parla con Simon e con Modeste. Poi prepara il suo bagaglio e comunica al proprietario della locanda che conta di partire in serata e stare via per qualche tempo. Non sa ancora se tornerà presto o se manderà a ritirare il bagaglio. C’è una terza possibilità, che Marteen non dice: che sia l’inquisizione a passare per controllare ciò che ha lasciato e cercare nuovi elementi che contribuiscano a mandarlo al rogo. Ma Maarten non se ne preoccupa. Il vento del Nord sta soffiando e in qualche modo lo trascina via con sé, forse verso un ambiente meno soffocante, forse solo verso le fiamme. Sia come sia, queste giornate senza senso sono finite.

      Esce e va alla taverna di René. Non è lontana dal vicolo in cui si sono battuti ieri sera e ci sono sempre sfaccendati che discutono le ultime novità del giorno. Di certo si parlerà dei morti scoperti lì vicino.

      Nella taverna c’è molta folla e l’argomento all’ordine del giorno è ovviamente il ritrovamento di tre cadaveri. Marteen prende da bere e si mette in ascolto.

      - Erano due stranieri, olandesi. Jan li ha assaliti e li ha fatti fuori. Probabilmente ce n’era un terzo che ha fatto fuori lui.

      - Non dire cazzate, Vincent. Se Jan li ha assaliti, non era certo da solo. Era scemo, a mettersi contro tre da solo? Erano in gruppo, ma gli altri sono scappati.

      Interviene un terzo:

      - Ma chi erano questi due? Perché Jan non era il tipo da fare rapine di strada. Lo hanno mandato ad ammazzare quei due e lo ha fatto, ma ci ha rimesso la ghirba pure lui.

      Nessuno ha una risposta convincente da fornire. Marteen è soddisfatto. Per il momento pare che tutti credano davvero alla morte dei due stranieri.

      La discussione riprende, divaga, si allarga ad altre sinistre imprese di Jan di Liegi, ognuno aggiunge quello che sa, se non sa inventa, nessuno ormai può smentire, il famigerato Jan non fa più paura.

      Marteen è sul punto di andarsene. Pensa di ripassare più tardi, per sentire se ci sono novità. Tanto se ne parlerà tutto il giorno. Ma in quel momento arriva Cornelius, che, come al solito, è meglio informato. Quando qualcuno gli chiede che cosa sa dei morti, abbassa la voce e fa intendere di sapere molto, ma di non poterlo dire.

      La piccola manovra ottiene il risultato voluto: in un attimo tutti sono intorno a lui, assicurano che manterranno il segreto, naturalmente, ma a loro non può non raccontarlo. Va da sé che ciò che Cornelius dirà farà il giro di Anversa in meno di un’ora.

      - Quei due non erano mica due qualunque. Erano venuti qui perché avevano in mente un colpo grosso. Volevano rapire una donna, una monaca, pare.

      Esclamazioni di meraviglia, domande, imprecazioni.

      - Avevano documenti falsi, ma si sa chi sono, due di Rotterdam, due eretici, che il diavolo li divori.

      - E come mai si sono trovati di fronte Jan di Liegi?

      - Qualcuno lo ha mandato…

      Tutti vorrebbero sapere chi, ma Cornelius fa solo vaghe allusioni. Probabilmente non lo sa neppure lui.

      Marteen si dice che tutto sembra aver funzionato.

      Più tardi Modeste conferma a Marteen che in effetti i due stranieri dovevano viaggiare con documenti falsi. Nessuno sa bene chi li ha fatti uccidere, ma erano due eretici e bruceranno all’inferno. Nessuno sembra avere dubbi.

      Marteen si stende sul letto. Vuole riposare. Nella notte precedente non ha dormito molto ed in quella che lo aspetta dormirà ancora meno. In serata sentirà che cosa ha da raccontargli Simon e parlerà ancora con Modeste. Se occorre, farà di nuovo un salto alla taverna di René.

      Dorme diverse ore, di un sonno intenso. Si alza e guarda fuori. È quasi sera.

      Modeste gli conferma che le voci che circolano sulla morte dei due eretici sono sempre le stesse, qualcuno sussurra che il vescovo di Tournai ne sa qualche cosa, ha mandato il suo segretario dal capo delle guardie per avere informazioni.

      Simon ha passato la giornata bazzicando intorno al convento. Una carrozza è entrata nel convento, nella tarda mattinata, ed è uscita di lì a poco. Quando è uscita era vuota. Il vescovo di Tournai è entrato nel convento subito dopo e ci è rimasto a lungo.

      Tutto sembra procedere nel migliore dei modi. È davvero così?

      Quando scende la notte, Marteen raggiunge la casa dei Van der Vlaar con i due cavalli, il suo e quello che servirà a Marie, se il piano funzionerà. Sa che la sua vita è a una svolta, ma non immagina quello che sta per succedere.

      La porta è stata chiusa dall’interno, ma quando Marteen, come stabilito, bussa e dice il suo nome, Ernst apre. Lo accompagna nella scuderia, dove sistemano i due cavalli.    

      Ernst si fa raccontare qual è la situazione, poi gli dice:

      - Pieter è in casa. Io rimango nella scuderia, per controllare i cavalli, che non facciano rumore.

      Marteen annuisce. Attraversa il cortile ed entra nella casa. Fuori si vede ancora abbastanza, ma dentro è buio pesto.

      - Pieter!

      La voce di Pieter lo guida.

      - Sono qui, al piano di sopra, Marteen.

      Muovendosi a tentoni, Marteen sale la scala e raggiunge la stanza da cui proviene la voce. Pieter è vicino ad una finestra socchiusa, che dà sulla strada. Marteen lo intravede appena.

      - Tutto a posto?

      Marteen racconta quello che sa. Tutto sembra andare per il meglio.

      - Aspetta che accendo la lanterna.

      Pieter chiude la finestra con gli scuri e poi armeggia un momento nel buio completo. La luce di una lanterna illumina la stanza. Pieter è accovacciato a terra, a torso nudo.

      Marteen lo guarda. Di colpo si rende conto di avere la gola secca. Non riesce a staccare gli occhi. Pieter ha spalle larghe e un torace muscoloso, coperto da una leggera peluria bionda. Pieter ha braccia forti. Pieter lo guarda e gli sorride, senza dire niente.

      Marteen non è in grado di reagire. Non era preparato a questo, al desiderio che preme furioso. Pieter si alza e lo fissa. Nei suoi occhi una domanda a cui Marteen non sa rispondere, a cui il suo silenzio ed il suo sguardo hanno già risposto.

      Pieter si avvicina e lo stringe tra le braccia. I loro visi sono vicinissimi e le labbra di Pieter sfiorano quelle di Marteen.

      Marteen non ha mai baciato un uomo, anche se lo ha desiderato. Quella bocca che ora preme contro la sua lo frastorna. Ha l’impressione che gli manchi il respiro.

      Il loro bacio diventa appassionato, le loro lingue si incontrano. Nella testa di Marteen c’è un vuoto immenso.

      Pieter gli sfila la giacca, senza staccare la bocca dalla sua. Poi arretra di un passo e gli toglie la camicia. Marteen lo lascia fare, non ha più una volontà propria, asseconda i suoi movimenti. Ora sono entrambi a torso nudo e si guardano. Nessuno dei due sorride, quello che sta succedendo è troppo forte.

      Pieter finisce di spogliarsi. Marteen lo guarda. Sul ventre la peluria diventa più fitta e un po’ più scura. Il sesso è voluminoso e già si sta inturgidendo. I coglioni sono grossi. Marteen vorrebbe accarezzarli.

      Pieter ora è nudo, davanti a lui.

      Marteen lo guarda, deglutisce e finisce anche lui di spogliarsi. Pieter lo fissa, poi si avvicina e lo stringe tra le braccia, le sue mani gli percorrono la schiena, il culo, la sua bocca lo bacia, la sua lingua gli forza le labbra. A Marteen sembra che tutto ciò stia succedendo a un altro. Anche l’ergersi vigoroso del proprio sesso, che ora preme contro il ventre di Pieter, gli sembra riguardare qualcun altro, un Marteen che non è lui.

      Pieter lo forza a stendersi sul pavimento e ora è su di lui. È splendida questa sensazione del corpo di Pieter, massiccio e potente, che preme su di lui, del suo cazzo robusto contro il suo ventre. Pieter lo bacia e quando le loro bocche si staccano, per la prima volta Marteen parla.

      - Pieter, io…

      Non continua la frase, non ha senso, non c’è nulla da dire o, piuttosto, sono i loro corpi che devono parlare.

      Si baciano ancora, poi Pieter si mette con le ginocchia a terra, una a destra e una a sinistra di Marteen, e cerca di voltarlo. Marteen intuisce ed ha un guizzo. Il suo corpo non è mai appartenuto a un altro.

      Resiste, afferra Pieter e lo trascina sopra di sé. Si baciano, appassionatamente, si abbracciano.

      Il loro abbraccio diventa una lotta, in cui ognuno dei due cerca di sopraffare l’altro. Le carezze si trasformano in strette vigorose e i baci non interrompono il combattimento. È un gioco e una sfida, di cui entrambi hanno accettato la posta in palio.

      L’intreccio si riannoda e si scioglie, ora sono entrambi in piedi, cercando di far cadere l’avversario. Ma quando i loro corpi sono stretti, le loro bocche mordono e baciano. Pieter mette una gamba tra quelle di Marteen e lo spinge indietro. Marteen cade, rotola per allontanarsi, ma Pieter è su di lui.

      Il corpo di Pieter pesa sul suo e Marteen sente che le forze lo abbandonano. Non riesce più a resistere a quelle braccia che lo avvolgono e ora lo costringono, o forse soltanto lo accompagnano, a stendersi a pancia in giù, offrendo all’avversario trionfante il premio della lotta. Ogni volontà è cancellata.

      Marteen ha perso, è stato sconfitto. Marteen sta per essere penetrato, per la prima volta nella sua vita. Marteen si abbandona. Vagamente sa di non desiderare altro.

      Pieter è su di lui, lo accarezza, gli morde delicatamente il collo e le spalle, gli passa la lingua dietro un orecchio. Poi si inginocchia e la sua lingua percorre la schiena di Marteen, strappandogli un gemito. La lingua arriva al culo, ma non si ferma. Prosegue lungo il solco.

      Marteen geme più forte. Ora sono due dita bagnate ad accarezzare il solco e a costringere l’apertura a dilatarsi. Le dita ritornano altre due volte, poi c’è una pausa.

      Marteen sa che cosa l’aspetta. Volta la testa, sollevando un po’ le spalle, per vedere. L’arma di Pieter avanza, massiccia, inesorabile. Marteen torna a guardare la parete davanti a sé, ma tutto il suo essere si concentra in quell’apertura segreta che sta per essere violata. 

      L’arma preme contro l’anello di carne, che cede, poi avanza, con grande lentezza, ma senza concedere tregua. L’avversario non chiede pietà. Anche se il dolore gli latra nelle viscere, Marteen non desidera altro che essere infilzato completamente da quella picca che continua la sua marcia inesorabile.

      Quando l’arma arriva al fondo, Pieter sussurra:

      - Marteen.

      C’è una dolcezza estrema in quel bisbiglio. Marteen è troppo lontano per rispondere, ma quando Pieter arretra il suo sperone e lo infila nuovamente a fondo, con maggiore vigore, la sua bocca si schiude:

      - Pieter!

      Pieter gli accarezza la nuca, una guancia, la schiena, il culo, le gambe. Pieter gli mordicchia un orecchio. Pieter gli passa due dita su una guancia.

      Poi il movimento riprende, prima lento, poi acquistando vigore a ogni spinta e diventando ben presto impetuoso come l’acqua che travolge una diga.

      Marteen sente l’arma che lo scava e turbini di piacere e di dolore lo assalgono, ma il piacere è più forte, il dolore è solo il suo corpo a sentirlo, il piacere gli invade la mente e ne scaccia ogni altra sensazione.

      Pieter spinge a lungo e a ogni spinta Marteen precipita più a fondo in un abisso. Poi, quando ormai a Marteen pare di non riuscire più a reggere, Pieter accelera bruscamente il ritmo e con voce strozzata ripete il suo nome.

      Il fiotto prorompe e riempie le viscere di Marteen, sotto cui si spalancano sempre nuove voragini, mentre anche il suo seme si sparge.

      Pieter rimane steso su di lui, ansimando. Marteen è trascinato dalle correnti nei gorghi di un oceano senza confini.

         - Marteen, Marteen.

      Marteen sta lentamente recuperando lucidità.

      - Ti ho fatto male, Marteen?

      Marteen riemerge verso la superficie.

      - No, Pieter.

      Non è vero, dovrebbe dire di sì, ma anche questo sarebbe falso, perché il dolore è stato irrilevante rispetto al piacere.

      Pieter esce da lui e Marteen geme. Pieter si mette a sedere ed appoggia la schiena contro la parete. Chiude gli occhi. Marteen sente una fitta. Con fatica si mette a sedere. Il culo gli fa male. Perché Pieter si è staccato da lui, si è chiuso nel silenzio e nel buio di quegli occhi serrati?

      Pieter non parla, Marteen neppure. I pensieri vagano. Marteen si sente inquieto. Apre la bocca per parlare, poi la richiude. Non riesce a chiedere, ma la domanda preme.

      - Pieter…

      Pieter apre gli occhi e lo guarda, senza un sorriso. Marteen avverte una nuova fitta.

      - Che cosa c’è, Marteen?

      Marteen non riesce a dire quello che ha dentro. Ma Pieter attende.

      - Pieter, ti sei pentito?

      Pieter sorride e scuote la testa.

      Il sorriso di Pieter dà a Marteen la forza di formulare la domanda:

      - Pieter, mi disprezzi?

      - Marteen! E perché mai…?

      Lo sanno entrambi. Un uomo che si fa inculare merita solo disprezzo, non è un uomo. E Marteen, che non teme l’acciaio o il piombo, ora ha paura.

      Pieter lo guarda, gli sorride e si stende a terra, pancia in giù, divaricando le gambe. Non servono parole. L’offerta è eloquente.

      Il corpo di Marteen reagisce immediatamente. Quel culo possente che gli si offre accende il desiderio come la fiamma incendia la polvere da sparo. In un attimo Marteen è pronto a cogliere quel piatto prelibato.

      Lo gusta con i denti e con la lingua, lo bacia e lo morde, lo accarezza e lo lecca. Poi la sua attenzione si concentra sul punto verso cui si tendono tutti i suoi desideri. Bagna con la saliva e prepara la strada, come Pieter ha fatto prima con lui, e la sua mente si chiede se non possa essere la prima volta per Pieter, come è stato per lui.

      L’apertura resiste alle dita di Marteen, che l’accarezza e l’inumidisce più volte, e solo lentamente si arrende. Marteen avvicina la punta dell’arma e con dolcezza la introduce. Avverte la tensione nel corpo di Pieter e si ferma, lasciandogli il tempo di abituarsi a quel corpo estraneo, che martoria e devasta, ma accende una fiamma.

      Pieter tace, lascia che il suo corpo venga aperto. Marteen procede con lentezza. Gusta le sensazioni fortissime che lo avvolgono, che dalla sua arma si diffondono in tutto il corpo. Sta possedendo Pieter, come Pieter ha posseduto lui. Pieter gli ha offerto il culo e Marteen lo sta prendendo, una preda gloriosa.

      Marteen prende a muoversi dentro il culo di Pieter ed ogni spinta è un’ondata di piacere puro.

      - Pieter, Pieter.

      Sulle labbra gli è venuto un “amore mio”, ma l’ha trattenuto. Ara il campo, con tutto il vigore che possiede, traccia solchi profondi e sa che in Pieter si spalancano nuovi abissi, come si sono aperti in lui, poco fa.

      Con le mani accarezza Pieter e si stupirebbe se gli dicessero che le sue dita non scorrono leggere, ma stringono e graffiano quel corpo vigoroso che accende i sensi di Marteen.

      Il desiderio cresce, cresce e infine crolla, mentre il piacere prende il suo posto e grida, assordante.

      Per un attimo Marteen ha creduto di morire.

      Pieter non è venuto, non ha sentito il suo corpo vibrare. Marteen bacia il collo di Pieter, una guancia, un orecchio, un occhio.

      Marteen scivola fuori da Pieter e si siede accanto a lui. Pieter si volta su un fianco e lo guarda, sorridendo. Il sesso è eretto. Marteen lo accarezza con la destra. Pieter si stende sulla schiena. Marteen passa ancora la mano sul grande sesso. Pieter gli blocca la mano e guida Marteen a stendersi su di lui. I loro corpi aderiscono, le loro bocche si incontrano nuovamente. Si baciano intensamente, poi Marteen avverte che il corpo di Pieter sta muovendosi sotto il suo e sente il seme che si sparge, bagnandogli il ventre.

      Ora però Pieter sembra di nuovo assente. Marteen si sposta e si mette a sedere contro la parete. Pieter fa lo stesso, a pochi passi da lui. Non lo guarda, non sorride. Chiude di nuovo gli occhi.

      Marteen sente una fitta. Non riesce a capire che cosa succede.

      Rimangono a lungo in silenzio, poi Marteen non riesce più a contenersi. Sente dentro un dolore sordo, una disperazione che rischia di sommergerlo.

      - Che cosa c’è, Pieter? Qual è il problema?

      Pieter non risponde subito. Poi si volta verso di lui e lo guarda.

      - Marteen, ho avuto diversi uomini, ma non mi sono mai dato a nessuno. Se ieri qualcuno mi avesse detto che oggi mi sarei lasciato inculare da un uomo, lo avrei ammazzato, senza esitare. Quando ci siamo amati, prima, ho provato quello che non avevo provato mai. Marteen, ho bisogno di capire, ti conosco da poche ore, non è facile accettare di dipendere da te a questo punto. Non so. Scusami, ma ho bisogno di capire. Sono abituato ad essere padrone di me stesso. Ora non lo sono più.

      Marteen annuisce, turbato. Non sa che cosa dire. Forse è meglio non dire nulla.

      Dopo un buon momento, Pieter gli sussurra:

      - Dobbiamo prepararci.

      Marteen annuisce e si alza.

      Si rivestono e a tratti Pieter si ferma e guarda Marteen. Ad un certo punto si avvicina e lo abbraccia, poi lo bacia sulla bocca.

      È ora di andare.

      Si baciano ancora e scendono. Marteen ha male al culo, ma non ha importanza. È confuso e si dice che deve cercare di concentrarsi.

      Si mettono d’accordo sugli ultimi dettagli. Marteen aspetterà fuori, solo Ernst e Pieter entreranno nel convento. Se è una trappola, Marteen fuggirà.

      Marteen annuisce, ma sa che non fuggirà. Preferisce morire con Pieter.

 

      Il convento non è molto lontano. Il muro posteriore dà su una via isolata. Ernst sale sulle spalle di Pieter e supera il muro, poi forza una porticina che dal giardino dà sulla strada. Pieter stringe una mano a Marteen ed entra.

      Marteen rimane solo, le orecchie tese a captare ogni rumore. Ernst e Pieter conoscono la pianta del convento. Riusciranno ad arrivare dove devono?

      I minuti passano e Marteen si sforza di rimanere vigile, di badare ad ogni suono che provenga dal convento o dalla strada, ma tutto è silenzioso e la sua mente tende a sfuggire, a rincorrere l’immagine di Pieter, Pieter a torso nudo, Pieter nudo, Pieter…

      Marteen cerca di concentrarsi, ogni distrazione è fatale, ma fa fatica a non pensare a Pieter.

      Sono passati alcuni minuti.

      Poi, di colpo, una voce, più voci. Marteen si tende. Sono stati scoperti. Marteen ha la mano sulla spada e ogni fibra del suo corpo è tesa allo spasimo.

      La porticina si apre. Appaiono Pieter, Ernst e un’altra figura. Corrono tutti verso Marteen, mentre dal convento si alzano grida.

      Marteen guida il gruppo. I rumori si perdono in lontananza, nessuno li segue. In pochi minuti raggiungono la casa dei Van der Vlaar.  

 

      Il giorno dopo raggiungono la porta, prima Marteen con Marie, a cui un velo nasconde in parte il viso. Pieter ed Ernst hanno portato con sé un vistoso abito femminile e nessuno penserebbe che la giovane donna esce da un convento. I due fratelli seguono, non molto lontani, separati, ma pronti a intervenire in caso di bisogno.

Alla porta Marteen si ferma a chiacchierare con il suo amico Dolf, scherza un momento, poi se ne va con Marie. Ernst esce quasi subito e li raggiunge. Pieter esce un po’ dopo, da solo.

 

      Tutto procede senza difficoltà, fino al momento in cui giungono a Turnhout, nelle cui vicinanze intendono attraversare la frontiera.

      In qualche modo gli uomini del vescovo di Liegi hanno previsto che potessero passare di lì e li stanno aspettando. In una stradina c’è un carro rovesciato, vicino un gruppo di uomini armati, sono cinque.

      Rapidamente Marteen prende un vicolo laterale, dove i cavalli passano a fatica. Gli uomini si lanciano al loro inseguimento. Non appena sono usciti dal vicolo, Marteen scende e torna indietro per affrontare gli inseguitori, prima che escano nella strada: nel vicolo non possono combattere affiancati, sarà più facile respingerli.

      Si è appena infilato nel vicolo, con la spada sguainata, quando sente la voce di Pieter.

      - Via, presto, Ernst, via!

      Stanno fuggendo! Lasciandolo da solo. E Marteen sente un dolore acuto, una fitta che gli toglie il respiro. A Pieter non importa nulla di lui. Raggiunto lo scopo, lo abbandona a morire. O forse no, Pieter si libera così di qualche cosa che lo spaventa, di un sentimento di cui non si sente padrone.

I cavalli si allontanano, il rumore degli zoccoli si spegne, Pieter non è al suo fianco. È la fine.

      Marteen continua a combattere, gli uomini non possono affrontarlo tutti insieme, il vicolo è troppo stretto, combattono uno per volta. Se Marteen arretrerà, uscendo nella via, potranno circondarlo e lo scanneranno in un attimo. Lì può difendersi, ma prima o poi cederà. Gli uomini possono darsi il cambio, capiranno che devono fare il giro del blocco di case e prenderlo alla schiena. La sua vita è finita. Ma il dolore che avverte, violento, non è per la morte che lo aspetta, è per il tradimento di Pieter.

      Combatte con rabbia ed uno dei suoi avversari viene ferito al braccio e si ritira, lasciando il posto ad un altro. Per quanto ancora potrà resistere?

      - Voltatevi, vigliacchi!

      La voce di Pieter risuona forte, nella direzione opposta a quella in cui è risuonata poco fa. È nel vicolo, ma alle spalle degli assalitori. Ha fatto il giro con il cavallo, ci ha messo pochissimo. Una gioia selvaggia si impadronisce di Marteen.

      Ora gli assalitori sono tra due fuochi. Si ostacolano a vicenda, non possono arretrare perché da una parte e dall’altra la strada è bloccata. Un urlo dice a Marteen che la lama di Pieter ha colpito il bersaglio. Marteen incalza, perché il suo avversario non può arretrare. L’uomo cerca ugualmente di ritrarsi, ma il suo movimento si arresta contro un suo compagno. Marteen lo colpisce.

      In breve, nessuno degli assalitori è in piedi. Alcuni sono solo feriti, ma non sono più in grado di combattere.

      - Da questa parte, Marteen.

      Marteen raggiunge Pieter ed insieme escono dal vicolo. I loro cavalli sono lì. In un attimo sono sopra e li spronano.

      - Dove sono Ernst e Marie?

      - Fuggiti via. Ernst deve pensare a lei. Non voleva lasciarti qui, ma ha capito anche lui che la sua prima responsabilità era nei confronti di lei.

      Marteen vorrebbe dire che ha temuto di essere stato abbandonato, ma si trattiene. Pieter si offenderebbe, a ragione: non ha mai pensato di lasciarlo lì al suo destino.

      Attraversano la frontiera nel pomeriggio e a sera raggiungono Ernst e Marie nella locanda di Breda, dove avevano progettato di fermarsi. Qui sono fuori pericolo. A ogni buon conto, fanno turni di guardia. Sono ancora troppo vicini alla frontiera.

 

      Il viaggio fino a Rotterdam si svolge senza incidenti. Man mano che s’avvicinano, Marteen avverte un disagio crescente. Pieter ed Ernst sono arrivati, ora potranno tornare alla loro casa. E lui, che ci sta a fare? Ha raggiunto Le Province Unite, dove voleva andare. È libero, può guadagnarsi da vivere con la sua spada, può mettersi al servizio di qualche signore, può imbarcarsi per le Indie.

      Ma tutto gli appare privo di senso, perché gli importa solo di Pieter. I loro corpi si sono incontrati un’unica notte, ma non è il desiderio fisico a bruciare. Non solo quello. Pieter non ha più detto nulla. Che cosa pensa?

      Arrivano a Rotterdam. Marie viene accompagnata da una zia, con cui rimarrà per alcuni giorni, fino al matrimonio. Poi giungono in una via lungo un canale. Marteen sta chiedendosi se congedarsi, evitando una situazione imbarazzante, un addio che non sa come affrontare. Dentro gli pare di avere l’inferno.

      Pieter si rivolge a Marteen e gli indica due case gemelle.

      - Quella a destra è casa nostra.

      Poi aggiunge:

      - L’altra è la casa di Ernst, dove verrà a stare Marie.

      Casa nostra. Marteen guarda Pieter, senza riuscire a dire nulla. Non è sicuro di aver capito bene. Pieter aggiunge:

      - Spero che ti piaccia, temo che Ernst se la prenderebbe a morte se cambiassi casa.

 

2011

 

 

 

 

 

 

 

 

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