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   Cibo
  per avvoltoi 
 a Necrobear* e
  a Psychouzibear Matt
  scese dal cavallo. Era esausto, il culo gli faceva un male cane e gli
  sembrava che i suoi coglioni fossero pieni di formiche rosse intente a cibarsi. Erano tre giorni che cavalcava, fermandosi
  solo quel tanto che era necessario per far riposare un po’ il cavallo e
  dormire un paio d’ore.  Adesso
  però era arrivato in vista di Boca Caliente. La cittadina era ben visibile
  dalla collina desolata su cui Matt si trovava. Case basse, molte di mattoni
  di fango. Altre in pietra, testimonianza di un passato grandioso ormai
  calcinato dal sole e inghiottito dal deserto. Polvere e squallore. Un calore
  opprimente.  Era
  inzuppato di sudore e il sole continuava ad arrostirlo, anche se ormai stava
  quasi per scomparire all’orizzonte. In quel buco del culo di posto, di nuvole
  non dovevano venircene mai. E chi ci sarebbe mai venuto, potendo scegliere,
  in quel buco del culo? Boca
  Caliente era un posto di merda, pieno di criminali di tutte le taglie. E di
  cacciatori di taglie. Eppure l’ultima possibilità di trovare Tom era lì, in
  quel buco del culo.  Sempre
  che Tom fosse ancora vivo.  I ricordi
  premevano per uscire dalle loro tane e affollargli la testa, ma lui non li
  voleva, quei lupi fottuti, che ti spolpano vivo un uomo e non lasciano che
  brandelli di sofferenza. Si guardò intorno, per scacciare le immagini che
  venivano da dentro, e vide due avvoltoi in volo. Stavano planando,
  abbassandosi sempre di più. Ci doveva essere qualche preda, non lontano. Una carogna. Un animale. O un uomo.  Maledisse
  gli avvoltoi, risalì a cavallo e si diresse nella direzione in cui i due
  fottuti uccellacci stavano scomparendo tra le
  rocce. Quando
  arrivò sul posto, vide che il suo presentimento non era sbagliato: un
  avvoltoio stava affondando il suo becco in un corpo umano. L’altro stava per
  posarsi, ma l’arrivo di Matt lo indusse a fermarsi più lontano. Con un
  colpo di speroni spronò il cavallo e si avvicinò.  L’avvoltoio
  volò via, ma non si allontanò: aspettava che l’intruso se ne andasse per
  riprendere la sua opera. Matt smontò e raggiunse il cadavere. Non ce
  n’era uno solo: erano due corpi, nudi. Ma nessuno dei due era Tom. Uccisi da
  poco, perché non puzzavano ancora, malgrado quel sole fottuto che gli
  arrostiva la testa e lo faceva zampillare come una fontana. Due
  uomini, piuttosto corpulenti. Giacevano uno di traverso sull’altro, petto
  contro petto, ventre contro ventre. Quello di sopra
  era di schiena e aveva i fori di quattro proiettili. L’avvoltoio non lo aveva
  toccato.  Il corpo
  disteso sotto l’altro era ancora più grosso e, a giudicare da quanto si
  vedeva, molto peloso. Aveva grandi coglioni coperti da una fitta peluria e una
  formidabile erezione. Sul ventre c’era il foro di un proiettile e una
  lacerazione provocata dal becco dell’avvoltoio. Con la
  punta dello stivale, Matt spostò il cadavere che stava sopra, facendolo
  ricadere di schiena, a fianco del compagno. Ora poteva vederli bene entrambi.           Il più grosso dei due aveva
  parecchi fori di pallottole. Matt ne contò sette, distribuiti tra il ventre e
  il torace. Anche l’altro aveva diversi fori. Dalle ferite era colato
  parecchio sangue. Dovevano averli giustiziati lentamente, un colpo per volta.
  Eppure tutti e due avevano il cazzo duro. Gli avvoltoi
  li avrebbero divorati. Sentì un brivido percorrergli la schiena. Sì, gli avvoltoi… Forse da qualche parte…
  Forse di Tom c’erano rimaste solo le ossa. Merda! Guardò
  ancora i due cadaveri. Quegli uomini erano stati amanti. Ne era sicuro. Non
  avrebbe potuto dire da dove gli veniva tanta sicurezza e non c’era nulla che
  la giustificasse. Ma ne era certo. Erano stati amanti. Ed erano morti
  insieme. Tutti e due con il cazzo duro, di fronte alla morte. Questo era
  bello. Anche lui ci stava a crepare, se era con Tom.
  Anche se loro non avevano mai scopato. Aveva
  capito troppo tardi. Quel fottuto giorno di febbraio, sei mesi prima, quando
  Tom era partito. Al momento di salutarsi lo aveva afferrato un desiderio
  feroce di abbracciarlo. Lo aveva fatto e, senza neppure capire che cosa
  faceva, lo aveva baciato sulla bocca. Non aveva mai baciato nessuno. Si bacia
  forse una puttana in un bordello? Si bacia l’uomo che ti fotte quando sei
  ancora un ragazzo o il compagno con cui ti diverti un po’, in un mondo in cui
  c’è una donna ogni dieci uomini e quelle che non sono puttane è peggio che se avessero la fica cucita? Aveva baciato Tom
  e Tom aveva ricambiato quel bacio. Aveva spinto la lingua nella bocca di Tom,
  che non si era tirato indietro. Non c’era stato tempo per altro. Al primo
  richiamo di McConnally si erano separati. Ed erano
  rimasti un buon momento a guardarsi, mentre da fuori McConnally
  chiamava di nuovo Tom. Matt non era stato capace di trovare le parole. Aveva
  troppa confusione in testa, un bordello di pensieri. Aveva il gusto delle
  labbra di Tom sulle sue e la carezza della lingua di Tom gli bruciava ancora
  la bocca, giù, fin dentro il ventre, fino al culo, fino ai coglioni, fino al
  cazzo che quando pensava a quel bacio diventava di pietra, una pietra incandescente, da aver paura a sfiorarlo con la
  mano. Tom aveva
  solo detto: - Quando torno. Se… Non aveva
  completato la frase. Era uscito. Matt
  aveva atteso per due mesi, il corpo che ardeva di un desiderio implacabile.
  Ogni volta che pensava a Tom, gli veniva duro, duro
  da impazzire, duro per ore e non bastava una sega a calmarlo un po’.  Poi, due
  mesi dopo la partenza di Tom, era arrivata la notizia. Tom era morto, mentre
  ritornava, nell’agguato degli indiani a Buffalo Springs.  Allora
  Matt aveva capito che quello che provava non era solo desiderio. Era qualche
  cosa di molto più forte, perché la notizia gli aveva oscurato il sole e
  spento il fuoco. Per due mesi aveva vegetato, rivoltolandosi nel dolore come
  un maiale nella propria merda. Non gli fregava più un cazzo di niente e non
  sapeva nemmeno lui perché continuava ad alzarsi il mattino. Poteva tirarsi un
  colpo, che era meglio. Finiva per farlo, certamente, se non arrivava Missouri
  Joe. Ma Missouri Joe era arrivato. E aveva raccontato di Tom. Allora era
  incominciata quella caccia. Tom,
  vivo, in fuga. Cortacarajos e la sua banda che lo seguivano.
  E lui, Matt, a seguire Cortacarajos per trovare Tom.   Matt si
  voltò, prese le redini del cavallo e fece alcuni passi. Poi si girò e guardò
  ancora i due cadaveri. L’avvoltoio tornò a posarsi
  sul ventre dell’uomo più grosso, affondando il becco nella carne ed
  estraendone le viscere. Altri avvoltoi stavano arrivando. Ben presto Matt non
  fu più in grado di vedere i cadaveri, ma dal becco di uno degli avvoltoi vide
  sporgere uno dei coglioni del morto più grosso. L’altro doveva essere nel
  becco. Li
  avrebbero spolpati, completamente. Sarebbero rimaste solo le ossa,
  rosicchiate e poi sparse in giro dagli animali notturni.  Cibo per
  avvoltoi. Non era una brutta fine. No. Una volta crepati, marcire sotto terra
  o essere digeriti dagli avvoltoi e poi cagati fuori, che cosa cambiava? I due
  erano crepati insieme e gli avvoltoi li divoravano insieme. Non era una
  brutta fine. Lui ci stava, se solo poteva ritrovare Tom. Poi Cortacarajos poteva
  prenderli e fare il suo lavoretto. A lui non gliene fotteva
  più niente, se solo trovava Tom. Matt
  tornò a guardare Boca Caliente. Il buco del culo del Messico. E la sua unica
  speranza di trovare Tom. Salì a cavallo, fece una smorfia per il male al culo
  e scese verso la città. In pochi minuti arrivò alle prime case. Sulla
  collina il caldo era immondo, ma in quella città di merda era ancora peggio. Molto peggio. Matt si
  guardò intorno alla ricerca di un saloon in cui fermarsi. Il tempo di
  ottenere qualche informazione, il tempo di trovare
  Tom, il tempo di morire. Minuti, ore, giorni. Era lo stesso. Non gliene
  fotteva niente del tempo. C’era un solo tempo che contava, quello che mancava
  al momento in cui ritrovava Tom. Il saloon
  era come la città, squallido e pieno di gentaglia, ma per lui andava bene.
  Non guardò in faccia nessuno, chiese una camera, pagò e ci salì. La stanza
  era come il saloon, un buco di culo lurido, che puzzava di piscio, ma non
  gliene fotteva un cazzo. Aveva una voglia fottuta di dormire e a guardare il
  letto sentiva che le palpebre si abbassavano da sole, ma prima voleva sapere. Ridiscese
  nella sala, che era piena di gente. Ripensò a quello che gli aveva detto il
  falegname, a Tapioca: - Se vuoi rimanere vivo un’ora a Boca Caliente, fatti i
  cazzi tuoi. Se ammazzano il tuo vicino, spostati, ma fregatene. Ne vedrai
  ammazzare, di gente, a Boca Caliente: è il posto ideale per regolare i conti.
  Non esiste neppure nelle carte, non c’è un alcalde, non ci sono soldati,
  guardie, nulla. Se qualcuno rompe i coglioni, lo impiccano, altra giustizia
  non c’è. Quindi se vuoi rimanere vivo un’ora, bocca chiusa e occhi chiusi. Per un’ora basta. Di più, solo Domineddio te lo
  può garantire.  Matt
  ordinò da bere e da mangiare e rimase nel saloon, ascoltando la gente che
  chiacchierava, fino a che non sentì quello che voleva sentire.
  Cortacarajos era in città, con la sua banda. Quindi Tom era in città oppure
  Cortacarajos aveva perso le sue tracce. Ma Cortacarajos in città non ci
  rimaneva, se non era sicuro che Tom c’era. Salì in
  camera e si stese sul letto. Piombò in un sonno di pietra. L’indomani
  mattina Matt indugiò a letto. Non era abituato a poltrire e tra tutti i posti
  in cui oziare un po’, quella camera lercia e puzzolente non era certo il
  migliore. Ma Matt aveva bisogno di pensare, di capire come muoversi. Ci aveva
  messo un mese a trovare le tracce di Cortacarajos e un altro mese a
  raggiungerlo. Ora erano tutti e due nella stesso
  buco del culo, sprofondati nella stessa merda. E uno dei due ci lasciava le
  penne.  Missouri
  Joe aveva detto che Tom era vivo, ma che si nascondeva perché un bandito
  messicano, Cortacarajos, era sulle sue tracce. Matt aveva sentito parlare di
  Cortacarajos una volta: era famoso, per il servizietto
  che faceva ai suoi nemici. Gli tagliava cazzo e coglioni e glieli metteva in
  bocca. Se poteva, tagliava quando erano ancora vivi, si divertiva di più.  E
  Cortacarajos era dietro a Tom. Dietro con la sua banda, da mesi. Perché gli
  stava dietro, Missouri Joe non lo sapeva. Dov’era Tom, neppure quello sapeva.
  Missouri Joe non sapeva un cazzo, sapeva solo che
  Tom era vivo e che Cortacarajos lo cercava. Matt era
  partito subito, alla ricerca di Tom. Ma non aveva nessuna traccia. Poteva
  solo cercare Cortacarajos: Cortacarajos dietro a Tom, Matt dietro a
  Cortacarajos. Adesso, finalmente, lui e quel figlio di puttana erano nello
  stesso posto.  In quel
  lungo inseguimento, Matt aveva raccolto diverse informazioni. Sapeva perché
  Tom aveva cercato rifugio a Boca Caliente: Cortacarajos gli aveva bloccato le
  strade verso la California e allora Tom si era diretto verso Boca Caliente,
  perché era il territorio del Diablo Loco, un nemico giurato di Cortacarajos. Cortacarajos
  non si permetteva di certo di entrare a Boca Caliente, se c’era il Diablo
  Loco, ma il Diablo era lontano con la sua banda e Cortacarajos aveva deciso
  di entrare nel territorio del suo rivale, ben sapendo che questo significava
  una sola cosa: la guerra. Quando il Diablo Loco arrivava e scopriva che
  Cortacarajos era stato lì, Cortacarajos diventava la preda e lui il
  cacciatore. Ma di
  questo a Matt non fregava un cazzo. Era del tutto insignificante. Perché
  quando il Diablo Loco arrivava, lui e Tom erano morti. Se Tom non era già
  morto. Difficile, perché a Boca Caliente Cortacarajos non rimaneva un giorno
  più del necessario.  Si era
  chiesto a lungo se non ammazzare Cortacarajos, una volta che l’aveva trovato.
  Ammazzarlo, anche se voleva dire farsi ammazzare dai
  suoi. Liberare il mondo da quella carogna e salvare Tom. Ma non era sicuro
  che la banda interrompeva la caccia, dopo la morte
  del capo. Se Cortacarajos era dietro a Tom da tanto tempo, voleva dire che ci
  teneva a prenderlo. E morto Cortacarajos, magari la banda riprendeva la
  caccia. E poi, lui voleva ritrovare Tom. Poi magari crepare, ma voleva
  ritrovarlo. Voleva stringerlo, voleva…
  Voleva fotterlo. Questo era quello che voleva. Non gliene fotteva niente di
  tutto il resto, il prima e il dopo. Cortacarajos poteva tagliarglielo tre volte, il cazzo, se lui solo era
  riuscito a metterlo in culo a Tom. Perché questo voleva. E al pensiero aveva
  di nuovo il cazzo come una roccia. Il pensiero del corpo di Tom lo faceva
  impazzire. Voleva salvare Tom, ma più ancora voleva
  fottere Tom. E se poi Cortacarajos faceva il servizio a tutti e due, non
  gliene fotteva un cazzo.  Doveva
  cercare Tom, ma come trovarlo? Tom si nascondeva e Boca Caliente non era il
  posto migliore per andare a chiedere notizie di uno. Non con Cortacarajos in
  giro, comunque. Che veniva a saperlo in quattro e quattr’otto. Non aveva
  molte idee, se non quelle che si era fatto mentre
  cercava di arrivare in quel posto di merda. Bene, se non aveva altre idee,
  tanto valeva mettere in pratica quelle che aveva. Scese a
  fare colazione. E vide il primo omicidio.  Erano
  quattro che giocavano a carte, a un tavolo. Fece in tempo a vedere uno, si
  sarebbe detto un messicano, che tirava fuori la pistola, sotto il tavolo,
  senza che l’altro, concentrato nelle sue carte, vedesse. Lo sparo lo fece
  trasalire. L’uomo, colpito in pancia, si portò le mani alla ferita e crollò a
  terra, scalciando. Tutti si
  erano girati a guardare, ma in un attimo ognuno aveva ripreso a farsi i cazzi
  suoi. Il ferito agonizzava, mentre il suo assassino, in piedi, si godeva la
  scena. - Questo
  è per mio fratello, English Paul. L’uomo a
  terra continuava a contorcersi, su un fianco, mentre l’altro lo guardava. Poi
  si abbandonò disteso, la testa verso l’alto, ad aspettare la morte. Il suo
  assassino sparò ancora cinque colpi, tutti nel ventre. A ogni colpo English
  Paul sussultava, il viso stravolto in una smorfia.  Poi il
  messicano se ne andò, senza che nessuno gli dicesse una parola, lasciando la
  sua vittima che non aveva ancora finito di tirare le cuoia. Matt guardò
  l’uomo un momento. Era un bell’uomo, anche se i lineamenti erano distorti dal
  dolore. Respirava ancora. Aveva perso un barile di sangue, ma non era morto.
  Due si occuparono di portarlo fuori. Lo mollarono nella strada.  Matt
  mangiò qualche cosa. Chiese qualche informazione sulla città. Poi uscì.
  English Paul respirava ancora. Matt passò oltre. Andò in
  giro, passò negli altri saloon, ognuno un cesso peggio
  dell’altro. Chiese di Tom. Sapeva benissimo che nessuno gli diceva niente. E infatti nessuno gli disse niente. Ma magari Tom veniva a
  sapere che qualcuno lo cercava, qualcuno che non era Cortacarajos. E magari
  capiva che era lui. Magari. Intanto
  cercava di capire che cosa poteva aver fatto Tom, per nascondersi, in quel
  buco di culo. Aveva preso una camera da qualche parte, in una locanda o
  magari da uno del paese? Si era chiuso dentro e si faceva portare da
  mangiare, senza più mettere il naso fuori? Ci voleva qualcuno di fidato e
  trovarlo a Boca Caliente era come trovare diamanti
  nella merda. Vero è che in un posto in cui tutti si facevano i cazzi propri,
  c’era qualche possibilità in più di non essere scoperto subito, ma
  Cortacarajos aveva venti uomini e se faceva domande lui, la gente rispondeva,
  cazzo se rispondeva! Nessuno aveva voglia di finire
  con due buchi in pancia per mancanza di memoria. Una
  possibilità era la città vecchia, quella che gli spagnoli avevano costruito
  quando Boca Caliente era una tappa importante sulla via per la California e
  non un buco di culo tagliato fuori dal mondo. C’erano molti ruderi e quello
  poteva essere un posto per nascondersi. Girò per un po’, ma non vide nulla. A
  parte i buchi delle pallottole nei muri e due cadaveri abbandonati in un
  cortile. Tornò al
  saloon solo la sera. Non aveva combinato niente. Ma aveva sentito di nuovo
  che Cortacarajos era in città. La
  mattina dopo, quando scese nel salone, lo vide subito. Un uomo di media
  statura, panciuto, il cappello calato sugli occhi, un sigaro tra le labbra,
  barba nera come la pece, la camicia aperta su un torace peloso come quello di
  una scimmia, mani grandi con dita tozze e anche quelle pelose. Sapeva chi
  era, anche se non l’aveva ancora visto. E sapeva che lo aspettava. Gli altri
  erano sparsi per il salone, ma erano tutti pronti a tirar fuori la pistola e
  freddarlo al primo movimento. Va bene.
  Cortacarajos lo aspettava. Inutile far finta di niente. Si
  diresse verso di lui, con un’andatura rilassata, ma attento a tenere le mani
  bene in vista, lontano dalle pistole. Cortacarajos lo fissava tranquillo, un
  mezzo sorriso sulle labbra. Matt si fermò davanti a lui, dall’altra parte del
  tavolo. Fece una specie di sorriso e con molta calma si mise a sedere.
  Sollevò un po’ il cappello e disse, a metà tra il serio e il faceto: -
  Buongiorno. Cortacarajos
  lo fissò un momento senza rispondere. La faccia non era come Matt se l’era immaginata.
  C’era molta ferocia, nel ghigno della bocca, negli occhi scuri. Ma c’era
  anche intelligenza. Era una belva astuta, non una bestia stupida. Cortacarajos
  si tolse il sigaro dalle labbra e sputò sul pavimento del saloon. - Senti,
  amico, non perdiamo tempo: sono due mesi che mi stai appiccicato al culo. Che
  cazzo vuoi da me? - Da te
  niente, assolutamente niente. Ma stiamo cercando tutti e due lo stesso figlio
  di puttana. Cortacarajos
  lo fissò. Tacque di nuovo un momento, prima di replicare:  - Così anche
  tu staresti dietro a quel fottuto maiale? Matt
  annuì. - Sì, ma
  non sapevo in quale buco di culo si era ficcato per nascondersi. Poi mi hanno
  detto che lo cercavi anche tu. E che eri sulle tue tracce. Così mi sono unito
  alla caccia. Conosco bene il bastardo e le sue abitudini. Ci conto per
  riuscire ad acchiapparlo, tanto più che lui si fida di me.  Quell’allusione
  al fatto che lui conosceva Tom e che Tom si fidava di lui era l’unica carta
  che aveva per evitare che Cortacarajos gli facesse sparare subito. L’aveva
  giocata e ora la mano passava al suo avversario. Che, se voleva, chiudeva la
  partita con un piccolo cenno ai suoi, di certo un segno convenuto, magari
  solo il buttare quel fottuto sigaro per terra. Cortacarajos non si mosse, non
  disse nulla. Rimasero a fissarsi un buon momento. Matt sapeva che non era
  ancora ora di alzarsi. Era pericoloso farlo. Doveva aspettare. Dopo un
  po’, Cortacarajos parlò: - Per me,
  se lo fai fuori tu, va bene. Ma ti avviso, se non me l’hai contata giusta, tu
  vivo da questa città non esci. Finisci come quell’altro, con un bel taglio
  rosso tra le gambe, cazzo e coglioni in bocca. Matt alzò
  le spalle. - Non me
  ne fotte niente. Io voglio solo fottere quel maiale. Poi puoi farmi quello
  che vuoi. Cortacarajos
  lo fissò e Matt ebbe l’impressione che gli leggesse dentro, che capisse che
  lui davvero voleva fottere Tom e poi non gli importava niente di crepare. Era
  vero. Fottere Tom, metterglielo in culo. All’idea gli era venuto duro, lì,
  davanti a quell’assassino pronto a tagliargli il cazzo e i coglioni. Duro. Se
  lo ammazzava ora e glielo tagliava, era un bel trofeo. Cortacarajos
  sorrise, poi si alzò e uscì senza dire una parola. I
  suoi uomini lo seguirono. Il saloon sembrò svuotarsi. Matt si rilassò. Era
  andata, per il momento, ma lì dentro c’era rimasto di sicuro qualcuno degli
  uomini di Cortacarajos. Se lui trovava Tom, lo trovava
  anche Cortacarajos. Per quello Cortacarajos non
  l’aveva fottuto subito. Uscì e
  girò ancora tutta la mattina, ma girava a vuoto.
  Ogni tanto si sentiva uno sparo e Matt si chiedeva
  se non era Cortacarajos che aveva trovato Tom. Aveva
  girato per quattro ore e ormai aveva individuato i due uomini che
  Cortacarajos gli aveva appiccicato al culo. Se trovava una pista, quei due doveva sganciarli, ma per il momento poteva portarseli
  dietro. Era rientrato al saloon da nemmeno dieci
  minuti e stava bevendo qualche cosa al banco, prima di mangiare un boccone,
  quando vennero a cercarlo. Erano due
  uomini che non aveva mai visto e con loro c’erano gli altri due che Cortacarajos
  gli aveva messo alle calcagna.  -
  Cortacarajos ti vuole, muoviti. Non gli
  avevano chiesto se voleva andare dal capo o no. Non era previsto un rifiuto.
  E lui comunque non rifiutava. Perché se Cortacarajos lo chiamava, era perché
  aveva trovato Tom. Quindi in quel pomeriggio che incominciava, finivano la
  vita sua e quella di Tom.  Matt
  annuì e seguì i quattro. Nessuno fiatò per tutto il percorso. Arrivarono alla
  città vecchia, tra gli edifici in pietra. Cortacarajos
  era là, il sigaro in bocca. Lo guardò negli occhi,
  un ghigno sulle labbra. - Bene,
  il tuo amico, quello che vuoi fottere, è lì dentro. Non sporgerti troppo per
  guardare. Il tuo amico sa tirare.  Indicò
  oltre il muro che aveva alle spalle. Matt si sporse con cautela e vide un
  edificio in pietra che doveva essere stato molto grande, ma che in parte era
  crollato. Rimaneva solo un’ala, a una certa distanza, con una porta e una
  finestra sopra l’ingresso. Da dove erano loro alla porta c’era un corridoio,
  tra due cumuli di macerie: l’edificio era crollato, lasciando sgombro solo
  quel passaggio. Bisognava percorrere tutto il corridoio per raggiungere la
  porta al fondo e metterci il piede significava essere sotto tiro. In mezzo a
  quella specie di corridoio del cazzo c’era un cadavere. Uno che non era morto
  di vecchiaia. - Adesso,
  visto che vuoi fotterlo, puoi andare da lui, ma tra un’ora, quando faccio
  suonare la campana, ce lo fai trovare senza armi,
  vivo o morto, come vuoi. Ci stai? Cortacarajos
  aveva scovato Tom. Ma non aveva voglia di farsi ammazzare dieci uomini per
  stanarlo, se solo poteva evitarlo. Certo, poteva aspettare la notte, al buio
  sarebbero riusciti ad arrivare alla porta ed entrare. Oppure poteva cercare
  di far saltare in aria la casa. Ma Cortacarajos non aveva tempo da perdere,
  il Diablo Loco poteva arrivare da un momento all’altro, facile che già sapeva
  che Cortacarajos si era permesso di entrare a Boca Caliente e quello era uno
  sfregio che non perdonava. Cortacarajos mandava Matt avanti, gli lasciava
  fottere Tom, così poi lui glielo consegnava. Cortacarajos
  lo fissava e Matt si chiese se davvero quel figlio di puttana gli leggeva in
  testa. Meglio di no. Perché lui Tom voleva fotterlo, ma manco morto glielo
  consegnava, Cortacarajos poteva fargli tutto quello che voleva. Matt
  annuì. -
  D’accordo. Cortacarajos
  sorrise.  - Ora
  dammi le pistole. Matt si
  tolse il cinturone e gli voltò le spalle.  Matt si
  avvicinò all’imboccatura del corridoio. Urlò: - Tom,
  sono io, Matt, vengo da te. Sono disarmato. Si avviò
  per il corridoio. Per un attimo pensò che forse se Tom gli
  sparava era meglio. Ma era una cazzata. E poi Tom non sparava. Perché
  doveva farlo? Superò il
  cadavere. Arrivò al fondo del corridoio. La porta era sbarrata da macerie
  diverse. Matt ripeté: - Sono
  io, Matt. Sto entrando. Sentì la
  voce di Tom: - Sali al
  piano di sopra, Matt. Quella
  voce era come una frustata, una carezza che lacerava la pelle e faceva
  bruciare. Ce l’aveva di nuovo duro. Dentro
  era buio e gli ci volle un momento per vedere la scala, in un angolo,
  ingombra di macerie. Salì. C’era un altro cadavere, in mezzo alla scala.
  Quello che aveva deciso di esplorare quel posto, per vedere se Tom non si
  nascondeva lì. Aveva avuto fiuto, quel bastardo.
  Troppo. O non abbastanza. Arrivò al
  piano di sopra. Sì, non era facile arrivarci, neanche di notte. Era un buon
  posto per difendersi.  La stanza
  era grande, molto di più di quello che Matt avrebbe detto, vedendo l’edificio
  da fuori. E dietro ce ne doveva essere anche un’altra, c’era una porta. Tom
  era vicino alla finestra, in parte ostruita da travi e dalla carcassa di un
  vecchio mobile. Tom guardava fuori, ma quando Matt entrò, voltò la testa. - Matt,
  che cazzo ci fai qui? Matt
  rimase a guardarlo un momento, incapace di sputar fuori una parola. Poi
  ghignò.  - Sono
  venuto a scopare con te, prima che Cortacarajos ci fa il servizio. Tom
  lanciava occhiate fuori, ma quando Matt parlò, rimase muto a fissarlo. Non
  diceva nulla, ma non gli staccava gli occhi di dosso. - Non
  abbiamo molto tempo, Tom. Un’ora. È il tempo che mi ha dato Cortacarajos, poi
  attacca. Quel bastardo figlio di una troia crede che io ti consegnerò a lui.  Matt si
  tolse la camicia, poi si sedette a terra e incominciò a sfilarsi gli stivali.
  Si rialzò e si calò anche i pantaloni. Ora era nudo,
  davanti a Tom, il cazzo duro, teso sulla pancia. Tom sembrava boccheggiare,
  come se gli mancava l’aria. Matt si avvicinò, gli prese la faccia tra le mani
  e lo baciò. Gli infilò la lingua a forza in bocca. Tom sembrava istupidito.
  Matt gli afferrò con le mani la camicia e la aprì, facendo saltare i bottoni. Tom si
  ritrasse, guardò ancora fuori dalla finestra, poi posò le pistole e si
  spogliò. Nudi, uno davanti all’altro, si guardarono. Gli occhi di Matt
  passarono dal viso di Tom, a cui la barba scura di più giorni e i capelli
  neri arruffati davano una bellezza feroce, alle spalle larghe e al torace
  muscoloso coperto da una fine peluria, che formava una grande macchia scura
  al ventre. Guardò il cazzo robusto di Tom e rabbrividì al pensiero di ciò che
  sarebbe successo. Rialzò lo sguardo sul viso di Tom e vide che i suoi occhi
  avevano finito lo stesso percorso e ora erano fissati sul suo cazzo teso. Matt fece
  un passo avanti, mise le mani sulle spalle di Tom e lo forzò a inginocchiarsi
  davanti a lui. Senza delicatezza, quasi con rabbia, avvicinò la faccia
  dell’amico al cazzo. -
  Succhia, che poi te lo metto in culo. Tom
  scosse la testa. Non doveva aver mai succhiato il cazzo di un uomo. Non aveva
  tempo per convincerlo. Non era il momento per perdere tempo. Non avevano più
  un cazzo di tempo. Tom doveva muoversi a fare quello che Matt diceva. Meno di
  un’ora, erano tutti e due finiti. Matt voleva godersela, l’ultima ora della
  sua vita con un cazzo tra le gambe, prima che Cortacarajos faceva il suo
  lavoro di merda. Quel cazzo voleva un nido caldo e la bocca di Tom era il
  posto giusto, per incominciare. Matt
  avrebbe voluto accarezzare Tom, baciarlo ancora, ma non c’era tempo, non
  c’era un cazzo di tempo. Prese il collo di Tom con la destra, il pollice da
  una parte, le altre dita dall’altra, e strinse, una pressione abbastanza
  forte da costringere Tom ad aprire la bocca. -
  Succhia, stronzo, succhia. Non abbiamo tempo da
  perdere.    Quando
  Tom aprì la bocca, Matt ci infilò dentro il cazzo. Non tutto, solo una parte.
  Tom deglutì, poi si mise a succhiare. Succhiava bene. A Matt sembrava che la
  lingua di Tom era una zanna di puma, che dilaniava, tanto era il piacere. Gli
  venne in bocca e si sentì morire. - Ora
  basta. A terra. Matt lo
  guardò. Aveva il cazzo duro anche lui, ora. Gli era piaciuto. Ma non si
  muoveva. E a Matt stava tornando duro, al pensiero del culo di Tom. Voleva
  vederlo quel culo. Non lo aveva mai visto, nudo. Matt lo
  spinse a terra. Era più forte di Tom, aveva due braccia che erano tronchi
  d’albero e due mani che erano pale. E sapeva benissimo che Tom gli resisteva
  solo perché tutto avveniva troppo in fretta, tutto era troppo nuovo, ma lo
  voleva anche lui. Gli fu sopra. Lo costrinse a stendersi, ad allargare le
  gambe. Tom si dibatteva, ma sapevano tutti e due che lo volevano entrambi.
  Matt si fermò per guardare quel culo che voleva sfondare. Tom cercò di
  guizzare via. Matt gli strinse il collo con un braccio.  - Piantala, stronzo. Lo vuoi come lo voglio
  io.   Era vero, ma Tom era un maschio e il suo corpo si ribellava a
  quella resa. Tom continuava ad agitarsi e allora Matt strinse con più forza,
  fino a che Tom incominciò a respirare a fatica e smise di agitarsi.  Allora
  gli sbatté la faccia contro il pavimento e la tenne ferma con la sinistra,
  mentre con la destra scivolava tra le cosce, alla ricerca del buco che stava
  per forzare. Quando trovò il buco, sentì che tutto il corpo si tendeva, come
  si tendeva il corpo di Tom. Si stese
  su Tom ed entrò, senza nessuna cautela, senza nessuna dolcezza. Il gemito di
  Tom, il sussulto della carne su cui premeva, moltiplicarono
  il suo piacere. Spinse con forza, con violenza. Voleva lasciare il segno in
  quella carne, voleva farla sanguinare. Lui era il padrone. Spinse a
  lungo, fino a che sentì tutto il suo corpo contrarsi e l’onda del piacere
  riempirlo e poi svuotarlo. Si abbandonò sul corpo di Tom. Rimasero
  un buon momento così. Matt era troppo sfinito per parlare.  Poi sentì
  che ancora una volta, dallo spiedo che teneva infilzato nella carne di Tom,
  saliva il desiderio. Riprese a spingere, con più delicatezza, ora,
  assaporando il piacere di quella guaina che accoglieva la sua sciabola, del calore che l’avvolgeva, del fremito del
  corpo di Tom. Quando
  infine ebbe finito, in un parossismo di piacere, si abbandonò nuovamente sul
  corpo di Tom.  Dopo un
  buon momento, Tom parlò: - Matt… Matt
  ritornò alla realtà. Aveva intuito la richiesta inespressa e rispose, senza
  esitare: - Sì,
  Tom. Con un
  sospiro estrasse il cazzo dal culo di Tom e si stese sul pavimento, a gambe
  larghe. Tom si
  stese su di lui, ma non entrò subito. Gli passò la lingua dietro l’orecchio e
  Matt guizzò, come se Cortacarajos gli stesse facendo
  il lavoretto. - Matt… Le mani di
  Tom sul suo corpo, le mani di Tom che lo accarezzavano, le mani di Tom che
  gli stringevano il culo, le mani di Tom che affondavano nei suoi capelli, le
  mani di Tom che gli graffiavano la pelle. Ce
  l’aveva di nuovo duro
  come una pietra. Bene, l’ultima volta, poi Cortacarajos faceva il suo lavoro.
  Ma non importava, davvero. Aveva ritrovato Tom, aveva scopato con lui,
  Cortacarajos poteva fare quello che cazzo voleva. Gli
  sfuggì un gemito quando Tom entrò. Anche lui non
  aveva avuto riguardo. Non c’era tempo per mille cose, che premevano dentro.
  Non c’era tempo per nulla, solo quello per scopare ancora una volta e poi
  crepare, senza cazzo e senza coglioni. Ma quel
  cazzo che gli scavava dentro, quella carne calda, accendeva tutto il suo
  corpo. Quello era tutto quello che aveva sempre desiderato, anche se non
  l’aveva capito prima. Sì, sempre, fin da prima di conoscere Tom, tutto quello
  che voleva, l’unica cosa che davvero voleva era che
  Tom lo fotteva. O forse non l’unica cosa, perché voleva anche, altrettanto, fottere
  Tom. E valeva la pena di crepare per quello. Di crepare e di tutto il resto. Il dolore
  era piacere, un piacere che si tendeva incontenibile e quando Tom venne
  dentro di lui, riempiendogli il culo, Matt venne per
  la quarta volta, con un verso che era quasi un guaito.    Si
  alzarono. Tom controllò la situazione fuori dalla finestra. Non doveva
  mancare molto. Matt lo baciò sulla bocca, un bacio lungo, che li lasciò senza
  fiato. Ce l’avevano tutti e due duro. - Scusami, Tom. - Di che? - Per
  prima. Tom rise.
  Poi il sorriso svanì, mentre guardava di nuovo fuori. - Perché
  hai fatto questa cazzata, Matt? Perché cazzo sei venuto qui
  a farti castrare e ammazzare? Matt
  sorrise. - Non
  l’hai capito? Tom
  annuì. Aveva capito. Faceva anche lui lo stesso, se si trovava nella sua
  situazione. Matt
  aggiunse: -
  Controlla fuori. Non credo che manchi molto, ormai. Poi si
  chinò davanti a Tom e prese in bocca il cazzo di Tom. Non aveva mai succhiato
  un cazzo. Il cazzo di Tom era il primo. E l’ultimo. E andava bene così, perché
  non gliene fotteva un cazzo di tutti gli altri cazzi del mondo, c’era un solo
  cazzo che gli importava e quello ora ce l’aveva in
  bocca e prima che il coltello di Cortacarajos entrava in azione, quel cazzo
  gli riempiva la bocca, come gli aveva riempito il culo.  Era bello duro, grosso, forte ed era un piacere leccarlo,
  succhiarlo, inghiottirlo fino a che gli bloccava il respiro.  Sentì un
  leggero gemito e lo sborro gli inondò la bocca. Lo inghiottì, ma non lasciò
  subito quella carne che ancora gli colmava la bocca. - Ora
  basta, Matt. Matt si
  staccò, a malincuore, e rimase a guardare la cappella bagnata a due dita
  dalla propria bocca. - Matt,
  hai detto a Cortacarjos che mi ammazzavi? - Sì, per
  quello mi ha fatto entrare. - Bene,
  allora se mi ammazzi, potrai salvarti, tanto io ormai sono fottuto. Almeno
  così te la cavi tu. Quel figlio di puttana non ha niente contro di te. Matt
  rise. Una risata roca. - Tom,
  sei una testa di cazzo. Piantala di dire stronzate e dammi una pistola. Hai
  munizioni? - Quelle sì,
  un casino. Sapevo che prima o poi arrivavamo a questo punto. Ma Matt,
  davvero, prima di sera sarò morto e allora… - Piantala, stronzo! Si
  avvicinò a lui e lo baciò sulla bocca, togliendogli la parola e il fiato. Era
  bello vedere che a Tom quei baci facevano lo stesso effetto che facevano a lui. Ma non era più tempo di baci, ora,
  l’inferno stava per incominciare. Il paradiso era stato breve, un’ora appena,
  ma valeva tutto l’inferno, anche se durava cent’anni, valeva la pena.   L’inferno
  si scatenò in quel momento. A Matt sembrava che cinquanta uomini si erano
  messi a sparare tutti insieme. E c’erano urla di
  dolore, bestemmie, esclamazioni soffocate, grida d’aiuto. Che cazzo
  succedeva? Non stavano sparando contro di loro, perché contro i mobili
  accatastati non arrivavano proiettili. E poi perché urlare? Matt guardò nel
  corridoio sotto di loro. Nessuno. Ma al fondo del corridoio c’erano due
  uomini stesi a terra. Un altro entrò nel corridoio di corsa, ma non fece
  molta strada: Tom era un ottimo tiratore. Lo sparo non si sentì, perché era
  come se tutta la città si era messa a sparare. - Che
  cazzo succede, Tom?  - Credo che… sì, dev’essere arrivato il
  Diablo Loco. Matt non
  disse niente, ma la sua testa correva. Correva dietro i se e gli allora, i ma
  e i forse e tutte quelle altre puttanate che prima ti aprono il cuore e poi
  te lo chiudono e poi di nuovo te lo aprono, peggio che una fisarmonica. Se il
  Diablo Loco stava facendo fuori Cortacarajos e i suoi, allora loro due non
  rischiavano più di finire come cibo per avvoltoi con un bello squarcio tra le
  gambe e cazzo e coglioni in bocca. Ma se il Diablo Loco pensava che era colpa di Tom se Cortacarajos era venuto lì, allora
  erano cazzi, perché il Diablo Loco era il re, lì in quel posto di merda, sì,
  re di merda, ma loro due erano fottuti e magari il Diablo Loco gli faceva
  rimpiangere pure Cortacarajos. Se lo chiamavano diavolo pazzo, qualche motivo
  c’era. E lui non ci teneva a scoprirlo, non sulla sua pelle e su quella di
  Tom. Ma perché il Diablo Loco doveva prendersela con Tom? Che cazzo c’entrava
  Tom? Ma se il Diablo Loco ce l’aveva anche lui con
  Tom? Era
  assurdo continuare a pensare e ficcarsi chiodi nella testa e poi cercare di
  tirarli fuori. Come finiva la storia, tra poco lo sapevano. E tanto non
  dipendeva da loro. Quella storia lì, il finale non lo scrivevano loro. Almeno
  una cosa però poteva chiederla a Tom. - Di’ un
  po’, Tom, non è che anche il Diablo Loco ce l’ha con
  te? - Manco
  lo conosco, quello. Non è che tutti i figli di
  puttana dalla California al Messico ce l’hanno con
  me!  Tom rise,
  ma sulla sua faccia Matt leggeva gli stessi punti interrogativi che aveva in
  testa. E nel suo sorriso, accanto alla paura e alla speranza, una certezza,
  la stessa che aveva in testa lui. E tutti i se e i ma, i forse e gli allora
  potevano andare a prenderselo in culo. La
  sparatoria stava rallentando. Qualcuno doveva aver vinto e qualcuno doveva aver perso. Molti che dieci minuti prima erano
  sulle loro gambe e convinti di cenare quella sera, adesso non avevano più
  bisogno di cena. Ancora due colpi. Qualcuno forse non era ancora convinto che
  era il momento di andare all’inferno, ma si
  sbagliava, perché quel qualcuno faceva parte anche lui della carovana che
  scendeva a farsi fottere da Satana. E loro due, anche loro si univano alla
  carovana? Tra poco lo sapevano. Uno sparo
  ancora. Più niente. Silenzio.  La città
  era ripiombata nel silenzio e se non era per quei due cadaveri in più, al
  fondo del corridoio, e il terzo un po’ più avanti, si poteva pensare che era
  stata tutta una loro fantasia. Ma quei cadaveri erano molto reali. Alcuni
  uomini si affacciarono con cautela oltre gli spigoli al fondo del corridoio.
  Si chinarono e raccolsero i corpi dei due morti. Poi
  altri due si spinsero nel corridoio a prendere il morto fresco e quello già
  un po’ stagionato. Matt e Tom li tenevano sotto tiro, ma i due non badavano a
  loro. L’unica cosa che volevano erano quelli che avevano fottuto prima. Matt si
  chiese se quelli intendevano salire su da loro, perché in quel caso erano
  cazzi. Ma quelli lanciarono appena un’occhiata verso la finestra e se ne
  andarono con i cadaveri. Sapeva che cosa voleva dire. Che di loro non gliene
  fotteva un cazzo. E che Cortacarajos e la sua banda ormai erano pronti a diventare cibo per avvoltoi. - Credi
  che è vero? Che cosa,
  lo sapevano tutti e due benissimo, non occorreva dirlo. Tom sembrava non
  crederci e Matt non sapeva che cosa rispondere. Certo che era vero, era vero che il Diablo Loco era arrivato e aveva fatto fuori
  la banda di Cortacarajos. Quei cadaveri che ora scomparivano oltre l’angolo
  erano perfettamente reali.  Ma la
  domanda di Tom era un’altra: era vero che loro due
  non avevano più nulla da temere? Non poteva saperlo, ma qualche cosa gli
  diceva di sì.  Rimasero
  a lungo fermi nella stanza, attenti a ogni rumore. Ma non si sentiva nulla di
  particolare. Non c’era più traccia dei cadaveri, salvo un po’ di sangue per
  terra. - Uscire
  ora, non conviene. Aspettiamo il buio. - Sì,
  aspettiamo il buio. Ci fu un
  momento di silenzio. Continuavano a guardare fuori. A Matt sembrava
  incredibile. Non era possibile che tutto era finito così.
   Tutto era
  finito. Sì, forse. E una domanda gli passò per il cervello. Tutto era finito,
  ma come cazzo era incominciato?  Lo
  chiese: - Tom, perché
  quel figlio di puttana ti stava dietro? Perché non sei tornato? Perché? Tom
  ghignò. - Va
  bene, abbiamo tempo, tanto. Se nessuno viene a farci visita. - Se
  qualcuno viene a farci visita, gli offriamo un rinfresco. Non se ne va a
  stomaco vuoto. Si sedettero,
  uno vicino all’altro, ma in modo da poter tenere d’occhio la finestra.  Tom
  incominciò a narrare. L’agguato degli indiani, a cui era scampato quasi per
  caso, perché si era allontanato per vedere se c’erano minacce sul percorso. A
  quel punto c’era poco da fare: erano morti tutti. Lui aveva ripreso la strada
  da solo, per tornare a casa, per tornare da Matt,
  perché anche lui provava quello che provava Matt. Sulla via del ritorno aveva
  incontrato una donna che Cortacarajos voleva e che lui aveva salvato dalle
  grinfie di quel figlio di puttana, di nuovo, quasi per caso, perché ci si era
  trovato e non aveva voltato la testa dall’altra parte per far finta di non
  vedere. La rabbia di Cortacarajos, il lungo inseguimento, tutto il resto Matt
  poteva immaginarlo da solo. E poi non è che gliene fregava molto, ora che Tom
  era lì, di fianco a lui. Perché l’unica cosa che contava era proprio quella: che Tom ora era lì, con lui e che se ne
  andavano insieme da quel buco del culo di posto, per l’inferno o per la
  California, era quasi lo stesso, se era insieme. Poi fu il
  turno di Tom di chiedere e Matt incominciò a raccontare. La sua storia si
  diceva in fretta. Per il dolore, la disperazione, spese poche parole, ma in
  qualche modo cercò di dire anche quello. Poi la scoperta che Tom era vivo e
  la caccia a tre. Ora erano rimasti loro due, a quanto pareva. Quando
  Matt ebbe finito, bevvero. Faceva un caldo fottuto e avevano sete. Ma Tom
  aveva da bere e da mangiare. Si era preparato a rimanere nascosto per qualche
  giorno, sperando che il Diablo Loco arrivava prima
  che Cortacarajos lo trovava. Aveva fatto bene i calcoli. Appena bevve, Matt incominciò a sudare come un maiale. Era
  fradicio. Bevve
  ancora. Ora c’era
  silenzio, silenzio fuori, silenzio tra loro due. Un
  lungo silenzio. Matt di cose da dire ne aveva, ma non trovava le parole. Come
  faceva a dire a Tom che… Ma in
  fondo non servivano parole. Poteva dirglielo nell’unico modo che conosceva.
  Lo abbracciò. Lo strinse a sé. Lo baciò. Tom lanciò un’ultima occhiata fuori
  dalla finestra e si abbracciarono. Smisero di sorvegliare il corridoio,
  perdendosi completamente nel gioco dei loro corpi. Si baciarono e le loro
  mani percorrevano i loro corpi, stringendo e accarezzando. Poi Tom si staccò
  e guardò Matt. - Sei
  bellissimo. Matt rise,
  ma la voce gli venne fuori roca di desiderio, quando rispose: - Anche
  tu sei bellissimo. Era vero,
  non aveva mai visto niente di più bello di Tom.  Si lanciò
  su di lui e caddero tutti e due a terra. Rotolarono a terra, cercando di avere la meglio l’uno sull’altro. Ognuno dei due sembrava
  voler schiacciare l’altro, ma nessuno cedeva.  Fu Tom
  alla fine ad avere la meglio, a riuscire a bloccare
  Matt sul pavimento, a pancia in giù, piegandogli un braccio dietro la
  schiena.  Ma a quel
  punto ce l’avevano tutti e due duro e caldo come la
  canna di una pistola che ha appena sparato. La canna
  di Tom entrò dentro Matt e le spinte gagliarde di Tom spensero ogni volontà
  di resistenza. Matt sentì un capogiro di dolore e di piacere che dal culo gli
  riempiva le viscere, salendo fino alla testa. Lasciò che Tom gli arpionasse
  la testa con la mano, gli tirasse i capelli, incapace
  di reagire, incapace di fare altro che abbandonarsi al dolore vorticoso e al
  piacere intollerabile che gli esplodevano nel culo. Il peso del corpo di Tom
  e le sue spinte feroci lo premevano contro il pavimento e quando Tom gli
  morse la nuca, Matt lanciò un urlo, ma era un urlo
  di puro piacere, perché il dolore che gli scoppiava nel culo, la stretta dei
  denti di Tom, tutto si era moltiplicato in un unico immenso piacere che lo
  travolgeva, gli annebbiava la vista e gli toglieva il fiato, un piacere che
  sgorgava incontenibile dal suo cazzo teso, un piacere che si moltiplicava
  mille volte nel suo culo invaso da un liquido caldo. Ebbe la
  sensazione di svenire e per un attimo perse davvero coscienza di dov’era e di
  che cosa succedeva.   Ritornò
  in sé e sentì il peso del corpo di Tom su di sé, la picca ancora saldamente
  piantata nel proprio culo. Lo disarcionò con un colpo di reni, facendolo
  scivolare via. Tom finì disteso, la schiena a terra, ma non reagì. In un
  attimo Matt gli fu addosso, si sedette su di lui. Lo guardò, come un uccello guarda il serpente che lo affascina.  Con la
  mano accarezzò il cazzo ancora turgido. Lo accarezzò con forza, lo strinse, lo
  schiaffeggiò, poi si chinò a morderlo, poi riprese a tormentarlo con le dita,
  fino a che l’asta fu di nuovo in posizione. Allora si sollevò un po’, in modo
  da avere il culo esattamente sopra il cazzo di Tom, prese in mano il frutto e
  si abbassò fino a che sentì la pressione contro il buco del culo. Allora, con
  un colpo deciso, si sedette, infilzandosi su quel palo di carne. Il dolore
  cancellò ogni piacere, ma fu solo un attimo. Matt si risollevò, fino a che il
  cazzo di Tom non fu completamente fuori, poi ripeté l’operazione con maggiore
  violenza. Poi
  incominciò ad alzarsi e ad abbassarsi. Era bello
  quel cazzo che gli seviziava il culo, cazzo, se era bello.  Tom
  sorrideva e lo lasciava fare. Poi il sorriso si tese e di nuovo vennero
  insieme. Matt scivolò
  a terra, esausto. Tom si stese su di lui. Rimasero a lungo così, intontiti,
  ebbri, sazi. Quando si
  alzarono, incominciava a diventare buio. Bevvero ancora, a lungo, mangiarono
  un po’ di pane e di carne secca. Matt aveva una fame da lupi, non mangiava
  dal mattino. Matt pensò che era bello guardare Tom
  che beveva, che mangiava. Era bello guardare Tom che faceva qualunque cosa. Poi Tom
  si alzò per pisciare, ma non si voltò. Allora Matt si alzò anche lui e si
  mise a pisciare di fronte a Tom. I due getti si mescolavano e formavano
  un’unica pozza. Era bello guardare Tom che pisciava. Si
  rivestirono e a Matt spiacque vedere scomparire nei vestiti quel corpo che
  desiderava. Guardarono
  nuovamente fuori. Nessuno. Scesero
  lungo la scala e attesero nel locale al piano terreno. Non si sentiva nessun
  rumore, se non, lontano, un battito continuo, forse di tamburi.  Quando fu
  completamente buio, uscirono, ognuno con una pistola in mano.  Non c’era
  nessuno nella via, né dietro l’angolo. Da una delle vie videro un chiarore in
  lontananza, verso la piazza della città, e si diressero in quella direzione.
  Di lì proveniva anche il suono che avevano sentito:
  erano certamente tamburi, diversi tamburi che venivano suonati tutti insieme. Misero
  via le pistole, ma rimasero tesi, pronti a scattare al minimo segnale.
  Incontrarono due tipi che si dirigevano anche loro
  verso la piazza, ma che non li guardarono neppure. A Boca Caliente ognuno si
  faceva i cazzi propri. Poi videro altri tizi. Man mano
  che si avvicinavano alla piazza, il rumore diventava
  sempre più forte e incontravano sempre più gente. Gli uomini di Boca Caliente
  stavano tutti andando in piazza e anche le puttane, le uniche donne della
  cittadina, si muovevano nella stessa direzione. Ci doveva
  essere uno spettacolo e Matt aveva un’idea del tipo di spettacolo. Probabile
  che a darlo era il Diablo Loco, con la collaborazione, non proprio
  volontaria, di Cortacarajos. Non si
  sbagliava. Quando
  arrivarono in piazza, videro alcuni falò accesi che illuminavano lo spazio.
  Col caldo che faceva, i falò non erano proprio il massimo, ma l’illuminazione
  pubblica a Boca Caliente nessuno sapeva che cos’era e quello era l’unico modo
  per far vedere bene lo spettacolo.  Lo
  spettacolo si teneva proprio in mezzo alla piazza e doveva essere uno
  spettacolo interessante, perché la folla si accalcava tutt’intorno. La gente
  si muoveva, curiosa di vedere i diversi attori di quella commedia divertente.
  Approfittando del continuo rimescolarsi del pubblico, anche Tom e Matt riuscirono a infilarsi e ad arrivare in prima fila C’era una
  serie di pali piantati nel terreno, che ne sostenevano altri, messi di
  traverso; dai pali sospesi pendevano, a testa in giù, gli uomini di
  Cortacarajos. Erano in parecchi, almeno una ventina e Matt pensò che se non arrivava il Diablo Loco, con quelli loro due non
  avevano nemmeno una possibilità su mille di portare a casa la pelle (e di
  tenersi cazzo e coglioni dove Iddio li aveva attaccati). Ma ormai non
  facevano più paura a nessuno.   Alcuni
  erano crepati. Altri respiravano ancora. Tutti erano nudi e al ventre avevano
  un taglio. Il Diablo Loco aveva fatto a quei figli di puttana il servizio che
  Cortacarajos faceva ai suoi nemici.  Cortacarajos
  era ancora vivo. Il torace si sollevava e si abbassava ancora. Una striscia di
  sangue gli colava dal ventre per tutto il torace, fino al collo. E il sudore
  faceva luccicare il corpo alla luce del fuoco. E ora,
  alla luce dei falò, tutti gli spettatori ammiravano lo spettacolo e ridevano,
  ingiuriavano Cortacarajos e i suoi uomini, ma non si avvicinavano. Al centro
  della piazza, c’erano solo i vincitori.  Il Diablo
  Loco e i suoi uomini ridevano e alcuni ballavano intorno ai falò, mentre
  altri battevano sui tamburi. Ogni tanto qualcuno pisciava in faccia agli
  uomini appesi, preferibilmente su quelli che ancora respiravano. Dava più
  soddisfazione. Matt e
  Tom non parteciparono alla festa. Non gliene fregava un cazzo.  Rimasero
  un buon momento, Matt aveva bisogno di guardare, per essere sicuro che era davvero così, che era fuori dall’incubo e che il
  giorno che era ormai finito era stato un inizio e non la fine. - Vuoi
  rimanere ancora, Matt? Matt
  scosse la testa. Ne aveva abbastanza. Si allontanarono.  Raggiunsero
  la locanda di Matt. Matt pensò che ne era venuto via
  quel mattino, ma gli sembrava che era un secolo. Disse al proprietario che il
  suo amico dormiva con lui. Il tizio non aveva nulla da obiettare (e quando
  mai, a Boca Caliente), ma si fece pagare un extra. Erano
  stanchi e storditi. Si abbracciarono e Tom si addormentò come un sasso. Nelle
  notti precedenti aveva dormito poco e male. Matt rimase sveglio più a lungo,
  ancora incredulo, poi si lasciò andare al sonno.   Il
  mattino lasciarono presto la camera. Matt prese il
  suo cavallo e andarono alla scuderia dove Tom aveva lasciato il suo. Quando
  furono tutti e due a cavallo, Matt si sentì, di colpo, follemente felice.
  Stava lasciando quel posto di merda, con Tom, verso la California, verso il
  suo paese. Uscirono
  dalla città e si diressero verso le colline su cui correva la pista per la
  California.  C’erano
  alcuni avvoltoi in cielo, che planavano su un punto preciso, non lontano
  dalla strada. Matt sapeva che cos’era. Non si
  stupì di vedere i corpi gettati di fianco alla strada, per ricordare a chi
  magari aveva poca memoria, che Boca Caliente era il regno del Diablo Loco e
  che nessuna banda doveva permettersi di entrarci. A terra c’erano altri
  avvoltoi, un sacco. Stavano già spolpando alcuni corpi, ma ad altri non si
  avvicinavano, perché non erano ancora crepati.  Non si
  fermarono. Quel che c’era da vedere, lo avevano già visto
  la sera prima. E Matt aveva solo voglia di andarsene. Per i suoi gusti, a
  Boca Caliente era rimasto già troppo. Ma ne era valsa la pena, certo che ne
  era valsa la pena. - Andiamocene
  da questo posto di merda, Tom. Vicino alla frontiera conosco un angolo di
  paradiso, in cui possiamo fermarci un po’. Sono solo un centinaio di miglia.  - Un
  centinaio di miglia? Cazzo, Matt. I cavalli scoppiano se non facciamo qualche
  sosta e a stare in sella per cento miglia di fila avrò il culo in fiamme. Matt
  rise. - Qualche
  sosta la facciamo, ma breve. I cavalli riposano quando siamo arrivati. Anche
  una settimana li lasciamo riposare. Non abbiamo mica fretta di tornare a
  casa. Matt fece
  una pausa, poi aggiunse: - Ma il
  culo, mi sa che quello tra una settimana ce l’avrai
  molto più in fiamme che se la passavi a cavallo, la settimana, te lo
  garantisco. Tom rise,
  spronò il cavallo e, passando di fianco a Matt, gli colpì con le redini il
  culo. - Vedremo
  a chi farà più male! E si
  lanciò al galoppo, inseguito da Matt. 2007 * La città di Boca Caliente, i due corpi che Matt vede all’arrivo e English Paul sono invenzioni di un autore che si firma Necrobear e compaiono nel racconto Belly to Belly, Chest to Chest. Mi sembra corretto dedicare a questo autore il racconto. Psychouzibear (DeeperDarkRed) creò diverse immagini per illustrare quel racconto e una di esse costituisce la base di quella che ho creato io.  |