Una giornata di merda

 

Giornata8

 

Il cielo era sereno, ma il forte vento rendeva più sopportabile il caldo estivo. Per Peter, originario del Montana, l’estate texana era un incubo.

         Guardò il cielo, di un azzurro terso. Ad occidente però si vedevano nuvoloni neri, che avanzavano minacciosi. Probabilmente ci sarebbe stato un bel temporale: meglio, almeno la pioggia avrebbe rinfrescato l’aria.

Peter svoltò nella strada che conduceva alla fattoria di Dexter e sorrise. Sarebbe stato un gran giorno, quello, il giorno in cui finalmente l’avrebbe messo in culo a Dexter.

Erano mesi e mesi che lo desiderava, ma Dexter sembrava interessato solo alle donne. Eppure, Peter sospettava che anche gli uomini lo attraessero, in qualche modo. In città Dexter amava attaccare briga con altri e affrontare il suo rivale a pugni. Spesso si metteva contro uomini più forti di lui e più di una volta ne aveva prese tante da rimanere rintronato. Eppure, come Dexter stesso ammetteva, proprio quando le prendeva di più, gli veniva una voglia folle di scopare e si pagava una puttana con cui ci dava dentro per ore.

A Dexter piaceva parlare quelle notti folli, ma non per vantarsi: Dexter raccontava volentieri anche le risse, le botte prese, la volta che si era cagato addosso per i colpi. Lo divertiva ricordare quegli episodi e non nascondeva niente: a volte era di una sincerità disarmante.

Raccontarsi a Dexter piaceva. Almeno, con Peter lo faceva molto volentieri. Non con tutti, questo Peter l’aveva già capito: una volta, in presenza di due loro amici, lui aveva fatto riferimento a un episodio che Dexter gli aveva raccontato ed aveva scoperto che loro non ne sapevano niente.

Raccontare le botte prese, a Dexter non piaceva solo: lo eccitava. Questo Peter l’aveva notato due giorni prima, quando Dexter gli aveva rivelato la fine ingloriosa della sua ultima spedizione in città. Dexter era appoggiato allo steccato del toro, ricordava i dettagli e Peter, seduto di fianco a lui, guardandolo, aveva osservato nel profilo dei jeans l’evidente traccia di una prorompente erezione.

Allora aveva avuto l’intuizione: avrebbe sfidato Dexter a lottare con lui. Non sapeva con che pretesto, non occorreva neanche un pretesto: Dexter lo diceva chiaramente, che spesso attaccava briga senza nessun motivo, solo per la voglia di confrontarsi con uno che sembrava molto forte. E di farsi menare da lui: questo Dexter non lo diceva, ma era così. Peter avrebbe trovato una scusa per provocarlo o, semplicemente, lo avrebbe invitato a misurarsi con lui.

La posta in palio non sarebbero stati gli stivali (Dexter ne era ossessionato, lì in Texas c’era una vera mistica degli stivali, chi perdeva dava i suoi al vincitore: a Peter sembravano tutte cazzate). La posta in palio sarebbe stata indeterminata, quello che il vincitore avrebbe voluto. Peter era sicuro che Dexter avrebbe accettato, anche se lui era più grosso e più forte. Avrebbe accettato proprio perché lui era più grosso e più forte. Per farsi menare.

E poi Dexter avrebbe scoperto che la posta in gioco era il suo bel culo. Ma non si sarebbe tirato indietro, perché Dexter, anche se era un ladro di bestiame, non si rimangiava mai la parola data. Peter lo avrebbe inculato e Dexter avrebbe goduto, perché in fondo doveva volere proprio quello, anche se non lo sapeva. Bene, l’avrebbe scoperto, quel giorno stesso.

Peter arrivò in vista della fattoria. Il furgone di Dexter c’era. Bene, Dexter c’era. Era fatta. Quel giorno il culo di Dexter avrebbe provato qualche cosa di nuovo, qualche cosa che era già pronto all’uso, nei pantaloni di Peter. Perfettamente pronto. Peter aveva il cazzo tanto teso, che avrebbe potuto sfidare immediatamente Dexter. Ma doveva prendere un po’ di tempo. Non poteva scendere dalla macchina e dirgli, appena lo vedeva: - Facciamo a botte?

Fermò l’auto vicino al furgone di Dexter e scese. Non si vedeva nessuno. Chiamò:

- Dex! Dex!

      Dexter uscì dalla stalla. Era a torso nudo, come sempre, ed era splendido. Non doveva avere più di venticinque anni e c’era nelle forme, già perfettamente mature, del suo corpo, una vaga traccia di un’adolescenza non lontana. Peter non avrebbe saputo dire che cosa suggeriva questa impressione: le spalle larghe, di chi è abituato ai lavori manuali, le braccia possenti, la leggera peluria bionda intorno ai capezzoli, la corta barba e i folti baffi, anch’essi biondi, tutto rimandava l’immagine di un adulto vigoroso. Ma, forse nel culo stretto, nell’azzurro impertinente degli occhi, nel sorriso ironico, c’era ancora un Dexter più giovane, ragazzo, che a Peter piaceva da impazzire.

      Dexter gli sorrise. Era sempre contento di vederlo e non lo nascondeva. Ecco, forse anche quello faceva parte della giovinezza di Dexter: la sincerità dei sentimenti. Anche a Peter Dexter piaceva, come Dexter avrebbe presto scoperto. E non solo fisicamente, ma questa era un’altra faccenda.

      - Che piacere, Peter! Come mai qui?

      - Avevo voglia di fare due chiacchiere con te. Stai lavorando?

      - Sì. Sistemo il fieno.

      - Ti do una mano.  

      Nella scuderia c’era l’odore acre del piscio dei cavalli. A Peter piaceva. Si tolse la camicia e l’appese ad un gancio, per essere più libero nei movimenti.

      - Direi che sei arrivato al momento giusto: in due faremo molto più in fretta.

      Si misero a spostare le balle di fieno, scambiando quattro chiacchiere. Peter non voleva attaccare briga subito, per cui lasciò che la conversazione procedesse liberamente. L’eccitazione diminuì.

      Quando avevano quasi finito il lavoro, Peter decise di passare all’attacco. Accelerò il ritmo del lavoro. Ben presto furono tutti e due sudati come maiali. Peter osservava il torace di Dexter, su cui scivolavano gocce di sudore sempre più frequenti. Quel corpo lucido di sudore accendeva il suo desiderio e sentì che il cazzo gli si tendeva di nuovo.

      Mentre gli passava l’ultima balla di fieno, Dexter gli chiese:

      - Ma che ti è preso? Ti sei messo a lavorare come un forsennato.

      Peter rise.

      - Sei tu che non riesci a starmi dietro. Non hai il fisico!

      Dexter scoppiò a ridere. Non era certo abituato a sentirsi dire che non aveva il fisico, lui che aveva un corpo da atleta. E da fotomodello.

      - Hai una bella faccia tosta, tu!

      Peter gli sorrise e preparò il terreno. Non voleva litigare con Dex, no, sarebbe stato ingiusto, voleva che anche la sua sfida fosse un gioco. Anche mettergli il cazzo in culo doveva essere un gioco, un gioco tra due amici, due maschi vigorosi. Anche se per lui non sarebbe stato davvero un gioco, perché Dexter gli piaceva troppo.

      Ridendo, si rivolse a Dex:

      - Secondo me, sei una mezza sega, anche se hai le spalle larghe.

      Dexter sorrise, ma era solo più un mezzo sorriso:

      - Ehi, ehi! Non ti sembra di esagerare?

      Peter rispose con un sorriso pieno, non voleva offendere Dexter, né ferirlo:

      - No, no, lo sei. Credo proprio che potrei stenderti in cinque minuti.

      Cinque minuti era un tempo ragionevole. Peter sapeva benissimo di essere un Ercole, i suoi pugni erano micidiali e inoltre sovrastava Dexter di almeno dieci centimetri.

      Dexter sorrise, un po’ incerto. 

      - Mi stai sfidando?

      Peter annuì. Dexter sorrise di nuovo appieno.

      - Mi sa che perderò un altro paio di stivali, ma te li farò sudare.

      - Quanto a sudare, ho già sudato abbastanza. E quanto ai tuoi stivali, che vuoi che me ne faccia? Hai due numeri in meno!

      - E allora? Che cosa mettiamo in palio? Se non c’è niente da vincere, non mi diverto.

      Era il momento. Peter guardava il sorriso di Dexter e per un attimo si vergognò, ma era deciso ad andare avanti.

      - Lo decide chi vince. Fa quello che vuole dell’altro. Ci stai?

      Dexter annuì.

      - Va bene, affare fatto.

      Peter chiese:

      - Quali sono le regole?

      - Diciamo che vince chi mette K.O. l’altro o lo blocca a terra. Solo pugni e braccia, niente pedate. D’accordo?

      - D’accordo. Va bene qui?

      Nella scuderia c’era un ampio spazio, dove prima c’era il fieno che avevano sistemato.

      Dexter annuì di nuovo e si misero in posizione, uno di fronte all’altro, leggermente piegati in avanti, le braccia contratte, i pugni chiusi.

      Peter aspettava tranquillo. Dexter era senz’altro più veloce, ma meno forte. E la velocità gli sarebbe servita a poco. Dexter si scagliò su di lui, cercando di colpirlo con due pugni allo stomaco, ma Peter li intercettò. Non fece in tempo a rispondere, perché Dexter si ritrasse subito. Peter fece due passi avanti e Dexter avanzò di nuovo, cercando di prenderlo al viso, Peter mise un braccio a parare il colpo e con il sinistro tirò un pugno formidabile, che sfiorò appena Dex. Dexter si ritrasse rapidamente, ma non fu abbastanza veloce: Peter avanzò e tirò tre colpi, in rapida successione. Dexter scansò i primi due, ma il terzo lo prese al ventre, costringendolo a piegarsi in due per il dolore. Peter gli saltò addosso e lo spinse a terra, bloccandolo con il proprio peso.

      Dexter cercava di liberarsi, ma non aveva più nessuna possibilità: Peter pesava un quintale e premeva su di lui.

      Era bello premere sul corpo di Dexter, quel corpo che presto gli sarebbe appartenuto. Sentiva il calore di quella schiena sudata, la consistenza di quel culo su cui poggiava il ventre. Sentiva l’odore di sudore, di maschio giovane. Ce l’aveva duro più che mai ed era il momento di usarlo.

      - Ti arrendi?

      Dexter rise:

      - Ho qualche altra scelta?

      Peter lo mollò e si alzò. Anche Dexter si rimise in piedi, sorridendo.

      - Pesi come un trattore, tu!

      - Può darsi, comunque questo trattore ti ha schiacciato. In meno di cinque minuti.

      Dexter annuì.

      - O.K. Hai vinto. Che cosa vuoi?

      Peter sorrise. Senza rispondere si tolse gli stivali, poi i pantaloni e le mutande. Il grosso cazzo, liberato dagli indumenti, svettò e gli batté contro la pancia. Dexter lo guardò, un’espressione sbalordita stampata in faccia.

      - Direi che il premio della mia vittoria è il tuo bel culo.

      Dexter respirò a fondo, lo guardò smarrito, in faccia, quasi cercando una conferma che si trattava solo di uno scherzo. Scosse la testa un attimo, fissò ancora Peter in faccia, poi il suo sguardo scese all’arma di Peter, bell’e pronta, e annuì.

      Si spogliò completamente.

      - Lì, su quella balla di fieno. Andrà benissimo.       

      Dexter annuì di nuovo, poi si scosse, sorrise, un mezzo sorriso incerto, che tradiva la sua confusione:

      - Va bene, hai vinto.

      Poi il suo sorriso divenne più spontaneo e impertinente.

      - Ma ti prendi quel che trovi…

      Peter intuì.

      - Se devi cagare, posso aspettare…

      Il sorriso di Dexter si allargò ancora, decisamente sardonico.

      - Io non ho nessuna urgenza. Lo faccio dopo. Mi verrà meglio...

      A Peter non è che piacesse l’idea di riempirsi di merda, ma non è neanche che gliene importasse più di tanto. L’acqua non mancava, c’era la pompa in cortile, si sarebbe lavato.

      - Va bene, stenditi.

      Il sorriso scomparve dal viso di Dexter, che si stese a pancia in giù sulla balla di fieno.

      Peter accarezzò quel culo splendido, che aveva desiderato a lungo. Aveva una voglia folle di entrare prepotentemente, ma non voleva fare male a Dexter. E voleva assaporare il momento. Le sue mani forti risalirono lungo le cosce di Dexter, poi lungo la schiena, fino ad arrivare al collo. La destra passò leggera sul collo, indugiò sulla nuca e scompigliò i capelli di Dexter. Poi le sue mani ridiscesero lungo quel corpo caldo, madido di sudore.

      Peter si inginocchiò e morse leggermente il culo di Dexter, più e più volte, in posti diversi, lasciando piccoli segni rossi che rapidamente scomparivano. Dexter sussultava ogni volta e quel brivido eccitava ancora di più Peter.

      Rimanendo in ginocchio, portò due dita tra le gambe di Dexter, stuzzicandone i coglioni, poi le due dita risalirono e passarono lievi lungo il solco tra le natiche, una e due volte. Si inumidì le dita con la saliva e le passò nuovamente tra le natiche, premendo leggermente sull’apertura. Sentiva il corpo di Dexter vibrare e non sapeva se fosse di piacere o di paura.

       Si alzò e guardò quel culo snello, appena coperto da una leggera peluria bionda. Il desiderio premeva. Inumidì bene l’apertura, poi, facendo entrare appena la punta di un dito, inumidì anche l’interno. Avvicinò l’arma a quell’apertura, mise le mani sulle natiche di Dexter, le allargò e sorrise. Con delicatezza, molta delicatezza, spinse il cazzo fino a che la cappella non forzò lo sfintere. Poi si fermò.

      Le sue mani sul culo di Dexter avvertivano la nuova tensione di quel corpo, che si stava abituando ad una presenza estranea. L’idea che il culo di Dexter era vergine, lo eccitò ancora di più, se ancora c’era spazio perché la sua eccitazione crescesse.

      Aspettò che Dexter si rilassasse e poi avanzò leggermente. Vedere il proprio cazzo entrare in quel culo era una delle sensazioni più forti della sua vita.

      Quando fu a metà strada, accarezzò nuovamente il culo di Dexter, più volte, cercando di contenere l’impulso a spingere subito fino in fondo, a imporre il suo marchio su quel corpo. Le sue carezze divennero sempre più ruvide, perché il desiderio premeva, fino a che cedette e, con lentezza, completò l’operazione.

      Dexter emise un gemito quando l’arma di Peter, notevole per lunghezza e stazza, arrivò fino in fondo. Peter si ritrasse leggermente, poi avanzò di nuovo. Il corpo di Dexter era in tensione e Peter incominciò ad accarezzarlo, lentamente, pizzicandogli ogni tanto il culo, una guancia. Poi la sua mano passò davanti, si infilò tra il fieno e il torace di Dexter, scese sul ventre, dove trovò il cazzo di Dexter, che aveva già alzato la testa. Non si era sbagliato: Dexter stava scoprendo di godere a essere infilzato.

      E lui l’avrebbe fatto godere davvero, fino in fondo.

      Si diede a spingere con decisione, avanti e indietro, imprimendo al culo un vigoroso movimento a stantuffo. Dexter gemeva, ma nella mano Peter sentiva che l’eccitazione dell’amico andava crescendo.

      Era bellissimo avanzare e arretrare in quel culo caldo, stretto, sentire il proprio cazzo scorrere contro quelle pareti di carne che si dilatavano al suo avanzare, per poi ritrarsi. Avrebbe voluto sussurrare a Dexter che gli piaceva da impazzire, ma temeva di irritarlo. Quello che stavano facendo doveva rimanere un gioco, un gioco brutale, di maschi in calore, ma pur sempre un gioco. Temeva che Dexter reagisse negativamente a una dichiarazione d’affetto.

      Sentì che nei coglioni la tensione saliva, che nel suo ventre qualche cosa si dilatava e l’ondata di piacere crebbe fino a travolgere le resistenze. Spinse, con forza e senza più pietà, incurante di ciò che poteva provare Dexter, spinse con tutte le sue forze, con un ritmo sempre più rapido, mentre il suo corpo era attraversato da scariche elettriche che lo incendiavano. La tensione si sciolse in una corrente che furiosa lo travolse ed il suo corpo sembrò sciogliersi nel seme che penetrava nelle viscere di Dexter.

      Cadde riverso sul corpo di Dexter, ma la sua mano destra incominciò a scorrere rapida intorno alla calda preda che stringeva, fino a che sentì il cazzo di Dexter vibrare ed un gemito violento uscire dalla bocca, mentre il seme si spargeva.

      Aspettò che il battito frenetico del suo cuore si calmasse, poi, a malincuore, si alzò. Ritirandosi vide che, come Dexter gli aveva annunciato, aveva il cazzo un po’ sporco di merda. Non aveva importanza. Non cambiava nulla: era stato bellissimo.

      Anche Dexter si alzò, ma non si voltò subito verso di lui.

      - Come va? Tutto bene?

      Dexter si girò e lo fissò negli occhi. Non sorrideva, mentre gli rispondeva:

      - Sì, tutto bene. Soddisfatto, ora?

      C’era una tensione, un’ostilità latente, nella sua voce. Peter si stupì. Dexter era venuto, aveva goduto insieme a lui. Viveva così male il fatto di essere stato inculato? Forse, forse lì in Texas, con quel mito del vero maschio… A Peter piaceva prenderselo in culo, se l’altro ci sapeva fare. Piaceva parecchio. E non gli sarebbe dispiaciuto offrire il culo a Dexter, per niente. Ma Dexter non sembrava essere nello spirito giusto.

      A Peter spiaceva. Teneva a Dexter, molto di più di quanto non fosse disposto ad ammettere. Non gli piaceva solo il corpo di Dexter. Gli piaceva Dexter. 

      - Sì, io sono soddisfatto. E tu?

      - Io non devo essere soddisfatto. Eri tu che mi hai sfidato ed hai vinto. Hai avuto quello che volevi. Puoi anche andare, ora.

      Peter chinò il capo. Avrebbe voluto rimanere, parlare con Dexter, se se ne fosse andato in quel momento, non avrebbe potuto ritornare. Non dovevano lasciarsi così.

      - Mi mandi via?

      Dexter lo guardò senza dire nulla.

      Peter riprese a parlare:

      - Dex, non te la prendere. È stato un gioco tra amici. Abbiamo goduto tutti e due e non è successo nulla.

      Dexter lo fissò ancora un buon momento, poi si voltò e uscì dalla scuderia, senza neppure rivestirsi. Peter lo seguì e gli mise una mano sul braccio.

      - Dex, per favore…

      Dexter si voltò rabbioso:

      - Che cazzo vuoi ancora? Mettermelo in culo un’altra volta?

      Peter era sempre più disorientato. Perché quella violenza?

      - E che cazzo, Dex! Manco ti avessi tagliato la gola…

      - È meglio che tu te ne vada, Peter, meglio per te.

      - Perché, se non me ne vado, che cosa fai? Mi meni?

      Aveva detto una cazzata, non doveva rispondere così, Dexter era già nervoso, stava solo peggiorando la situazione. Dexter lo squadrò freddamente. Poi parlò:

      - Se vuoi rimanere, facciamo un’altra sfida, ma nel modo che dico io.

      Peter non capiva, ma non voleva spezzare quel legame. Meglio guadagnare tempo.

      - Va bene, come vuoi. Accetto la sfida.

      - Alle condizioni che stabilisco io?

      Accettare alla cieca era un rischio, Dexter voleva vendicarsi. Ma Dexter aveva accettato alla cieca la posta in palio per la lotta. Peter non poteva tirarsi indietro. Perché era un uomo. E perché non poteva essere sleale con Dexter.

      - D’accordo. Quello che vuoi.

      - Va bene, aspettami qui.

      Dexter si diresse alla porta della casa. Peter rimase nel cortile. Sollevò gli occhi al cielo e vide che si stava rapidamente coprendo. L’azzurro si era ridotto a qualche lembo sparso e nuvole sempre più scure premevano ad oriente.

      Peter si guardò il cazzo ancora un po’ gonfio, con la cappella sporca. Alzò le spalle. Si sarebbe lavato dopo.

      Sentì la porta aprirsi e sollevando lo sguardo vide Dexter che veniva verso di lui con due cinturoni e le pistole. Aprì la bocca, ma la richiuse, senza dire nulla. Era una gara di tiro al bersaglio? Peter era bravo a mirare, ma Dexter era senz’altro più forte: abituato a maneggiare pistole fin da ragazzino, con in testa il mito dei cow-boy, si divertiva ad imitare gli eroi dei western, estraendo la pistola in un lampo, e non mancava mai il bersaglio. Sia che si trattasse di una gara di velocità, sia che si trattasse di una gara di precisione, Peter non aveva nessuna speranza. Meglio così, Dexter lo avrebbe vinto e magari lo avrebbe inculato. Pareggiati i conti, avrebbero potuto partire su un altro piano. Lui gli avrebbe chiesto scusa per averlo sfidato a un duello sleale, per ottenere quello che voleva, avrebbe ammesso che Dexter aveva fatto benissimo a rendergli la pariglia. E poi avrebbero riso tutti e due e sarebbe stato l’inizio della loro storia. Perché lui voleva una storia, con Dexter, non una scopata rapida, mordi e fuggi. Lui voleva una vita, con Dexter. Mentre se lo diceva, se ne rese conto per la prima volta e rimase sbalordito. Amava Dexter, questa era la verità. Realizzarlo così, in quel momento, lo lasciò sbigottito. 

      Dexter appoggiò i due cinturoni sullo steccato del recinto del toro.

      - Bene, questo è il nostro secondo, e ultimo, duello. Le regole credo che tu le conosca benissimo. Ci mettiamo i cinturoni e ci affrontiamo, a venti passi l’uno dall’altro. Chi estrae la pistola per primo spara, sei colpi da qui –e indicò la base dello sterno- a qui -ed indicò la base del cazzo- poi un colpo al cuore o in testa o dove cazzo vuole, per finire. 

     Peter lo guardò senza replicare. Sperava che Dexter scherzasse, ma il tono non sembrava lasciare nessun dubbio. Dexter voleva davvero sfidarlo o, per essere più esatti, Dexter voleva ucciderlo, perché, prima che Peter estraesse la pistola, Dexter lo avrebbe colpito almeno due o tre volte. E poi Peter non avrebbe estratto più nessuna pistola. Avrebbe solo aspettato i colpi.

     Una tristezza di piombo precipitò su Peter. Amava Dexter e Dexter lo avrebbe ucciso. Guardò Dexter, che sembrava del tutto indifferente, come se non stessero parlando delle loro vite, ma di marchiare un vitello.

         Le parole non gli salivano alla bocca. Annuì.

         - Prima però scaviamo la fossa.

      Peter aprì la bocca, ma non c’erano parole che avesse senso dire. Richiuse la bocca e tacque.

      Dexter andò a prendere due pale.

      - Vieni, spostiamo l’abbeveratoio. Così poi, una volta sistemato il cadavere, si rimette sopra e nessuno se ne accorge.

      Una rabbia sorda saliva in Peter. Nei confronti di Dexter, che l’avrebbe ucciso perché gliel’aveva messo in culo. Nei confronti di se stesso, che si era cacciato in quella situazione.

      Svuotarono l’abbeveratoio, poi lo spostarono. Dexter delimitò lo spazio che la fossa avrebbe occupato ed incominciò a scavare ad un’estremità. Peter si mise all’altra. Lavorarono a lungo, in silenzio. Anche nella testa di Peter sembrava essersi fatto il silenzio.

      Poi i pensieri ripresero a correre all’impazzata. Che senso aveva, quello che stava facendo? Nessuno. Sarebbe morto, entro una mezz’ora, in un modo atroce, per essersi sporcato il cazzo di merda nel culo di Dexter, questo era. Ma se questo era quello che Dexter voleva, andava bene così. Se l’uomo che amava voleva ucciderlo, allora andava bene, non gliene fregava niente di niente, che andasse a fare in culo!

      Ormai avevano scavato un bel po’ e il bordo della fossa arrivava quasi all’altezza dei fianchi. Quanto voleva scavare, Dexter? Per lui non cambiava molto, marcire a due metri di profondità o appena sotto il livello del terreno. Poteva anche lasciarlo agli sciacalli, per quello che gliene fregava.

      Si voltò verso Dexter, per chiedergli se era abbastanza. Dexter gli dava la schiena e Peter sentì un desiderio sordo assalirlo, il desiderio di godere ancora una volta di quel corpo. Dexter non poteva ucciderlo due volte, tanto valeva…

      Aspettò che Dexter si fermasse un attimo, poi fece un passo ed afferrò Dexter, cingendogli le braccia e la vita con le proprie braccia, in modo da bloccarlo. Dexter non oppose resistenza. Rimase immobile e chiese:

      - Che cosa vuoi?

      - Fotterti. Il tuo culo una volta sola non è abbastanza per la vita. Me lo devi dare una seconda volta.

      Mille altre cose avrebbe voluto, ma aveva rinunciato ad ottenerle. La voce di Dexter era fredda, indifferente.

      - Va bene, ma pagherai un sovrapprezzo.

      Anche la sua voce uscì fredda, ma la rabbia vibrava.

      - Non ne dubito, so che vendi cara la tua merce; hai ragione, è preziosa.

      Spinse Dexter contro il bordo della fossa, senza incontrare resistenza. Lo forzò ad appoggiarsi sul bordo. Guardò ancora quel culo vigoroso e snello, forte e giovane e si disse che forse valeva anche la vita, anche se sapeva che non era vero. Quello per cui avrebbe dato anche la vita era Dexter, non il culo di Dexter.

      Bagnò appena l’apertura. Non era più il caso di andarci con tante cautele, pagava per quel culo e pagava un prezzo alto. Eppure non voleva fare male a Dexter, perché, anche se la rabbia lo assaliva al pensiero della morte che lo aspettava, sapeva di amarlo.    

      Appoggiò le mani sul culo e divaricò leggermente le natiche. Osservò quell’apertura che infiammava il suo corpo e capì di essere già pronto. Avevano scavato un bel momento nell’afa di agosto ed erano tutti e due sudati fradici. L’odore di sudore fresco di Dexter lo eccitò ancora di più.

      - Arrivo!

      E, con una certa cautela, si affacciò all’ingresso. Poi spinse fino in fondo.

      La sensazione di calore e di benessere fu tanto forte da fargli dimenticare che stava per morire. Si ritrasse e spinse nuovamente a fondo, per assaporare il momento in cui la sua carne forzava quell’altra carne. Non aveva mai provato un piacere così intenso ed andava bene: prima di morire, era giusto che godesse come non aveva mai fatto. In quella fossa in cui ora scopava, il suo cadavere sarebbe marcito e quell’uomo che ora accoglieva il suo cazzo, lo avrebbe ucciso. Senza dargli il tempo per riflettere, senza obbedire ad un ordine della sua testa, le sue mani scivolarono in avanti, fino ad afferrare il cazzo di Dexter. Non era ancora rigido, ma stava tendendosi.

      Peter massaggiò ruvidamente il cazzo di Dexter, la sua mano strapazzò un po’ i coglioni, poi risalì per accarezzare ancora l’arma tesa. Voleva venire insieme a lui, ma la sua mano fu troppo abile o Dexter troppo impaziente, perché sentì lo sborro di Dexter tra le dita prima di essere giunto al culmine. Allora incominciò a spingere con violenza, fino a che il piacere deflagrò, scagliandolo lontano, in un paradiso ansimante.

      Si appoggiò stordito su Dexter; le sue mani, confuse, accarezzarono il corpo su cui si era abbandonato, risalirono fino al viso, ma a quel punto si rese conto della situazione ed allora si alzò. Gli costò abbandonare il contatto con quel corpo, con il corpo del suo assassino, del suo amore.

      Aveva il cazzo più sporco di prima, ma davvero non aveva importanza.

      Dexter si voltò verso di lui e, con un viso indifferente, gli disse:

      - Questo vale altri sei colpi: due al cazzo, due ai coglioni e i due finali in culo.

      Peter arretrò e, senza dire una parola, riprese la pala e si rimise a scavare. Non c’era nulla da dire.

      Dopo una mezz’ora, quando ormai il cielo era divenuto plumbeo e il bordo della fossa gli arrivava alla cintola, Dexter disse che era abbastanza.

      - Riempi quattro secchi d’acqua e vuotali nella fossa.

      Peter aveva svuotato tre secchi, quando Dexter tornò con un carretto pieno di letame. Peter lo guardò senza capire.

      - Letame, un po’ di merda aiuta la decomposizione. L’acqua serve per renderla di nuovo come fresca.

      Peter lo guardò, senza replicare. Non aveva più parole, da tempo. Andò a prendere il quarto secchio d’acqua. Quando lo svuotò nella fossa, dove Dexter aveva già rovesciato il contenuto del carretto, vide che il letame formava uno spesso strato semiliquido.

      Dexter andò a mettersi un paio di stivali lunghi fino alla coscia e scese nella fossa. Il letame gli arrivava fin oltre le ginocchia.

      - Ancora due secchi, Peter.

      Peter eseguì. Dexter rimescolò ben bene, fino a che il letame non formò un’unica massa fluida, all’altezza di metà coscia, poi risalì.

      Dexter andò a togliersi gli stivali sporchi e tornò con un altro paio: nudo, ma con gli stivali. La solita fissazione degli stivali, un vero uomo deve morire con gli stivali e… Che cazzo stava a dire? Chi moriva era lui, non Dexter, Dexter poteva anche farne a meno degli stivali.

      Dexter andò allo steccato e si mise il cinturone. Peter lo imitò.

      Si misero uno di fronte all’altro, a venti metri.

      Peter guardò Dexter e si disse che era bellissimo. Visto che doveva morire, non gli dispiaceva che fosse Dexter a farlo, era giusto che a ucciderlo fosse l’uomo che amava. Lo aveva posseduto ed era vero che per averlo era disposto a pagare con la vita. Se avesse potuto tornare indietro, avrebbe fatto lo stesso, soltanto gli avrebbe detto che lo amava. E ora avrebbe dovuto estrarre le pistole e sparare…

      No, non avrebbe mai tirato fuori quella pistola. Di ammazzare Dexter, non se ne parlava neanche, anche se era stato Dexter a proporre il duello.

         No, Dexter poteva ammazzarlo. Ma non così, non era il modo giusto.

      Portò le mani alla fibbia e si slacciò il cinturone, lasciandolo cadere per terra. Poi avanzò fino a Dexter, gli prese la testa tra le mani e lo baciò sulla bocca. Sentì che le labbra di Dexter si aprivano e infilò con forza la lingua tra quelle labbra. Sì, questo mancava. Di questo aveva ancora bisogno, per morire.

      Guardò Dexter, ma non riusciva a leggere nei suoi occhi.

      - Va bene, Dex. Uccidimi pure, ma non facciamo finta che sia un duello. È un’esecuzione e allora facciamo che lo sia davvero. Legami le mani dietro la schiena e poi bendami. E poi i colpi al ventre, al cazzo, ai coglioni, in culo, va bene, va tutto bene, perché sei tu a farlo.

          Dexter lo fissò, poi disse:

          - Legato e bendato?

      - Sì, una benda, che esalta l’attesa. E le mani legate dietro la schiena, per forza.  Non voglio coprirmi le ferite, mi verrebbe istintivo. Voglio ricevere i colpi senza difese.

          Dexter annuì. Rientrò in casa e ne tornò con un grosso fazzoletto e dei legacci.

          - Stringi bene.

          Dexter strinse con forza, pizzicando la pelle fino a che Peter sussultò. Le mani erano ben bloccate, ora. Poi passò davanti a lui.

          - Un attimo, fammi vedere bene.

       Guardò il viso del suo assassino, guardò il viso dell’uomo che amava, guardò il viso dell’uomo che aveva posseduto due volte, guardò le pistole da cui sarebbero usciti i proiettili che gli avrebbero scavato dentro, guardò il proprio cazzo, sporco di merda, che stava alzandosi impetuoso, guardò i coglioni. Pensò che presto sarebbero stati sporchi di sangue, no, presto non ne sarebbe rimasto niente. Guardò la fossa che lo avrebbe accolto. Guardò il cielo, ormai nero per il temporale che si avvicinava, guardò di nuovo la fossa, guardò il viso dell’uomo che amava.

          Annuì.

          Dexter gli mise il fazzoletto intorno agli occhi. Ora non poteva vedere niente. Solo aspettare.

          Arretrò di un passo, fino a che sentì la parete del fienile contro le mani. Bene, ora era pronto.

      Non poteva fare altro che aspettare la prima pallottola, che avrebbe iniziato la sua morte. Eppure era eccitato. Non vedeva nulla. Sentì che Dexter si muoveva. Poi ci fu silenzio. Il toro scalciava nel recinto. Di nuovo silenzio. Gli venne da sorridere. Quell’attesa creava in lui un groviglio di sensazioni strane. Annusò. Poteva avvertire il fetore della merda che aveva addosso, la merda di Dexter. Ma l’odore più forte era quello del suo sudore, perché era sudato come un maiale, dopo tutto quel tempo a scavare la fossa, con quel caldo. Sentiva le gocce di sudore che gli colavano sul ventre, perdendosi tra il vello piuttosto fitto. Tra poco altri rivoli sarebbero scesi, di sangue, del suo sangue. Dexter non si muoveva. Ci sapeva fare. Forse lo divertiva l’idea di vederlo lì, grondante sudore, il grande cazzo duro pieno di merda, ad aspettare i suoi colpi. Sì, sperava che fosse così, che si divertisse anche Dexter. Lui non avrebbe voluto morire, ma se doveva farlo, era così.

     Quell’attesa era interminabile, ma andava bene così. Non si sentiva nulla, ora, nessun rumore, perfino il vento sembrava essersi calmato, non c’era movimento, il toro ogni tanto sbuffava. L’odore di sudore e di merda. Era una bella mescolanza. Nella merda l’avrebbe sepolto. Dexter non si muoveva, ci sapeva fare. Un’attesa interminabile, l’attesa dei colpi, dello squarcio, del dolore. Lì a sudare contro la parete, il cazzo duro. Dalla fronte il sudore che colava inzuppava il fazzoletto che aveva sugli occhi. Era in un bagno di sudore ora.

      Il getto lo prese di sorpresa, senza che riuscisse a capire. Un secchio d’acqua sul ventre. E un secondo, un terzo.

      Frastornato, reso cieco dalla benda, non capiva. Che cazzo faceva Dexter?

      Poi sentì la bocca di Dexter sulla sua, la lingua di Dexter passare tra le sue labbra, tra i suoi denti.

      Dexter si staccò e Peter ne sentì la voce:

      - Non ho voglia di mangiare la mia merda.

      In quel momento, una cavità umida e calda gli avvolse la cappella. Dexter gli stava succhiando il cazzo, Dexter. Una vertigine lo prese, perché il piacere era tanto forte da essere doloroso, perché quelle labbra, quella lingua, quella bocca… Tutto il suo corpo vibrò, tutto il suo corpo era nel suo cazzo, veniva avvolto dalla lingua di Dexter, baciato dalle labbra di Dexter, accolto nella bocca di Dexter.

      Il piacere lo assediava e ben presto abbatté ogni ostacolo, porte, mura, coscienza, corpo e Peter sentì di essere solo piacere, piacere che veniva nella bocca di Dexter, piacere che inondava Dexter, piacere che Dexter accoglieva, piacere puro, senza più nulla.

      Mormorò, gridò, sussurrò, sibilò:

      - Dex! Dex! Dex!

      Si appoggiò con la schiena al fienile, perché sentì che stava crollando, che le gambe non erano più in grado di sostenerlo.  

      Lentamente la coscienza ritornò, il suo corpo scese da quel paradiso di gioia e piacere puro. Avvertì che Dexter gli stava slegando le mani, che la bocca di Dexter gli sfiorava le labbra.

      Con un gesto rapido si tolse la benda.

      Dexter gli sorrideva, nudo e disarmato.

      - Era tutta una messinscena?   

      Dexter storse un po’ la bocca.

      - Non proprio, ma le mie pistole erano scariche.

      - Le tue… Stronzo! Mi hai fatto credere…

      Si bloccò, perché realizzò che cosa aveva detto Dexter.

         - Dex, dimmi che anche le mie pistole erano scariche.

      - No, sarebbe stato sleale. Lo erano solo le mie.

      Per un attimo gli mancò il respiro, come se gli avessero dato un pugno nello stomaco.

      - E ti saresti fatto ammazzare? Dex!

      - Se eri disposto a farlo, allora andava bene. Per me andava bene.

      - Sei fuori di testa, Dex, ti manca qualche rotella.

      - Speravo che non lo facessi, ero abbastanza sicuro che non l’avresti fatto

      - Tu sei matto, matto da legare.

      - E tu che hai accettato di farti scannare in quel modo? Tu le rotelle pensi di averle tutte?

      L’ironia scintillante negli occhi di Dexter lo fece sbuffare. Se gli rimaneva vicino, lo menava. Peter si mosse e si diresse fino all’orlo della fossa.

      - E mi hai fatto fare tutto questo lavoro, con la merda, pure, stronzo!

      - Volevo allungare un po’ i tempi, darti modo di pensare.

      Dexter era di fianco a lui e di colpo, preso da un impulso irrefrenabile, Peter lo afferrò e lo spinse giù. Dexter cadde in avanti nella fossa, riuscì appena ad afferrarsi al bordo con una mano, evitando di finire a faccia in giù, ma il letame gli arrivò fino al torace.

      Peter scoppiò a ridere e mal gliene incolse, perché Dexter, che si era alzato, approfittò della sua distrazione per afferrarlo per le caviglie e farlo scivolare nella fossa. Finì con il culo a terra e gli schizzi di letame gli arrivarono dappertutto.

      - Certo che con la tua stazza, non so se qui ci stavi.

      Peter rimase seduto per un attimo, poi sorrise e disse ciò che avrebbe dovuto dire scendendo dall’auto.

      - Dex, lo sai che ti amo?

      Allora Dexter scoppiò a ridere, una risata allegra che mise Peter un po’ a disagio. Forse, immerso nel letame, con schizzi dappertutto, non era la situazione ideale per una dichiarazione d’amore, ma l’aveva rinviata troppo. Si alzò.

      - Perché ridi, stronzo?

      Dexter lo guardò, sorridendo, e Peter fu sicuro che nei suoi occhi adesso non c’era più derisione.

      - Rido perché penso a quando, magari tra dieci anni, per me va bene anche tra quaranta, ci ricorderemo commossi il momento romantico in cui, in mezzo alla merda, ci siamo detti che ci amavamo.

      Peter sorrise, ma non demorse.

      - Tu non mi hai detto che mi ami.

      - Beh, se non l’hai ancora capito, sei proprio limitato. Comunque ti amo.

      Le labbra, almeno quelle, le avevano tutti e due pulite e non dovettero uscire a lavarsi per potersi baciare. E mentre con le mani lerce Peter accarezzava il corpo di Dexter, sentì che il cazzo di Dexter stava alzando prepotentemente la testa. Non si stupì: il contatto dei loro corpi gli stava facendo lo stesso effetto.

      Peter si staccò e si guardò un attimo. Due bei cazzi, robusti, in piena tensione, di un uniforme colore marrone. Rise e scosse la testa. Di nuovo, non aveva parole, ma questa volta perché era troppo felice.

      Un lampo percorse il cielo e un tuono li assordò. Incominciarono a scendere poche gocce.

      Fu Dexter a parlare.

      - E questa fossa va benissimo per una dichiarazione. E per mettertelo in culo.

      Peter annuì. Mentre la pioggia cresceva rapidamente, trasformandosi in un diluvio, si voltò e si appoggiò al bordo della fossa. Divaricò bene le gambe, pregustando il momento in cui quel bel cazzo marrone si sarebbe infilato nel suo culo, dilatandolo e dilatando anche il suo piacere. La pioggia li sferzava e Peter pensò che presto il livello del letame sarebbe salito, ma comunque la fossa non era abbastanza profonda da rischiare di annegare.

      Dexter gli appoggiò le mani sul culo peloso ed gli allargò le chiappe. Poi entrò dentro senza tanti complimenti. Peter assaporò quel bel cazzo giovane e forte che entrava dentro di lui e si abbandonò beato a quel contatto. Si tolse uno schizzo di letame dalla faccia e si disse che la più bella giornata della sua vita era proprio stata una giornata di merda.

         In quel momento sentì la voce di Dexter:

      - Dimmi solo una cosa. Sei pulito? Non vorrei sporcarmi il cazzo.

 

2007

 

 

 

 

 

 

 

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