Un adulterio (o più d’uno)

 

Un adulterio7b

 

      - Io mi ritiro, ho ancora molte cose da fare.

      Il colonnello Bertrand de Saint-Rémy sorrise alla moglie, si accomiatò dagli ufficiali con un rapido cenno del capo e uscì dalla stanza. Dalla soglia lanciò ancora un’occhiata alla moglie, sempre sorridendo, ma non appena ebbe richiuso la porta, il sorriso scomparve, lasciando il posto ad un’espressione assorta, quasi cupa.

      Bertrand de Saint-Rémy si fermò nel corridoio, dietro la porta. Poteva sentire le voci che giungevano dalla sala, soprattutto quella squillante del tenente Bordière e quella grave e potente del maggiore Jumarre. Una serata allegra, una compagnia di ufficiali spensierati che fanno la corte alla moglie del colonnello. Una corte discreta, galanterie e niente di più.

      Così era per otto di loro, ma non per il nono. Chi era il nono?

      Che Louise lo tradisse, lo sospettava da tempo, ma aveva sempre preferito ignorare i troppi indizi che si andavano accumulando. Non sapeva che cosa fare.

      Da due mesi ormai si chiedeva quale partito prendere, come muoversi. Gli mancava la determinazione di cui aveva sempre dato prova sul campo di battaglia, quella che gli aveva permesso di diventare a soli trentasei anni colonnello. Gli mancava il coraggio, proprio a lui, che si era meritata una medaglia d’oro a solo ventiquattro anni e portava ancora alla spalla destra e su una guancia le cicatrici delle ferite ricevute.

          Era ridicolo, eppure avrebbe preferito trovarsi di nuovo ad affrontare i cannoni nemici.

      Ora però non poteva più tergiversare. Aveva già sbagliato a non agire subito. Ma aveva sentito la necessità di riflettere, di meditare. Aveva meditato fin troppo, senza concludere. La rivelazione del giorno precedente rendeva necessario passare all’azione. Non l’aveva cercata quella rivelazione, non l’aveva desiderata. Era rientrato al suo appartamento prima del previsto, non certo per sorprendere Louise, ma perché si erano resi necessari documenti che aveva lasciato nella sua scrivania. Avrebbe potuto mandare il suo attendente, Antoine, a prenderli, ma Antoine era impegnato altrove e il colonnello non voleva che altri mettessero le mani tra le sue carte: Antoine era l’unico di cui si fidava pienamente.

      Quando era rientrato, il panico della domestica di Louise lo aveva insospettito. I rumori che provenivano dalla camera da letto, la porta chiusa a chiave, lo smarrimento di Louise quando aveva dovuto cedere alle sue insistenze ed aprire la porta, il letto rassettato alla meglio, la finestra appena accostata, benché si fosse in inverno, tutto aveva confermato la prima impressione: Louise aveva ricevuto un uomo, era a letto con lui, ed all’arrivo di Bertrand l’uomo era fuggito dalla finestra.

      Bertrand avrebbe forse potuto scoprirlo, forzare la porta quando l’aveva trovata chiusa, correre in giardino quando aveva visto la finestra aperta, ma non aveva voluto togliersi ogni via d’uscita. Non aveva detto nulla a Louise, ma lei aveva capito.

      Ed ora, che fare? Era un marito tradito e questo feriva il suo orgoglio, ma nulla di più. Non aveva mai amato Louise, nonostante la sua bellezza. Non gli importava nulla di lei. Sposarla era stato un errore. Perché l’aveva sposata?

      Lo sapeva benissimo. Perché non ce la faceva più, aveva bisogno di spegnere l’incendio che lo divorava. Follia. Pura follia. Louise gli aveva permesso di tenere a freno i suoi desideri, soddisfacendo in qualche modo il bisogno fisico, ma non aveva spento le fiamme. Per arrestare l’incendio avrebbe dovuto allontanare Antoine.

      Antoine! Perché suo cugino morente gli aveva affidato quel ragazzo, sei anni prima? Perché non aveva nessun altro a cui potesse affidarlo, perché non poteva immaginare che cosa sarebbe successo. Non poteva supporre che il colonnello di Saint-Rémy si sarebbe follemente innamorato del figlio di un cugino che appena conosceva.

      Perché si era innamorato di Antoine? Lo sapeva benissimo: perché Antoine era così giovane, così aperto, così franco, così buono, così fedele. Perché, anche se non era bellissimo, aveva la bellezza della giovinezza, due occhi azzurri in cui Bertrand si perdeva ed un sorriso che avrebbe incantato un serpente. In più di un’occasione Bertrand aveva provato un violento desiderio di stringerlo, di abbracciarlo. Una volta aveva posato la sua mano su quella di Antoine. Antoine era arrossito e solo quel rossore aveva impedito a Bertrand di cercare di abbracciarlo.

      Per non cedere, per non perdere il controllo di sé, aveva fatto quella follia, aveva preso moglie, due anni prima, appena promosso colonnello, quando aveva capito che il vago desiderio si stava trasformando in una passione bruciante, che non era più in grado di frenare. Pazzia! Riusciva a placare i sensi, ma amava Louise pensando ad Antoine ed il suo amore per Antoine diventava ogni giorno più forte.

      Ne aveva fatto il suo attendente: una scelta suicida, perché lo aveva sempre al suo fianco. Una scelta obbligata, perché non poteva stare lontano da lui. Tutti apprezzavano l’attendente del colonnello di Saint-Rémy: intelligente, leale, sempre pronto a rendere servizio, di una fedeltà assoluta, e nessuno si stupiva che il colonnello non se ne separasse mai.

 

      Bertrand si disse che doveva smettere di pensare ad Antoine e concentrarsi su un altro problema: che cosa fare con Louise. Se aveva un amante, poco male. Ma se si fosse venuto a sapere? Gli dava fastidio fare la figura del marito cornuto e contento. Era colonnello e l’amante di Louise era certamente uno degli ufficiali con cui in questo momento lei si stava divertendo, nella sala. Altri uomini non frequentavano la casa. Un ufficiale, quindi un suo subordinato. Situazione fastidiosa.

     Se l’uomo si fosse vantato? Se Louise avesse commesso altre imprudenze? Se la cameriera avesse parlato? Non voleva essere al centro di pettegolezzi e chiacchiere. Come colonnello non poteva permettersi di essere deriso o compatito dai suoi subordinati.

      Doveva parlare con Louise.

      Per dirle che cosa? Minacciarla? Invitarla a essere più prudente? Estorcerle il nome dell’amante? Per farne che? Sfidarlo a duello? Un suo subordinato? Non era pensabile. Sarebbe comunque stato uno scandalo. Allontanarlo? Forse, ma non era una soluzione. E se Louise si fosse rifiutata di rivelare il nome?

      Aveva le idee maledettamente confuse.

 

      Decise di andare nello studio: come al solito avrebbe riflettuto alla scrivania. Entrò nell’ufficio e vide immediatamente la busta. Messa sulla scrivania, proprio al centro.

      Si avvicinò. Posò la candela sulla scrivania e guardò la busta.

      Non c’era indirizzo, niente. Sicuramente non c’era neanche firma. Una lettera anonima. Tutto procedeva più in fretta del previsto. Non poteva continuare a tergiversare.

      Si sedette e guardò ancora la busta. Poi la prese, l’aprì con il tagliacarte e ne estrasse un foglio. Conteneva solo due righe, scritte in stampatello. Più che sufficienti.

      COLONNELLO, IL SUO AIUTANTE

 ANTOINE MARAY INSIDIA SUA MOGLIE.

 

      Bertrand si abbandonò sulla sedia e chiuse gli occhi, preda di un dolore inumano, che gli toglieva il fiato e faceva battere il suo cuore all’impazzata.

      Antoine! Era Antoine! Come non pensarci prima, l’unico che potesse girare liberamente per casa sua. Antoine aveva l’età di Louise, ventidue anni. Antoine!

      Antoine! Antoine, l’attendente modello! Antoine, sempre disponibile, onesto, fedele, generoso, leale. Antoine! Antoine che lui amava tanto da doversi controllare quando erano insieme, per resistere all’impulso di accarezzarlo.

      Antoine, che lui aveva accolto come un figlio, Antoine che gli doveva tutto, Antoine!

 

      Rimase immobile, seduto sulla sedia, cercando di recuperare il fiato.

      Ora sapeva che cosa avrebbe dovuto fare.

      Scosse il campanello. Quando il domestico apparve, gli disse di chiamare il suo attendente. Antoine aveva una stanza di fianco all’appartamento del colonnello, raggiungibile senza uscire dalla casa, attraverso un corridoio. Sarebbe stato lì in un attimo. Bertrand controllò che la pistola fosse carica, poi la rimise nel primo cassetto.

 

      Antoine arrivò subito, sorridente, il solito sguardo franco. I serpenti sanno incantare le loro vittime. Lurido, schifoso, fottuto serpente. Gli avrebbe schiacciato la testa, gli avrebbe fatto sputare il suo veleno.

      - Mi ha fatto chiamare, signor colonnello?

      Non era una domanda. Non meritava una risposta.

      - Chiudi a chiave la porta e siediti.

      Antoine ubbidì. Spesso si sedeva su quella sedia, davanti alla scrivania di Bertrand. Non si sarebbe mai alzato da quella sedia.

      Bertrand taceva. Sapeva di dover agire, ma ora che Antoine era davanti a lui gli sembrava tutto più difficile.

      Dopo un momento di silenzio, Antoine disse, con un tono incerto:

      - Qualche problema, signor colonnello?

      Serpente, fottuto serpente.

      Bertrand aprì il cassetto. Tirò fuori la pistola e la puntò su Antoine. Lo guardò in viso. Era perplesso, ma non spaventato. Non capiva, non poteva sospettare. Oppure fingeva, sapeva fingere bene, quel fottuto serpente.

      - Nessun problema, solo che la tua vita finisce qui, ora. Sto per farti saltare il cervello, Antoine, e voglio che tu lo sappia.

      Antoine lo guardava. Si rendeva conto che lui non stava scherzando, ma non capiva. O fingeva.

      - Non capisco, signor colonnello.

      - Io credo che invece tu capisca. Comunque, com’è vero Dio, tra pochi secondi avrai un buco tra gli occhi.

      Antoine lo guardava, con un’espressione più di sofferenza che di paura.

      - Come lei vuole, colonnello. Può dirmi il perché?

      - Credi che non lo sappia? Credi che non sappia tutto?

      Il leggero rossore di Antoine fu la conferma che cercava. Ora poteva premere il grilletto. Antoine era arrossito. Quel fottuto serpente non era ancora così navigato da riuscire a controllare il proprio rossore. Non lo sarebbe mai diventato. Ora poteva aprirgli un bel buco in fronte.

      Antoine abbassò gli occhi. Ci fu un attimo di silenzio, poi Antoine lo guardò di nuovo negli occhi.

      - Merito la morte, per questo?

      La rabbia di Bertrand esplose, una rabbia fredda, che gli faceva accarezzare il grilletto, che dava alle sue parole quasi sussurrate la forza di un urlo.

      - Non meriti la morte, fottuto serpente? Ti ho accolto come un figlio, ti ho dato da vivere, e mi ricambi in questo modo?

      Negli occhi di Antoine vide un luccichio. Era meglio che sparasse, subito, che mettesse fine a quel dialogo, che schiacciasse quel bastardo prima che cercasse di ammaliarlo.

      Antoine abbassò gli occhi.

      - Non posso comandare ai miei sentimenti e se ritiene che io meriti di morire, mi uccida. Ma non ho fatto nulla…

      - Non hai fatto nulla, lurido porco, non hai fatto nulla, nulla?

      La sua voce era stata un ruggito e Antoine lo guardava smarrito.

      Bertrand si controllò e continuò, abbassando il tono di voce:

      - Insidiare mia moglie non è nulla? Cercare di portartela a letto…

      Non proseguì, perché negli occhi di Antoine c’era un tale stupore che non trovò più le parole.

      - Sua moglie…io… Io non ho mai insidiato sua moglie, non l’ho mai toccata con un dito. Non mi permetterei mai… Di questo mi accusa? Questa è la mia colpa?

      Bertrand tese il braccio con la pistola. Doveva farlo ora. Se fosse rimasto ad ascoltarlo, quel fottuto serpente lo avrebbe incantato.

      - È giunta la tua ora. Se può farti piacere, sappi che dopo averti ammazzato, mi ammazzerò anch’io.

      Perché glielo aveva detto? Perché? Che senso aveva?

      L’espressione di Antoine cambiò: lo sgomento lasciò il posto alla paura, all’angoscia.        

      - No, lei no, perché? Lei no!

      - Che cosa credi, fottuto serpente, che voglia affrontare un processo, spiegare perché…

      Antoine sembrava atterrito.

      - No, signor colonnello, no. La prego. Mi dia la pistola. Mi sparo io. Mi sparo io. Così non ci saranno indagini. Se vuole scrivo due righe. La prego. Non si uccida.

      Pensava che fosse tanto cretino da dargli la pistola perché lui potesse scappare o magari gli sparasse? Anche la lettera, per avere il tempo di fuggire. Lo credeva proprio così coglione? E continuava a insistere.

      - Signor colonnello, mi uccido io. Se davvero lei crede… è giusto che lo faccia io. Lei non deve andarci di mezzo. Mi dia la pistola. Le giuro sul mio onore che mi ucciderò subito, qui, davanti a lei.

      Perché non farlo? Il pensiero gli balenò per la testa. Perché non metterlo alla prova? Se Antoine gli avesse sparato, in fondo gli avrebbe fatto un favore: non desiderava altro. Tanto, se Antoine fosse fuggito dopo averlo ucciso, non sarebbe andato molto lontano. Lo avrebbero beccato. Se avesse cercato di scappare senza sparargli, lo avrebbe bloccato lui.

      E se si fosse sparato? Se davvero era deciso a fare questo per lui? Non era possibile, non poteva spararsi davvero, se l’avesse fatto, allora voleva dire che non mentiva…

      - Prendi questo foglio e scrivi due righe di addio.

      Porse un foglio e una busta ad Antoine. Intanto si alzò e si mise alle sue spalle. Antoine scrisse. Chiuse la busta e la posò sul tavolo. Si voltò verso Bertrand, che si era nuovamente spostato, mettendosi a lato della scrivania.

      - Sono pronto.

      Ora era calmo. Sul suo viso c’era solo una sfumatura di tristezza, ma non paura.

      Bertrand gli porse la pistola. Antoine la prese e se la puntò alla tempia.

      - Addio, signor colonnello. Sono innocente. L’unica mia colpa è di amare lei con tutto me stesso, anima e corpo, ma non me ne pento.

      Gli sorrise e prima che Bertrand avesse il tempo di capire, di parlare, premette il grilletto.

      Per un attimo Bertrand sentì lo stomaco contrarglisi, anche se sapeva quello che sarebbe successo: il clic dello scatto gli restituì la calma.

      Aveva fatto bene a togliere i proiettili mentre Antoine scriveva.

     

      Antoine premette il grilletto una seconda volta, poi posò la pistola e lo guardò, senza capire.    

      Bertrand chiuse gli occhi, respirò a fondo, poi li riaprì e parlò, guardando Antoine.

      - Ho svuotato il caricatore.

         Ora Antoine lo fissava, cercando una spiegazione.

     - Perdonami, Antoine. Mia moglie mi tradisce e una lettera anonima ti accusa. Sapevo del tradimento ed ho creduto alla lettera. Da chiunque altro l’avrei accettato, da te no. E non perché ti ho aiutato, ma perché non potevo pensare che la tua dedizione fosse solo falsità. E…

      Fece una pausa.

      - … perché anch’io ti amo, con tutta la mia anima e tutto il mio corpo e non ero geloso di Louise, ma di te.

      Antoine sbiancò in volto e barcollò. Bertrand temette che stesse per svenire.

      - È vero?

      - È vero. Alzati, Antoine.

      Antoine si alzò. Bertrand si avvicinò fino a che i loro corpi si sfiorarono. Poi gli prese la testa tra le mani e lo baciò. Mentre le loro bocche erano ancora unite, strinse Antoine tra le sue braccia. Lo sentì tremare. Era splendido rimanere così.

      Sciolse l’abbraccio e guardò Antoine in viso. Come aveva potuto dubitare di lui, insultarlo?

      - Perdonami per tutto quello che ti ho detto.

      Antoine scosse la testa.

      - Non ha importanza.

      Rimasero un attimo così, guardandosi, sorridendo, storditi di quell’immensa felicità che era piombata loro addosso, dopo l’angoscia di pochi minuti prima.

      Bertrand afferrò nuovamente Antoine, lo strinse a sé, lo baciò avidamente e le sue mani cominciarono a percorrere quel corpo, a spogliarlo. Antoine non opponeva nessuna resistenza, il suo corpo si piegava docile, in modo da facilitare Bertrand.

      Ora che la giacca e la camicia erano per terra, ora che Bertrand poteva carezzare la pelle di Antoine, non esisteva altro al mondo, se non quel desiderio violento che gli saliva dal ventre. E nel viso di Antoine leggeva un abbandono completo ed un piacere senza limiti.

      Presto Antoine fu nudo, davanti a lui. Bertrand aveva ancora indosso la sua divisa: Antoine lo aveva accarezzato spasmodicamente, ma le sue mani non avevano trovato il coraggio di fare ciò che le mani del colonnello stavano facendo a lui.

      - Spogliami, Antoine.

      Tremando, ma con gli occhi luccicanti di desiderio, Antoine cominciò a spogliare Bertrand. Sentire le mani di Antoine che gli sfioravano la pelle era una sensazione meravigliosa. Quando Antoine si inginocchiò davanti a lui e gli calò i pantaloni e le mutande, Bertrand gli vide negli occhi lo sgomento. Bertrand si disse che il giovane non doveva mai aver avuto rapporti e per un attimo si chiese se non fosse il caso di fermarsi. Temeva la violenza del proprio desiderio.

      - Lo vuoi, Antoine? Lo vuoi davvero?

      Antoine annuì. La sua bocca era a una spanna dal membro di Bertrand. Bertrand passò la sua mano dietro la nuca di Antoine e l’avvicinò alla propria erezione trionfale. Perse ogni volontà, avvolto nel calore umido di quella bocca, nella carezza vellutata di quella lingua, nella stretta delle mani che afferravano le sue natiche. Stava per venire.

      - Fermo.

      Allontanò la testa di Antoine, che alzò lo sguardo. In quegli occhi c’era smarrimento.

      - Scusami, Antoine, non riesco a controllarmi.

      - Qualunque cosa, colonnello, qualunque cosa.

      Le mani di Antoine continuavano a stringergli le natiche e in quella stretta, tanto forte da essere dolorosa, Bertrand leggeva il desiderio violento del ragazzo.

      - Alzati, Antoine.

      Antoine si alzò. Bertrand lo baciò ancora, delicatamente, poi lo voltò e lo guidò ad appoggiarsi a pancia in giù sulla scrivania. Ora aveva il culo di Antoine davanti agli occhi. Aveva paura di fargli male, ma non era più in grado di trattenersi. Si bagnò due dita e le passò tra le natiche. Le bagnò di nuovo e accarezzò l’apertura che gli si offriva.

      - Antoine.

      - Sì, colonnello, sì.

      Avvicinò la cappella alla piccola apertura. Gli avrebbe fatto male, lo sapeva, ma sapeva anche che Antoine lo desiderava. Con cautela si avvicinò, poi si ritrasse, poi si avvicinò e cominciò a spingere, forzando. Quando sentì che l’anello cedeva, si fermò un attimo, poi riprese a spingere. Si fermò più volte, in modo che l’ingresso avvenisse lentamente, ma quando infine fu dentro, sentì che non era più in grado di contenersi e cominciò a spingere con forza, mentre le sue mani percorrevano il corpo di Antoine e ne tormentavano i fianchi.

      Un’onda di piacere, immensa, quale non aveva mai provato, lo travolse in una serie di spinte vorticose. E mentre veniva dentro Antoine, sentì il gemito del giovane, un gemito che era quasi un rantolo, di piacere. Stava venendo anche lui.

      Rimase a lungo immobile, sdraiato su Antoine, le sue mani stringevano il corpo che aveva posseduto, al cui interno ancora si trovava. Non pensava che si potessero provare emozioni così forti.

      Si disse che Antoine non doveva essere in una posizione comoda. Si rialzò, estraendo il membro. Antoine gemette.

      - Ti ho fatto male, Antoine?

      - È stato bellissimo, bellissimo. 

      Antoine si era sollevato e ora si voltava verso di lui, il membro ancora turgido, tracce di seme sul ventre e sulla cappella.    

      - Sì, ma ti ho fatto male.

      - Tutti i giorni, tutte le ore, questo male.

      Bertrand lo avvicinò a sé, lo baciò. Rimasero a lungo così, i loro corpi aderivano, sul ventre Bertrand sentiva la tensione del sesso di Antoine, nuovamente teso. Avrebbe voluto sciogliere quell’abbraccio, affrontare il problema di Louise, ritornare al corpo di Antoine più tardi, con tranquillità, prenderlo con maggiore dolcezza, chiedergli scusa per averlo posseduto in quel modo, ma il bisogno imperioso si era di nuovo impadronito di lui.

      Con una brutalità che copriva il disagio per il proprio prendere, spinse Antoine sulla scrivania, questa volta lo fece stendere supino.

      - Mettimi le gambe sulle spalle.

      Antoine eseguì.

      Era bellissimo stare così, vedere il corpo di Antoine che gli si dava, sentire sulle spalle la pressione delle gambe. A pochi centimetri era nuovamente l’apertura.

      Bertrand sentì la tenerezza avvolgerlo e reagì con una battuta volgare:

      - La posizione ideale per mettertelo in culo.

      Si bagnò due dita e le infilò, senza delicatezza, nell’apertura che gli si offriva. Vide la smorfia sul viso di Antoine, ma anche la tensione di un piacere che non era meno forte del dolore. L’apertura era ben lubrificata.

      Doveva penetrarlo, ora, ma a vederlo così, davanti a lui, a vederlo sorridere, a vedere quegli occhi, gli sembrava che gli mancassero le forze. Per spezzare la catena della tenerezza, disse con brutalità:

      - Ora ti spacco il culo.

      Appoggiò e spinse, con forza, facendo penetrare fino in fondo il membro. Guardò Antoine, il viso deformato in una smorfia di dolore. Si ritrasse immediatamente.

      - Scusami, Antoine, non volevo…

      Antoine ansimava.

      - No, va bene, solo… Lo faccia di nuovo, solo… un po’ più piano.

      Bertrand entrò nuovamente, questa volta con cautela. Antoine gli sorrise, anche se c’era uno sforzo in quel sorriso.

      Bertrand inarcò il corpo, fino a che riuscì a baciare la bocca di Antoine. Poi si raddrizzò e cominciò a spingere. Sul volto di Antoine passavano ondate di piacere e di dolore, ma il piacere diventava via via più forte.

      Nuovamente vennero insieme e Bertrand guardò affascinato il getto che usciva dal sesso di Antoine e si spandeva su quel ventre candido.

      Avrebbe voluto baciare la cappella, ma in quella posizione era impossibile.

      Antoine gli sorrideva. Mormorò:

      - Grazie.

      Quando si ritrasse, Bertrand prese un fazzoletto e ripulì il ventre di Antoine, come una madre pulisce il figlio. Poi abbassò la testa e baciò il sesso. Passò la lingua sulla punta e sentì il sapore del seme.

 

      - Ora dobbiamo rivestirci.

      Bertrand cominciò, a malincuore, a rimettersi gli abiti. Quando ebbero entrambi indossato la divisa, Bertrand abbracciò Antoine e lo baciò. Avrebbe voluto tenerlo abbracciato per sempre, avrebbe voluto amarlo una terza volta, ma si disse che prima doveva risolvere un altro problema. Doveva sistemare quella faccenda.

      Forse Antoine avrebbe potuto aiutarlo.

      Si scostò e lo fissò negli occhi.

      - Adesso voglio risolvere questo problema. Antoine, hai un’idea di chi possa essere l’amante di mia moglie?

      Antoine si morse il labbro.

      - Forse,  signor colonnello, ma… che cosa vuole fare?

      Bertrand sorrise al “signor colonnello”, ma non disse nulla: quella sera gli avrebbe insegnato a chiamarlo Bertrand.

      - Niente di terribile, Antoine. A te potevo sparare, perché ti amo, ma di Louise mi importa poco e del suo amante ancora meno. Voglio solo difendere il mio buon nome.

      - Credo che sia il capitano Aubrevilly. È molto assiduo e in alcune occasioni l’ho visto parlare con la cameriera personale di sua moglie… Nessuna certezza.

      Bertrand annuì.

      - Va bene, Antoine. Va bene così. Adesso tu puoi andare. Più tardi verrò io da te: non ho finito con te, questa notte.

      Antoine arrossì, con un sorriso di gioia sul viso che avvampò.

      - Va bene, signor colonnello.

      Antoine si diresse alla porta. Bertrand lo richiamò.

      - Un’ultima cosa, Antoine.

      Antoine si fermò sulla porta, guardandolo.

      - Ti amo, Antoine.

      Antoine sorrise, un sorriso di gioia pura.

      - Anch’io l’amo, signor colonnello.

      Bertrand scosse la testa. Una lezione era meglio che gliela desse subito.

      - No, così suona male. “Ti amo, Bertrand”. Ridillo.

      Antoine arrossì nuovamente. Chinò la testa, confuso e per un momento Bertrand pensò che non gliel’avrebbe detto. Ma Antoine sollevò di nuovo lo sguardo e, sorridendo mentre arrossiva ancora di più, gli disse:

      - Ti amo, Bertrand, ti amo da morire.

      Aveva davvero rischiato di morire ed a quel pensiero Bertrand si sentì gelare. Ma il sorriso di Antoine sciolse il gelo.

 

      Sulla scrivania c’era la lettera scritta da Antoine. Bertrand l’aprì.

      Mi uccido perché non posso più vivere così. Nessuno ha responsabilità per la mia morte. Ringrazio il colonnello de Saint-Rémy per tutto ciò che ha fatto per me.

                                                              Antoine Maray

      Bertrand si disse che se davvero Antoine si fosse sparato, lui l’avrebbe seguito subito dopo aver letto la lettera.

 

      Quando Antoine fu uscito, Bertrand ritornò nella sala. Erano rimasti solo alcuni degli ufficiali e lo sguardo che gli lanciò Aubrevilly fu la prova che gli mancava. Disse a Louise che doveva parlarle e congedò gli ufficiali. Senza darlo a vedere, osservò Louise mentre gli ufficiali salutavano e colse lo sguardo di complicità tra lei e Aubrevilly.

      Non fu difficile far venire fuori la verità: Louise non si aspettava che Bertrand sapesse di Aubrevilly e, presa di sorpresa, confessò tutto. La lettera era un’idea dello stesso Aubrevilly, per stornare i sospetti, forse per provocare una reazione violenta che avrebbe messo Bertrand fuori gioco. Era mancato pochissimo che la manovra riuscisse.

      Con Louise stabilirono una separazione di fatto, che avrebbe reso ad entrambi una piena libertà. Louise sarebbe partita di lì a pochi giorni, il tempo di preparare i bagagli, con la scusa di problemi di salute dei genitori.

      Disse a Louise che avrebbe dormito nella stanza del suo attendente, dove c’era un secondo letto.

 

      Risolto il problema, Bertrand si diresse verso la camera del suo attendente. A trentott’anni il colonnello Saint-Rémy, medaglia d’oro al valor militare, distintosi per le più belle azioni nella guerra franco-prussiana, sentiva il cuore battergli da scoppiare.

      Entrò nella stanza senza bussare, con un gesto da padrone. Antoine risvegliava in lui una brutalità che lo stupiva, anche se intuiva che nasceva dall’esigenza di affermarsi come padrone per non diventare schiavo.

      Steso sul letto, Antoine dormiva e c’era un’innocenza così completa in quel sonno, che Bertrand si disse che si sarebbe steso per dormire nell’altro letto. Ma mentre si stava spogliando, Antoine si svegliò e lo vide.

 

2009

 

 

 

 

 

 

 

 

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