L’inverno di Rocco

        

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     Rocco è seduto al tavolo e guarda la bottiglia di vino. Potrebbe bere ancora un bicchiere, uno solo. Un bicchiere lo aiuterebbe. Sono così lunghe le giornate che lo attendono, così vuote. Un interminabile inverno.

     A primavera, quando la neve si scioglierà e le prime gemme appariranno sugli alberi, anche a Rocco sembrerà di ritornare a vivere. Ma la primavera è lontana.

     Rocco guarda fuori dalla finestra, che si apre sulla valle. Ama quei monti con tutta l’anima, non potrebbe vivere altrove, ma qui la vita è ben difficile. Ora che Luca se n’è andato, a Santo Stefano sono rimasti in due, Rocco e Francesco. E dire che un tempo la frazione aveva almeno un centinaio di abitanti.

     Luca ha provato a tornare, con tutta la passione dei suoi vent’anni. Ma è tutto così difficile. Luca sa allevare le pecore, ma come ricavarne di che vivere? Per un piccolo allevatore, in una frazione isolata, è un compito troppo arduo. Manca una rete di distribuzione e Luca non sa come muoversi, nessuno gli dà una mano, sembra quasi che siano contenti di vedere fallire chi ancora cerca di resistere. Luca è tornato a valle, la morte nel cuore. E Rocco è rimasto in paese.

     Anche lui un tempo ha provato ad andarsene, ma è stato ricacciato indietro. Prima la coscienza della propria diversità, poi l’incidente che l’ha reso zoppo. Non è una menomazione grave, è in grado di camminare per i monti, si muove sicuro, anche se zoppica. Ma è stata una nuova barriera che si è alzata tra lui e gli altri.

     Rocco guarda la bottiglia, la prende e si versa un bicchiere. L’inverno che lo aspetta, con l’unica compagnia di un’anima semplice, sarà duro. Diventerà anche lui un alcolizzato, come tanti in queste borgate di montagna?

     Giornate vuote, identiche le une alle altre. Rocco ama contemplare i monti, camminare nei boschi, leggere, ma le ombre diventeranno sempre più lunghe ed il freddo sempre più intenso.

     Con uno sforzo Rocco posa il bicchiere ancora pieno. Si alza e si avvicina alla porta. La apre. È nel cortile delimitato dalle tre case: quella in cui vive, quella che ha ereditato dagli zii e quella di Luca.

     In quel momento un uomo passa davanti al cortile e si ferma.

     Uno sconosciuto a Santo Stefano, a novembre? Un ladro? Ci sono stati molti furti negli ultimi mesi, in altre borgate: facile rubare, con tante case vuote.

     - Buongiorno.

     Rocco risponde al saluto, mentre l’uomo si avvicina. Ha più o meno la sua età, sui quaranta, fili grigi tra i capelli neri ed occhi azzurri. Sembra un contadino, un pastore, ma non è di quelle parti.

     - Senta, cerco una casa da affittare.

     - Per l’estate?

     Rocco affitta la casa che era degli zii, è una delle sue poche fonti di reddito, insieme al castagneto, alle api ed a qualche melo. Tutto insieme fa davvero poco, ma Rocco ha bisogno di ancora meno, tanto più che ha il suo orto. La pensione di invalidità non l’ha mai richiesta.

     - No, no, non cerco una casa per l’estate. Voglio venire a vivere qui.

     Perché mai uno può voler venire a vivere in un posto deserto come Santo Stefano? L’uomo intuisce la domanda e risponde.

     - Sono un pastore, produco formaggio di capra. Cerco una casa e dei pascoli. Devo trasferirmi. Lei conosce qualcuno che abbia una casa da affittare, da vendere? Giù in paese nessuno sa niente, così sono salito a vedere se c’era qualcuno.

     Niente di strano che in paese siano diffidenti, con quella faccenda dei furti. Ma quell’uomo non è un ladro.

     - Io ho una casa da affittare, quella, - e indica la casa che era degli zii - e parecchi pascoli.

     Rocco di pascoli ne ha un’infinità: suo padre continuava a comprare terre, convinto che un giorno o l’altro la fuga dalle montagne sarebbe finita e che allora i terreni avrebbero ripreso valore. Suo padre era un illuso.

     - Mi fa vedere la casa?

     - Certo, mi aspetti solo un attimo.

     Rocco entra, prende le chiavi della casa e ritorna nel cortile.

     - È da solo o ha famiglia?

     L’uomo scuote la testa.

     - Siamo parecchi. Siamo in sette.

     - Allora la casa è troppo piccola, ma comunque ormai è qui, venga a vederla.

     Assurdo fargli vedere la casa, per sette persone non è adatta, ma Rocco vuole trattenere ancora un momento lo sconosciuto. È un’occasione per scambiare due parole, per non pensare all’inverno che già sibila tra le case.

     Accompagna l’uomo nella vecchia casa. Rocco l’ha mantenuta com’era, ha solo fatto rifare il bagno. Ci sono due grandi camere al piano superiore e una cucina al piano terra, più la stalla e la cantina.

     Dalla finestra Rocco mostra i pascoli.

     - Sono quelli, oltre il torrente, da dove finisce il bosco fino a quella cresta. Poi ce ne sono anche alcuni altri, sparsi. Se le servono, anche se non prende la casa, glieli affitto volentieri. Mi fa piacere sapere che qualcuno li usa. Per lasciarli inutilizzati…

     L’uomo annuisce.

     Scendono e visitano la cantina e la stalla.

     - Ecco, tutto qui. Ma loro sono in tanti. Sua moglie e cinque figli?

     L’uomo ride.

     - No, no. I bambini sono tre, gli adulti quattro.

     Rocco scuote la testa.

     - Allora siete davvero in troppi. La casa è piccola per quattro adulti e tre bambini.

     Un tempo ci sarebbero stati in dodici, ma oggi non è più così.

     - Sì, è vero, la casa è proprio piccola.

     In quel momento sentono le voci. Rocco comprende subito. È Francesco, che urla disperato. Urla il suo nome:

     - Rocco, Rocco!

     Rocco è già sulla strada e Francesco arriva di corsa e gli si getta tra le braccia, piangendo. Lo abbraccia forte, trema tutto e non riesce a parlare. Francesco è un omaccione corpulento, più alto di Rocco (che pure supera il metro e ottantacinque) e più vecchio di lui, ma adesso è un bimbo smarrito ed infelice.

     Rocco lo stringe tra le braccia, gli accarezza la testa e gli chiede:

     - Che cosa ti succede, Francesco?

     Francesco singhiozza inconsolabile. Dall’angolo sbuca Tina, la zia di Francesco, che vive a Torino.

     - Buongiorno, Tina.

     Rocco si accorge che, a sentire il nome della zia, Francesco si è messo a tremare ancora più forte. Rocco lo accarezza, gli sussurra di calmarsi. La donna sta arrampicandosi a fatica lungo il viottolo in forte pendenza. Prima ancora di arrivare al punto in cui si trova Rocco, gli dice:

     - Oh, Rocco, fagli intendere ragione tu.

     Rocco è di una generazione più giovane di Tina, che gli da’ del tu. Francesco è avvinghiato a Rocco e trema.

     - Che cosa è successo?   

     Tina si ferma, cerca di riprendere fiato.

     - Alla mia età, questo mi fa fare le corse… Rocco, adesso che anche suo cugino Luca è andato via, Francesco non può più stare qui, da solo. Francesco deve venire giù a valle. Diglielo anche tu, che te ti ascolta.

     Mentre la zia parla, Rocco sente che Francesco è scosso da brividi sempre più violenti. Rocco sa benissimo che cosa ha in testa la zia. Certo non di portare Francesco con sé a Torino. Lo metterà in un ricovero. Lo fa per il suo bene, ma strappare Rocco dalla sua casa, dai suoi monti, significa ucciderlo.

      Rocco abbraccia forte Francesco e si rivolge alla zia:

     - Siamo in due, qui. Io e Francesco ce la caveremo benissimo, anche questo inverno, vero, Francesco?

     Francesco annuisce, strofinando il viso dalla giacca di Rocco. Non riesce a parlare, non stacca il viso, nasconde gli occhi per non vedere.

     - Ma Rocco, sant’Iddio, lo vedi anche tu, com’è! Qui…

     - No, Tina, Francesco non può vivere da un’altra parte. Lui è sempre vissuto qui. Che vita farebbe in un… altro posto? Francesco non fa male a nessuno, tutti gli vogliono bene e quest’inverno a lui penserò io.

     Non è il primo inverno che Rocco si occupa di Francesco. In passato c’erano anche altri cugini, poi se ne sono andati, ma è arrivato Luca. Adesso non c’è davvero nessun altro, ma Francesco non ha bisogno di molto. Un po’ di affetto, un aiuto quando c’è qualche pratica da sbrigare, qualcuno che si occupi dei suoi soldi, pochi.

     Tina abbassa lo sguardo per nascondere le lacrime. Rocco sa benissimo che il dolore di Francesco brilla anche nei propri occhi.

     - Francesco, se te ne prendi cura tu, so che è in buone mani. Dio te ne renda merito. Dio sa che lo facevo per lui, non per me.

     Rocco accarezza ancora Francesco.

     - Calmati, adesso, Francesco. È tutto a posto. Nessuno ti porta via.

     Intanto sale anche il figlio di Tina, che doveva essere rimasto in auto ad aspettare, per non spaventare Francesco.

     Rocco si dice che un caffè servirà a spezzare la tensione.

         - Su, venite tutti a prendere un caffè. Venga anche lei e mi scusi.

     Si è rivolto allo sconosciuto che è rimasto tutto il tempo lì, in silenzio.

     Rocco accompagna in casa Francesco, che si sta calmando, e gli altri lo seguono. Mentre prepara il caffè, Francesco lo segue con lo sguardo, non lo lascia per un attimo. Ha gli occhi arrossati ed umidi, ma è più calmo.

     Bevono il caffè, parlano un momento. L’uomo rimane in un angolo, senza dire nulla.

     Poi Tina, il figlio e Francesco scendono. Questa sera Francesco verrà a cena da Rocco.

     Rocco si rivolge all’uomo.

     - Mi scusi, le abbiamo fatto perdere tempo.

     L’uomo sorride, un sorriso molto ampio, cordiale.

     - Mi sono reso conto di non essermi nemmeno presentato. Mi chiamo Antonio Tista.

     - Io sono Rocco Perotti.

     - In questo paese abitate davvero solo voi due? Lei e Francesco?

     - Sì, in inverno è così. Qualcuno viene ogni tanto, ma di rado. In estate ci sono i villeggianti: qualcuno che ha la vecchia casa di famiglia, qualcuno che affitta. Un sacco di gente. Anche troppa…

     L’uomo annuisce.

     - La casa mi piace molto. Quanto vuole?

     - Ma non è piccola? In sette…

     - Non staremo tutti insieme per sempre. Per incominciare va benissimo. Quanto chiede?

     Rocco fa un rapido calcolo mentale, pensando a quanto guadagna affittandola per l’estate. Due mesi, di fatto, di rado di più. Negli altri mesi sono solo spese di manutenzione, ma almeno dei piccoli lavori si potrà occupare quell’uomo. Dice la cifra che ricava per i due mesi estivi. Chiedere di più gli sembrerebbe troppo. Non è mai stato bravo a fare gli affari.

     L’uomo aggrotta la fronte.

     - Mi sembra tanto.

     Ora Rocco è irritato. Sa benissimo di aver chiesto poco.

     - È quanto prendo per i due mesi estivi.

     - Ma per il resto dell’anno la casa rimane sfitta.

     Rocco non capisce.

     - Certo, non li conto…

     L’uomo è ancora più perplesso, poi di colpo dice:

     - Vuole dire, mille l’anno?

     Rocco comprende l’equivoco e scoppia a ridere:

     - Pensava mica al mese? Manco fosse un appartamento a Torino!

     L’uomo sorride:

     - Allora mi sembra poco. C’è qualche magagna nascosta?

     Rocco si rabbuia e l’uomo riprende subito:

     - Mi scusi, è che mi ha disorientato. Non dubito di lei, ci mancherebbe. La cifra mi sembra molto bassa.

     Rocco sorride:

     - Avere un vicino è piacevole.   

     Adesso è l’uomo a rabbuiarsi.

     - Non è sempre così.

     Poi sorride e aggiunge:

     - Conto di essere un buon vicino.

     Parlano ancora, definiscono l’affitto dei pascoli.

     - Va bene, direi che è fatta.

     - Non pensa di farla vedere a sua moglie? Gli altri…

     - No, ho carta bianca.

     - Bene, allora sono contento di avere dei vicini. Quando contano di venire?

     - Io potrei venire mercoledì, così incomincio a sistemare la stalla e la cantina. La casa non mi sembra aver bisogno di grandi lavori. Poi potremmo trasferirci tutti, direi tra una quindicina di giorni. Le va bene?

     Rocco non si aspettava un trasferimento così rapido. Ma va benissimo.

     - Bene. Se ha bisogno di una mano, gliela darò volentieri. Qui d’inverno c’è ben poco da fare.

     Fissano gli ultimi dettagli per l’atto. Poi l’uomo stringe la mano a Rocco. Ha una stretta vigorosa e cordiale.

     Saluta e se ne va.

     Rocco riordina la tavola. C’è ancora il bicchiere di vino. Rocco sorride. Forse quest’inverno non ne avrà bisogno. Prende il bicchiere e beve, tutto d’un fiato. È un brindisi.

 

     La settimana successiva Antonio arriva. Svolgono le diverse pratiche per l’affitto della casa e dei pascoli e Antonio si installa nella sua nuova abitazione. Rocco gli dà una mano a mettere a posto la cantina e la stalla, che non sono state usate da tempo. Mentre lavorano, parlano poco. Francesco è sempre nei paraggi e Rocco mette a lavorare anche lui. Francesco è felice. Lavora con impegno, a lungo, poi, senza un motivo particolare, smette e si allontana.

     La sera Rocco invita Antonio e Francesco a mangiare da lui. Rocco sa cucinare bene: gli piace riprendere le vecchie ricette della sua valle. Cucinava spesso per Luca.

     Parlano, ma Rocco non pone mai domande personali: è riservato di natura ed anche Antonio non sembra particolarmente socievole. Scopre comunque che Antonio ha un’attività molto ben avviata, con un’estesa rete di contratti e di clienti. Forse se fosse stato al paese l’inverno precedente, avrebbe aiutato Luca a superare le sue difficoltà.

 

     Luca arriva sabato, quando Antonio è già partito. Luca non è di buon umore, patisce la città, l’ufficio, non è il suo ambiente. Si sfoga con Rocco e poi si scusa:

     - Sto in città e vengo anche a lamentarmi da te, che sei solo tra i lupi. Sono proprio uno stronzo, scusami, ma non ho nessuno con cui posso parlare. I miei…

     Luca alza le spalle. I suoi non hanno mai capito perché Luca ha deciso di tornare in montagna, due anni prima. Per loro la vita del pastore è solo miseria, da cui scappare.

     Rocco cerca di consolare Luca. Gli parla del nuovo vicino. Luca gli dice che può usare anche i suoi pascoli, se vuole, tanto…

     Rocco gli dice che magari, se il vicino davvero si rivela disponibile, forse anche Luca potrà riprendere… Molti discorsi rimangono in sospeso. Tra loro due non hanno bisogno di molte parole, sono molto legati, anche se Luca ha quindici anni in meno.

    

     I Tista arrivano il venerdì seguente. Sono davvero una tribù: oltre ad Antonio ci sono due donne, entrambe più giovani, un uomo, anche lui con una decina d’anni in meno di Antonio, e tre bambini, uno che avrà appena un anno e due più grandicelli. Rocco si pone alcune domande, ma le presentazioni di Antonio sciolgono i dubbi, salvo a porne qualcuno di nuovo:

     - Giovanni, mio fratello, e Carla, sua moglie, con i loro figli, Mattia e Greta. Tecla, mia sorella, con suo figlio Ernesto.

     Quindi manca un padre per Ernesto (ed un marito per Tecla), nonché una moglie per Antonio.

     Quella sera Rocco li invita tutti a cenare da lui, insieme a Francesco. Sembrano tutti persone simpatiche, di buon carattere. Solo Tecla è un po’ scostante, o almeno molto riservata.

 

     I bambini giocano per il paese abbandonato. Spesso entrano a casa di Rocco, che non se ne stupisce. D’estate sono tanti i bambini che si fermano davanti alla sua abitazione, il cortile tra le tre case è uno dei luoghi in cui più spesso i piccoli si ritrovano a giocare, qualcuno a volte gli chiede di raccontare una storia. Rocco conosce le leggende delle valli e le narra volentieri. I bambini ascoltano volentieri ed adesso anche Mattia e Greta si perdono nelle storie di Rocco, mentre il piccolo Ernesto gattona. Ogni tanto Carla o Tecla arrivano alla ricerca dei figli, chiedono scusa a Rocco per la loro invadenza, ma capiscono in fretta che a lui i piccoli non danno nessun fastidio e loro sono ben contente di non averli tra i piedi mentre sistemano la casa.

     Nei primi giorni, mentre sono tutti indaffarati a mettere a posto, Rocco invita più volte i vicini a cena, insieme a Francesco. I rapporti diventano cordiali, stanno bene insieme.

     Il sabato, quando Luca arriva, fa conoscenza con i vicini di Rocco, che ancora una volta li ospita a cena. Anche se prepara pasti semplici, la sua generosità ha un peso non indifferente sui suoi magri risparmi. Ma a Rocco non importa.

     Dopo cena, Antonio e Luca parlano a lungo. Rocco è seduto vicino a Francesco ed ai bambini e, su richiesta di Greta, racconta loro una storia. Ogni tanto lancia un’occhiata a Luca e nel suo sguardo assorto legge una speranza.

     Luca torna ogni fine settimana. Parla spesso con Antonio e, come sempre, si confida con Rocco. Vuole riprovare, questa volta, con l’aiuto di Antonio, è sicuro di farcela. Rocco lo spera con tutta l’anima. Vuole bene a Luca come a un fratello. Niente di più, non lo ha mai desiderato, ma farebbe tutto quello che può per lui.

     Antonio e Luca si danno del tu, Rocco invece del lei a tutti, tranne i bambini, naturalmente. Forse toccherebbe a lui proporre di passare al tu, è il più vecchio di tutti, escluso forse Antonio.

 

     La prima volta che Antonio porta le capre al pascolo, Rocco gli offre di accompagnarlo:

     - Se non le dà fastidio, verrei anch’io, così le indico con precisione i terreni che può usare.

     - Ma qui c’è qualcun altro che usa i pascoli?  

     - In quest’area sono tutti abbandonati, solo verso Borgo Alto ci portano ancora le vacche a pascolare.

     - E allora che problema c’è?

     Rocco scuote la testa.

     - Qui la gente è molto attaccata alla proprietà. Lascia che l’erba secchi, non mette piede sui propri terreni, ma se vede qualcun altro che li usa, subito protesta. Siamo montanari. Comunque non voglio darle fastidio…

     Antonio lo interrompe subito:

     - Non mi fraintenda. Mi fa molto piacere se viene con me. Davvero. E mi rendo conto del problema. Noi montanari siamo gente ben stramba.

     Salgono insieme. Rocco mostra i confini dei terreni. Il pascolo è abbondante e non dovrebbero esserci problemi.

     Parlano. Rocco teme di essere invadente, ma è evidente che Antonio è contento di averlo con lui. Passano insieme l’intera giornata. Antonio gli chiede molte cose del paese, della gente che ci abitava, di quelli che tornano per l’estate, dei villeggianti. Poi racconta a Rocco i motivi del loro trasloco: il successo delle sue attività aveva suscitato molta invidia tra la gente del paese, anche se in realtà aveva una ricaduta positiva, attirando compratori che poi acquistavano anche i prodotti di altri. Ma molti erano scontenti di vedere qualcuno che non stava solo uscendo dalla miseria, ma si stava arricchendo. Il clima era peggiorato, gli altri non volevano più affittargli i pascoli, c’erano stati sgarbi di ogni tipo ed infine Antonio aveva scelto di andarsene.

     C’è altro, Antonio non dice che cosa, ma dalle sue parole è evidente che ci sono stati anche altri problemi.

     A raccontarlo, qualche giorno dopo, è Tecla, che viene a sedersi in cortile di fianco a Rocco. È molto cambiata, ha perso completamente la sua diffidenza, con Rocco è cordiale, con Francesco è affettuosa.

     Rocco sta facendo fare qualche passo al piccolo. Scambiano due parole, poi, senza che Rocco abbia posto una domanda precisa, Tecla racconta. Una storia come tante, di un amore finito male, un uomo che si dilegua alla notizia della gravidanza. Ma la vicenda diventa un pretesto per colpire la famiglia, scherzi pesanti, allusioni volgari, insulti, per due volte Antonio e Giovanni sono sul punto di arrivare alle mani con i vicini. La situazione diventa insostenibile. Allora decidono di partire.

     Tecla conclude la sua storia. Rocco dice soltanto:

     - Grazie per avermelo raccontato.

     Non è sicuro di aver scelto le parole migliori, ma Tecla capisce e sorride:

     - Grazie a te, Rocco. Non sai che cosa vuole dire avere un vicino come te, dopo quello che ho passato.

     Tecla ha usato il tu e quella sera a tavola Rocco dice che potrebbero darsi tutti del tu. Passano al tu senza fatica.

 

     Qualche giorno dopo Luca ritorna a stabilirsi nel paese e compra alcune pecore. A volte Rocco lo accompagna al pascolo, stanno molto volentieri insieme, loro due. Rocco vorrebbe ritornare con Antonio, ma teme di essere invadente, non può imporsi. Una volta Antonio scherza e dice che adesso che c’è Luca, Rocco lo ha mollato da solo, a parlare con le capre. Rocco ride, ma risponde che se Antonio è stufo della conversazione delle capre, lui è disponibile a lasciare Luca a discutere con le pecore. Antonio sorride:

     - Se non ti scoccia, Luca, mi faccio davvero accompagnare da Rocco. Così mi aiuta a conoscere meglio la valle.

     Luca dice che le pecore sono l’ideale per un dialogo, perché non dicono mai di no, per cui non ha problemi. Rocco ed Antonio salgono al pascolo e parlano.

     Parlano della valle, del paese in cui Antonio viveva prima, delle attività di Antonio. Rimangono anche in silenzio, a loro agio. A metà giornata il caldo diviene intenso ed Antonio si toglie la camicia, restando a torso nudo.

     Rocco guarda quel corpo forte, massiccio, di chi è abituato ad un’attività fisica, con qualche chilo di troppo. Rocco è turbato, conscio del proprio desiderio, che si risveglia dopo un lungo sonno, che brucia dentro di lui.

     Nel primo pomeriggio Rocco torna al paese. Ha alcuni lavori da svolgere. Ma in testa ritorna l’immagine di Antonio. Non aveva pensato di dovere ancora fare i conti con questo. In qualche modo era convinto che non avrebbe più desiderato nessuno, come se a quarant’anni il corpo non avesse più certe esigenze.

     Chissà perché Antonio non è sposato. Dev’essere uno che si è sempre concentrato sul proprio lavoro, ma anche così... Ma che va a pensare? Rocco si vergogna di se stesso.

 

     È primavera ed arrivano i proprietari delle case, a fare le pulizie, per quando verranno il fine settimana o affitteranno ai turisti. Sanno già di Luca, sanno anche dei Tista: le notizie circolano. Sono un po’ diffidenti, ma i nuovi venuti stanno al loro posto, utilizzano solo i pascoli di Rocco. Non è male che ci sia qualcun altro, durante l’inverno, se dovesse succedere qualche cosa a Rocco o a Francesco. E poi se c’è più gente, magari i ladri gireranno alla larga.

 

     Luca ha ottimi rapporti con i Tista. A Rocco parla spesso di Tecla. Non è necessario che dica i suoi sentimenti, Rocco capisce benissimo. Pensa che sarebbe perfetto. Per Luca, per Tecla, per tutti. Ma non sa che cosa ne pensa Tecla. Anche con Luca è rimasta a lungo diffidente, poi si è aperta.

 

     L’estate si avvicina. Nei fine-settimana molte case sono occupate, ma oggi è mercoledì e a Santo Stefano ci sono solo loro. Sono tutti a casa di Antonio, dopo cena.

     Tecla e Luca sono seduti in un angolo. Luca dice qualche cosa. Tecla sta ridendo e nei suoi occhi brilla una luce. Rocco si dice che nella casa che ha affittato potrebbero esserci due persone in meno, tra un po’ di tempo. Gli altri staranno meno stretti.

     Rocco gioca con i bambini, Francesco è al suo fianco, come sempre. A volte gli sembra che Francesco sia davvero suo figlio.

     Giovanni e Carla sono seduti uno vicino all’altra, si guardano sorridenti. Rocco li guarda, lancia ancora un’occhiata a Tecla e Luca e d’improvviso avverte una fitta, che gli toglie il fiato. Angoscia pura, che sale dentro di lui. Perché, non saprebbe dire. O forse sì. La felicità di quelle due coppie ha spezzato una barriera e il dolore di Rocco sale e dilaga, incontenibile.

     Il suo sguardo smarrito gira per la stanza e incrocia quello di Antonio, che lo sta fissando, in piedi in un angolo, immobile. Rocco non riesce a distogliere gli occhi. Antonio si avvicina, gli prende i bambini, li porta, malgrado le loro proteste, dal fratello, poi si rivolge a Rocco:

     - Usciamo?

     Rocco annuisce. Si alza e segue Antonio.

     Antonio sale oltre le case, fino a un gruppo di alberi. La sera è fresca, ma nessuno dei due soffre il freddo.

     Antonio si ferma. Si appoggia a un tronco. È solo un’ombra tra le sagome degli alberi, ma gli tende le braccia. Rocco si avvicina, tremante. C’è stato un tempo in cui ha stretto un corpo tra le braccia, ma è un tempo lontano. Sono passati forse dieci anni. Rocco ha paura, gli sembra di non ricordare neppure come si fa.

     Antonio gli accarezza con il palmo una guancia, poi la destra passa dietro la testa di Rocco e la avvicina alla sua. La sinistra si posa sulla bocca di Rocco, ma quando i loro visi sono molto vicini, Antonio toglie la mano e le loro labbra si incontrano. È un bacio sulla bocca, Rocco non osa andare oltre, Rocco ha paura. Ma Antonio lo stringe a sé e il bacio diventa ardente, le loro lingue si incontrano e giocano a ritrarsi ed inseguirsi.

     Antonio allenta la stretta. Rocco si ritrae. Non sa come muoversi, vorrebbe accarezzare Antonio, ma le sue mani si rifiutano di obbedire, paure oscure lo bloccano, non si sente all’altezza.

     Sono le mani di Antonio ad accarezzarlo, a dirgli che non deve avere paura. Con cautela, quasi timoroso di far male ad Antonio, Rocco gli sfiora appena i capelli.  

     Antonio l’attira a sé, lo stringe. Ora che i loro corpi premono l’uno contro l’altro, che il desiderio cresce impetuoso, Rocco sente che un nodo si scioglie. Mormora:

     - Antonio!

     È una resa incondizionata. O forse un grido di vittoria.

 

     Più tardi, nella camera di Rocco, dopo che i loro corpi si sono incontrati e amati, Antonio sorride e dice:

     - Siamo in troppi, di là, anche adesso che Tecla se ne andrà. Mi affitti una camera?

     Rocco guarda il corpo nudo di Antonio steso accanto a lui e ride.

     - Va bene, mi sembra una buona soluzione. E se il letto nella tua camera ti sembra scomodo, puoi sempre venire a dormire qui.

     Antonio gli passa due dita, delicatamente, dal viso al ventre, in una carezza. Poi sorride e risponde:

     - Quel letto non intendo nemmeno provarlo. Affitto la stanza, ma dormo qui. Se non ti va bene… puoi andare a dormire tu di là. Ma ti avviso che ti seguo.

     Rocco si sente sommergere da un senso di pace. Guarda Antonio e gli dice:

     - Ti ho aspettato a lungo, Antonio.

     È vero, è così. Lo ha davvero aspettato, per tutta la sua vita.

     - Perché sei un pigro. Io non ti ho aspettato a lungo. Ti ho cercato a lungo. Ed alla fine ti ho trovato. Grazie a Francesco.

     - A Francesco?

     - Sì, quel giorno in cui sono arrivato. Stavo per andarmene, la casa era troppo piccola, in sette non è proprio possibile. Poi è arrivato Francesco in lacrime e ti ho visto con lui. Ho pensato che forse tu eri quello che avevo cercato a lungo, che avevo rinunciato a trovare.

 

2011

 

 

        

 

 

 

 

 

 

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