Xander A
Mario (ma pure a A.D., A.D. e O.A., con molte scuse) Arrivo che sono le due. La
casa è immersa nel silenzio e tutte le luci sono spente. Non so se mio padre sia
a dormire – in questo caso probabilmente non da solo – o se sia ancora fuori
a una delle sue cene o nell’alcova di qualche donna. Di solito rientro più
tardi, ma questa sera la compagnia si è sciolta presto: c’è stato uno scontro
tra Gaston e Léopold, hanno litigato per un’attrice che uno ha soffiato
all’altro. Una stupidaggine, ma Gaston se l’è presa, alla sua Marguerite
teneva parecchio. C’è mancato poco che non si sfidassero a duello: per
un’attrice del Théâtre des Variétés! Per fortuna Olympe è riuscito a
calmarli, ma il clima è rimasto teso ed è finita che ci siamo separati
presto. Mentre mi spoglio ripenso
alla serata, a quello stupido litigio e all’intervento di Olympe. È uno
strano tipo, Olympe: è molto giovane - ha qualche anno meno di me - eppure a
volte scopro in lui una saggezza da vecchio filosofo; non si nega nessun
piacere, ma appare sempre padrone di se stesso. Quando con noi c’è anche mio
padre, mi colpisce il contrasto che esiste tra loro due: a cinquantadue anni
mio padre sembra spesso un bambinone, sempre alla caccia di nuovi piaceri; a
ventiquattro Olympe è molto più maturo di lui. Eppure vanno molto d’accordo,
loro due. Mio padre si unisce spesso
a noi. In realtà potrei benissimo dire che sono io che mi sono unito a lui e
al suo gruppo di amici, quando lui è tornato a Parigi e io mi sono stabilito
a casa sua. Diciamo che formiamo un gruppo eterogeneo di artisti di ogni
tipo, di età molto diverse. Sto bene con mio padre:
l’astio che provavo nei suoi confronti in passato è svanito del tutto; la
fuga della mia matrigna ha eliminato il principale ostacolo che ci impediva
di avere buoni rapporti; le numerose donne che passano nel suo letto non sono
un problema e più di una volta una sua amante è diventata anche la mia. Me le
passa come mi passa gli stivali che gli vanno stretti. Una volta, a una cena,
l’ho detto davanti a tutti e lui mi ha risposto che se mi vanno bene le sue
amanti e i suoi stivali stretti, vuole dire che ho il piede fino e il cazzo
grosso. Lo scopro generoso nei
miei confronti, sempre gioviale, un amicone con cui posso condividere tutto.
Qualche tempo fa siamo andati a un ballo in maschera a Montparnasse. Abbiamo
ballato tutti e due tanto da tornare esausti. Lui indossava pantaloni
aderenti, che erano madidi di sudore. Ho dovuto strappare le cuciture per
aiutarlo a toglierseli. Il ricordo mi fa sorridere. Mi stendo e mi addormento
in fretta, anche se per i miei orari è presto. Quando mi sveglio, Nestor,
il domestico, mi dice che mio padre mi invita a passare da lui. Mi infilo una
vestaglia e raggiungo la sua camera. Busso, entro e lui tira le cortine del
letto. Non è solo: con lui c’è Julie la Rossa, un’attrice priva di talento,
ma dotata di un formidabile petto, che ora pudicamente copre con il lenzuolo.
Non farà molta strada a teatro, ma di certo ne ha fatta parecchia tra le
lenzuola e mio padre è solo uno dei tanti uomini alla cui corte Julie non ha
saputo resistere (non so se ve ne siano anche alcuni a cui ha resistito: non
me n’è giunta notizia, ma probabilmente a qualcuno di brutto, poco dotato e
spiantato avrà anche detto di no). Non mi scompongo: non è la prima volta che
mio padre mi chiama quando è con una delle sue donne. Ovviamente non si
tratta mai di dame dell’alta società, che non si fermerebbero la notte a casa
di un uomo e non si farebbero vedere dal figlio dell'amante. Sorrido e mi inchino
leggermente, mentre le dico: - È un piacere vederla,
signorina Julie. Anche mio padre sorride e
mi spiega le ragioni della mia convocazione: - Ti ho chiamato perché ho
avuto una discussione con Julie e volevo dimostrarle che avevo ragione. Julie interviene,
scandalizzata: - Signor Alexandre, la
prego! Non so quale sia
l’argomento del contendere – lo scoprirò tra poco, in ogni caso – ma
dev’essere un po’ scabroso, a giudicare dalla reazione di Julie. Dubito che
però lo sconcerto di cui dà prova sia genuino: la conosco abbastanza per
sapere che non ha nessun pudore, sa esprimersi come un carrettiere e a letto
è insaziabile (Hector dice che dovrebbe scopare con tre uomini per volta, per
essere soddisfatta). Mio padre riprende: - Le dicevo che, anche se
sei magro, hai pure tu il cazzo grosso, come me. Rimango un attimo
interdetto: questa non me l’aspettavo. Julie interviene, con un risolino che
toglie ogni efficacia alla sua protesta. - Non lo stia a sentire,
signor Alexandre. Suo padre ama scherzare. So benissimo che mio padre
ama scherzare e so anche che in questo momento non sta scherzando. Mio padre
infatti la ignora e prosegue: - Per cui adesso, Alexandre,
mi fai il piacere di spogliarti, così Julie può giudicare. Scuoto la testa, ridendo.
Mi chiedo se è ubriaco, ma sembra perfettamente lucido. - Mio caro padre, non mi
sembra proprio il caso. Signorina Julie, la saluto e la prego di scusare mio
padre, che a volte esagera nei suoi scherzi. Me ne vado, senza
voltarmi. Sono un po' infastidito, ma la faccenda non ha nessuna importanza,
per cui l'irritazione svanisce in fretta e non ci penso più. Rivedo mio padre a pranzo
e ovviamente mi prende per il culo: - Perché ti sei tirato
indietro? Avevi paura di fare brutta figura? - Ma, papà, ti sembra il
caso? Come se fossi un vitello da vendere. - Un vitello no, un
torello, piuttosto. E non hai niente da vergognarti. Inutile cercare di fargli
capire. Mi limito a scuotere la testa. Due sere dopo siamo
insieme a una cena al Café de Paris, come spesso avviene. È un locale che
piace a tutti noi, arredato con grande eleganza, e la cucina è ottima. C’è
anche Julie, che sta appiccicata a mio padre. In alcuni momenti ho
l'impressione, per non dire la certezza, che le sue mani lavorino sotto la
tavola e forse quelle di Hector, seduto di fianco a lei dalla parte opposta a
mio padre, si danno anche loro da fare, senza che Julie opponga resistenza.
Dopo cena andiamo al Café Riche. Io mi siedo accanto a Olympe e ci mettiamo a
parlare di letteratura. Olympe è un intenditore, sa distinguere un buon libro
da uno di quei romanzi di successo che sono sulla bocca di tutti, ma valgono
poco. Se gli chiedo di motivare un suo giudizio, dimostra una capacità
critica che mi sorprende. Assorbito dalla conversazione, non bado molto a ciò
che fanno gli altri. Quando infine tutti si alzano, io mi fermerei ancora a
parlare con Olympe, anche se è tardi, ma mio padre si avvicina, con Julie
sottobraccio, e mi dice: - Sei richiesto. Vieni via
con noi. Preferirei restare seduto
a parlare con Olympe, ma lui si alza: se mio padre mi richiede, non è certo
il tipo da trattenermi. Per una volta tanto gli manderei un accidenti e seguo
mio padre con la sua preda. Non so quali siano le sue intenzioni, ma dopo
l’episodio dell’altro giorno ho qualche sospetto. Perciò non mi stupisco
quando, arrivati a casa, dopo aver bevuto un altro bicchiere, l’ennesimo, mio
padre mi dice di seguirlo in camera da letto. Quando siamo dentro,
ghigna e aggiunge: - Secondo Julie, gli
uomini magri hanno il cazzo piccolo. Io le ho detto che non è vero. Adesso
glielo dimostri. Non è che io sia magro, ma
in confronto a mio padre, che è piuttosto corpulento, in effetti appaio
smilzo. Julie ha un risolino, ma
so benissimo che è curiosa di vedere. Non amo molto essere esibito come un
trofeo, ma sto al gioco. Finirà con una scopata a tre: di certo non la prima
della mia vita, visto che a volte alcune delle nostre serate si trasformano
in orge. Ma sarebbe la prima volta che nel terzetto c’è anche mio padre. Io sorrido e lui dice: - Non deve avere
pregiudizi, signorina Julie… Lei ridacchia e dice: - Se mi dimostrerà che ho
torto, mi ricrederò. Mio padre replica: - Allora, Julie, potresti spogliarci
tutti e due e vedere da te. Io rido e aggiungo: - Prima però noi due
potremmo spogliare te. Sono passato al tu: non ha
senso che le dia del lei in questa situazione. Julie non dice nulla e allora
io e mio padre ci diamo da fare. Julie ride, fa finta di opporre resistenza,
ma quando noi siamo in difficoltà, è lei stessa a sciogliere un laccio o a
sfilarsi un indumento. Quando è a torso nudo, ammiro il suo seno, davvero
maestoso. Completiamo il lavoro e lei ride ancora, strusciandosi contro mio padre
e poi contro di me, baciandoci sulla bocca. Poi incomincia a spogliarci,
sfilando la giacca a lui e sciogliendo la cravatta a me. Procede senza
fretta, ben conscia di essere lei a condurre il gioco. Noi ci limitiamo ad
assecondare i suoi movimenti. Ormai siamo quasi nudi tutti e due e mi rendo
conto che mio padre, come me, è eccitato: logico che lo sia, ma il pensiero
che tra poco vedrò il suo cazzo in tiro mi turba. L’ho visto nudo alcune
volte, soprattutto in campagna: ci capita di bagnarci nella Senna o in
qualche laghetto. L'ho anche visto in diverse occasioni pisciare. Ma non l’ho
mai visto con il cazzo duro. Julie si inginocchia
davanti a mio padre e abbassa l’ultimo indumento. Guardo il cazzo di mio
padre, teso contro la peluria del ventre, grosso, duro, la cappella di un
rosa scuro, quasi violaceo, che svetta. Ho la bocca secca, ma mi
sembra che il mio cazzo si irrigidisca ancora di più. Julie, rimanendo in
ginocchio, mi fa segno di avvicinarmi e mi guida a mettermi di fianco a mio
padre. Poi finisce di spogliare anche me. Io e mio padre siamo uno di fianco
all’altro, tutti e due con il cazzo duro. Lei li confronta, con attenzione e
anch’io li guardo entrambi. So che anche mio padre li sta osservando ed è lui
a concludere: - Vedi, Julie, che avevo ragione
io? Il torello è dotato quanto il toro. Julie guarda ancora un
cazzo e l’altro, poi annuisce. - E adesso li gusterai
tutti e due. Sapevo che sarebbe finita
così, ma l’idea di scopare Julie insieme a mio padre mi turba. Non fa calare
la mia eccitazione, anzi: sembra quasi accrescerla. È lui a prenderla per
primo – privilegio di anzianità, dice – mentre io lo osservo. Guardo il suo
grosso cazzo che entra dentro di lei, il suo culo vigoroso coperto dalla
peluria, e ho l’impressione che una mano mi stringa i coglioni. Quando entro dentro di
lei, sento lo sguardo di mio padre su di me. E quando infine vengo, penso che
il suo seme e il mio si stanno mescolando dentro di lei. Julie rimane a dormire con
mio padre. Io preferisco andare in camera. Mi sento turbato, ho le idee
confuse. La domenica raggiungiamo
Bézons e facciamo un’escursione lungo la Senna. Siamo una dozzina, tra cui
Olympe. Mio padre non c’è. Camminiamo a lungo, poi Gaston propone di fermarsi
in una radura e ci sediamo sull’erba. Io mi siedo vicino a
Olympe, come spesso avviene: mi metto volentieri al suo fianco, perché è
quello con cui parlo più volentieri. Mi rendo conto che mi sto affezionando
molto a lui. E ho l’impressione che anche lui stia bene con me. Léon propone di andare a
prendere da mangiare e da bere alla locanda della Ruota d’Oro. Si offre
volontario, se qualcuno lo accompagna. Gaston obietta: - Ci vuole mezz’ora per
andare e altrettanto per tornare. Tanto vale che ci andiamo tutti e mangiamo
là. - No, qui è molto più
bello. E non abbiamo nessuna fretta. Non è neanche mezzogiorno. C’è una breve discussione
e alla fine tre volontari andranno a prendere i rifornimenti. Dei rimanenti,
qualcuno si mette a dormire. Olympe mi chiede: - Hai voglia di fare una
passeggiata, in attesa dei viveri? - Certamente, molto
volentieri. Camminiamo venti minuti,
fino ad arrivare a un canale della Senna. Ci sediamo sull’erba, vicino al
fiume. Olympe è appoggiato al tronco di una quercia e io sono di fianco a
lui. Parliamo un momento dell’escursione.
Ma il pensiero di quello che è successo l’altra sera mi ritorna continuamente
in mente. Olympe mi chiede: - Che cosa c’è che non va,
Xander? Da qualche tempo Olympe mi
chiama Xander, quando non ci sono gli altri intorno. Non so perché lo faccia,
ma mi piace sentirmi chiamare così. E mi piace che lui sia l’unico a farlo. Lo guardo e gli sorrido.
Non me la sento di raccontargli, ma gli chiedo: - Hai mai fatto l’amore in
tre, Olympe? Lui scuote la testa. - L’amore in tre, no. Mi
sembra difficile. Ho fatto sesso, o, se preferisci, ho scopato in tre, questo
sì, diverse volte. Sorrido e replico: - Non è la stessa cosa? Ma sto solo guadagnando
tempo. Ho capito benissimo e gli do ragione. - No, Xander. Fare l’amore
è avere un rapporto con qualcuno che ami o a cui sei affezionato, davvero.
Scopare o fare sesso è andare con qualcuno di cui non ti importa davvero,
anche se ti piace. Va benissimo, ma sono due cose diverse. Annuisco, ma non so come
continuare. È lui a riprendere: - È questo che ti turba? Vorrei confidarmi, ma mi
sento in imbarazzo. Olympe è l’unico con cui potrei parlare liberamente e so
che non andrebbe in giro a raccontarlo, ma non è facile. - Sì, ma… è complesso da
spiegare. - Se è solo un problema di
complessità, farò del mio meglio per capire, utilizzando quel tanto di
cervello che mi ha dato madre natura. C’è molta dolcezza nel suo
sorriso ironico. E so che il suo cervello è perfettamente in grado di capire
e che lo è soprattutto il suo cuore. - So che sei in grado di
capire, ma… non sono sicuro di riuscire a spiegare. - Sei bravissimo a
spiegare. Voi scrittori siete bravi a usare le parole. Ma a volte guardare in
faccia la realtà è difficile. - Sì, è così. - Vuoi che ti aiuti a
guardare, o preferisci rimandare a un altro momento? Cosa voglio? Voglio
rimanere accanto a Olympe e parlare con lui di ciò che mi tocca davvero. - Prova ad aiutarmi. - Se ti turba aver avuto
un rapporto a tre, non è di certo la cosa in sé: non è la prima volta,
probabilmente neppure l’ultima. - No, è vero. - Allora è la composizione
del terzetto ciò che ti ha creato problemi oppure ciò che è successo. - Cioè? - O nel terzetto c’era
qualcuno la cui presenza ti turbava, o hai fatto qualche cosa che non avevi
mai fatto. - No, non ho fatto nulla
di diverso… solo… - …solo le persone con cui
l’hai fatto o forse una delle persone con cui l’hai fatto… - Sì, una. - Credo di sapere chi è.
Vuoi che lo dica o preferisci di no? Rimango un attimo con il
fiato in sospeso, vagamente inquieto, ora. Ha davvero capito? Se è così, ha
un intuito straordinario. - Come fai a sapere? - Non so, Xander. Credo di
sapere. Non è la stessa cosa. - Va bene. Dimmi: chi
sarebbe? - Un famoso scrittore, di
grande successo con le donne, sia nei salotti che a letto... oltre che con i
libri. Uno che ha il tuo stesso nome e il tuo stesso cognome. Rimango in silenzio. Lui
non mi chiede se ha indovinato: lo sa benissimo. Sono io invece a chiedergli: - Come hai fatto a capire? - Nessun altro ti avrebbe
turbato. In questo momento non c’è una donna di cui tu sia davvero
innamorato. D’altronde che tuo padre avesse questa idea in testa, non è un
mistero. - Ha raccontato in giro
quello che è successo? - No, tuo padre lo dice
quando gli viene l’idea, non quando la realizza. - Ha detto che voleva fare
l’amore… scopare una donna insieme a me? - Ha detto che gli sarebbe
piaciuto farlo e quando tuo padre si mette in testa un’idea, tende a
realizzarla. È un aspetto che apprezzo in lui, uno dei tanti. Non dico nulla. Sono
contento che Olympe abbia capito, ma mi disturba l’idea che anche altri
possano sospettare. Olympe mi viene ancora una volta in aiuto: - Tuo padre dice spesso
che vuole fare questo, che gli piacerebbe provare quello, che senz’altro farà
quell’altra cosa, ma mescola insieme ciò che davvero vorrebbe sperimentare e
ciò che lo incuriosisce soltanto. - Ma tu sei in grado di
capire quando dice il vero e quando mente. - Non mente, non è una
menzogna. È solo una fantasia destinata a rimanere tale. In altri casi invece
vedi che l’intenzione c’è davvero. - Lo vedi tu, nessuno
degli altri lo capisce. - Forse. Forse a nessuno
degli altri interessa. - Perché a te interessa? - Tuo padre mi piace
molto. Non so che senso dare
esattamente alle sue parole. Non dicono nulla di particolare, so che davvero
Olympe è affezionato a mio padre, eppure mi sembra che ci sia qualche cosa
che mi sfugge e che forse preferisco non sapere. Però gli chiedo, a
bruciapelo: - Hai mai scopato in tre
con lui? - Sì. E adesso? Mi verrebbe da chiedergli
se gli è piaciuto, che effetto gli ha fatto. Non so, è tutto un po’ confuso,
acqua torbida che non permette di vedere bene il fondo. O in cui, piuttosto,
non ho voglia di guardare. O forse ho voglia di guardare, ma ho paura di
quello che potrei vedere. - L’idea ti disturba,
Xander. Forse non avrei dovuto risponderti. - Al massimo sono io che
non avrei dovuto chiederlo. Olympe sorride. - Forse. Ma è meglio che
lasciamo perdere, adesso. Magari ne parleremo un’altra volta, se ne sentirai
l’esigenza. - Sì, hai ragione. Magari
ci facciamo un bel bagno. - Mi sembra un’ottima
idea. Una nuotata è sempre un piacere, a volte persino meglio di una scopata. Olympe ride, si alza di
scatto e incomincia a spogliarsi. Capita spesso che ci bagniamo nella Senna o
in qualche canale: a tutti e due piace nuotare e Olympe è davvero un ottimo
nuotatore. Anch’io incomincio a
togliermi la giacca, ma c’è qualche cosa che mi rallenta. Guardo Olympe, il
suo corpo robusto che emerge dagli abiti, e penso che ha fatto l’amore a tre
con mio padre. I miei movimenti diventano impacciati e Olympe è nudo, un
Giove ventenne e sorridente, mentre io sono ancora vestito a metà. Lo guardo,
osservo il suo sesso robusto, che ho visto tante volte, ma che adesso suscita
in me una strana inquietudine. Non so che cosa mi ha preso. Penso a Olympe
che fa l’amore con Julie e mio padre insieme. Penso al suo cazzo duro e di
colpo mi rendo conto che sto avendo un’erezione. Merda! Olympe sorride, poi dice: - Io incomincio a
tuffarmi. Fa tre passi di corsa e si
getta in acqua, poi si allontana con le sue bracciate vigorose. Credo che
abbia intuito e con la sua discrezione mi ha evitato l’imbarazzo. Finisco di spogliarmi
lentamente. Controllo che nessuno mi possa vedere mentre mi sfilo i mutandoni
e mi getto in acqua: ci penserà il freddo a far ragionare quella testa di
cazzo del mio cazzo. In effetti non ci vuole
molto perché l’erezione si riduca. Raggiungo Olympe, che intanto sguazza
nell’acqua. - Facciamo il giro intorno
all’isola, Xander? - Ottima idea. In pochi minuti ci
arriviamo e nuotiamo tutt’intorno. L’isola è piccola ed è coperta da una
vegetazione piuttosto fitta. Non sembra esserci nessuno e senza riflettere mi
avvicino alla riva, mi aggrappo a un tronco e mi isso. Olympe sale dietro di
me. Faccio qualche passo tra
gli alberi e mi siedo tra le felci che coprono il terreno tra i tronchi.
Olympe si avvicina, ma rimane in piedi. Lo guardo e nuovamente mi sento a
disagio, conscio di qualche cosa che mi turba. Mi rendo conto che mi
piacerebbe passare la mano sulle sue gambe, sul ventre, sul petto. Vorrei… Nuovamente mi sta
diventando duro. Mi volto sulla pancia. Faccio finta di guardare una felce.
Non posso vedere Olympe, ma mi sembra di avvertire il suo sguardo su di me.
Penso che ora mi sta guardando il culo e che mi sono voltato io, mettendomi
così, quasi ad offrirmi... Ma che cazzo mi passa per la testa? Si direbbe che
abbia bevuto, ma sono sobrio. Olympe si stende di fianco
a me, le mani dietro la testa. Guarda il cielo. Io fisso le sue ascelle, dove
la peluria è più fitta, poi il mio sguardo scivola sul suo corpo, fino al
cazzo, che non è teso, ma non è neppure a riposo. Mi sembra di avere la bocca
secca. Deglutisco. Il cazzo mi si tende ancora di più. Merda! Olympe guarda in alto e
tace. - Olympe… Mi interrompo. - Dimmi, Xander. Non so che cosa voglio
dire. Ma la mia lingua lo sa, perché mi sento chiedere: - Olympe… hai mai
desiderato un uomo? - Sì, Xander. Di nuovo deglutisco. Ma la
mia lingua procede: - Hai mai fatto l’amore
con un uomo? Olympe continua a fissare
il cielo e io vedo con la coda dell’occhio che il suo cazzo si sta tendendo. - No, Xander. Ho scopato
con uomini, diverse volte. Ma non ho mai fatto l’amore, perché non amavo
nessuno di loro. Guardo il viso di Olympe,
guardo il suo corpo possente, il cazzo teso. Ho la gola secca. - Che cosa si prova,
Olympe? Olympe sorride: - Piacere, come sempre. A
volte un po’ di dolore, se è lui a prenderti e se non si muove con cautela...
o se è troppo dotato. Olympe ride, ma lo fa per
spezzare la tensione che le sue parole hanno creato in me. Annuisco, confuso
in un turbinio di pensieri e domande. Olympe ha scopato con uomini, diverse
volte. Ha scopato anche con mio padre? Vorrei chiederglielo, ma non oso. Olympe volta il viso verso
di me e mi chiede: - Vuoi che facciamo
l’amore, Xander? O non ti senti pronto? Le sue parole mi tolgono
il fiato, anche se so benissimo che sono stato io a muovermi in questa
direzione. Per un momento mi sembra di non essere in grado neppure di
pensare, poi la mia mente comprende le parole che Olympe mi ha detto. So che
non le ha scelte a caso. - Con me sarebbe fare
l’amore, Olympe? - Sì, Xander. E credo che
un po’ lo sarebbe anche per te. Ha ragione, lo so. - Vorresti prendermi,
Olympe, ora? Olympe mi guarda e sorride. - Mi piacerebbe, molto, ma
credo che sarebbe un forzare i tempi. Hai bisogno di abituarti, non l’hai mai
fatto. - Come lo sai? È una domanda stupida, la
mia. Gli ho chiesto prima che cosa si prova. Sto solo cercando di guadagnare
tempo. Olympe alza le spalle. - Credo che sia così. - Lo è, Olympe. Ma vorrei
farlo con te. Olympe allunga un braccio
e la sua mano stringe la mia. Si mette a sedere di fianco a me, guarda il mio
corpo, sorridendo, e poi mi fissa negli occhi. Le sue mani incominciano ad
accarezzarmi dal torace al ventre, poi salgono al viso, mi scompigliano i
capelli e scendono di nuovo, fino alle gambe. Non sfiorano neppure l’uccello
teso, ma quando risalgono indugiano sul ventre e poi raggiungono i capezzoli
e li stringono. Queste mani forti, questa stretta vigorosa, mi trasmettono
sensazioni molto diverse da quelle che provo quando una donna mi accarezza.
Diverse, ma altrettanto forti. O forse più forti. Olympe lascia andare la
sua preda, si china su di me e mi bacia sulla bocca, molto leggermente. Non
sono mai stato baciato da un uomo ed è bello, proprio bello. Olympe mi bacia di nuovo,
ma questa volta le sue labbra aderiscono alle mie e rimaniamo così un buon
momento. Quando nuovamente le nostre bocche si incontrano, la sua lingua
entra nella mia bocca. È molto diverso da baciare una donna, ma è bellissimo. Olympe si stende su di me
e io sento il peso del suo corpo. Mi piace sentirlo così, forte, che preme,
mentre ci baciamo ancora. E mi piace sentire il suo cazzo teso, a fianco del
mio. Mi piace questa fraternità: siamo simili, io posso fare a lui ciò che
lui può fare a me. Dopo avermi baciato ancora
a lungo, Olympe incomincia a percorrere il mio corpo con la lingua, in una
carezza umida che mi trasmette brividi. Mi mordicchia prima un capezzolo, poi
l’altro. Le sue dita mi accarezzano, ma stringono anche i capezzoli. È la
prima volta che qualcuno li stringe ed è una sensazione intensa. Poi Olympe si inginocchia
tra le mie gambe divaricate e china la bocca. Sussulto quando le sue labbra
avvolgono il mio cazzo ormai teso. Grido il suo nome: - Olympe. Olympe si stacca, sorride,
mi bacia sulla bocca e poi le sue labbra avvolgono nuovamente la sua preda.
Man mano che lui procede, sento il piacere espandersi dentro di me, salire
dal cazzo a tutto il corpo, mentre le mie mani stringono le spalle di Olympe,
gli accarezzano i capelli, il collo. E poi il piacere è troppo forte, una
deflagrazione che mi travolge. Olympe beve il mio seme. È stato breve, ma di
un'intensità incredibile. Quando l’ondata del
piacere è passata e i battiti del mio cuore hanno ripreso il loro ritmo
normale, mi sollevo e guido Olympe a stendersi sulla schiena. Avvicino il
viso al suo cazzo, teso come una lama di coltello. Esito. - Non sei tenuto a farlo,
Xander. Ma io voglio farlo. Guardo
la mia preda, ne sento l’odore. Lo prendo in bocca e incomincio a leccarlo e
succhiarlo. Mi muovo con qualche incertezza, ma Olympe geme di piacere.
Procedo un buon momento e man mano che vado avanti mi accorgo che mi piace,
davvero. Poi Olympe dice: - Sto per venire, Xander. Non mi ritraggo. Sento la
scarica, il gusto un po’ amarognolo. Inghiotto. Per la prima volta nella mia
vita ho gustato il seme di un uomo, il seme di Olympe. Poi mi stendo accanto a
Olympe e gli stringo la mano. Ho fatto l’amore con un
uomo. Mi chiedo perché non l’ho
mai fatto prima. La risposta è semplice: perché non ho mai incontrato prima
un altro Olympe. Olympe mi guarda
sorridendo, poi dice: - È ora che andiamo,
Xander. Gli altri si staranno chiedendo che cosa ne è di noi. - Va bene. Ci alziamo. Io gli prendo
il viso tra le mani e lo bacio ancora. Poi mi stacco e dico: - Arrivo prima di te! Mi lancio in acqua e nuoto
verso la riva. Sono un buon nuotatore, ma Olympe è più forte e con le sue
bracciate potenti mi supera e arriva prima. Esce dall’acqua e mentre
si passa le mani sul corpo per togliere le gocce, mi dice: - Ti ho battuto, Xander. C’è un sorriso ironico sul
suo viso. Io annuisco. - Va bene, avrai diritto
al premio. Olympe mi guarda e il suo
sorriso si allarga. Non risponde, ma incomincia a rivestirsi. Indugio
guardando il suo corpo scomparire negli abiti. Quando ha finito, mi rivesto
anch’io in fretta e raggiungiamo gli altri, che stanno già mangiando. - Pensavamo che ve ne
foste andati. - Abbiamo fatto una nuotata. Mentre mangio guardo
Olympe e penso che ho fatto l’amore con lui. A un certo punto mi dico che uno
di questi giorni mi prenderà davvero, me lo metterà in culo. Rimango
imbambolato a guardarlo. Contrariamente al solito, Olympe non si è messo
vicino a me e parla con Léopold e Guy. Solo quando tutti si stendono per
riposare, si avvicina a me. Mi sussurra: - Non fissarmi in quel
modo, Xander. Qualcuno potrebbe sospettare. Mi rendo conto che il mio
sguardo era troppo insistente e che qualcuno avrebbe potuto notarlo. Per
quello si è tenuto alla larga da me. - Scusami. - Non ti scusare, Xander.
Non voglio che qualcuno chiacchieri di te. Quando torniamo a Parigi,
io devo andare: ho un impegno con mio padre, questa sera. Mi spiace separarmi
da Olympe. Combiniamo un'altra scampagnata tutti insieme la settimana
prossima: l'estate sta arrivando ed è così piacevole andarsene a spasso in
riva al fiume, riposare sull'erba, nuotare. Guardo Olympe e gli sorrido. Gli
chiedo: - Ci vediamo domani? - Volentieri. - Passo da te. Nel
pomeriggio, va bene? Per tutta la sera i miei
pensieri ritornano a Olympe, tanto che a un certo punto mio padre mi
rimprovera perché non ho sentito quello che lui mi ha appena detto. Mi scuso
e cerco di concentrarmi sulle sue parole, ma mi costa fatica. Quando infine mi corico,
non sprofondo immediatamente nel sonno, come mi succede abitualmente, ma
rimango un buon momento a pensare a Olympe. Rivedo ciò che è successo oggi al
ruscello, ripenso alle sue parole. Mi pare di vederlo qui davanti a me. E il
cazzo mi si tende. Ci vediamo domani pomeriggio. Domani. E di colpo un pensiero mi
passa per la testa, come un lampo: domani mi prenderà. Domani sarò suo. Non
ce lo siamo detti, ma so che è così. E anche lui lo sa. Sono sicuro che anche
lui lo sa. O forse è solo il mio desiderio a farmelo pensare? Mi sembra
incredibile. Questa mattina non mi sarei immaginato che avrei gustato il suo
cazzo e lui il mio. E ora sono impaziente che lui me lo metta in culo, perché
di questo si tratta. No, non di questo, non solo di questo, di certo. Mi
rendo conto che per Olympe provo qualche cosa che va infinitamente oltre il
desiderio fisico, anche se non me n’ero mai accorto prima. Mi sembra irreale.
Mi alzo tardi, eppure mi
sembra che le ore non passino mai. Sono in tensione: quello che sta per
accadere un po’ mi spaventa. Ma lo voglio. Voglio appartenere a Olympe,
voglio che lui mi prenda. A tratti mi vengono dubbi, mi chiedo se è davvero
così. La risposta è sì, senza dubbio. Nel primo pomeriggio
faccio un lungo bagno. Mi lavo a fondo. Poi mi asciugo. Sono turbato, ma non
rinuncerei per tutto l’oro del mondo. Arrivo presto. Olympe mi
sorride e mi abbraccia. Ci baciamo. Lui spinge la lingua nella mia bocca e io
l’accolgo. Sento il calore del suo corpo attraverso la stoffa e il desiderio
si accende in me, violento. Quando il nostro bacio si interrompe, gli dico: - Prendimi, Olympe. Olympe annuisce. Sorride,
si china e mi solleva. Non me l’aspettavo e scoppio a ridere. Mi porta in
camera, chiude la porta con il piede e mi posa sul letto. Non mi lascia il
tempo di dire nulla: si stende su di me e mi bacia di nuovo. Ma il desiderio
ci trascina e incominciamo a spogliarci a vicenda. Dopo che ci siamo sfilati
le giacche, lui mi apre la camicia e mi morde un capezzolo, strappandomi un
gemito, poi me lo succhia, mentre le sue mani mi calano i pantaloni. Io gli
accarezzo i capelli, forse glieli tiro nella foga del momento, ma non riesco
a spogliarlo in questa posizione. La lingua di Olympe scende
lungo il torace, fino all’ombelico, mentre le sue mani vigorose mi fanno
scivolare pantaloni e mutande fin sotto le ginocchia. La bocca di Olympe
scende ancora, fino a raggiungere e avvolgere il mio cazzo, ma è solo un
attimo, una carezza umida, a cui segue un ritorno in alto, fino a che sono le
nostre bocche a incontrarsi nuovamente. A questo punto lui è
ancora quasi completamente vestito, mentre io sono mezzo nudo. Olympe si
mette in ginocchio sul letto e, senza smettere di guardarmi, si sfila la
camicia, mentre io mi libero degli ultimi indumenti. Olympe si china su di me
e nuovamente ci baciamo sulla bocca. Ma io armeggio con i suoi pantaloni e
riesco infine ad abbassarglieli, insieme alle mutande. Le mie mani gli
accarezzano il culo e due dita scivolano sul solco. Si fermano all’apertura,
incerte, poi ritornano a scivolare sulle natiche. Olympe spinge ancora la
sua bocca nella mia, poi si mette a sedere sul letto e finisce di spogliarsi.
Si alza e si volta verso di me. Lo guardo. Guardo il suo viso sorridente.
Guardo il corpo forte. Guardo il grande cazzo teso. Penso che tra poco me lo
metterà in culo. Mi sgomenta. Olympe mi sorride, molto
dolcemente, e mi dice: - Facciamo solo quello che
vuoi fare, Xander. Io annuisco, mi volto e
divarico le gambe. Lo voglio. Ho paura, ma lo voglio. Olympe si stende su di me,
mi bacia sul collo e su una guancia. La sua lingua passa dietro l’orecchio,
poi i suoi denti mordono un lobo. La lingua scende ancora sul collo. Poi
Olympe si solleva, in ginocchio tra le mie gambe, e le sue mani scorrono
sulla mia schiena. È una carezza vigorosa, che mi trasmette sensazioni forti.
Mi afferra il culo, stringendo, poi si china su di me e assesta un morso
forte, che mi strappa un gemito. Seguono diversi altri morsi, alcuni decisi,
altri molto leggeri, che mi martoriano il culo, mentre le sue mani scivolano
lungo i fianchi, risalgono sul dorso, scendono sulle cosce. Poi afferrano le
natiche e le divaricano. Sarà tra poco. E mentre lo penso ho paura. Sento la sua lingua che scorre
sul solco, che indugia sul buco, che preme. Sussulto. Sento le sue labbra che
mi baciano, poi ancora la sua lingua che ripercorre la stessa strada. E poi
un morso violento a una natica. Olympe è su di me, sento la cappella che
preme contro l’apertura, un morso deciso all’orecchio, che di nuovo mi fa
gemere, e mi accorgo che ha forzato l’apertura e ora ho il suo cazzo dentro
di me. Si ferma subito. Non
saprei dire che cosa provo. È una sensazione strana, che non so definire,
vorrei liberarmi di questo intruso che dilata l’apertura. Ma Olympe mi bacia
sul collo, mi accarezza e sento che avanza dentro di me. Ora è una presenza
ingombrante e vigorosa, una forza estranea che mi invade e mi soggioga. Mi fa
male, ma non vorrei che smettesse. Olympe avanza ancora e questa volta, per
quanto si muova pianissimo, il dolore cresce. Non dico nulla, ma Olympe si
ritrae, uscendo completamente. Mi sfugge un: - No! Poi dico: - Ritorna dentro di me. È
bellissimo. Olympe non dice nulla. Mi
bacia ancora sulla nuca, la sua lingua giocherella con il mio orecchio, i
suoi denti mordicchiano e intanto l’intruso si affaccia di nuovo sulla soglia
e avanza, lentamente, con molta dolcezza. Lo lascio farsi strada. Di nuovo
avverto una sensazione dolorosa, ma al dolore si mescola il piacere. È bello
sentire il suo grosso cazzo dentro di me, che prende possesso del mio culo,
come lui ha preso possesso del mio cuore. Olympe mi stringe in un abbraccio e
imprime un movimento più deciso, che spinge il suo corpo ad aderire
completamente al mio. Ora il suo cazzo è giunto al fondo della sua avanzata.
Ora sono suo. È quello che volevo. Mi sento bene, immensamente bene. - Olympe! Lui mi bacia sul collo. - Sei bello, Xander. E
sono felice. - Anch’io sono felice. Rimaniamo a lungo così,
poi le sue braccia allentano la presa e Olympe incomincia a muovere il culo
avanti e indietro, affondando il cazzo dentro di me e poi ritraendolo. Va
avanti un po’, poi esce. Per quanto fosse doloroso,
mi sfugge un: - No! Sento che si riaffaccia.
Questa volta entra con un movimento piuttosto deciso e si spinge fino in
fondo, ma non fa davvero male: appena appena. Le spinte riprendono, un
movimento continuo che mi stordisce. Anche il mio cazzo si tende. Le
sensazioni che provo sono intensissime, mi sembra di non aver mai provato un
piacere così forte come questo che ora si diffonde in tutto il mio corpo, dal
culo martoriato e dal cazzo teso allo spasimo. Olympe procede con lentezza, a
lungo, e io mi abbandono completamente a questo spiedo che mi trapassa la
carne, alle sue mani che stringono e accarezzano, pizzicano e solleticano.
Ora non c’è più dolore o, se c’è, è qualche cosa di molto remoto, che non
riesce a farsi sentire. C’è solo un piacere sempre più forte, il desiderio di
rimanere per sempre così, trafitto dall’arma formidabile che mi scava dentro.
Ma il piacere cresce ancora, mentre Olympe accelera le sue spinte, e infine
sento che si scioglie nel getto violento che prorompe da me, mentre un fiotto
caldo mi inonda le viscere. Grido. Chiudo gli occhi,
stordito. Olympe si è abbattuto su di me. Sento che mi sussurra: - Ti amo, Xander. E sento che le mie labbra
dicono una verità che non avevo ancora formulato, ma a cui non posso
sottrarmi: - Anch’io, Olympe. Rimaniamo a lungo così.
Olympe mi abbraccia e mi bacia. C’è molto languore nei suoi gesti e mi dico
che anche per lui è stata un’esperienza fortissima, anche se non era la prima
volta. Sento che il suo cazzo assume dimensioni più ridotte e infine esce.
Allora lui mi sussurra: - Rimani così, Xander. Si alza ed esce dalla
stanza. Rientra poco dopo. Vedo che ha portato con sé la macchina
fotografica. Rido. - Che pensi di fare,
Olympe? - Fotografarti, amore mio.
Voglio una foto di te sul letto dove abbiamo fatto l’amore. Olympe ha una passione per
la fotografia. Me ne ha parlato più volte e ho visto alcune immagini che ha
scattato. Non mi farei fotografare
nudo da nessun altro, perché non so che uso potrebbero fare di una mia
immagine, ma lascio volentieri che Olympe sistemi la macchina sul sostegno. Rimango
immobile per tutto il tempo necessario alla posa. Olympe mi scatta tre
fotografie, mentre io lo guardo. La mia vita prosegue come
se nulla fosse cambiato, ma tutto è diverso. La scrittura assorbe molte ore,
è il mio lavoro, ma spesso mi capita di fermarmi e pensare a Olympe. Continuo
a dedicare parecchio tempo (anche se un po’ meno di prima) alla vita mondana,
che si sfilaccia in queste prime settimane d'estate, quando molti partono per
andare nelle loro proprietà di campagna. Ma anche nei salotti la mia mente
spesso è altrove. Ciò che davvero conta, più di qualunque altra cosa al
mondo, è Olympe. Ci amiamo e faccio fatica a rimanere a lungo separato da
lui. A lungo per me è un giorno. Ho bisogno di vederlo tutti i giorni. I miei rapporti con gli altri
sono cambiati. La corte che faccio alle donne è ormai tutta di superficie. La
bella contessa d’Espard, che ho corteggiato con scarsi risultati per quasi un
mese, ora è molto gentile nei miei confronti: si sente trascurata,
giustamente, e cerca di ravvivare una fiamma che si è spenta. Ma era la
fiamma di una candela, mentre il fuoco che mi divora è l’incendio di un bosco
immenso. Ogni tanto faccio ancora
l’amore con qualche donna. No, scopo qualche donna, più che altro per non
smentire la fama di seduttore che ho sempre amato avere e di cui ora poco mi
importa. Mi rendo conto che questi rapporti, adesso che amo Olympe, mi danno
un piacere puramente fisico, che non mi è più sufficiente. Non li ricerco,
ma, per un paradosso che ho già avuto modo di notare, sono le donne a farsi
avanti, in un sottile gioco di provocazioni e schermaglie che in altri tempi
mi avrebbe affascinato e ora mi lascia del tutto indifferente. Gli amici sono
un po’ invidiosi dei miei successi con il gentil sesso. Questo solletica la mia
vanità, ma non scalfisce il mio cuore, dove c’è posto solo per Olympe. Fare l'amore con Olympe è
ogni volta diverso. Ci sono giorni in cui sembra esserci solo tenerezza,
altri in cui il desiderio ci guida ad abbracci ardenti, altri ancora in cui
il nostro rapporto è brusco e tanto violento che sui nostri corpi rimangono i
segni della nostra passione: le tracce di un morso, un piccolo livido, un
graffio. Olympe mi guida alla scoperta di un mondo che io ignoravo. Mi sono
sempre ritenuto un uomo libero, ma scopro che Olympe ha molte meno remore di
me. Non si preclude nulla di ciò che non nuoce ad altri. Con Olympe ci amiamo a
casa sua e in campagna, durante le nostre passeggiate lungo la Senna. A tutti
e due piace molto fare l'amore in mezzo alla natura. Tra i cespugli i nostri
abbracci sono spesso più irruenti e i nostri giochi non conoscono limiti.
Oggi abbiamo nuotato fino all'isoletta dove ci siamo amati per la prima
volta. Sono contento di ritornare qui. Mi volto per pisciare
contro un albero, ma Olympe mi dice: - Aspetta. Credo che voglia guardarmi
mentre piscio, come a me piace fare con lui, ma non è così. Olympe si
inginocchia davanti a me, mi mette le mani sul culo e mi dice: - Ora. Per un momento rimango
interdetto, ma poi rido e incomincio a pisciargli addosso. Lui si lascia
irrorare, poi avvicina la bocca al mio cazzo e beve. Lo guardo, stupito, ma
ciò che sta facendo mi solletica. Quando ho finito, lui mi prende il cazzo in
bocca e lo pulisce bene. Poi si alza e mi bacia. Mi spinge la lingua in bocca.
Sento il sapore del mio piscio sulla sua lingua. Non mi dispiace, no, non mi
dispiace. E poi mi spinge a terra e lottiamo, come facciamo a volte. Lui ha
la meglio e dopo la vittoria riceve il premio: lui si stende sull'erba; io mi
siedo sopra di lui e lentamente mi impalo sul suo cazzo teso. Un mese è passato. Tra due
giorni Olympe e io ci trasferiremo nella sua casa di campagna, presso
Amboise, per trascorrervi i mesi estivi. Mio padre ci raggiungerà all'inizio
di agosto, ma si fermerà solo quindici giorni: ha altri inviti per il periodo
estivo. A pranzo mio padre mi dice
che questa sera intende farmi conoscere la bella Odette, un’attricetta del
demi-monde che gli piace molto. Ne deduco che l’ha conquistata (impresa non
molto difficile). - È la tua ultima
conquista, suppongo. - Sì, vale davvero la
pena. Questa sera avrai modo di apprezzarla anche tu. - Viene con noi a cena? - Ma che dici? Sai bene
che recita. E poi va al ricevimento dai Camusot. La passiamo a prendere là. Mio padre sorride e dice: - Facciamo il bis
dell’altra volta. Rimango interdetto. Non me
l’aspettavo. Mio padre mi saluta e se ne va: mi ha detto quello che voleva e
adesso ha un impegno pomeridiano. Io raggiungo Olympe, come
tutti i pomeriggi in cui non ho impegni particolari. Facciamo l’amore, come
sempre, ed è bellissimo. Ma io sono turbato. Olympe se ne accorge e, quando
siamo sdraiati nudi sul letto, dopo che i nostri corpi si sono saziati,
Olympe mi chiede: - Che cosa c’è, Xander? È la stessa domanda che mi
ha fatto un mese fa, quella che mi ha fatto scoprire di me stesso cose che
non sospettavo. Quella che mi ha portato alla felicità. Non rispondo direttamente.
Chiedo: - Hai mai fatto l’amore
con mio padre, Olympe? - No, non proprio. - Che cosa intendi dire? - Quando abbiamo scopato
in tre, ci siamo toccati e accarezzati ed è piaciuto a tutti e due, ma non
siamo andati oltre. - Lo vorresti? Olympe mi guarda. Ha
un'espressione molto seria. - Tuo padre mi piace e gli
voglio bene, anche se non nel modo in cui ne voglio a te. Credo che mi
piacerebbe, sì, e credo che piacerebbe anche a te. Deglutisco. - Che cosa? Che cosa pensi
che piacerebbe anche a me? Vederti fare l’amore con mio padre o… Olympe mi guarda e
sorride. Non dice nulla. Non oso completare la frase. Vorrei fare l’amore con
mio padre? Vorrei che mi prendesse? La domanda mi spaventa. La risposta che
non formulo mi spaventa ancora di più. Mi scopro a chiedere
ancora: - Credi che lui lo
vorrebbe? Non ho specificato che
cosa. Potrebbe essere solo il fatto di scopare con Olympe, ma sappiamo tutti
e due che non è così. Olympe mi risponde direttamente: - Sì, senz’altro. Tuo
padre è un uomo libero, che non ama porsi limiti. È uno degli aspetti che
apprezzo in lui. Sono frastornato. - Per questa sera mi ha
proposto un'altra scopata a tre, con Odette questa volta. - E tu sei turbato, più
ancora dell’altra volta. Anche perché questa volta sai a che cosa vai
incontro. Annuisco. Ho difficoltà a
spiegare, a capire. O forse non voglio capire. - Sì, Olympe. È così. Lui
è mio padre. - Sì, ma tu hai ventotto
anni e lui oltre cinquanta. Siete uomini adulti, liberi di fare le proprie
scelte. Mi volto a guardarlo. - Olympe, io amo te. Lui mi sorride e mi bacia
con molta dolcezza. - E io amo te. Nessuno ci
obbliga a scopare con altri, ma io non ti impedisco di provare qualche cosa
che desideri. Non sei una mia proprietà, Xander, anche se ti amo. - Ti darebbe fastidio se
io… Mi blocco. Mi vergogno
della frase che stavo per dire, del pensiero che ho formulato. Ma Olympe mi
dice, tranquillo: - No, non mi darebbe
fastidio. - Tu non hai mai… non hai
mai avuto voglia? Di farlo con tuo padre, intendo. - No, siamo troppo
distanti. Tu e tuo padre siete molto più vicini. - Faresti l’amore con me e
con lui insieme? - Sì, mi piacerebbe molto. Forse continuerei ancora a
fare domande, ma Olympe mi bacia con molta tenerezza sulla bocca, mi attira a
sé, mi cinge con le braccia. - Ora riposa qui, su di
me. Ci penserai dopo. Mi abbandono su di lui.
Non pensavo di addormentarmi, ma il calore del suo corpo e la dolcezza della
sua stretta mi fanno scivolare in un dolce torpore. Infine sprofondo nel
sonno. Mi sveglio e mi ci vuole
un attimo per realizzare dove sono. - Ho dormito molto,
Olympe? - Non molto, nemmeno
un’ora, ma ne avevi bisogno. Mi tiro su. - Spero di non aver pesato
troppo su di te. Olympe sorride: - Leggero come un
angioletto. E altrettanto bello. - Dubito che gli angeli
facciano quello che facciamo noi due. - Perché no? Non hanno
pregiudizi, loro. Sono spiriti liberi di amarsi. Mi alzo e incomincio a
rivestirmi: devo vedere un giornalista, per un’intervista, prima di
ritrovarmi con Olympe, mio padre e gli altri, per la cena. Olympe rimane
sdraiato sul letto a guardarmi. Mi piace vederlo così, nudo sul letto dove ci
siamo amati, il corpo robusto, il pelame sul torace e sul ventre, il cazzo
che alza un po’ la testa. Sorrido e gli dico: - Sei bellissimo. - Per te. E va bene così.
Tu sei bello per tutti. - Ma di tutti gli altri
non mi importa. Ci baciamo ancora. Lui mi
dice, con un sorriso malizioso: - Penserò a te questa
sera, quando tu e tuo padre ve ne andrete. - Penserai a me e che
farai? - Esattamente quello che
immagini. Scuoto la testa. - Vorrei che ci fossi tu
con noi, invece di Odette. Olympe mi guarda, improvvisamente
serio. - Ne sei davvero convinto? - Sì, certo. Mi sentirei
più tranquillo. - Se vuoi è possibile. - Che dici? Mio padre ha
combinato con Odette. - Le manderemo un mazzo di
fiori dicendo che l’appuntamento è rinviato. - Ma come… che cosa pensi
di fare? E poi… mio padre… non so se sarà d’accordo… io… - Lascia fare a me.
Stasera, quando ci mettiamo a tavola, mi dici se sei ancora della stessa
idea. Poi ci penserò io. Mi chino su di lui, lo
bacio, con la destra gli accarezzo leggermente il cazzo. Poi esco. Percorro di buon passo il
viale. Nella mia testa c’è un guazzabuglio di pensieri. Cerco di concentrarmi
sull’intervista che devo fare, ma non è facile: in testa continuo a rivedere
Olympe, il cui corpo ormai conosco bene, e mio padre, così come l’ho visto
quella volta che abbiamo scopato con Julie. Solo quando arrivo, riesco
a dimenticare tutto il resto. Quando l’intervista
finisce, ho due commissioni da fare. Poi passo da casa a vestirmi per la
cena. Mio padre non c’è: probabilmente verrà direttamente al ristorante. Che cosa voglio? Credo di
saperlo, ma sono incerto. Quando arrivo al
ristorante, Olympe e mio padre sono già arrivati, come pure alcuni altri
amici. Olympe mi sorride e si stacca dagli altri per raggiungermi. - Allora? - Sì, però… non deve
pensare che sia una mia idea. - Sta’ tranquillo. A tavola mio padre è
seduto di fianco a Olympe. Io sono all’estremità opposta. Loro due parlano
come vecchi amici. C’è un momento, verso la fine della cena, in cui mio padre
mi guarda. Io faccio finta di non badarci. Il cuore mi batte in fretta.
Vorrei dire a Olympe di lasciar perdere. È un’idea assurda. Perché ho
accettato la proposta di Olympe? In realtà sono stato io a dire che avrei
preferito che ci fosse lui. Ma non era una proposta, era solo un pensiero. Paul si rende conto che
non ho sentito la sua domanda e la ripete. Con uno sforzo, rispondo e cerco
di concentrarmi sulla nostra conversazione, ma in questo momento non mi
importa nulla del processo a Flaubert per il suo romanzo: Madame Bovary è lontana mille miglia
dalla mia testa, anche se ho firmato l’appello e scritto articoli infuocati
sulla faccenda. Lancio un’occhiata dall’altra parte del tavolo. Mio padre ha
l’aria soddisfatta, Olympe mi strizza un occhio, mentre si alza. Mi dico che
sta andando a mandare il mazzo di fiori a Odette. E di colpo ho paura, una
paura violenta. Cerco di calmarmi, ma il mio turbamento è troppo forte ed è
evidente anche a Paul, che mi chiede: - Non stai bene,
Alexander? - No, in effetti. Già
quando mi sono seduto a tavola, mi girava un po’ la testa. Devo dire a Olympe che non
se ne fa niente. Non me la sento. Non posso farlo. Ma Olympe è uscito. - Mi è sembrato che stessi
poco bene, in effetti. Vuoi uscire un momento? Qui c’è fumo e si respira
male. - Sì, forse è meglio che
esca. Così posso raggiungere
Olympe, dirgli che non se ne fa niente. - Ti accompagno. - No, rimani qui. Non è
niente di grave. Mi metto fuori un momento. Uscendo incrocio Olympe,
che sta tornando. - Qualche problema,
Xander? - Non me la sento, Olympe. Olympe sorride e la sua
tranquillità basta a rasserenarmi un po’. - Nessun problema. Dico a
tuo padre che ti ho accennato le nostre intenzioni e che mi sei sembrato
riluttante. - Sì, forse è meglio. C’è molta dolcezza nel
sorriso di Olympe. - Va bene. Appena rientro,
glielo dico. Ma adesso, se non ti spiace, rimango con te un momento. Mi
sembri un po’ scosso. Annuisco. - Sì, mi spiace, Olympe.
D’improvviso ho avuto paura. - Capisco, mi sembra
naturale. - Scusami, sono stato un
idiota. Ti ho fatto chiedere e poi mi tiro indietro. - Xander, non devi
preoccuparti di questo. Non esiste nessun problema. È tuo padre e, anche se
lo desideri, è comprensibile che tu abbia delle remore. Avrei dovuto pensare
che non eri pronto. - Olympe, sono stato io a
dirlo. Ti ho detto che mi sarei sentito più tranquillo se al posto di Odette
ci fossi stato tu. Olympe scuote la testa. - Tu l’hai detto, perché
avermi al tuo fianco ti rassicura. Ma l’hai detto senza riflettere che
mettere me al posto di Odette significava passare da una situazione in cui
due uomini scopano una donna, perfettamente normale, a una in cui tre uomini
scopano tra di loro, meno normale. Se tu e tuo padre scopate Odette, la cosa
ti turba perché lui è tuo padre e un po’ tu lo desideri, ma è tutto nella tua
testa. Se siamo io, tu e tuo padre, non c’è nessuna donna a fare da velo, a
dare una parvenza di normalità e... Sta arrivando tuo padre. - Hai ragione, Olympe.
Come sempre. Mio padre mi mette una
mano sulla spalla, un gesto confidenziale che non è insolito, ma che in
questo momento mi turba. - Mi sto annoiando. Ce
l’hanno tutti con Madame Bovary. Io cerco di fare una
battuta: - Non sopporti i rivali. - Io e Flaubert non siamo
rivali. Ci rivolgiamo a un pubblico del tutto diverso. Che ne direste se ce
ne andassimo? Possiamo passare da noi e bere un bicchiere in pace, senza Madame Bovary tra i coglioni. Rispondo, istintivamente: - Va bene, è una buona
idea. Perché ho detto che è una
buona idea? So che cosa ha in testa mio padre. Perché gli ho detto di sì? Non
lo so. Olympe mi guarda. Non riesco a leggergli in volto. - Ti va bene, Olympe? Olympe annuisce: - Se va bene ad Alexander,
per me non ci sono problemi. Non ti spiace lasciare gli altri, Xander? Olympe mi ha gettato un
salvagente. - No, va benissimo. Ho deciso di affogare. Un
minuto fa non me la sentivo e ora lo voglio. Mi dico che non mi sono
impegnato a niente, che faccio ancora in tempo a tirarmi indietro, a casa. La
presenza di Olympe mi dà sicurezza, se decido di ritirarmi lui mi appoggerà.
Ma so che sto mentendo a me stesso. Non voglio tirarmi indietro. Mio padre sorride. Credo
che sia impaziente e che sia ben contento di aver trovato una scusa per
accelerare i tempi. Lui è molto più diretto di me, si fa meno complicazioni. - Vado dentro e lo dico
agli altri. Ci penso io a pagare. Fermate una carrozza. Non appena mio padre è
entrato, mi rivolgo a Olympe. - So che cosa pensi,
Olympe: che sono un coglione, un coglione che non sa cosa vuole. Lui scuote la testa. - No, di certo. Non lo
penso proprio. Tu sai bene che cosa vuoi, ma hai tante remore ed è logico che
sia così. - Tu non hai queste
remore. Olympe sorride: - Xander, lui è tuo padre,
non il mio. Perché dovrei avere remore? Mi rendo conto di aver
detto una cazzata. Un’altra. Proseguo a casaccio: - Sì, ma tre uomini…
insomma. Olympe ride: - Su questo non ho proprio
nessuna remora. Preferisco scopare con un uomo che con una donna e se i due
uomini sono uno quello con cui mi piacerebbe vivere e l’altro uno che mi
piace molto… non so immaginare niente di meglio. Le sue parole di turbano. - Vorresti vivere con me,
Olympe? - È quello che ti ho
detto. - Davvero quello che
faremo è quanto di meglio puoi immaginare? Olympe mi guarda, poi,
mentre fa segno a una carrozza che passa – io me n’ero completamente
dimenticato – mi dice, senza più sorridere: - No, quanto di meglio
posso immaginare è svegliarmi il mattino con te al mio fianco, magari fare
l’amore, fare colazione insieme e poi dedicarci alle cose che amiamo, per
ritrovarci più tardi e raccontarci come abbiamo trascorso le nostre giornate. - Vivere insieme… Non me
l’hai mai detto. Olympe dice al cocchiere
che aspettiamo una terza persona e, prima che ci sia il tempo per dirci
ancora altro, arriva mio padre. È sorridente ed euforico. Dà il nostro
indirizzo al cocchiere e ci avviamo. - Infine, non ne potevo
più di quella fottuta Madame Bovary… Olympe osserva: - Era inevitabile che
questa sera il tema della conversazione fosse la sentenza del processo. - Sì, ma che rottura di
coglioni! Non so che cosa dire.
Stringo la mano di Olympe, che è seduto al mio fianco. Casa nostra non è
molto distante e mio padre e Olympe provvedono a quel minimo di conversazione
necessario. A casa, mio padre si fa
portare una bottiglia di champagne e la stappa. Versa il vino nei calici e
alza il proprio. - A noi tre! Brindiamo. Mio padre è
euforico, ma mi rendo conto che è in imbarazzo. Guarda Olympe, che sorride e
dice, rivolto e me: - A tavola tuo padre ed io
abbiamo parlato della serata che avreste dovuto trascorrere con Odette, ma
dato che la nostra attrice ha avuto un impegno improvviso, il divertimento
previsto è rimandato ad altra data. C’è ironia nello sguardo
di Olympe: sa benissimo che le cose non sono andate così e che io ne sono
perfettamente informato. Olympe prosegue: - Io ho osservato che
nulla vi impediva di divertirvi un po’ insieme, magari inserendo qualcun
altro. Tuo padre non ha trovato di meglio che proporre a me di partecipare e
io gli ho detto che, se tu eri d’accordo, per me andava benissimo. Che ne
dici, Xander? Olympe sorride. Mio padre
è un po’ sulle spine. Io esito e Olympe aggiunge: - Ma se l’idea non ti va,
si può fare in un altro momento. O mai… - No, va bene. Va bene
così. Mio padre sorride, versa
altro champagne, riempiendo i bicchieri e beviamo di nuovo. - È una bellissima idea.
Ci divertiremo un mondo. Mio padre versa ancora da
bere. Non sono a stomaco vuoto, ma ho anche bevuto non poco durante la cena:
non sono ubriaco, ma incomincio a provare un senso di euforia. Mi sembra di avere
meno paura. Olympe mi si avvicina, mi
stringe tra le braccia e mi bacia sulla bocca. Ricambio il bacio, mentre mio
padre ci guarda, sorridente. Mi chiedo se lui sa che noi siamo amanti.
Escludo che Olympe glielo abbia detto, ma forse, dalla conversazione che ha
avuto in serata, potrebbe sospettarlo. - Ci spostiamo in camera? - Va bene. Ci dirigiamo tutti e tre
in camera da letto. Non sono più perfettamente
lucido ed è meglio così: mi sembra che tutto sarà facile. E lo è, in effetti. Nello
stato di euforia in cui mi trovo, lascio che Olympe incominci a spogliarmi,
poi, quando ho solo più i pantaloni, Olympe passa a spogliare mio padre, che
però non rimane inattivo e sfila la giacca e la camicia di Olympe. Ogni tanto
si ostacolano a vicenda, ma alla fine rimangono tutti e due in mutande.
Olympe si toglie le sue e mio padre fa altrettanto, poi Olympe si volta verso
di me e mi cala i pantaloni. Li fa scivolare a terra mentre si inginocchia.
Poi prende le mie mutande e le abbassa. Ora ha la faccia davanti al mio cazzo
e lo prende in bocca. Sussulto. Guardo mio padre, che ha il cazzo mezzo in
tiro e mi sta fissando. Intuisco che vorrebbe avvicinarsi, ma esita ancora.
Gli sorrido. È quanto basta. Passa dietro di me e mi stringe tra le sue
braccia, forte. Il suo corpo aderisce al mio e contro il culo sento il suo
cazzo, sempre più rigido. Intanto Olympe lavora con la bocca e mi sembra di
essere sul punto di svenire. Mio padre mi accarezza, passandomi le mani sul
torace, sul ventre, avvolge i coglioni. Gemo. Olympe si stacca, si alza
e mi bacia sulla bocca. Un lungo bacio. Quando le nostre bocche si
separano, mio padre mi cinge la vita con un braccio e preme sulla mia schiena
per farmi piegare in avanti. Sento contro il mio culo il suo cazzo, rigido.
E, tanto improvvisa quanto violenta, mi riprende la paura. Guardo Olympe con
gli occhi sbarrati. Olympe guarda mio padre e fa un cenno di diniego con la
testa. Mio padre si stacca. Olympe mi stringe e mi
abbraccia, poi mi guida a stendermi sul letto, supino, e si stende su di me.
Ora i nostri corpi aderiscono, petto contro petto, ventre contro ventre. I
nostri cazzi rigidi sono uno a fianco dell’altro. Mio padre si stende su
Olympe. Sento il peso che ora è molto più forte e mi schiaccia. Le gambe di
Olympe si allargano. Mi rendo conto che mio padre lo prenderà e questo mi
turba. Vorrei vederlo, vorrei vedere il cazzo di mio padre che entra nel culo
di Olympe. Olympe mi bacia, poi solleva la testa e chiude gli occhi. Mio
padre è entrato dentro di lui. Olympe riapre gli occhi e mi sorride. Mio
padre poggia le mani sulle spalle di Olympe e poi prende a spingere. Olympe
appoggia la testa di fianco alla mia, io posso vedere il viso di mio padre a
una spanna dal mio. Vedo le goccioline di sudore sulla sua fronte, mentre ci dà
dentro. Mi sorride. Le mie mani accarezzano i fianchi di Olympe, poi, senza
che io me ne renda pienamente conto, risalgono e si poggiano sul culo di mio
padre, lo accarezzano, lo afferrano, accompagnando il movimento ritmico con
cui infilza Olympe. Mio padre continua a
spingere con vigore e io stringo con forza crescente. Provo il desiderio di
fargli male, di lasciare il segno. Mio padre sposta un po’ la
testa e ora i nostri visi sono vicinissimi. Mi chiedo se non voglia baciarmi.
Ma lui si limita a sorridere. Le mie mani si muovono ancora, le dita
raggiungono il solco, cercano l’apertura. Mio padre ghigna, poi però apre la
bocca, mentre imprime una serie di spinte più violente. L’indice della mia
destra scivola nel buco, a fondo, mentre lui viene dentro Olympe. Mio padre
si abbandona sul corpo di Olympe, i nostri visi si sfiorano e infine le
nostre bocche si incontrano, mentre il mio dito rimane nel suo culo. È un
bacio leggero, ma io apro la bocca e la sua lingua si infila tra le mie
labbra, poi si ritira. Mio padre scivola sul letto, il suo cazzo esce dal
culo di Olympe, anche il mio dito esce e lui si stende supino di fianco a me. Ora posso vedere il suo
grosso cazzo che poggia sul ventre prominente. La tensione dentro di me è fortissima.
La mia mano si posa sul suo ventre, scivola fino al cazzo, lo afferra e
stringe con delicatezza. Olympe ha sollevato la
testa e ora mi guarda negli occhi, sorridente. Mi bacia sulla bocca. Poi si
solleva sulle ginocchia e, chinandosi in avanti, avvicina la bocca al mio
cazzo. Vi passa sopra la lingua tre o quattro volte. Mi rendo conto che ormai
sono prossimo a venire. Penso che mio padre l’ha
preso e alle labbra mi sale una richiesta. - Voglio prenderti,
Olympe. Olympe si stende accanto a
me, supino. Piega le gambe e le allarga. Io mi sollevo. Mi inginocchio tra le
sue gambe. Guardo il suo petto, accarezzo la peluria che lo ricopre. Guardo
il suo culo che mio padre ha posseduto poco fa. Guardo mio padre, che sorride
e scivola sul letto in modo da tornare vicino a noi. Olympe gli prende il
cazzo, come prima facevo io, ma la sua mano non rimane ferma: lo accarezza. Olympe solleva le gambe e
me le mette sulle spalle. Io avvicino la cappella all’apertura ed entro
dentro di lui. È immediatamente un piacere violento. Mi fermo. Rimango
immobile un buon momento, poi prendo a muovermi con lentezza, per far durare
questo momento: la tensione è fortissima e io non voglio venire subito. Non reggo a lungo: le
sensazioni che mi trasmette questa cavalcata sono troppo intense. Il ritmo
diviene più forte e con poche spinte energiche vengo dentro di lui. Esco e mi
accascio sul suo corpo, privo di energia. Olympe distende le gambe e mi
abbraccia. Sento che mio padre sale
su di me. Sento il peso del suo corpo sul mio. Sento il cazzo di mio padre
contro il buco. Mi sembra che mio padre abbia fretta, forse ha paura che io
reagisca, che nuovamente mi sottragga. O forse non ha fretta, forse sono io
che voglio che succeda ora, prima che mi renda conto di ciò che sta avvenendo.
Ora. Sta per succedere.
Lui avanza, piano, forzando l'anello. Si ferma un attimo, poi procede: ora è
dentro di me. Si arresta ancora un momento e poi avanza fino in fondo.
Un’ondata di piacere mi investe, più forte del dolore che provo. Non penso,
non voglio pensare. Brandelli di pensieri nella mia testa. Il suo cazzo. Il
mio culo. Mio padre. Mi prende. Il cazzo che mi ha generato. Una sensazione
di vertigine. Sento la mano di Olympe
sulla testa, in una carezza molto dolce. C’è Olympe con me, Olympe è qui,
sotto di me. Olympe mi accarezza. Mio padre spinge con
vigore, avanza e arretra, con piccoli gemiti di piacere. Poi accelera il
ritmo. Ora mi fa male. Sento le sue spinte violente e poi il seme che mi
inonda le viscere. Sono esausto. Ho l’impressione di cadere. Mio padre esce da me e si
stende di fianco a noi. Olympe mi stringe e poi incomincia ad accarezzarmi,
con molta delicatezza. Chiudo gli occhi e mi abbandono. È avvenuto. Io e mio padre
abbiamo preso Olympe. Mio padre ha preso me. E Olympe? Sono esausto, come se
avessi scalato una montagna. È solo dopo alcuni minuti,
che mio padre dice: - La bella Odette ha dato
forfait, ma noi ci siamo divertiti lo stesso, no? Olympe risponde per tutti
e due. - Certo. Adesso però
Xander è stanco e vuole dormire. Sono stanco, è vero. Ma
più che dormire, voglio rimanere solo con Olympe e lui l’ha capito. Olympe prosegue: - Ti porto a letto. Ci alziamo. La servitù è a
dormire, per cui non ci rivestiamo, ma prendiamo solo i nostri vestiti e
raggiungiamo la mia camera. Olympe si stende sul letto
e io mi stendo di fianco a lui. Olympe mi abbraccia. Vorrei parlare, ma sono
confuso. - Dormi, Xander. Domani
mattina ne parleremo. Annuisco. Penso che non è
venuto, che non è giusto, ma so che per lui non ha importanza. Tra le sue
braccia mi addormento in fretta. Mi sveglio tra le braccia
di Olympe e penso che è quello che voglio. Così, per sempre. Domani partiamo
per Amboise e per due mesi sarà così ogni mattina. - Come ti senti, Xander? Nella voce di Olympe c’è la
tenerezza di sempre. Lo bacio e rispondo: - Così sto bene. Così è il
paradiso. Olympe mi accarezza la
testa, con molta delicatezza. Poi mi chiede: - Vuoi venire a vivere con
me, Xander? Quando torneremo da Amboise, vuoi trasferirti a casa mia? Rispondo subito. - Sì. - Pensaci bene, Xander.
Devi essere sicuro di quello che fai. - Lo desidero. Voglio
svegliarmi ogni mattina tra le tue braccia. - Anch’io voglio
svegliarmi ogni mattina abbracciato a te. Mi sento bene. Poi, di
colpo, riemerge il pensiero di quello che è successo ieri sera. Olympe in
qualche modo si accorge della mia tensione. - Che cosa c’è, Xander? - Nulla, io… ieri sera… Olympe mi accarezza. - Ieri sera hai fatto ciò
che desideravi. Perché una parte di te lo desiderava, Xander. Anche se per te
non è facile accettarlo. - Olympe, non... Non so continuare. Mi
fermo. - Dimmi, Xander. - Olympe, non ti spiace, a
te non dà fastidio? Voglio dire, che io abbia... Mi interrompo, mi chiedo
che parola usare. Proseguo: - Che io abbia fatto
l'amore con mio padre? - E perché dovrebbe,
Xander? Lo desideri, puoi farlo quanto vuoi. Lo farete ancora, perché tutti e
due lo desiderate e questo è bello. Rimango senza parole. “Lo
farete ancora” mi ha turbato. “Lo desiderate” mi turba ancora di più. Anche
se è vero, per me è vero, me ne rendo conto. E per mio padre? - Pensi davvero che lo
faremo ancora? - Xander, tutti e due lo
volete, ma siete titubanti, tu perché hai l'impressione di violare una
regola, lui perché coglie la tua incertezza. - Olympe, io ti amo. - Anch'io ti amo, Xander.
E proprio perché ti amo voglio che tu possa realizzare i tuoi desideri. - Non... non sei geloso? Olympe ride, la sua risata
dolce, leggera. - Xander, tu ami me ed è
quello che conta per me. Ma non sei una mia proprietà e non desidero che tu
lo sia. Vorrei che tu potessi realizzare tutti i tuoi sogni, anche quelli in
cui io non ci sono. Non dico nulla. Rimango
stretto a lui. Olympe però si scuote. - Adesso però io devo
andare. Ho organizzato una seduta fotografica e non voglio arrivare in
ritardo. Devo andare a casa, lavarmi e preparare l'occorrente. Mi ci vorrà un
po'. Perciò, mio angioletto, ti lascio libero con i tuoi desideri. E ti
aspetto nel tardo pomeriggio, se ti va. - Se mi va? Ne dubiti? Olympe scuote la testa: - No, direi di no. Mi spiace che Olympe se ne
vada. Olympe si alza. Lo guardo.
Guardo il suo corpo forte, così diverso dal mio. Guardo il suo cazzo, il
primo che ho sentito dentro di me. Guardo il suo viso, il sorriso dolce. - Ti amo, Olympe. - Anch'io ti amo, Xander. Lo guardo pisciare nel
vaso da notte, lo guardo lavarsi il viso e le mani nel catino, lo guardo
vestirsi e il desiderio si accende. Quando ormai è pronto, mi alzo e lo
abbraccio, io nudo e lui vestito di tutto punto. Ci baciamo sulla bocca. E il
desiderio divampa. - Prendimi, Olympe, ora. Olympe esita un attimo,
poi ride. - E va bene. Ma sono io a prendere
l'iniziativa. Mi inginocchio davanti a lui, gli apro i pantaloni, ne tiro
fuori il cazzo, che già si sta tendendo. Lo prendo in bocca e incomincio a succhiarlo.
Mi piace sentirlo crescere e irrigidirsi nella mia bocca. Gli stringo il culo
attraverso la stoffa dei pantaloni e succhio avidamente. E nella mia testa
ripassano le immagini di quanto è successo ieri sera. Olympe mi accarezza la
testa con grande dolcezza. Poi lo sento irrigidirsi e la scarica mi riempie
la bocca. Bevo ogni goccia, poi lo pulisco bene e lo risistemo. - Vuoi che ti faccia
venire, Xander? Scuoto la testa. Ho il
cazzo duro e il desiderio è forte, ma va bene così. Olympe mi abbraccia, mi
stringe e mi dice: - Fa' quello che desideri,
Xander, tutto quello che desideri. Io sono felice se ti so felice. Annuisco. Olympe mi bacia
ed esce. Io ritorno a letto. Penso
a Olympe. Penso a mio padre, che di certo dorme ancora: è un dormiglione e quando
fa tardi la sera, si alza solo nel pomeriggio. Rivedo la scena di ieri sera,
ripenso a quanto mi ha detto Olympe. Mi alzo di scatto. Esito un attimo, poi
mi metto la vestaglia e raggiungo la camera di mio padre. Mi fermo un momento
davanti alla porta, poi entro. Chiudo la porta dietro di me. La camera è
immersa nella penombra. Mio padre dorme disteso sul letto, nudo, come sempre.
Lo guardo. Mi avvicino al letto. Guardo il suo cazzo. Penso che è quello che
mi ha generato. E che ieri sera mi ha posseduto. Il cazzo che si era un po'
ammosciato mi ritorna duro. Vado alla finestra, apro
gli scuri e scosto le tende. La luce inonda la camera. Mio padre si sveglia.
Mi vede e mi sorride. - Alexander! Che fai?
Stavo dormendo. - Sono venuto a darti la sveglia.
Hai dormito a sufficienza. - Sarà... io avrei dormito
ancora. Mio padre si mette a
sedere. Si stiracchia un po'. Sorride. - Ieri sera ci siamo
divertiti, eh? - Puoi dirlo. Mi avvicino al letto. Il
cazzo duro preme contro la vestaglia e mio padre se ne accorge. Il suo
sorriso si allarga. - Facciamo un bis, senza
nessun altro? - Perché no? Mi apro la vestaglia e la
lascio scivolare a terra. Mio padre sorride. - Prima però devo
pisciare. Si alza, ma prima che
prenda il vaso io mi inginocchio davanti a lui e gli prendo in bocca il
cazzo. Il cuore ha accelerato i battiti. Mio padre ride. La sua
risata fragorosa, così diversa da quella di Olympe. - Sei un bel maialino,
figlio. Ma non esita. Incomincia a
pisciare. Bevo, con gusto. E quando ha finito, con le labbra e la lingua
incomincio a lavorare la cappella. Il suo cazzo cresce rapidamente di volume.
Io continuo a succhiare e leccare, finché non è teso al massimo. Poi mi
stacco e lo contemplo. Lui mi solleva e mi stende
sul letto. Mi allarga le gambe. Sputa sul buco del culo e distribuisce la
saliva con due dita. Le sento scivolare lungo l'apertura e infilarsi dentro.
Avverto l'ansia del suo desiderio, a cui corrisponde il mio. Lui si stende su di me.
Sento il suo peso schiacciarmi. E' quello che desidero. La pressione della
cappella contro il buco è dolorosa. Lui è impaziente e mi fa male, ma va bene
così. Ora entra, strappandomi un gemito. Mi lascia un momento perché possa
riprendere fiato e abituarmi. Poi incomincia a muoversi dentro di me. Un
movimento lento e continuo, che mi fa vibrare di piacere, nonostante sia
anche doloroso. Le mie remore si sono dissolte. E' bello sentire il suo cazzo
entrare dentro di me, a fondo, facendomi male, e poi ritrarsi, per affondare
nuovamente finché i suoi coglioni non battono contro il mio culo. E' bello
sentire le sue spinte decise, che mi scavano dentro. Ho il cazzo di mio padre
dentro di me e so che lo desideravo, come lui desiderava possedermi. Mio padre mi fotte con la
sua solita energia: non è un caso se lo chiamano spesso il toro. Io mi
abbandono completamente a lui. Poi le spinte diventano
più intense, tanto violente da farmi stringere i denti, finché non sento la
scarica dentro di me, il suo seme che si riversa nelle mie viscere. Mio padre si abbandona su
di me e io rimango immobile, sotto il suo peso che mi schiaccia. Adesso che
il suo cazzo ha perso un po' di consistenza e volume, la sensazione è ancora
più piacevole. Poi mio padre mi stringe
tra le braccia e si gira. Mi trovo steso su di lui, il suo cazzo sempre ben
piantato nel mio culo. La sua mano mi accarezza, scende al cazzo, lo stringe
con forza e io sento il desiderio moltiplicarsi e infine il piacere
esplodere. Chiudo gli occhi. Sto
bene. Rimaniamo a lungo così.
Lentamente il suo cazzo si sgonfia e infine esce da me. Io mi sposto di lato.
Ci guardiamo. Lui mi bacia e spinge con forza la sua lingua nella mia bocca. - E' stato bello,
Alexandre. - Sì, è stato bello. Lo
rifaremo ancora, se vorrai. - Certo che lo voglio. - Ma c'è una cosa che devo
dirti. Mio padre mi guarda, con
un'espressione interrogativa. - Quando rientrerò a
Parigi, a settembre, non tornerò qui. Andrò a vivere con Olympe. Mio padre annuisce, poi
chiede: - Sei innamorato di lui? - Sì. - E' una buona scelta,
figliolo. Non è stata una scelta,
non del mio cervello almeno. Hanno scelto il mio cuore e il mio corpo. Ma è
stata una buona scelta, lo so. Poi mio padre aggiunge: - Questo non ci impedirà
di divertirci qualche altra volta, no? - No, certamente. Rimango un momento ancora
nel letto, poi mi alzo, mi rimetto la vestaglia e ritorno in camera. Domani mattina io e Olympe
partiremo. Oggi finirò di preparare i bagagli per il soggiorno ad Amboise, ma
quando tornerò a Parigi, non sarà più questa la mia casa. Sarà quella di
Olympe. 2015 |