La fuga - A quello schifoso
bisogna dare una lezione. - Ci penso io, papà. Agatino guarda il
figlio. - Va bene, Salvatore, ma
non lo devi ammazzare o sparare. Non ne facciamo un eroe, è solo un attore di
merda. Gli fai saltare l’auto e basta. - Sarà fatto. Salvatore Scibone esce. Angelo sta giocando con il cugino Michele.
Hanno la stessa età, ma Angelo sembra avere almeno
due anni di più. - Vieni, Angelo, andiamo a
casa. In auto Angelo non dice nulla.
Sa che non deve dimostrarsi curioso, perciò attende che suo padre gli dica
qualche cosa. Salvatore lo sta abituando ad assumere quello che sarà il suo
ruolo in futuro e lo tiene al corrente di tutto quello che viene fatto.
Angelo ha dodici anni, ma ha la testa sul collo, non parla a vuoto e si sta
rivelando capace. Il fatto che sia ancora un ragazzino è tornato utile in
diverse occasioni. Salvatore attende un
momento, per verificare che Angelo non chieda: deve imparare ad aspettare.
Angelo tace e Salvatore sorride: il guaglione sa come deve comportarsi.
Quando stanno per arrivare a casa, Salvatore fa una breve sintesi della
discussione con il padre: - I soliti casini con i Santagata, ma per il momento non si fa niente. Nonno Agatino è vecchio, ormai non riesce più a prendere le
decisioni che servono. E zio Lucio è un altro cagasotto.
Angelo annuisce, serio. È
abituato a non fare commenti. Suo padre detesta le parole inutili. - Poi c’è una cazzata. Da
bruciare l’auto di un figlio di puttana che ha messo su uno spettacolo sulla
camorra. - Lo faccio io, papà. Salvatore storce la bocca. - È una roba da poco. - Tanto per fare qualche
cosa. - E va bene. * - E tu, quand’è che ti
sposi? - Piantala di scassare le
palle, Gennaro! Fabrizio ha risposto a
muso duro, scocciato. Già ha passato la giornata di sabato a sentirsi porre
la stessa domanda da tutti i parenti (e la Madonna sa quanti erano!) riuniti
per il matrimonio di suo fratello, il minore. Poi la domenica gliel’hanno ancora chiesto alcuni cugini ospiti dei suoi e pure
suo padre. Che adesso ci si mettano anche sul lavoro con questa fottuta
domanda, non gli va proprio giù. Sull’argomento Fabrizio è
irritabile, lo sa benissimo. Dice che sono cazzi suoi (ai parenti risponde in
modo meno brusco, ma il concetto è lo stesso), ma quello che gli brucia è
altro. Sa benissimo qual è il problema, ma non se la sente di parlarne con
nessuno, né in ufficio, né con gli amici, e questo rimuginare in solitudine
lo rende ancora più tetro. I colleghi lo rimproverano di essere spesso di
umore nero. Dicono che pare ‘o cucchiere ‘e bellemunno, il cocchiere delle pompe funebri. Fabrizio sa che è vero.
Non era così, una volta: era allegro e scherzava spesso. Ma gli anni passano,
adesso ne ha ventisei e gli sembrano tantissimi. Fabrizio ha avuto qualche
rapporto occasionale con un amico, anni fa, e poi due volte in vacanza,
lontano da Napoli. Nient’altro. Gli sembra che vivrà tutta la vita così, sospeso in un limbo, limitandosi a sognare e a qualche
scopata frettolosa, sempre con la paura di essere scoperto. Di andare in un
locale in città non ha il coraggio, ha paura che qualcuno lo possa
riconoscere. Anche l’essere un poliziotto costituisce un problema: è la
professione che ha scelto, ma deve fare ancora più attenzione a non fare nulla che lo renda ricattabile. Ha paura di avere
delle noie se si scoprisse che lui è gay. Fa sempre più fatica a
reggere l’astinenza sessuale e soprattutto il vuoto affettivo. L’ispettore Negris entra, interrompendo la conversazione. - Fabrizio, questa sera tu
e Luigi siete di servizio al teatro Agorà. Non succederà niente, ma è meglio
essere sicuri. Fabrizio sa di che cosa si
tratta: una compagnia teatrale della città ha preparato uno spettacolo sulla
camorra. Nulla di particolare, ma il regista, che è anche uno degli attori,
ha ricevuto minacce. Due poliziotti serviranno più che altro a far figura: di
certo nessuno ammazzerà un attore o metterà una bomba per uno spettacolo,
sono altre le cose che preoccupano quelli. Ma è bene che ci siano due poliziotti. Del regista, Antonio
Basile, Fabrizio ha già visto due spettacoli, anche se non va spesso a
teatro: uno cinque anni fa, quando era agente a
Milano e un altro a Scampia, prima che Vincenzo se ne andasse. Basile è bravissimo
ed è ritornato più volte nei sogni a occhi aperti di Fabrizio. Non per le sue
doti di attore, ma perché è uno di quegli uomini che colpiscono l’attenzione
e non si dimenticano facilmente. La serata sembra
trascorrere senza problemi. Ci sono alcuni giornalisti, che fotografano anche
i poliziotti, soprattutto Fabrizio, che è molto fotogenico; c’è il pubblico
tipico di questi spettacoli impegnati; ci sono alcune personalità politiche,
ma sono figure di secondo piano: nessuno di quelli che contano
vuole farsi fotografare a uno spettacolo di denuncia come questo. Quando si chiudono le
porte del teatro, anche Fabrizio e Luigi assistono alla rappresentazione. È
un testo forte, con quattro attori, tre uomini e una donna, che si muovono in uno spazio spoglio. Luci forti illuminano
angoli della scena, lasciando nel buio il resto del palco. Ognuno degli
attori interpreta parti diverse. Fabrizio si trova a seguire la recita con un
interesse crescente. Alla fine un attore con l’impermeabile si avvicina al personaggio
interpretato da Antonio Basile, gli preme la pistola contro il ventre e spara
sei volte. Antonio si accartoccia e cade al suolo. Fabrizio ha un brivido. È
la seconda volta che lo vede morire in scena e prova un misto di eccitazione
e sgomento. Qualcuno stende un lenzuolo sul corpo immobile, gli altri attori
dicono le ultime battute, poi la sala piomba nel buio. Fabrizio applaude,
convinto, come tutti gli altri. * Angelo sparge la benzina
sull’auto, ne versa un po’ sul marciapiede, formando una traccia che va verso
la vettura, poi lascia la tanica sotto la macchina. Un uomo e una donna
passano e lo guardano, stupiti. Angelo fissa l’uomo negli occhi. I due
abbassano subito lo sguardo e se ne vanno rapidamente, senza voltarsi. Angelo
prende il pezzo di carta e con l’accendino gli dà fuoco. Poi lo getta nella
pozza di benzina sul marciapiede e le fiamme divampano. Angelo si allontana,
camminando senza fretta. * C’è un rumore, non vicino,
ma forte. Sembra un’esplosione lontana. Fabrizio e Luigi si lanciano
un’occhiata e si precipitano fuori. Nella via tutto è tranquillo, ma alcuni
passanti stanno guardando in una stradina laterale. I due agenti raggiungono
l’angolo e vedono un’auto che brucia. Fabrizio ha un sospetto,
che trova presto una conferma, quando gli attori escono da teatro: la vettura
è proprio quella di Antonio Basile. Un piccolo
avvertimento, tanto per ricordare che bisogna fare attenzione a trattare
certi temi. Il regista non sembra
stupito. Fabrizio lo guarda contemplare i resti carbonizzati della propria
macchina. Gli piace molto, quest’uomo, che deve avere un
dieci anni più di lui. Non è bello, ma ha lineamenti forti e un piglio deciso
che colpiscono. E a Fabrizio sfugge: - Venga con noi in
commissariato a fare la denuncia. Poi la riaccompagno a casa io, tanto ho
finito il turno. L’uomo gli sorride, un bel
sorriso. - Grazie, ma non voglio
farle fare gli straordinari. - No, volentieri. Dopo la denuncia, Fabrizio
chiede al regista dove abita. - A Chiaia. È un bel quartiere. Si
tratta bene, il regista, si vede che il lavoro rende. - Allora andiamo. Fabrizio non perde tempo a
cambiarsi: potrà farlo a casa. In auto dice: - Mi spiace che le abbiano
bruciato la macchina. Il regista alza le spalle. - Avevo ricevuto qualche minaccia.
Sapevo che un’azione dimostrativa l’avrebbero fatta.
Finché si tratta della macchina… - È una bella scocciatura. - Sì, questo sì. E non so
se mi rinnovano l’assicurazione. Ma pazienza. Hai visto lo spettacolo? Antonio è passato al tu. Fabrizio non sa bene come comportarsi, ma la sua
opinione può esprimerla senza usare né il tu, né il lei. - Sì e mi è piaciuto
proprio molto. Potente. - Grazie. Mi interessa
molto il tuo parere. - Il mio parere? Ma io non
so nulla di teatro. - Proprio per questo… Come ti chiami? - Fabrizio. - Io Antonio. Proprio per
questo, Fabrizio. L’opinione degli addetti al lavoro è importante, ma uno
spettacolo non dovrebbe rivolgersi solo a loro. Non uno spettacolo come il
nostro, almeno. - Sì, capisco quello… che vuoi dire. Dargli del lei a questo
punto sarebbe assurdo. - Anche se le persone a
cui vorrei parlare non verranno a vederci. Il teatro, ormai… Antonio alza le spalle.
Poi cambia argomento: - Mi spiace farti fare lo straordinario. - Ma figurati! - Tu dove abiti? - A Poggioreale. - In direzione opposta! - Non ti fare problemi. - Siamo quasi arrivati.
Ecco, la casa bianca. Antonio ferma poco prima
dell’edificio, dove c’è un posto per parcheggiare. - Sali su un momento,
Fabrizio, così ti offro almeno da bere, visto che mi
hai dato un passaggio. - Sei molto gentile, ma
non è necessario. - Non è necessario, lo so,
ma a me fa piacere. Muoviti, non farti pregare. Fabrizio spegne il motore
e scendono tutti e due. La casa dove sta Antonio è
un bell’edificio e anche l’appartamento sembra ampio. Una grande stanza con
due divani si apre direttamente sull’ingresso. - Siediti, Fabrizio. Io
arrivo subito. Ti va bene un bicchiere di vino bianco? O preferisci una
birra? - Vino va bene, ma solo un
mezzo bicchiere. Fabrizio passa nel locale
e il suo sguardo è attratto dai quadri alle pareti. Il primo che lo colpisce
rappresenta un uomo nudo, visto di schiena. Il corpo vigoroso, tratteggiato
con maestria, è immerso in uno sfondo in cui si mescolano
tonalità diverse, che si ritrovano, meno marcate, anche sulla figura in primo
piano. La composizione è simile anche nel quadro a fianco, in cui un uomo,
sempre di schiena, si sta togliendo la canottiera, l’unico indumento che
indossa. Mentre nel terzo un maschio vigoroso è rappresentato frontalmente,
anch’esso nudo. - Chris Lopez. Ti piace? Fabrizio sussulta. È
rimasto affascinato a fissare i quadri e non si è nemmeno accorto che Antonio
è arrivato con due bicchieri in mano. Fabrizio è a disagio. Gli
sembra che Antonio lo abbia sorpreso mentre stava facendo qualche cosa di cui
dovrebbe vergognarsi. - Sì, sì. Sono belli. - Io lo trovo bravissimo.
Ha una tecnica favolosa. Non tutti apprezzano: molti preferirebbero nudi
femminili, ma è questione di gusti. Antonio ride e gli porge
il bicchiere. Fabrizio lo prende e lo
guarda. Si sente impacciato, non sa che cosa dire. Vorrebbe trovare una scusa
plausibile per andarsene. Antonio si siede e Fabrizio lo imita,
meccanicamente. Antonio riprende il discorso: - Scusa, non volevo
metterti in imbarazzo. Ognuno ha i suoi gusti e io
non nascondo i miei, ma so benissimo che ad alcuni danno fastidio. Fabrizio alza lo sguardo, fissa Antonio negli occhi e dice: - A me no. Vorrebbe aggiungere che
condivide quei gusti, ma qualche cosa lo blocca. Una sola volta si è confidato, anni fa, quando era a Milano, con un suo
collega, Mauro, prima di avere mai avuto rapporti. Non ha parlato con nessun
altro della sua sessualità. Non si è confrontato con nessuno sui propri
desideri, qui a Napoli. - Sono contento. Ho anche
un altro acquerello di Lopez, in camera da letto, ma
quello è meglio che non te lo faccia vedere. Antonio sorride,
rilassato. Non è un invito, non c’è nessun ammiccamento nel suo sorriso o
nelle sue parole. Antonio non sembra porsi nessun problema. Forse è per
questo che a Fabrizio sfugge: - Mi piacerebbe vederlo. Fabrizio ha replicato
d’impulso, senza darsi il tempo di pensare. Antonio sembra un po’ stupito.
Guarda un momento Fabrizio diritto negli occhi, poi annuisce e dice: - Va bene, vieni. Posa il bicchiere di vino,
che ha appena sorseggiato, e si alza. Nella camera c’è un ampio
letto, con una sovraccoperta chiara. Antonio non preme l’interruttore a
fianco dell’ingresso, ma si china per accendere una lampada vicino al letto,
che diffonde una luce soffusa. - Eccolo. Il quadro non è illuminato
perfettamente, ma è ben visibile. Raffigura due uomini nudi, uno dei quali
alle spalle dell’altro preme contro di lui. Potrebbe
essere una scena di lotta, perché l’uomo alle spalle dell’altro gli tiene una
mano sul braccio e sembra averlo bloccato, ma pare che gli
stia baciando i capelli. Antonio è vicinissimo,
ora, alle sue spalle. Fabrizio fa un mezzo passo indietro e i loro corpi
aderiscono. Antonio lo cinge con il braccio e gli poggia il capo sull’incavo
della spalla. Con molta delicatezza gli passa una mano sulla guancia,
accarezzando la barba corta. Fabrizio chiude gli occhi.
Non sono molti gli uomini che lo hanno accarezzato. È una bella sensazione,
il calore del corpo di Antonio contro il proprio, la sua mano che gli scivola
leggera sul viso. Antonio avvicina la bocca
all’orecchio di Fabrizio e morde, con delicatezza. Fabrizio si abbandona a
quell’abbraccio, lascia che le dita di Antonio sbottonino la giacca dell’uniforme
e poi la camicia, che una mano scivoli sulla sua pelle, strappandogli un
sospiro di piacere. È bello sentire quella carezza, avvertire il polpastrello
che solletica l’areola di un capezzolo e poi il pizzicotto deciso. La mano
scende, scivola sul ventre, con un movimento rotatorio, risale ancora e la
bocca morde più decisa l’orecchio, provocando un gemito. Antonio si stacca e fa
scivolare la giacca a terra, poi torna a stringersi a Fabrizio, lo avvolge
tra le sue braccia, lo stringe, lo solleva, anche se Fabrizio non è leggero,
e insieme cadono sul letto. Fabrizio asseconda ogni movimento di Antonio, ma
non prende iniziative, frastornato. Sente che il desiderio cresce, che il
sangue affluisce al pesce, ma la sua testa registra queste cose come se
stesse guardando un altro. Ora è sdraiato sul letto e
Antonio è steso sopra di lui e lo bacia sulla bocca, poi la sua lingua si fa strada tra le labbra di Fabrizio, penetra tra i denti,
accarezza la lingua di Fabrizio, che risponde e, prima incerto, poi più
sicuro muove la sua e intanto con le mani percorre il corpo di Antonio. Il
calore della pelle, i capelli tra cui le sue dita si impigliano, il peso del
corpo che grava sul suo, l’odore di Antonio, di maschio, di sudore, le labbra
di Antonio, la lingua che accarezza e si fa accarezzare,
la pressione forte che avverte contro il ventre, le mani che lo stringono: un
vortice in cui Fabrizio si abbandona completamente. Il desiderio cresce,
deborda. Antonio si stacca e, con
lentezza, incomincia a spogliare Fabrizio. Gli slaccia la cintura, gli
abbassa la cerniera, gli scopre il ventre e lo bacia sull’ombelico, lo
accarezza con la lingua, poi infila una mano nei boxer e scende fino a
incontrare il sesso, perfettamente eretto, teso, incandescente. Il tocco leggero
di quella mano fa sussultare Fabrizio. Poi Antonio gli cala i
pantaloni. Gli slaccia le scarpe e le toglie, sfila le calze e rimuove i
calzoni. Con delicatezza le sue mani scorrono lungo le gambe di Fabrizio,
risalgono alle cosce, poi riscendono, dall’interno. Le mani ripetono il loro
percorso, ma quando giungono ai boxer, due dita afferrano l’elastico e mentre
scendono trascinano con sé l’ultima difesa. Fabrizio ha solo la
camicia addosso, completamente aperta. Antonio è ancora vestito e non accenna
a spogliarsi. Gli apre un po’ le gambe, si inginocchia sul letto, tra le
ginocchia di Fabrizio, e si china su di lui. Gli morde un capezzolo, poi
glielo succhia, poi la sua lingua scende lungo il ventre, mentre le sue mani
accarezzano il corpo di Fabrizio. La lingua scivola, verso il pesce teso,
fino a sfiorare la cappella, poi le labbra avvolgono il sesso. Fabrizio geme
e chiude gli occhi. La bocca lascia la presa e la lingua percorre l’asta,
fino ai coglioni, indugia, con un tocco lieve, sullo scroto, poi la bocca
avvolge una delle due palle e la lascia. A Fabrizio sfugge un
urlo. Antonio solleva la testa e
gli sorride. La sua bocca lavora l’asta e Fabrizio si rende conto che il suo
desiderio è troppo forte: non è in grado di contenerlo. Geme, due volte. Antonio solleva il viso e la
destra accarezza il pesce. Il desiderio esplode, dai coglioni il getto
attraversa come un fiume in piena il cazzo teso e si lancia in avanti, fino a
ricadere sul petto di Fabrizio. Alcune gocce giungono alla barba. Antonio lo bacia sulla
bocca. Poi si alza e lo guarda,
sorridendo. Con movimenti lenti incomincia a spogliarsi. Si toglie il maglione, poi la camicia, le scarpe e le calze.
Rimane a torso e piedi nudi davanti a Fabrizio. In qualche modo sembra
chiedergli di completare l’opera, ma Fabrizio è
spossato dall’orgasmo violento che lo ha travolto. Sorride ad Antonio, quasi
a scusarsi. Antonio si sfila pantaloni
e slip insieme. Fabrizio guarda il cazzo, poderoso, che emerge, con la pelle
più scura e la cappella violacea. Ha un momento di smarrimento. Sa che quel
cazzo gli entrerà dentro, che l’uomo vigoroso che è in piedi accanto al letto
lo possiederà, come nessuno lo ha mai preso prima. Sa e ha paura, ma lo
desidera, vuole appartenere a quest’uomo possente. Antonio lo accarezza, poi
prende un fazzoletto di carta e pulisce il corpo di Fabrizio. La sua destra
sfiora il pesce ancora gonfio di sangue e Fabrizio sente un brivido. La
sinistra gli carezza la testa e la bocca cerca la sua, in un bacio. Antonio non dice nulla,
non chiede nulla, ma Fabrizio si volta e si stende sulla pancia. Allarga bene
le gambe. Antonio si inginocchia di
nuovo tra le sue gambe e lo accarezza: le sue mani gli percorrono la schiena,
scendono alle natiche, stringono il culo, poi risalgono. Antonio si stende su
Fabrizio, gli bacia la nuca, gioca con i suoi capelli, gli sussurra: - Sei bellissimo. Poi il peso scompare:
Antonio si è di nuovo messo in ginocchio e la sua lingua scorre sul solco.
Fabrizio ha un brivido. Antonio apre il cassetto
del comodino. Fabrizio sente le dita di Antonio, umide, che premono contro
l’apertura. Un dito entra e inumidisce, poi sono due dita. Antonio sta
mettendo qualche crema. Fabrizio pensa che sta per prenderselo in culo. Non saprebbe dire se sia più forte in lui la paura o il desiderio. Antonio ripete
l’operazione, poi si stende su di lui e Fabrizio sente la pressione della
cappella sull’apertura. Si tende, ma Antonio lo bacia sul collo, gli passa la
lingua dietro l’orecchio, gli accarezza il culo e Fabrizio si rilassa. Il cazzo
avanza e Fabrizio cede alla mazza che prende possesso di lui, accetta di
essere penetrato, di appartenere a quest’uomo che lo abbraccia, lo bacia e lo
possiede, lo fa suo. Dalle labbra gli sfugge: - Sì! Fabrizio prova vergogna,
ma il cazzo di Antonio continua ad avanzare. Fa male, c’è dolore in questa conquista, ma Fabrizio non sa e non vuole opporsi, accetta
una resa incondizionata. Ora Antonio è dentro di
lui, una presenza ingombrante, dolorosa, ma forte, a cui Fabrizio si
sottomette completamente. È bello essere tra le braccia di un uomo che ti
possiede, ti trafigge, ti fa suo. Un uomo che ti bacia e ti abbraccia. Antonio prende a muoversi,
lentamente. Il dolore cresce, ma Fabrizio non vorrebbe che smettesse. Antonio
accelera il ritmo e il dolore diventa troppo forte. Fabrizio non dice nulla,
ma Antonio capisce e si ferma. Lascia che il corpo di Fabrizio si abitui al
nuovo padrone, allo spiedo che lo trapassa. Ora il dolore si attenua. Antonio riprende a
spingere, a un ritmo crescente. È bello. È doloroso, ma è bello. È davvero
quello che ha sempre voluto. Antonio spinge con forza
ora, spinte vigorose che martoriano il culo di Fabrizio, fino a che geme, forte. Le spinte divengono ancora più intense e poi
si attenuano. Antonio si abbandona sul corpo
di Fabrizio e lo bacia sul collo. Rimangono a lungo così.
Poi Antonio si ritrae e si stende accanto a Fabrizio. Lo accarezza e gli
dice: - Mi piacerebbe che ti
fermassi a dormire qui, Fabrizio. Fabrizio annuisce,
frastornato. Antonio gli passa il dorso di due dita sulla guancia e lo bacia
sugli occhi. - Prima di mettermi a
dormire, però, mi devo fare una doccia. Poche cose ti fanno sudare quanto uno
spettacolo teatrale. E una bella scopata dopo il teatro… Fabrizio annuisce. Antonio
aggiunge: - Vuoi farla insieme a me? - No, dopo. Antonio entra in bagno.
Appena Fabrizio sente scorrere l’acqua, si alza, si riveste rapidamente ed esce, cercando
di non fare rumore. Chiude la porta e scende le scale a precipizio. Sta
scappando, lo sa benissimo. Da che cosa, quello non lo sa. Raggiunge l’auto mette in
moto e se ne va. Non ha fatto molta strada, quando il dolore che avverte è
tanto forte da costringerlo ad accostare e fermarsi. Chiude gli occhi. Perché
se n’è andato via? Perché se n’è andato così? Che senso ha? È stato così
bello, è stato tutto così bello! Perché? Trascorrere
la notte accanto all’uomo con cui ha fatto l’amore, dormire tra le sue
braccia. Sarebbe stato perfetto. Vorrebbe tornare indietro,
ma non se la sente. Riavvia il motore e si dirige verso casa. La settimana si trascina a
fatica, Fabrizio sta peggio, ogni giorno che passa. Il ricordo
dell’esperienza con Antonio lo ossessiona. Perché se n’è andato così? Non
riesce a darsi una risposta. Avrebbe bisogno di
confidarsi, di spezzare l’isolamento che la sua vigliaccheria gli ha creato
intorno. Deve riuscire a parlarne, almeno a Mimmo, che è sempre stato il suo
migliore amico. Ma Mimmo si sposerà tra qualche settimana. Come trovare le
parole, proprio ora? Un giovedì pomeriggio in
cui Fabrizio non è di turno, Mimmo gli chiede di accompagnarlo in giro per
negozi: vuole scegliere la cravatta per la cerimonia e ordinare le vere.
Fabrizio direbbe volentieri di no, ma sarà il testimone del suo amico e non
vuole ferirlo. Quando hanno finito il
loro giro, Mimmo insiste per offrirgli da bere. Sono seduti al tavolino
del caffè, in piazza Trieste e Trento, quando Mimmo gli chiede: - Che cos’hai, Fabri? Perché sei così cupo? Fabrizio fissa il suo
amico negli occhi, poi distoglie lo sguardo. - Lascia
perdere, Mimmo. - No, Fabri.
Non lascio perdere. Sei cambiato, da tempo. Ma in
questi giorni è molto peggio. Perché non mi racconti
di te? Una volta ci raccontavamo tutto. Fabrizio sente la rabbia
montare, una rabbia che sa di disperazione. Ripete: - Lascia
perdere. Il tono non concede spazio
a repliche. Mimmo tace. Fabrizio guarda la piazza
e l’angoscia monta. C’è un lungo silenzio, prima che Fabrizio dica: - Lo vuoi sapere, Mimmo? Lo vuoi sapere? È una sfida,
ma Mimmo la raccoglie. - Sì, Fabrizio, non voglio
vederti stare così male. - Poi ti cercherai un
altro testimone. - Fabrizio! C’è un rimprovero, nel
tono di Mimmo. Ma Fabrizio lo ignora. - Guarda là, lo vedi
quell’uomo, con la giacca nera e gli occhiali da sole, quello vicino alla
fontana? Bene, Mimmo… Di colpo Fabrizio ha
paura. Non vuole più parlare, vorrebbe solo
scappare. Tace. - Ebbene? Mimmo ha parlato
pianissimo, ma a Fabrizio è sembrata una staffilata. Reagisce con furia,
badando solo a tenere bassa la voce in cui vibra la rabbia: - Vorrei farmelo, Mimmo. Vorrei che lui mi scopasse, che me lo
mettesse in culo. Questo vorrei…
Io… Fabrizio non riesce a
continuare. Si piega in avanti e si copre il viso con le mani. Sente sulle spalle il
tocco di Mimmo, forte. - Grazie per avermelo detto, Fabri. Fabrizio si toglie le mani
e volta il capo verso Mimmo. Non è in grado di parlare. Mimmo gli sorride.
Fabrizio mette una mano su quella che Mimmo gli tiene sulla spalla destra e,
a fatica, ricambia il sorriso. - Non vuoi cambiare
testimone, Mimmo? - Ripetilo e ti meno come quella volta alle medie che litigammo per
decidere se era meglio la Ferrari o la Williams. Fabrizio sorride. - La Ferrari non ha mai
più vinto da allora. Sono finiti. - Le auto della Williams
facevano schifo. Mimmo torna a sedersi al
suo posto. Guarda Fabrizio e gli chiede: - È questo che ti
tormenta, Fabri? È questo il motivo per cui ti sei
chiuso in te stesso? Fabrizio annuisce. - Sì, Mimmo. Non è facile. - Questo lo capisco, anche
se mi dispiace che tu abbia avuto così poca fiducia in me. - Avevo paura che… Mimmo, tu sai benissimo che cosa direbbero tanti dei
nostri amici, se lo sapessero. - Qualcuno sì, è vero. Non
tutti. Ma non è questo il problema, Fabri. Adesso… hai accettato di essere quello che sei? Fabrizio vorrebbe poter
dare una risposta a questa domanda. Un sì deciso. Ripensa ad Antonio. - Di essere quello che sono… Non lo so, Mimmo. Sì, forse. Mimmo, la settimana scorsa… Fabrizio si interrompe, ma
solo per riprendere fiato. Gli sembra che sia più facile, ora. - La settimana scorsa ho
fatto l’amore con un uomo, un uomo che mi piaceva un
casino. E poi… - E poi? - E poi sono scappato via.
Lui voleva che mi fermassi a dormire ed io avrei voluto farlo, ma sono
scappato via. - Perché? - Avevo
paura, Mimmo, una paura tremenda. - Paura di che cosa? Fabrizio scuote la testa. - Non lo so. Forse… È stato troppo bello. Era tutto quello che volevo.
Se non fossi scappato… Fabrizio scuote la testa.
Conclude: - Ho fatto una figura di
merda con l’unico uomo che davvero… - Non puoi ritrovarlo? Fabrizio scuote la testa. - No…
cioè sì. So chi è, sta da queste parti, pure, ma dopo che me ne sono andato così… - Provaci,
Fabrizio. Lo desideri. Fabrizio scuote ancora la
testa. - Non ora. Dio, che
fatica! Parlano ancora un momento,
poi Mimmo guarda verso il tipo che Fabrizio gli ha indicato prima e dice: - Sai cosa faccio adesso, Fabri? Vado da quel
tizio con la giacca nera e gli occhiali da sole e gli dico che gli posso
presentare un bellissimo ragazzo su cui ha fatto colpo. Ridono tutti e due. Quando si separano, Fabrizio si sente meglio. Parlare con Mimmo gli
ha fatto bene. Nei giorni seguenti
ripensa più volte ad Antonio. Vorrebbe poter tornare indietro, ma ormai è
troppo tardi. A volte si chiede che cosa succederebbe se lui si presentasse a
casa di Antonio improvvisamente o gli telefonasse o andasse a cercarlo a
teatro. Ma non farà nulla di tutto ciò, lo sa bene. Tre giorni dopo il dialogo
con Mimmo, Fabrizio arriva in commissariato verso mezzogiorno: ha il turno
pomeridiano. Si è appena seduto alla scrivania, quando entra Giuseppe con un
pacco. - Un tizio portò questo
pacco per te. Ho scritto il nome: Antonio Basile. Dice che lo accompagnasti a
casa quando gli bruciarono l’auto e voleva ringraziare. Fabrizio ha la sensazione
che il fiato gli manchi. Non riesce a nascondere completamente la sua
agitazione. Gennaro, che è un gran ficcanaso, si è già alzato e ha preso il
pacco. - Pure un regalo! Vediamo
che cosa regalano a Fabrizio. Linda interviene: - Gennaro! Cafonaccio che sei! Non è per te. Fabrizio si è alzato di
scatto per avventarsi su Gennaro. In un lampo ha intuito che cos’è il regalo:
piatto, grande come la pagina di un quotidiano, dev’essere
una stampa di quel disegnatore di cui lui ha ammirato i quadri a casa di
Antonio. Un uomo nudo, quindi. Gennaro lo sputtanerà. Che testa di cazzo,
Antonio! Gennaro, vedendo il rapido
movimento di Fabrizio, lacera in fretta la carta e, prima che Fabrizio gli
metta le mani addosso, guarda la stampa. - E cched’è
‘stu coso? Fabrizio osserva anche lui
il quadro. È la faccia di un uomo, solo la faccia, immersa in una tonalità rosso cupo. Gli occhi sono chiusi. Fabrizio
respira sollevato e frena il suo impeto. Linda si è avvicinata.
Fabrizio si dice che la collega temeva una rissa e voleva mettere pace. - Bellissima! Questa
stampa è un gioiello! Fammelo conoscere questo tipo, cosa darei per averne
una così! Gennaro è perplesso e
chiaramente deluso. - Se lo dici tu… Fabrizio osserva,
scuotendo la testa: - Certo che sei proprio
uno stronzo, Gennaro! Gennaro ha un ghigno
ironico, che Fabrizio non capisce. Comprende solo quando vede che il collega
ha una busta in mano e l’apre, dicendo. - Magari la lettera è più
interessante. La lettera era nel pacco!
Fabrizio cerca di strappargliela di mano, ma Gennaro
sta già leggendo: Grazie
per la cortesia dell’altra sera. Mi permetto di offrirti una piccola stampa
di questo autore e un biglietto per venerdì sera, se hai voglia di vedere un
bello spettacolo. Antonio Fabrizio si calma. Gennaro
è di nuovo deluso. Linda osserva: - Gennaro, ma a te la
buona educazione hanno mai provato a insegnarla?
Anche le lettere degli altri apri? Gennaro è mortificato:
sperava di trovare qualche cosa d’interessante, ma ha fatto solo una pessima
figura per niente. Fabrizio ha preso la
lettera e il biglietto. È troppo felice per prendersela con uno stronzo come
Gennaro. Poi il pensiero lo
fulmina. - Cazzo! Venerdì ho il
turno la sera. Linda sorride. - Ti sostituisce Gennaro,
per scusarsi. Gennaro la guarda, poi
scoppia a ridere. - E va bene, Fabrizio,
scambiamo turni. Scusami. Fabrizio sorride. - D’accordo. Per questa
volta ti scuso. Ma se me ne fai un’altra del genere ti spacco la faccia. Fabrizio lo dice
sorridendo: fa fatica a nascondere il suo buonumore. Per fortuna gli comunicano
che deve uscire fra poco per accompagnare l’ispettore Negris
a Ercolano, così non sarà evidente a tutti che quel regalo ha cambiato il suo
stato d’animo dalla notte al giorno. Linda chiede: - Che spettacolo è? Fabrizio legge: - Edoardo II. Gennaro osserva: - Sarà una palla! Sei
sicuro di voler andare? È Linda a replicare: - Certo! Figurati se non
va! Peccato che non abbia mandato due biglietti. Ci sarei andata volentieri
anch’io, mollando i bambini a mio marito. L’ispettore arriva e
Fabrizio se ne va con lui. Durante la giornata ogni tanto Fabrizio mette la
mano in tasca e tocca il biglietto. Rivedrà Antonio. Antonio non se l’è
presa, non ce l’ha con lui. Gli ha pure regalato una
stampa. E ha avuto il buon senso di sceglierne una che Fabrizio può appendere
in casa. Anche nella lettera, non c’è nessun accenno a quanto è accaduto, il
tono è distaccato. È stato un coglione a spaventarsi in quel modo. Antonio
non gli fa correre rischi. Si chiede
anche se non sia il caso di telefonare ad Antonio per ringraziarlo, ma
non ha il numero e in ogni caso lo rivedrà venerdì. Il venerdì sera Fabrizio
si prepara con ampio anticipo. Rimane un bel po’ davanti allo specchio,
curando ogni dettaglio dell’abbigliamento come non gli capita mai. Suo padre
gli chiede se esce con una ragazza. Sua madre non dice niente. Fabrizio ha
l’impressione che sua madre abbia capito più di quello che rivela. Suo padre chiede ancora,
ironico: - Torni a casa a dormire? Fabrizio vorrebbe
rispondere che spera proprio di no, ma rimane sul vago: - Non so, forse. Quando arriva davanti al
teatro, Fabrizio guarda il cartellone. Cerca il nome di Antonio Basile tra
gli attori, ma non c’è. Per un attimo si sente perduto, poi si dice che è uno
stupido, che Antonio è di certo il regista, ma non è nemmeno così. Fabrizio
rilegge i nomi, ma quello di Antonio non figura da nessuna parte. E allora
perché? Era solo un modo per fargli capire che non se l’era presa con lui e
invitarlo a rifarsi vivo? Fabrizio si sente
sprofondare in un mare di tristezza insipida, avrebbe voglia di tornare a
casa, ma dovrebbe spiegare ai suoi. E comunque non avrebbe senso: Antonio gli
ha lanciato una corda e lui vuole afferrarla. Vedrà lo spettacolo e quando
ritroverà Antonio, ne parlerà con lui. L’idea gli viene mentre
aspetta, in mezzo ad altri spettatori, che aprano la sala. Forse Antonio ha
preso due biglietti e l’altro se l’è tenuto. Antonio verrà a sedersi vicino a
lui. Fabrizio si mette a guardare la porta e poco dopo vede entrare Antonio.
La gioia trabocca. Antonio lo vede, gli sorride e si dirige verso di lui, ma
viene intercettato subito. Già, Antonio è famoso ed è logico che conosca
molta gente nell’ambiente. Ma Antonio si libera in fretta del suo
interlocutore e raggiunge Fabrizio. - Sono contento che tu sia
venuto, Fabrizio. - Scusami per l’altro
giorno, Antonio. - Sono io che devo
scusarmi. Ma di questo parleremo più tardi. Possiamo andarci a prendere
qualche cosa, dopo? “Preferirei che andassimo
a casa tua”, vorrebbe rispondere Fabrizio, ma si limita a dire: - Certamente! A tua
completa disposizione. Antonio sorride e gli
dice: - Bada che ti prendo alla
lettera. “Basta che tu mi prenda” è
la risposta che viene in mente a Fabrizio, ma anche questa viene scartata.
Fabrizio sorride. In quel momento si
avvicina qualcuno (“il solito cacacazzo”, pensa
Fabrizio, mentre sorride all’intruso: questa sera la comunicazione tra il suo
cervello e la sua bocca non è molto spontanea), per cui la conversazione
cambia tema. Quando infine entrano e si
siedono, Antonio gli chiede: - Conosci questo testo? - No, per nulla. - È un dramma di quattro
secoli fa, ispirato a una storia vera. Marlowe, l’autore, racconta del re
Edoardo II e del suo amore per il bel Gaveston. Fabrizio guarda Antonio,
stupito. - Sì, già qualche secolo
fa si mettevano in scena amori tra uomini. Fabrizio segue con
curiosità. Lo spettacolo non lo entusiasma, ma gli sembra comunque
interessante. Nell’intervallo di scambiare due parole con Antonio da soli non
si parla neanche: troppa gente che vuole salutare il famoso regista, qualcuno
che parla dell’automobile incendiata, qualcuno che gli fa i complimenti per
lo spettacolo. Anche al termine della recita alcuni si avvicinano, ma infine
Antonio e Fabrizio riescono a sganciarsi. - Fabrizio, vorrei
parlarti con un po’ di calma. Ti va bene se andiamo
in un bar? Non ti propongo casa mia, perché non voglio metterti in
difficoltà. Questa volta Fabrizio dice
esattamente quello che pensa: - Casa tua mi va bene. Antonio lo guarda, poi
sorride, contento. - Allora a casa. Sei in
auto? - Sì. - Ti tocca di nuovo darmi
un passaggio: l’auto nuova non mi è ancora arrivata. In auto parlano del
dramma. - È un testo che voglio
mettere in scena, prima o poi. In un modo diverso, ma per il momento è solo
un’idea. - Farai Edoardo o Gaveston? - Edoardo e… no, non voglio anticiparti niente. A casa Antonio guida
Fabrizio in salotto e si siedono sul divano. - Fabrizio, volevo
scusarmi per l’altra sera. Non volevo dirtelo nella lettera, non sono cose
che si possono scrivere, avevo bisogno di parlarti di persona. - Perché ti scusi? Sono io
che dovrei scusarmi, per il modo in cui me ne sono andato. - È proprio il modo in cui
te ne sei andato che mi ha fatto capire che ho sbagliato. - Tu? Non hai fatto nulla
di sbagliato. Sono io… Antonio lo interrompe. - Lasciami parlare, Fabrizio. Mi sei piaciuto moltissimo, subito… sarà il fascino della divisa. Non è solo questo,
di certo. Antonio ride e prosegue. - Mi hai fatto capire che
anche tu eri gay e sembravi piuttosto ansioso di
darti da fare, per cui non ho perso tempo. Poi, quando siamo passati al
dunque, mi sono reso conto che c’era qualche cosa che non andava. No, non è
vero, andava tutto benissimo, era una meraviglia, ti sei abbandonato a me con
una fiducia totale. Ma era evidente che non avevi esperienza e c’è stato un
momento in cui ho pensato che per te fosse la prima volta. Antonio non chiede, ma
Fabrizio risponde alla domanda inespressa: - Lo era, Antonio. Non la
prima volta che facevo sesso con un uomo, ma la prima volta che… Fabrizio china la testa,
di colpo prova vergogna. Ma prosegue: - …che
me lo prendevo in culo. Antonio annuisce. - L’ho pensato, vorrei
dire che ne ero sicuro. Questo mi ha un po’ sconcertato, ma è stato davvero
bellissimo e desideravo parlare ancora con te, stare con te. Ero felice
all’idea di dormire vicino a te. E poi torno dopo aver fatto la doccia e non
ti vedo più… Antonio scuote la testa. - Fosse stato un altro, avrei pensato che mi avevi fregato i soldi ed eri
scappato via. - Sono scappato davvero, Antonio. - Sì, questo l’ho capito.
E mi chiedo ancora perché. - Vorrei poterti rispondere, Antonio. Ho avuto paura, paura
di quello che era successo, di quello che provavo, di tutto…
Un poliziotto che scappa! Bella figura! - Non eri pentito? Fabrizio alza gli occhi su
Antonio: - È stata la cosa più
bella della mia vita, Antonio. Antonio sorride. Pensa di
aver capito a sufficienza e in fondo i perché non sono così importanti. - Allora che ne diresti di
riprovare? Ma questa volta chiudo bene la porta e nascondo la chiave, così
non potrai scappare. - Non scapperò, Antonio. - Lo so,
Fabrizio. Antonio si avvicina e
prende tra le mani la testa di Fabrizio, accosta le labbra alle sue e lo
bacia. Fabrizio ricambia il
bacio. Antonio si alza e si
dirigono nella camera da letto. - Questa volta però mi
spogli tu. Fabrizio annuisce. Prima
di incominciare però, abbraccia Antonio e lo stringe forte. Si baciano
ancora. - Non me ne andrò,
Antonio. “Non me ne voglio andare mai
più”, pensa Fabrizio, ma sa benissimo che sta correndo troppo. 2012 |