Ca’ de luce Lord Henry e lord Arthur
chiacchierano seduti sulle due poltrone davanti al camino, dove arde un bel
fuoco: marzo è ancora piuttosto freddo e la pioggia cade incessante. Henry scuote la testa. - Non ne sapevo niente,
Arthur. Sai che ero a Costantinopoli. Le notizie arrivavano, ho letto anch’io
i giornali, naturalmente, ma non avevo capito che l’assassino fosse il nuovo
gestore del bordello dell’Irlandese. E che il bordello fosse stato chiuso. Arthur sorride. - Un brutto colpo per
tutti noi che non amiamo esporci troppo. Di bordelli maschili ce ne sono a
iosa, ma la qualità... E di giovani maschi che si vendono anche, ma vuoi mica
farti beccare dalla polizia a Hyde Park mentre
succhi l’uccello a una guardia reale? O finire nel bel mezzo di una retata? E
poi, una scelta come quella che offriva l’Irlandese… un ambiente
confortevole… insomma, è stato davvero spiacevole. Henry annuisce, ma in
questo momento la chiusura del bordello dell’Irlandese lo preoccupa per un
altro motivo. - E io adesso sono nei
casini. Ho promesso a lord George un bel maschio, merce sopraffina. E dove lo
trovo? Non posso prendere qualcuno che si vende per strada. Né una guardia
reale, che di certo non mi seguirebbe a Venezia. Arthur è perplesso. - Però, io non capisco...
Non mi dire che a Venezia non ci sono un sacco di maschi disponibili. E di
certo anche bordelli di lusso. Henry allarga la braccia,
tenendo il palmo delle mani rivolto verso l’alto. - Non so che dirti,
Arthur. In tutti questi anni… quanti anni sono che mio zio vive a Venezia?
Quindici? Venti? Arthur ridacchia. - E lo chiedi a me? È tuo
zio. - Più che uno zio, è un
lontano cugino, lo sai, ma sono il suo nipote preferito. E spero anche il suo
erede, visto che dei parenti più stretti non gli importa un fico secco. Tiene
molto di più a me. Arthur ridacchia di nuovo.
Sa bene che Henry conta sull’eredità dello zio: per quanto Henry sia ricco,
le sue rendite non sono sufficienti per il suo tenore di vita e i debiti crescono.
Non gli sembra il caso di toccare l’argomento, per cui si limita a osservare: - Già, forse perché ci
sono alcuni aspetti che vi accomunano. - Esatto! Arthur riflette un
momento. - Comunque lord George si
è trasferito in Italia dopo lo scandalo del generale Coote.
Quindi sono passati più di vent’anni. - Coote?
Non mi ricordo. - Quello che sculacciava i
ragazzi del Christ’s Hospital e si faceva
sculacciare da loro. Henry scoppia a ridere. - Sì, ora ricordo, ero un
ragazzino allora. Bel tipo, quello. Fu radiato dall’esercito, no? Arthur annuisce. Henry
riprende: - Tornando allo zio, in
tutti questi anni si è sempre servito della merce locale. E ne parlava in
termini entusiastici. Sono stato da lui almeno una dozzina di volte, lo sai.
Ogni volta un uomo diverso, ma tutti belli come Apollo ed eleganti. Gli
italiani, in questo, non hanno paragoni. Te lo dice uno che in Italia ha
trascorso più tempo che in Inghilterra, almeno negli ultimi vent’anni. Dopo un attimo di pausa,
Henry riprende: - Adesso, invece… tutto è
cambiato: basta con gli italiani, non ne vuole più sapere. E ha chiesto a me
di procurargli un bel maschio inglese. - Una richiesta… diciamo
insolita. Una bella prova di fiducia nei tuoi confronti. Henry sorride, un sorriso
malizioso. - Ci conosciamo bene. Godo
della sua fiducia. E non voglio perderla. - Perciò adesso devi
trovargli un maschio inglese, disposto a trasferirsi a Venezia. - Già. E qualcuno che gli
piaccia. Lord George è piuttosto esigente. - D’altronde può
permettersi il meglio di tutto quello che è in vendita. - Esatto! C’è un momento di
silenzio. Guardano entrambi il fuoco che crepita nel camino. - Devo trovare questo
maschio. Non intendo certo cedergli quello che mi porto io. Ma non posso presentarmi
a casa sua con un magnifico esemplare di uomo e dirgli che per lui non ho
trovato niente. - Già, mi hai detto che te
ne sei portato uno da Manchester. Come mai? - Ti dirò, questo tizio è
superlativo e in giro per l’Europa non sempre trovi merce buona. Non dico a
Parigi o a Venezia, lì la qualità è eccellente, ma in certi posti della
Germania o anche in Francia, in provincia, spesso è difficile trovare e
quando trovi… lasciamo perdere. Arthur sorride. - Ho sperimentato. Meglio
cercare di portarsi a letto qualche cameriere o un soldato. Henry storce la bocca. - Te li raccomando,
quelli. Sporchi, avidi, non ci sanno fare. Edward invece… C’è anche un’altra
motivazione, che Henry preferisce non dare: la sua situazione finanziaria è
disastrosa e anche il viaggio fino a Venezia sarà pagato facendo ulteriori
debiti. A Parigi e a Baden Baden Henry non
rinuncerà a qualche visita a un bordello di lusso, ma a Venezia, dove conta
di fermarsi almeno otto-nove mesi, a casa dello zio, lontano dai creditori,
Henry non potrà permettersi molte visite ai bordelli. Il suo credito presso
le banche è ormai minimo. A Edward dà molto poco e quando sarà a Venezia, di
fatto conta di dargli solo il mantenimento (a spese dello zio), tanto
difficilmente Edward, che non sa una parola d’italiano, potrebbe decidere di
andarsene. - Già, questo Edward. Mi
dicevi che l’hai incontrato a Manchester. - Sì, lui era appena
rimasto senza lavoro… - Lavorava in un bordello,
no? - Sì. Così mi son detto
che potevo portarlo con me, tanto per essere sicuro di non rimanere a bocca
asciutta. E se avessi saputo che qui a Londra non avrei più trovato il casino
dell’Irlandese, mi sarei procurato un secondo maschio a Manchester per lo
zio. Hanno chiuso il più bel bordello della città anche lì. - È una tragedia: non
rimane più niente. - Per me è un bel
problema… Dove lo trovo uno disposto a venire con me a Venezia per diventare
l’amante di uno zio dai gusti molto difficili? Un bell’uomo, virile,
disponibile a soddisfare Dio solo sa quali fantasie, elegante… Arthur aggrotta la fronte. - Però… ora che mi fai
pensare… credo di poterti indicare l’uomo giusto. Henry guarda l’amico
stupito. - Cosa? Davvero? - Sì. Uno degli uomini del
bordello dell’Irlandese. Rimasto senza lavoro, ovviamente. Diciamo che adesso
si è messo in proprio. Merce di primissima qualità. - Fantastico. Puoi
rintracciarlo? E pensi che sarebbe davvero disposto a venire a Venezia? - Posso rintracciarlo
senz’altro. E credo che sia disponibile… pagando il giusto… - Sai che mio zio non bada
a spese. Mi salvi la vita! Grazie! Arthur sorride e dice: - Però anche tu devi
pagare il giusto. Henry è perplesso. - In che senso? - Io ti dico chi è e dove
trovarlo. Tu però mi fai vedere questo magnifico maschio che ti sei portato
da Manchester e che ti accompagnerà a Venezia. - Ma certo, mi sembra il
minimo. Henry chiama il servitore
con il campanello. Quando il domestico entra, gli dice: - Chiama Edward. Il domestico fa mezzo
inchino ed esce. Arthur dice: - Sono proprio curioso di
vederlo. Edward arriva subito.
Trentacinque anni, forse quaranta. Capelli molto corti, viso dai lineamenti
marcati, molto virile. Fisico atletico. Un maschio superlativo. Arthur emette un fischio
d’apprezzamento. Henry sorride, soddisfatto. Poi dice: - Edward, il mio amico
vuole vederti. Spogliati. Edward non dice nulla. È
abituato a spogliarsi a comando. L’ha fatto tante volte, troppe. Si toglie
gli abiti con gesti misurati: sa che non bisogna aver fretta di esibire la
propria merce. Quando infine si cala i pantaloni, Arthur emette un altro
fischio. Henry si rivolge di nuovo
a Edward: - Credo che il conte abbia
piacere di vedere la tua arma in posizione di tiro. Datti da fare. Arthur ridacchia e scuote
la testa, ma non dice a Henry che non è il caso. L’idea di vedere in tiro il
cazzo di questo bel maschio non gli spiace per nulla. Edward non sembra stupirsi
della richiesta. Afferra il cazzo con la mano destra, mentre la sinistra
stuzzica i coglioni. Si muove tranquillo, senza fretta. Vede che gli occhi
dei due spettatori sono inchiodati al suo cazzo, che acquista volume e
consistenza. In breve il cazzo di Edward è teso in avanti, duro come una
pietra. Arthur vorrebbe inginocchiarsi davanti a lui e prenderlo in bocca,
come di certo deve fare Henry quando non c’è nessuno in giro, ma Edward non è
di sua proprietà e Henry non sembra intenzionato a condividerlo. Henry è soddisfatto
dell’ammirazione che legge negli occhi di Arthur. - Basta così. Puoi
rivestirti, Edward. Edward obbedisce. Quando
il cazzo scompare nei pantaloni, Arthur emette un sospiro. Non appena Edward
ha finito, Henry gli dice: - Torna in camera tua. Edward fa un cenno
d’assenso ed esce. Henry sorride ad Arthur e gli dice: - E allora? - Capisco bene che tu non
voglia cederlo a tuo zio. - Puoi dirlo! - Anche se… - Che c’è? - Devo dire che questo
Edward mi inquieta un po’. Ha un’aria truce. E quelle mani, grandi, forti… Me
lo vedo bene come un assassino, come l’angelo sterminatore che ha fatto fuori
un po’ di nostri confratelli. Hanry sorride. - Non scherzare. Non è uno
che ride spesso, ma non è certo un assassino. Adesso però ho bisogno di
sapere chi è l’uomo che mi proponi. - Si chiama Bruce, ma è
conosciuto come lo Scozzese. Secondo me per lord George è perfetto.
Bell’uomo, ben dotato, elegante. - Uno scozzese? Può non
essere una cattiva idea. Lo zio li apprezzava, quando stava a Londra, anche
se qualche volta l’ho sentito lamentarsi perché li trovava un po’ sporchi. - Su questo non c’è
problema. Bruce è pulito. - Come lo contatto? - Gli mandi un biglietto,
dicendo che hai avuto il suo nome da Stephenson. - Stephenson? - È una specie di parola
d’ordine. Lo inviti a venire a trovarti, indicando il giorno e l’ora. - Qui da me? - Sì, da te. O in un
albergo, se preferisci. Non riceve a casa sua. Bruce apre la lettera e
legge il biglietto. Non conosce lord Henry, conte di Louth,
e non sa bene che senso deve dare alla frase: “Una proposta che penso possa
interessarle”. Si tratta di una proposta di lavoro, sicuramente, e a Bruce
non spiacerebbe avere un nuovo cliente: ne ha bisogno. È riuscito a
ricontattare alcuni dei frequentatori del bordello presso cui lavorava e
attraverso di loro ha ottenuto qualche altro cliente, ma la sua situazione
rimane alquanto precaria. Molti di coloro che si rivolgevano al bordello
dell’Irlandese preferiscono evitare di far venire qualcuno a casa propria:
spesso sono sposati o hanno paura che la servitù spettegoli. Diversi non
vogliono andare in albergo, dove qualcuno potrebbe vederli entrare o uscire.
Tutti hanno paura di farsi notare, non vogliono che si sparli di loro. Bruce
dovrebbe affittare una camera in un posto decente per ricevere i clienti
facoltosi, ma per il momento vive in un posto molto misero: ha pochissimo
denaro e non può permettersi di spendere di più per una sistemazione
migliore. Bruce scrive un biglietto
di risposta, confermando che si presenterà all’ora indicata, e lo dà al
domestico. Il giorno dopo alle undici
Bruce raggiunge l’abitazione di lord Henry, nel nuovo quartiere vicino a Regent’s Park. Un domestico lo fa
accomodare in un salottino. Lord Henry arriva dopo una ventina di minuti,
anche se Bruce si è presentato all’ora stabilita. Lo guarda con attenzione,
come un compratore può osservare un cavallo al mercato. Bruce non è stupito:
è abituato a essere valutato. Di solito il giudizio è ampiamente positivo e
anche lord Henry sembra soddisfatto. Henry si siede e viene
subito al dunque: - Bruce, ho una proposta
da farti. - Mi dica, milord. - Ho uno zio che vive a
Venezia. Mi ha chiesto di procurargli un bel maschio che gli tenga compagnia.
Mio zio è molto ricco e ti pagherà bene, molto bene. Tutte le spese del
viaggio fino a Venezia sono a mio carico. Bruce appare molto
perplesso. - La ringrazio per la sua
proposta, che è interessante. Però… - Però? - Se me ne vado perderò
completamente i clienti che ho qui. E se suo zio non è soddisfatto di me o se
si stanca presto, mi ritroverò in una città straniera senza mezzi, in una
situazione di certo non facile. Henry pensa che
probabilmente Bruce vuole soltanto ottenere di più, ma deve riconoscere che
c’è un senso in quello che dice. - Mio zio mi ha dato
alcune indicazioni. Se non dovesse essere soddisfatto di te, ma non credo che
succederà, ti sarà pagato il viaggio di ritorno e una certa somma che
compenserà ampiamente quello che avresti potuto guadagnare rimanendo qui. E
se mio zio si stancherà dopo che avrai trascorso un po’ di tempo con lui, ti
pagherà il viaggio e una somma ancora più consistente. È un ottimo affare,
Bruce. E non corri il rischio che qualcuno ti denunci. Henry ha fatto riferimento
al rischio di essere denunciato per ricordare a Bruce che la sua situazione è
precaria: per un uomo che si prostituisce ad altri uomini in Inghilterra c’è
la pena di morte o, nel migliore dei casi, la deportazione. E se Bruce lo
dovesse intendere come una velata minaccia, tanto meglio: Henry ha bisogno di
trovare qualcuno per lo zio ed è disposto a ricorrere a qualsiasi mezzo. Bruce chiede chiarimenti
sulle somme. Henry gli fornisce qualche ragguaglio: si tratta di cifre
davvero consistenti, ma lord George è ricchissimo. Infine Bruce dice: - Mi permette di pensarci
qualche giorno, milord? Non è una decisione facile per me. - Non più di ventiquattr’ore.
Io parto tra una settimana e ho bisogno di sapere se devo cercare altrove. - Va bene. Domani
pomeriggio verrò a darle una risposta. Tornando a casa Bruce
riflette. Sono quasi tre anni che si prostituisce, da quando ha dovuto
lasciare Edimburgo per evitare di essere denunciato. Non è soddisfatto della
vita che conduce, ma finché era al bordello dell’Irlandese, non poteva
lamentarsi: guadagnava bene, non doveva preoccuparsi del futuro e i rischi
erano ridotti, perché il bordello godeva di protezioni in alto. Ma adesso i
guadagni sono appena sufficienti per sopravvivere e non è certo piacevole
sapere che in qualunque momento si può essere arrestati, deportati o magari
impiccati. Tutto sommato la proposta può essere una buona occasione. Se lo zio
di lord Henry sarà soddisfatto, la vita sarà molto più semplice per lui. E se
invece non sarà soddisfatto, Bruce valuterà il da farsi. Forse esercitare in
Italia, a Venezia, a Firenze o a Roma, potrebbe essere una buona alternativa.
Ci sono tantissimi inglesi che vanno in vacanza in Italia proprio per poter
soddisfare i loro desideri senza i rischi che si corrono in Inghilterra. O
magari… A Bruce non spiacerebbe
cambiare lavoro. Non ha scelto di prostituirsi: si è trovato a farlo per
sopravvivere. Non gli importa di scopare a pagamento, ma si chiede se è ciò
che intende fare per tutta la vita. Dopo aver riflettuto
ancora un po’, Bruce decide di accettare e l’indomani si presenta a casa di
lord Henry. Anche questa volta deve aspettare un buon momento prima che il
padrone di casa si presenti. - E allora? - Accetto la sua proposta,
milord. - Perfetto. Non ti
pentirai della tua scelta. Prepara i tuoi bagagli. Se non hai tutto il
necessario, possiamo provvedere a Parigi: conto di fermarmi due settimane lì.
Domani torna alla stessa ora: il sarto ti prenderà le misure. Bruce rimane disorientato. - Le misure? - Una richiesta di mio
zio. Ti vuole far fare un abito. Bruce si inchina
leggermente. - Va bene. Il giorno dopo il sarto
prende le misure, che lord Henry provvede a spedire direttamente a Venezia:
la lettera arriverà prima di loro, tanto più che Henry conta di fermarsi sia
a Parigi, sia a Baden Baden una quindicina di
giorni. Prima di congedare Bruce,
lord Henry gli dà appuntamento per il giorno della partenza. Lord Henry viaggia con
diversi domestici al seguito e si serve della propria carrozza, anche se non
ha molto senso: trascorrerà un lungo periodo a Venezia, dove non potrà
usarla. Henry però è poco disponibile a rinunciare alle comodità. I servitori non si
mostrano molto socievoli con Bruce: non sanno spiegarsi la sua presenza e
preferiscono non dargli confidenza. A Bruce non spiace: non ha nessuna
intenzione di spiegare i motivi del viaggio. A una domanda, accenna
brevemente che deve raggiungere lord George e che sarà al suo servizio. I
servitori non chiedono altro: alcuni di loro conoscono lord George, perché
lord Henry è stato da lui molte volte negli ultimi dieci anni, e hanno
un’idea del tipo di servizio che questo giovane maschio presterà. Bruce nota immediatamente
Edward. Come lui, Edward non sembra avere nessun compito specifico. Potrebbe
trattarsi di un amico di lord Henry, perché trascorre spesso una parte della
serata con lui, ma questa ipotesi è da escludere, perché Edward dorme e
mangia con gli altri domestici. Edward parla molto poco e non dà confidenza a
nessuno. Gli altri servitori sembrano ignorarlo, in modo talvolta ostentato,
come se volessero far notare che non vogliono avere a che fare con lui. Bruce
si dice che nel viaggio avrà occasione di parlargli. Bruce è sul ponte della
nave che da Dover porta a Calais. Guarda la costa dell’Inghilterra
allontanarsi. La giornata è soleggiata e le scogliere di Dover sono quasi
abbaglianti nella luce del mattino. Bruce si chiede quando rivedrà l’Inghilterra.
Forse non tornerà mai, come probabilmente non avrà modo di tornare in Scozia.
Per un momento Bruce si chiede se ha fatto bene ad accettare la proposta di
lord Henry, ma è un pensiero ozioso. A Londra la situazione era difficile. A
Venezia… si vedrà. Vorrebbe poterne parlare con qualcuno, ma è solo. Non può
certo spiegare la sua situazione ai servitori di lord Henry, che lo
guarderebbero con disgusto. Henry è anche lui sul
ponte. Guarda Bruce e si dice che è davvero un bell’uomo. Non gli spiacerebbe
provare la merce, ma non sa come la prenderebbe lo zio, se Bruce glielo
raccontasse. Certo, Bruce si prostituiva. Se Henry l’avesse provato a Londra,
non ci sarebbe stato nessun problema: allo zio avrebbe potuto dire che
l’aveva fatto per lui, per essere sicuro che le prestazioni dell’uomo fossero
di buon livello. Ma adesso che la scelta è stata fatta e sono in viaggio, se
lo zio lo venisse a sapere, potrebbe considerarlo poco rispettoso nei suoi
confronti. Henry non intende in nessun modo irritare lord George: sta
affogando nei debiti e lo zio è la sua unica speranza. Per quanto Bruce sia
un gran bel maschio, una scopata con lui non vale uno screzio con lo zio.
Però è un peccato. Per fortuna c’è Edward,
che è uno stallone superlativo. Questa sera a Calais Henry si rifarà. A Parigi arrivano senza
problemi. Come al solito, Henry intende fermarsi qualche settimana nella
capitale, dove ha diversi amici e le occasioni di divertimento sono infinite.
Sceglie, come sempre, un albergo che ormai non si può più permettere: non
intende rinunciare agli agi e non vuole che gli amici e i conoscenti
capiscano che le sue condizioni economiche non sono più così brillanti. Bruce non ha compiti ed è
libero di girare per la città, che esplora curioso. Gli pesa un po’ muoversi da
solo, ma i domestici del padrone non hanno tempo libero e comunque con loro
Bruce non ha rapporti. Non gli spiacerebbe girare con Edward, ma non ha
ancora avuto modo di scambiare due parole con lui. Due sere dopo il loro
arrivo a Parigi, Bruce vede Edward seduto fuori dall’albergo dove alloggiano.
Come avviene quasi tutte le sere, lord Henry è a cena da amici che risiedono
a Parigi: con ogni probabilità tornerà a notte fonda, per non dire il
mattino. Bruce si avvicina a
Edward, che non sembra quasi accorgersi della sua presenza. Bruce dice: - Non ero mai stato a
Parigi. Non ho mai avuto occasione di viaggiare. Edward risponde, senza
guardare Bruce. - Io ho viaggiato da
soldato. Ma in Francia non avevo mai messo piede. Nel tono di voce non c’è
nessuna cordialità. Bruce si dice che forse farebbe meglio a lasciar perdere.
Ma è curioso e quest’uomo forte, molto virile, lo attrae. - Dove sei stato? Se non
sono troppo curioso. - In Canada. C’è un lungo momento di
silenzio. Bruce si rende conto che Edward non ha voglia di conversare, ma
chiede ancora: - Sei al servizio di lord
Henry? Edward risponde brusco: - Sì, sono la sua puttana. La franchezza di Edward
per un momento spiazza Bruce. - Scusa, non intendevo
essere invadente. Edward non guarda Bruce.
Continua a fissare un punto lontano. - Forse sono io che dovrei
scusarmi, ma ho un pessimo carattere. Comunque adesso sai chi sono e puoi
evitarmi, come gli altri servitori. Bruce ride. - Che hai da ridere? Bruce scuote la testa e
dice: - Sono anch’io… una
puttana, come dici tu. Lord Henry mi ha assunto per lo zio che vive a
Venezia. Edward lo guarda in
faccia, per la prima volta. Aggrotta la fronte. - Non mi stai prendendo
per il culo? - No, è così. Lo zio lo ha
incaricato di trovargli una puttana inglese e di portargliela a Venezia. Io
lavoravo al bordello dell’Irlandese, quello che hanno chiuso perché il
proprietario era un assassino. C’è un momento di
silenzio, poi Edward dice: - Perché sei finito a fare
questo lavoro di merda? - Sono dovuto andarmene da
Aberdeen, perché… una brutta storia.
Facevo da segretario per una famiglia nobile. Avevo una relazione con il
figlio maggiore, che aveva la mia età. Quando l’hanno scoperto, i suoi
genitori hanno minacciato di denunciarmi se non me ne fossi andato dalla Scozia.
Lui mi ha dato un po’ di soldi e sono arrivato a Londra, ma i soldi sono
finiti presto e senza referenze non riuscivo a trovare lavoro. Attraverso una
conoscenza ho incontrato l’Irlandese, che mi ha preso nel suo bordello.
Meglio che finire a fare l’operaio. Bruce ha raccontato
volentieri. È contento di poter parlare liberamente, a qualcuno che è in
grado di capirlo e non lo condannerà. Edward annuisce. Bruce chiede: - E tu? - Sono stato beccato
mentre lo mettevo in culo a un ufficiale. Ho evitato la forca perché lui è un
nobile, di una famiglia molto potente, per cui non siamo stati denunciati, ma
mi hanno mandato via a calci in culo. Lui è tornato alla sua nobile famiglia.
Il tuo almeno ti ha dato una mano. Lui mi ha detto chiaro e tondo di non farmi
mai vedere, che aveva già avuto abbastanza problemi per colpa mia. Faccia di
merda! Io mi sono ritrovato a trentaquattro anni senza un mestiere. Ho
incominciato a vendermi a Manchester, per strada, e poi mi hanno preso in un
bordello, ma l’hanno chiuso. In quel fottuto paese di merda, i finocchi hanno
vita difficile. Bruce conclude per Edward: - E lord Henry ti ha preso
con sé. - Sì. È meglio del
bordello, corri meno rischi. Finché dura… Bruce annuisce. - Spero di trovarmi bene
con lo zio di lord Henry. - Lo spero per te. Rimangono un momento
seduti uno vicino all’altro, poi Edward si alza, gli augura la buona notte e
se ne va. Bruce rimane pensieroso.
Gli sarebbe piaciuto parlare ancora un po’ con Edward: hanno molte cose in
comune. Ma Edward non sembra interessato ad approfondire la conoscenza. Edward è a disagio. Non si
aspettava che Bruce gli si avvicinasse e non sospettava che fosse anche lui
una puttana. Bruce gli piace, parecchio, ma era sicuro che gli altri
servitori gli avrebbero detto la verità su di lui e che poi anche Bruce si
sarebbe tenuto alla larga. Invece la situazione è del tutto diversa. Edward sa che potrebbe
fare amicizia con Bruce, ma qualche cosa lo blocca. Edward non ha amici. Non
è mai stato molto socievole, ma gli ultimi anni hanno aperto in lui una piaga
che lo ha reso scontroso. È entrato in un mondo in cui i rapporti umani sono
squallidi come gli uomini che ha incontrato: i clienti, interessati soltanto
al suo cazzo e al proprio piacere; i padroni dei due bordelli in cui ha lavorato,
che pensavano solo a sfruttarlo al massimo, come una vacca da mungere; i
poliziotti corrotti, che magari pretendevano una prestazione gratuita per non
raccontare ai loro superiori dell’esistenza dei bordelli; gli altri uomini
che si prostituivano e che vedevano in Edward un rivale in grado di soffiare
loro i clienti. Sono anni che Edward non ha più avuto un amico, qualcuno con
cui può parlare liberamente. Edward preferisce tenersi
alla larga da Bruce, dal suo calore umano, dalla sua franchezza, dalla sua
bellezza. Sì, anche dalla sua bellezza. Sir Henry non è brutto, ma Edward
scopa con lui perché è il suo modo per guadagnarsi da vivere. Con Bruce
Edward scoperebbe volentieri. Ma sarebbe anche pericoloso, per entrambi,
perché lord Henry, a cui non importa niente di lui come persona, potrebbe
adombrarsi scoprendo che il suo toro da monta si prende delle libertà. E
potrebbe essere pericoloso anche per Bruce. No, meglio lasciar perdere. Il soggiorno a Parigi dura
quindici giorni, durante i quali lord Henry è quasi sempre impegnato con
amici e conoscenti. Viene invitato a cena, va all’opera e a teatro. Rientra
molto tardi la notte e non si alza mai prima di mezzogiorno. Spende molto,
come sempre. Con Edward scopa di rado, di solito nel primo pomeriggio, se non
ha altri impegni: a Parigi ci sono bordelli di lusso e alcune vecchie
conoscenze, per cui non mancano le occasioni. Edward è un gran maschio, ma a
Henry piace variare e nel resto del viaggio non ci saranno altrettante
possibilità. Nei giorni successivi
Bruce cerca ancora di parlare con Edward, che però non lo incoraggia, per cui
ogni volta scambiano poche parole. A Bruce spiace, ma è evidente che Edward
non è interessato ad approfondire la conoscenza. Una sera in cui Bruce si è
avvicinato a Edward, lord Henry esce dall’albergo e li vede vicini. Chiama
Edward e gli dice: - Non fraternizzare troppo
con Bruce. Chiaro? Edward fa un cenno
d’assenso, anche se prova l’impulso di spaccare la faccia al suo padrone. - Certo, milord. Infine lord Henry lascia
Parigi. La carrozza si dirige verso Baden Baden, la
capitale estiva d’Europa, dove si riunisce il bel mondo e si incontrano
facilmente anche le teste coronate. Lord Henry ha intenzione di trascorrervi
quindici giorni, come a Parigi, ma giunto in città scopre che la banca a cui
si è rivolto rifiuta di anticipargli la somma che richiede: la banca di Henry
non ha fornito le garanzie richieste. Henry è furibondo, ma nasconde la sua
rabbia e riprende il viaggio verso Venezia, senza dare nessuna spiegazione:
non deve certo rendere conto delle sue azioni ai servitori o a Bruce.
Raggiungono Monaco di Baviera, perché lord Henry preferisce arrivare in
Italia dal Brennero. Le tappe ora sono più rapide e in nessuna città lord
Henry si ferma a lungo. Da Monaco lord Henry procede
verso sud. Bruce è curioso di vedere le Alpi: i resoconti di viaggio che ha
letto gli hanno fatto sognare queste valli incassate tra i monti, i precipizi
vertiginosi, le cime innevate. La carrozza si ferma a una
locanda da cui già si vedono le montagne. Bruce si avvicina a Edward: ha
bisogno di parlare con qualcuno. Gli altri servitori, oltre ad avere poco
tempo libero, sono abituati a viaggiare con lord Henry e non appaiono
interessati a ciò che vedono. Per Bruce ogni città è una scoperta, che lo affascina.
Edward è la persona a cui Bruce si sente più vicino, anche se l’ex-soldato
non sembra interessato a fare amicizia. - Ho sentito parlare molto
delle Alpi. Devono essere uno spettacolo grandioso. In Canada ci sono grandi
montagne? - Sì, verso occidente, ma
io non le ho mai viste. Ho sempre prestato servizio lungo la costa atlantica.
Lì ci sono montagne, ma non sono molto alte. - Anche in Scozia ci sono
diverse montagne, ma la traversata delle Alpi dev’essere affascinante. Edward non appare molto
interessato. Nei giorni seguenti, però, quando la carrozza si inerpica lungo
la strada di montagna, la visione delle cime che si stagliano contro il cielo
e dei baratri che si aprono ai loro piedi, affascina anche lui. Edward e Bruce
si siedono di fianco al cocchiere e ammirano il mutevole scenario che la
strada svela ai loro occhi. Tra loro si crea una certa
complicità, ma quando una sera, ormai vicino a Bressanone, Bruce mette una
mano sul braccio di Edward, per indicargli due camosci che corrono sulla
parete, Edward toglie il braccio. Il mattino dopo non si siede più di fianco
al cocchiere. Bruce è sconcertato, ma
non dice nulla. La carrozza scende lungo la valle dell’Isarco e poi
dell’Adige, i rilievi diventano meno imponenti e infine la valle si apre
verso la pianura. Si avvicinano a Venezia,
la loro meta. Anche di questa città sospesa sull’acqua Bruce ha sentito
spesso parlare ed è curioso di vederla. Vi arrivano in un giorno di inizio
estate, su un battello che li porta attraverso la laguna fino alla città. Non
è una giornata limpida, ma il profilo delle case e dei palazzi, delle chiese
e dei campanili che si riflettono nell’acqua, le gondole che scivolano
silenziose lungo i canali, tutto incanta lo scozzese e per un momento gli fa
dimenticare completamente che sta per incontrare il suo datore di lavoro. Lord George possiede un
antico palazzo che affaccia direttamente sul Canal Grande, ma ha anche un
ingresso su una calle. È una gondola a portarli fino al portone. Bruce guarda l’edificio,
che ha tre piani, con una torre laterale e finestre gotiche, soprattutto
bifore. La ricca ornamentazione della facciata fa pensare che si tratti di
un’antica casa nobiliare. All’ingresso li accoglie un servitore in livrea. Un
altro servitore arriva subito e guida i domestici di lord Henry
all’appartamento che lord George ha riservato al nipote. Il domestico che li
ha accolti accompagna il conte fino alla sala dove lo aspetta lord George.
Edward e Bruce seguono lord Henry sul grande scalone che porta ai piani
superiori. Il soffitto e le pareti sono completamente coperti da un grande
affresco che rappresenta in alto l’Olimpo, con gli dei a banchetto, e sui
muri svariati eroi mitologici, che hanno concluso vittoriosamente una delle
loro imprese: Ercole con la clava che ha abbattuto l’Idra di Lerna dalle molte teste; Teseo che contempla il corpo
senza vita del Minotauro; Perseo in groppa a Pegaso, sotto i cui zoccoli
giace il mostro marino che l’eroe ha appena ucciso; Ulisse che ha accecato
Polifemo. Per quanto Bruce sia
vissuto per alcuni anni in una casa nobiliare, dove faceva da segretario, non
mai visto niente di paragonabile a questo. Il domestico li introduce
in un salotto. Anche qui il soffitto è affrescato, con episodi della vita di
Ercole: l’eroe è raffigurato mentre stritola tra le braccia possenti Anteo,
mentre uccide il leone di Nemea, nel momento in cui cattura la cerva di Cerinea. Alle pareti sono collocati numerosi quadri, che
coprono tutti gli spazi lasciati liberi dalla mobilia e dai tendaggi. Sui
mobili, tutti riccamente intarsiati o dipinti, sono collocate alcune
sculture. Bruce si dice che probabilmente l’arredamento, i quadri e le
sculture di questa sola stanza sono costati di più di quanto lui abbia
guadagnato nella sua vita. Lord George arriva dopo un
buon momento. È un uomo anziano, che indossa un giustacuore cremisi, con
pantaloni dello stesso colore e una camicia bianca con il pizzo al collo.
Porta una parrucca bianca, come un tempo era abituale in Inghilterra, ma come
ora, dopo lord Brummel, non si usa più. Sembra un
uomo d’altri tempi, uscito da uno di quei ritratti di Reynolds che Bruce ha
avuto modo di vedere nel palazzo di Edimburgo dove è stato segretario. Lord George accoglie
calorosamente Henry, ma questi si accorge che lo zio guarda, senza farsi
troppo notare, i due maschi che lo accompagnano. Perciò, dopo due parole sul
viaggio, Henry dice: - E questo è Bruce. - Ben arrivato, Bruce. Henry evita di presentare
Edward, che non è di competenza dello zio. Lord George guarda con
attenzione Bruce, poi annuisce e si rivolge al domestico e dice: - Alvise, accompagna il
signore nella sua camera. A Bruce dice: - Passerò da te più tardi. Poi lord George guarda
Edward e aggiunge, rivolto ad Alvise: - E anche il signore. A Henry dice: - Gli ho fatto preparare
la camera comunicante con la tua, come mi hai chiesto. Quando sono rimasti soli,
aggiunge: - Mi sembra che tu abbia
fatto un’ottima scelta. Ma sapevo di poter contare su di te. Poi sorride e aggiunge: - E direi che anche
l’esemplare che ti sei scelto tu è superlativo. Un po’ truce, ma mi sembra un
maschio magnifico. Bruce guarda la camera che
occuperà. C’è un grande letto a baldacchino, con cortine di seta rossa, trapunta
d’oro. Un tappeto con motivi floreali copre una parte del pavimento. Su una
parete un grande arazzo raffigura quattro giovani che si bagnano in un fiume,
sullo sfondo di un paesaggio agreste. Ci sono un grande guardaroba con
intarsi in avorio, una cassapanca con dipinte scene di guerra, un tavolino
con le gambe scolpite e due sedie. Vicino al letto c’è un grande specchio,
con una ricca cornice dorata. È una camera degna di un
principe. Ma, come Bruce ha modo di scoprire nei giorni seguenti, è l’intero
palazzo a essere arredato in modo sontuoso. Bruce nota che sul letto
ci sono alcuni capi di vestiario: una camicia di seta bianca, finemente
ricamata; un paio di pantaloni lunghi solo fin sotto il ginocchio, in un
tessuto rosso con ricami d’oro; un giustacuore con maniche rosse e un ricamo
di fiori e animali in colori diversi, ma tutti tenui; un paio di calze
bianche; mutande di seta. Sono destinati a lui? Lord Henry gli ha fatto
prendere le misure da un sarto, dicendo che glielo aveva chiesto lo zio. Lord
George se n’è servito per fargli preparare abiti settecenteschi? Bruce si siede su una
poltrona, vicino alla finestra che affaccia sul Canal Grande. Si chiede che
cosa sarà di lui, che cosa dovrà fare per lord George. Poi la sua mente si
perde in pensieri oziosi, sulla vita che ha vissuto fino a ora, su quella che
un tempo aveva immaginato di vivere. Lord George arriva
un’oretta dopo e lo trova seduto alla finestra. Bruce si alza. - Bene, Bruce. Sapevo che
potevo fidarmi di Henry e non mi ha deluso. - Grazie, milord. Lord George si siede e fa
segno a Bruce di fare altrettanto. - Siediti, Bruce. So che
mio nipote ti ha già illustrato la situazione, a grandi linee, ma adesso è
necessario che io e te ci parliamo chiaramente. - Certo, milord. - Prima di tutto voglio
conoscerti un po’ meglio. Parlami della tua vita fino a ora. La domanda sorprende
Bruce, ma in fondo non è strano che lord George voglia conoscere bene un uomo
con cui intende trascorrere un lungo periodo. Bruce racconta brevemente della
sua famiglia, dei suoi studi, del lavoro come segretario. Prosegue narrando
del suo licenziamento e del lavoro nel bordello dell’Irlandese. Lord George sembra
soddisfatto. - Va bene. Ufficialmente
sarai il mio segretario. Riceverai una paga mensile. Lord George indica la
cifra, che è più alta di quella annunciata da lord Henry e che a Bruce appare
eccessiva, tanto più che non avrà spese, in quanto vivrà nel palazzo del
conte. Lord George prosegue: - Se per qualche motivo
deciderò di interrompere il nostro rapporto, avrai il necessario per tornare
in Inghilterra e una buonuscita, legata alla durata del periodo che hai
trascorso qui, - La ringrazio, milord. - Ti dirò che cosa voglio
da te di volta in volta. C’è un’unica condizione essenziale, che devi avere
sempre bene in testa: tu non devi, per nessun motivo, raccontare a qualcuno,
fosse pure lord Henry, ciò che fai per me. Non credo che mio nipote voglia
ficcare il naso nei miei affari, ma altri cercheranno di farlo, tra la
servitù di lord Henry o tra la mia o magari l’uomo che lord Henry si è
portato con sé. Bruce annuisce. - Va bene, milord. So
essere discreto. Lo sono sempre stato come segretario e… nel lavoro
successivo. - Benissimo. Per me è
essenziale, te lo ripeto. Una mancanza di discrezione metterà fine al nostro
rapporto. - Ho capito, milord. Lord George rimane in
silenzio per un minuto, poi dice: - Adesso spogliati, Bruce,
completamente. Bruce non si stupisce
della richiesta: non è stato assunto per conversare. Si alza ed esegue
l’ordine, senza fretta, ma senza indugiare. Quando è completamente nudo, lord
George lo osserva a lungo. - Voltati. Bruce si gira. Ora può
vedere fuori dalla finestra. Lo sguardo si perde nel cielo che ormai sta scurendosi,
sopra il profilo dei palazzi immersi nell’ombra. Anche i suoi pensieri volano
per un momento lontano, Bruce non saprebbe dire dove. - Puoi girarti, ora. Bruce si volta e guarda
lord George. - I servitori hanno
preparato un bagno caldo. Senza dubbio ti farà piacere dopo il viaggio. Bruce fa appena un cenno
d’assenso. Lord George preferisce che l’uomo con cui scopa sia pulito. La stanza da bagno è di
fianco alla camera di Bruce. Vi si accede dalla stanza e dal corridoio. C’è
una grande vasca, con acqua calda. Bruce vi si immerge e si lava con cura,
mentre lord George lo guarda. Bruce si chiede se non sia il caso di stimolare
un po’ il cazzo mentre si lava: forse lord George desidera vederglielo duro.
Ma se invece non fosse così? Bruce si limita a lavare con cura, ottenendo un
certo afflusso di sangue e un ingrossamento, ma in misura limitata. Lord
George non dice nulla e non dà segno di interesse, per cui Bruce non procede.
- Ora puoi uscire e
asciugarti. Bruce esegue. Quando ha
finito, lascia cadere l’ampio telo con cui si è asciugato. Lord George gli fa cenno
di seguirlo e passa in camera. - Ora indossa gli abiti
che sono sul letto. Bruce esegue. Tutto gli va
a pennello, ma indossare questi abiti gli trasmette una sensazione strana.
Per fortuna non c’è anche una parrucca incipriata, perché gli darebbe
fastidio. - Stai molto bene, Bruce. - Grazie, milord. Lord George ride. - Sei un po’ a disagio,
vero, Bruce? Bruce annuisce. - Non ho mai indossato
abiti come questi. - Ti abituerai. Ne avrai
altri. Anche le scarpe. Quelle non le ho fatte preparare: il calzolaio deve
poter prendere le misure lui. Lord George sorride, poi
dice: - Bene, così va bene. Tra
mezz’ora scendi a cena. Lord George esce. Bruce
rimane un momento a guardare la porta, poi torna a sedersi alla finestra. La cena è di ottima
qualità. Non ci sono altri ospiti. Anche Edward è seduto a tavola:
probabilmente l’ha deciso lord George, visto che è presente anche Bruce. Dopo cena i due nobili
chiacchierano un momento in salotto. Lord George ha fatto accomodare anche
Edward e Bruce su due sedie, ma si rivolge solo al nipote. Ogni tanto lancia
un’occhiata verso di loro. In due occasioni coinvolge Bruce, ma poi torna a
parlare solo con lord Henry. Sul camino, spento perché
non c’è bisogno di riscaldare le stanze, i candelieri diffondono la loro luce
e si riflettono negli specchi posti alle pareti, tra i quadri. In uno degli
specchi Bruce può osservare in viso di Edward senza doversi voltare. Non c’è
traccia di emozioni: è come se l’ex-soldato indossasse una maschera di
indifferenza. Bruce guarda il proprio riflesso. Non si è ancora abituato
all’abito che indossa e che gli sembra un po’ ridicolo. Dopo un’oretta di
conversazione, lord George si alza: è il segnale che è giunta l’ora di
coricarsi. Bruce si chiede se il conte
intenda avvalersi dei suoi servizi, ora. In effetti il conte si dirige nella
camera di Bruce. Il conte posa il
candeliere che ha portato con sé. - Spogliati, Bruce. Bruce esegue. Quando Bruce
è completamente nudo, il conte dice: - Adesso apri il
guardaroba. Lord George indica con un
gesto il mobile intarsiato. Bruce lo raggiunge e lo apre. Dentro ci sono
diversi indumenti. - Prendi la vestaglia
rossa. Nell’armadio c’è una
vestaglia di broccato cremisi, finemente ricamata in oro. - Indossala. La vestaglia è splendida. - La terrai addosso fino
al momento in cui ti coricherai. E la metterai il mattino al tuo risveglio. - Va bene, milord. - Lascia perdere il
milord. Siediti vicino alla finestra, Bruce e guarda fuori. Dimmi ciò che
vedi. Bruce si siede e guarda il
canale, percorso da alcune gondole. Ognuna ha una lanterna e alla loro luce
Bruce scorge le persone sedute nell’imbarcazione. - Ci sono diverse gondole.
Ora ne sta passando una con quattro persone. Forse due donne e un uomo, oltre
al gondoliere. Lord George si fa
raccontare ciò che Bruce vede per un buon momento. Poi dice: - Adesso puoi lavarti e
fare ciò che abitualmente fai prima di metterti a dormire. Bruce raggiunge la stanza
da bagno. Lord George lo segue e lo guarda pisciare. Quando Bruce rientra, lord
George dice: - Adesso stenditi sul
letto. Aspetterò che tu ti addormenti, poi me ne andrò, ma verrò a vederti
dormire. Bruce si stende sul letto.
È tutto molto strano. Che cosa vuole lord George da lui? Guardarlo? Soltanto
guardarlo mentre si veste, si sveste, si lava, piscia, si corica? Guardarlo
mentre indossa abiti di un’altra epoca? Il viaggio lo ha stancato
e Bruce si addormenta in fretta. Lord George rimane a guardarlo, poi prende
il candeliere e passa nella propria camera. Ma quando, come spesso gli
succede, si sveglia nel cuore della notte, accende una candela e va a
guardare Bruce che dorme. Quando Bruce si sveglia,
lord George è seduto sulla poltrona accanto al letto, in vestaglia. Lo guarda
mentre si alza, si lava e si veste. Solo quando Bruce si siede sul gabinetto,
lord George esce dalla stanza da bagno. Nel pomeriggio i due conti
escono. Prima di uscire, lord George dice: - Bruce, Edward, se volete
farvi un giro per Venezia, noi torneremo solo a sera. Poi lord George si rivolge
al nipote: - Tu non hai niente in
contrario, vero, Henry? - No, naturalmente. Bruce ha l’impressione che
lord Henry non sia entusiasta di sapere che trascorreranno la giornata insieme,
ma che preferisca comunque assecondare lo zio. Lord George aggiunge: - Attenti solo a non
perdervi. Forse è meglio che vi dia qualche moneta. Se vi perdete, fate segno
al primo gondoliere che passa, gli date una moneta e gli dite “Ca’ de luce”.
Ripeti, Bruce. Bruce ripete la parola, di
cui non coglie il senso, e intanto prende le monete che lord George gli dà.
Sono sette, ma lord George dice: - Per il barcaiolo ne
basta una; non fargliene vedere di più o, appena sente che non siete di
Venezia, vi fa pagare il triplo. Ca’ de luce. Vuole dire casa della luce,
chiamano così questo palazzo perché è in pietra chiara e quando batte il sole
diventa molto luminoso. Quando i due nobili sono
usciti, Bruce si rivolge a Edward: - Allora, Edward, ce lo
facciamo un giro? Sono curioso di vedere questa città. Edward è perplesso. - Ma… non so… - Eddai!
Non sei mai stato a Venezia e vuoi rimanertene nel palazzo tutto il
pomeriggio? Edward è curioso di vedere
questa città che gli sembra irreale, ma preferisce tenersi alla larga da
Bruce, anche se lo scozzese gli piace molto. Sa che lord Henry non vede di
buon occhio un’intimità tra lui e Bruce e non vuole che nascano problemi. E
non vuole neppure affezionarsi troppo, perché sa che dovranno separarsi. Di fronte all’insistenza
di Bruce, Edward cede. Bruce indossa l’abito con cui è arrivato a Venezia. - Preferisco non andare in
giro conciato come un gentiluomo alla corte di Giorgio III. Camminano a caso e più
volte si trovano di fronte un canale che non consente loro di proseguire.
All’inizio cercano di ricordare la strada percorsa, ma poi, disorientati dai
loro stessi movimenti e distratti dagli edifici tra cui camminano, si perdono
completamente. Se ne rendono conto presto. Cercano di ritrovare la strada, ma
finiscono per trovarsi al limite settentrionale della città: davanti a loro
un’isola abbastanza vicina, con diversi edifici. Più lontano altre isole e la
terraferma. È una giornata di sole e il cielo è di un azzurro intenso, come
l’acqua in cui si specchiano gli edifici. Si siedono su una panca e
rimangono a guardare, incerti. - Che meraviglia! Edward annuisce. - È bellissima. - Ci dev’essere una
piazza, con la chiesa, San Marco, mi pare. Mi sarebbe piaciuto andarci, ma
chissà dov’è. - Avrai occasione di
andarci, se ti fermi qui. E probabilmente anch’io: lord Henry sembra
intenzionato a fermarsi a lungo. Se non mi sbatte fuori a calci in culo. Nel
qual caso sarei nella merda. Bruce si preoccupa. - Pensi che voglia
licenziarti? - No, non credo, ma è…
quando si stufa posso andare a farmi fottere. E poi… non ha importanza,
tanto… Edward non dice altro.
Bruce non sa bene come rispondere. - Vedremo che cosa ci
succederà. Dopo un po’ si rialzano e
cercano di ritrovare la strada, ma non ci riescono. Dopo alcuni giri, fermano
un barcaiolo, gli fanno vedere la moneta e gli dicono: “Ca’ de luce”. Il
barcaiolo dice qualche cosa che loro non capiscono, poi li fa salire sulla
barca e li conduce attraverso i canali fino al palazzo. Lord George e lord Henry
non sono ancora rientrati: hanno detto che torneranno solo verso sera. La sera lord George rimane
nuovamente a guardare mentre Bruce si corica. Questa volta però si siede sul
letto accanto a Bruce e lo accarezza. La sua mano scorre sul viso di Bruce,
sul collo, sul torace, scende al ventre, stringe il cazzo, avvolge i
coglioni, scivola sulle gambe. Poi il conte si china e la sua lingua scorre
sul cazzo di Bruce, due volte, le labbra si schiudono e la bocca avvolge la
preda. Il lavorio delle labbra e della lingua ha rapidamente effetto. Lord
George lascia la preda e contempla il cazzo di Bruce, sorridendo. Dice: - È bellissimo. Ma sei tu
a essere bellissimo. Lord George rimane seduto
a contemplare il cazzo di Bruce, poi si alza e lascia la stanza, augurando la
buonanotte a Bruce. Lord George passa nella
propria camera, ma non vi rimane. Entra invece nella stanza a fianco di
quella di Edward. Chiude la porta a chiave, posa la candela e passa in uno
spogliatoio. Solleva uno sportello di legno e attraverso due aperture guarda
nella camera di Edward. Come ha previsto, Henry è lì: suo nipote è sul letto,
a quattro zampe; Edward lo sta infilzando. Dal suo punto di osservazione
George può vedere benissimo il grosso cazzo entrare e uscire dal culo di
Edward, sul cui viso compare, a ogni ingresso, una smorfia. Edward è davvero uno
stallone magnifico: vederlo fottere Henry è uno spettacolo grandioso.
Dall’espressione del viso di Henry, è evidente che Edward gli fa male, ma di
certo Henry non intende rinunciare al piacere che gli trasmette il cazzo
vigoroso che gli scava nel culo. George assiste fino alla
fine, quando, dopo un’interminabile cavalcata, Edward viene. Henry si lascia
andare sul letto, esausto. Edward si alza e getta via
il preservativo. George sa che suo nipote è molto prudente ed è ossessionato
dalla paura di prendersi la sifilide o qualche altra malattia, ma non si
aspettava che facesse usare il preservativo a Edward, che è al suo esclusivo
servizio. Ma non ha torto: Edward si prostituiva, potrebbe aver contratto
qualche malattia. Una settimana dopo
l’arrivo di Henry a Venezia, George chiede a Henry: - Henry, non hai niente in
contrario se vesto anche Edward come piace a me? Per quando rimane in casa. - No, figurati, zio. Va
benissimo. Il sarto viene in giornata
e prende le misure. Edward non capisce che cosa si dicono lord George e il
sarto, perché parlano in italiano, ma alla fine del colloquio il conte gli
dice: - Avrai una vestaglia e un
abito. La vestaglia che lord
George fa preparare per Edward è una fantasia in nero con sottili ricami
d’argento e ha una fodera di un rosso scuro, anch’essa impreziosita di
ricami. Lord George dice a Edward: - Il mattino indosserai la
vestaglia senza metterti niente sotto. Scenderai così a colazione. Il mattino dopo Edward
obbedisce, senza sapere che lord George lo sta osservando dallo spioncino. Quando vede Edward con la
vestaglia, la cui scollatura lascia visibile il petto, Henry scuote la testa
e dice: - Vestito così di nero,
sembra il boia. George ride e annuisce. - Sì, il sarto è bravissimo. Henry guarda lo zio,
perplesso. - Che intendi dire? - Sa far risaltare le
caratteristiche delle persone. Edward è un assassino perfetto. Guarda le sue
mani. Mani per uccidere. Henry guarda le mani di
Edward. Sono mani forti, coperte da una peluria scura. Henry scrolla le
spalle. - Ma che dici? George sorride. - Me lo vedo benissimo a
torso nudo, con un paio di pantaloni neri aderenti, che si prepara a
decapitare il condannato. Magari Bruce. Bruce che sale sul palco, le mani
legate dietro la schiena, un paio di pantaloni rosso sangue e una camicia
bianca aperta. Henry scuote la testa. - Che fantasie macabre! - Teatro. Puro teatro. In realtà George è un uomo
mite. Un’unica volta ha visto un’esecuzione capitale, molti anni fa a Londra:
lo spettacolo gli è sembrato orribile e in seguito ha sempre evitato di
assistervi. Quello che lo affascina
nella figura del boia è un’immagine di virilità, che Edward incarna
perfettamente. Henry ha l’impressione che
lo zio si stia in qualche modo impadronendo di Edward e questo gli dà molto
fastidio. Henry sa che lord George è un collezionista e un intenditore:
quadri, sculture, mobili antichi, probabilmente anche uomini. Bruce è entrato
a far parte della collezione e allo zio non spiacerebbe aggiungere anche
Edward. Henry non sa se lo zio miri a farsi fottere da Edward, ma considera
Edward una sua proprietà e non vuole che qualcun altro ne approfitti. Evita
però di dire alcunché: non intende contrariare lo zio in nessun modo. La sua
situazione economica è ormai critica. Le lettere che riceve dal suo
amministratore gli confermano i suoi peggiori timori: Henry rischia il
sequestro di tutti i suoi beni, che non sarebbero comunque sufficienti a
pagare i creditori. L’unica via d’uscita è
chiedere un prestito allo zio, una specie di anticipo sull’eredità, che non
dovrebbe tardare. Ma sarebbe un prestito molto consistente e Henry sa che
deve muoversi con cautela per ottenerlo. Lo zio non bada a spese, ma non è
detto che sia disponibile a prestargli una somma dell’entità richiesta, tanto
più sapendo che non verrà mai restituita. E non può certo avanzare la
richiesta dopo pochi giorni di soggiorno.
Per il momento si gode
l’ospitalità dello zio. Conta di fermarsi almeno fino alla prossima
primavera. Se allo zio piace Edward, in fondo è una buona cosa: per averlo
vicino, magari sarà più disponibile a sganciare una somma maggiore. Ma il
gioco va condotto con molta cautela: Edward non è uno schiavo di cui Henry
può liberamente disporre. Se lo zio offrisse a Edward di pagarlo anche solo
la metà di quello che paga Bruce, probabilmente l’ex-soldato mollerebbe Henry
e passerebbe al servizio di lord George, molto più ricco. I giorni trascorrono
tranquillamente. Bruce cerca spesso la compagnia di Edward, che però si
mantiene a una certa distanza, soprattutto se lord Henry è presente. Lord George fino a ora non
è andato oltre ciò che ha fatto nei primi giorni. Non sembra intenzionato ad
avere un vero rapporto sessuale e anche quando gli prende in bocca il cazzo,
si limita a gustarlo un momento. Una sera lord George posa
il candeliere sul camino e invita Bruce a spogliarsi. - Ora mettiti la
vestaglia, ma non chiuderla. Bruce esegue. - Stenditi sul letto, con
la vestaglia. Lord George si china su
Bruce. Prende in bocca il cazzo, mentre la mano accarezza i coglioni. Poi si
stacca e dice: - Voglio vederti venire,
Bruce. Bruce annuisce. Passa la destra sul cazzo,
accarezzandolo, poi lo stringe con vigore. La sinistra stuzzica i capezzoli,
prima l’uno, poi l’altro. La destra lavora con
energia, ma senza fretta. Il cazzo cresce di volume e si tende, la pelle
scivola scoprendo la cappella. Bruce continua a passare la mano e poi a
stringere, mentre lord George guarda ammaliato. Bruce prosegue e il cazzo
si tende ancora di più. Ora è una lama d’acciaio, leggermente arcuata e
rigida. Una goccia appare sull’apertura e Bruce con un dito la sparge sulla
cappella. Bruce continua a lavorare
e infine sente che il piacere si dilata ed esplode. Il seme si sparge sul
ventre, abbondante: è parecchio che Bruce non viene. Bruce si chiede se lord
George vorrà pulirlo con la lingua, ma questi non si muove: si limita a
porgergli un fazzoletto fresco di bucato. Quando Bruce ha finito di
raccogliere il seme, lord George tende la mano. Bruce gli porge il fazzoletto.
Lord George lo prende e lo porta al naso, per godere del profumo. Qualche sera dopo lord
George gli chiede di masturbarsi davanti al grande specchio. A Bruce l’idea
non spiace. Si guarda mentre si slaccia la vestaglia e la apre completamente.
Ora il suo corpo nudo appare riflesso nello specchio. Bruce sorride e si
afferra con la mano il cazzo e i coglioni insieme. Il pollice lavora un po’,
stimolando, e il cazzo si tende in fretta. La sinistra scivola dietro, al
culo, e un dito cerca l’apertura. Da quanto tempo a Bruce non capita di
prenderselo in culo? Moltissimo. Di solito i clienti chiedono qualcuno che li
fotta. Lord George sorride. Non
può vedere l’azione della sinistra, coperta dalla vestaglia, ma l’immagina.
La destra continua la sua azione. Bruce si appoggia contro la specchiera, il
cazzo struscia sulla superficie fredda del vetro. Poi si stacca e riprende a
stuzzicarsi, finché il cazzo è teso in verticale. Bruce sorride. Il medio
della mano sinistra dilata l’apertura e penetra all’interno. La destra
stringe con forza il cazzo e si muove verso l’alto e verso il basso, finché
Bruce non viene. Lo sborro schizza sullo specchio, una lunga striscia bianca
che poi gocciola verso il basso. Lord George è soddisfatto.
Nuovamente dà a Bruce un fazzoletto. - Pulisci il vetro e
pulisciti. Bruce obbedisce e poi
porge il fazzoletto a lord George. Tre giorni dopo il caldo è
soffocante. Fino a ora il vento ha mitigato il calore estivo, ma ora l’aria è
immobile. Subito dopo colazione,
lord George dice: - Spogliati, Bruce, e
mettiti alla finestra. Bruce fa scivolare a terra
la vestaglia e si avvicina alla finestra. Si appoggia sul davanzale. Guarda
il canale, su cui stanno passando alcune gondole. George gli si avvicina e
si inginocchia dietro di lui. Gli poggia le mani sulle natiche e passa la
lingua sul solco. Henry sorride e si rivolge
a Edward: - Spogliati e mettiti
anche tu alla finestra. Edward obbedisce. La
vestaglia nera scivola a terra. Bruce si è messo al centro della finestra e
non può spostarsi, perché George gli sta leccando il culo. Perciò Edward ha
uno spazio ridotto per mettersi al suo fianco e si trova gomito a gomito con
Bruce. Henry si inginocchia
dietro Edward e passa la lingua tra le natiche di Edward. Bruce mette una mano su
quella di Edward e la stringe. Edward volta la testa verso di lui, lo guarda,
poi china leggermente la testa e bacia Bruce sulla bocca. È stato un gesto
istintivo, di cui Edward si pente subito, ma ormai è fatta. Edward lancia un’occhiata
a lord Henry, che probabilmente non deve aver notato niente, troppo impegnato
a gustare il suo culo. Due giorni dopo lord
George comunica che lui e Henry trascorreranno la notte fuori, in una villa
sul Brenta, ospiti di amici. Prima di andarsene, Henry
dice a Edward: - Bada a quel che combini
con Bruce, Edward. Che non mi vengano a dire che ti sei preso delle libertà… - No, milord. Edward sa bene che nella
casa i servitori di lord Henry e probabilmente anche alcuni di quelli di lord
George informerebbero subito il padrone se Edward e Bruce trascorressero la
notte o anche solo la serata in camera di uno dei due. Edward si chiede che senso
ha la sua vita. Disprezza quest’uomo che si fa fottere da lui e lo considera
una sua proprietà. Vorrebbe andarsene. Ma che cosa può fare? Che lavoro
potrebbe cercarsi, qui a Venezia? Dove potrebbe andare? Quando i due conti sono
partiti, Bruce dice: - Facciamo un giro, questa
sera, eh, Edward? - Va bene. Meglio rimanere fuori casa
e poi, al ritorno, ognuno a letto nella propria camera, in modo da evitare
ogni critica. Ormai sanno muoversi per
Venezia: conoscono le calli e i canali, i campielli segreti e i ponti.
Camminano volentieri, mentre l’ombra avvolge la città. Parlano poco,
limitandosi a qualche parola sulla strada da seguire, ognuno rinchiuso nel
proprio silenzio, ma contento di avere l’altro accanto. Giungono infine in
piazza San Marco, quando già il cielo si scurisce e le prime stelle appaiono.
Bruce dice: - Mi sembra tutto irreale. - Sì, un posto come
questo… Non ti aspetti che esista. - Ne avevo sentito parlare
tanto da ragazzo. Ma non pensavo… nessuna descrizione rende l’idea. - No. Sapevo che esisteva,
ma non me l’immaginavo proprio così. Raggiungono la Riva degli
Schiavoni e ne percorrono un tratto. Dall’altra parte San Giorgio è solo un
profilo più scuro contro il cielo. Si fermano un momento a guardare. È la prima volta che vanno
in giro per la città la notte da soli. Man mano che il buio
diviene più fitto, scambiano con maggiore frequenza parole. A un certo punto
Bruce chiede: - Come ti trovi con lord
Henry, Edward? Edward non sa come
rispondere. - È un padrone come un
altro. Sono la sua puttana. Faccio quello che devo fare per guadagnarmi il
pane. - Non sei contento, vero? - Perché, tu sei contento? - Di essere una puttana,
come dici tu, no. Avrei preferito continuare a fare il segretario. Ma di lord
George non mi posso lamentare. È generoso e gentile. - Ti trovi bene con lui?
Non preferiresti essere al servizio di qualcun altro? - Preferirei non essere al
servizio di nessuno. Non come puttana, almeno. Poter scopare con chi mi piace
e non… fare quello che mi ordinano. - Lord George sembra
affezionato a te, Bruce. Bruce scuote la testa. - Sono un pezzo della sua
collezione. - Il pezzo più prezioso. - Per lui sicuramente no. - Che cosa può avere di
più prezioso? Edward svolta dal vicolo.
Passando sotto un arco raggiungono la riva di un canale. Si fermano, perché
non si può proseguire. Rimangono nell’ombra che li rende quasi invisibili
l’uno all’altro. - I suoi quadri, le sue
sculture, i suoi mobili, i suoi arazzi, i suoi tappeti… - Bruce… C’è qualche cosa, nel tono
di voce di Edward, che turba Bruce. Un’urgenza, un richiamo, un invito.
Mormora: - Edward… - Bruce. Edward non vorrebbe farlo,
ma il suo corpo arde e le sue mani, hanno afferrato Bruce e lo stringono,
forzandolo ad avvicinarsi finché i loro corpi aderiscono. La sua bocca cerca
quella di Bruce. Un attimo prima parlavano
tranquilli, ora c’è solo il desiderio, violento, incontenibile. Le loro
bocche si uniscono, le loro lingue si incontrano, le loro mani percorrono
avide i corpi che premono uno contro l’altro, quasi volessero fondersi in uno
solo. La destra di Bruce ha
afferrato attraverso la stoffa dei pantaloni il cazzo di Edward e lo stringe
con forza. Bruce lo sente rigido, caldo e impaziente. E il desiderio travolge
ogni diga. - Prendimi, Edward,
prendimi. Edward bacia ancora Bruce,
mentre le sue mani scivolano ai pantaloni di Bruce, li calano, stringono il cazzo
e i coglioni. Edward ansima. Bruce mormora: - Fottimi, Edward. Edward volta Bruce, lo
spinge contro il muro, aderisce con il proprio corpo a quello dell’amico.
Edward si cala i pantaloni. Bruce sente contro il culo il cazzo di Edward,
teso, grande, caldo. - Fallo, Edward, fallo! Edward annuisce.
Inumidisce la cappella con la saliva. Due dita umide si infilano tra le cosce
di Bruce, premono contro l’apertura. E poi è il cazzo a premere ed entrare,
mentre Edward morde una spalla di Bruce. Edward spinge, travolto da
un desiderio che non lascia spazio ad altro. Il suo cazzo scava nel culo di
Bruce. È doloroso, ma a Bruce va bene così. Vuole appartenere a Edward e
cancellare tutto il resto. Questo dolore, questo piacere, che dal suo culo si
diffonde in tutto il corpo, è quello che desidera. Edward parla, un delirio
di parole senza senso appena sussurrate nell’orecchio di Bruce. Edward non sa
che cosa sta dicendo. - Bruce, Bruce, puttana,
Bruce, amore mio. L’orgasmo è un lampo
accecante, che schianta Edward. Gli sembra di non riuscire a reggersi e si
abbandona contro il corpo di Bruce, che solo il muro sostiene. Lentamente i battiti del
cuore rallentano, il respiro ritorna regolare. E allora Edward si stacca,
volta Bruce, mettendolo con le spalle al muro. Poi si inginocchia davanti a
lui e con le labbra avvolge il cazzo di Bruce. È bello sentirlo nella sua
bocca, caldo, grande, duro. Edward lo succhia, lo lecca, mentre le sue mani
accarezzano delicatamente i coglioni. E infine Edward sente il seme di Bruce
che si sparge nella sua bocca. Chiude gli occhi, continuando a lavorare con
la lingua, finché Bruce non mormora: - Basta. Edward si alza. È davanti
a Bruce, ma nell’oscurità che li avvolge può appena intravedere un’ombra. Gli
passa una mano sul viso, poi scende al collo. L’altra mano si unisce. Ora
poggiano entrambe sul collo di Bruce. Edward mormora: - Vorrei ucciderti ora,
qui, e poi affogarmi in questo canale. Bruce sente la
disperazione nella voce di Edward. Non cerca di togliere le mani. Accarezza
il capo di Edward, una mano sfiora una guancia. - Ti amo, Edward. Edward annuisce, nel buio.
Il desiderio di finire è fortissimo, ma Edward toglie le mani. - Sono pazzo, Bruce. Bruce rimane in silenzio,
la schiena appoggiata contro la parete. Non vuole morire, vuole vivere con
Edward. Ma se Edward avesse cercato di strangolarlo, Bruce non si sarebbe
opposto, lo sa: avrebbe accettato la sua morte e quella di Edward. Bruce cerca il viso di
Edward, lo prende tra le mani e lo avvicina a sé. Lo bacia. Edward mormora: - Non ce la faccio, Bruce.
Non voglio… Vorrebbe andarsene, ma
dove potrebbero andare? Che cosa potrebbero fare, a parte vendersi in qualche
città? Una mano di Edward si
appoggia sul collo di Bruce, delicatamente. - È meglio morire. - No, Edward. Vivremo e in
qualche modo ce la faremo. Edward scuote la testa. - Lord Henry è geloso.
Sono una sua proprietà. Ha capito benissimo che mi piaci e non vuole che io
mi avvicini a te. I servitori gli fanno la spia. In casa non possiamo neanche
stringerci una mano, senza che lo sappiano. E prima o poi quel bastardo
lascerà la casa. - Ascolta, Edward. Tu
piaci molto a lord George. Quando il nipote se ne andrà, gli parlerò e lo
convincerò a prenderti al suo servizio. Credo che lui non avrebbe niente in
contrario a che ci amassimo. Edward china il capo.
Rimane in silenzio. Poi dice: - Andiamo. Si rassettano, ma quando
sono pronti Edward spinge di nuovo Bruce contro il muro e lo bacia. Poi
mormora: - Non me ne andrò. Non
lascerò Venezia, se tu rimani qui. Piuttosto mi seppelliranno qui. Tornano a casa, in
silenzio. Ognuno va subito nella sua stanza. Ma nessuno dei due prende sonno
facilmente. Nei giorni seguenti Edward
è cupo, chiuso in se stesso. Lord Henry non ci bada, ma lord George gli
chiede: - Che cosa c’è che non va,
Edward? Qualche problema? Edward è sorpreso della
domanda. Ma lord George non lo considera un animale, come fa invece il
nipote. Edward alza le spalle. - Niente, milord. La
ringrazio. Lord George non insiste. Quello stesso pomeriggio i
due lord rientrano un po’ prima del solito. Lord Henry appare preoccupato. La sera a tavola Henry
parla con lo zio: - Non credi che sia meglio
lasciare Venezia e stabilirsi da qualche parte in campagna? Lord George scuote la
testa. - Pensi che il colera non
arrivi in campagna? Edward e Bruce si
guardano. Devono essersi manifestati dei casi di colera in città. Sono alcuni
anni che il colera ha fatto la sua comparsa in Europa e in tempi recenti è
arrivato anche in Italia, pare da Nizza. La prima epidemia pareva passata, ma
adesso evidentemente ci sono stati nuovi casi. - Ma, in un posto isolato…
è più difficile che arrivi il contagio. - No, Henry. Non ho voglia
di muovermi. Se preferisci andartene fino a che l’epidemia non sarà passata,
non ti trattengo. Puoi tornare dopo. Edward e Bruce si
guardano. Entrambi hanno avuto lo stesso pensiero: la separazione, che
potrebbe diventare definitiva, se lord George morisse. O se a morire fosse
uno di loro due. Henry è inquieto e
preferirebbe partire. Ma dove può andare, sommerso da debiti com’è? E non può
certo chiedere un grosso prestito allo zio al momento di congedarsi. Deve
preparare il terreno, prima. - Va bene. Se dici che non
è il caso di partire. Mi spiacerebbe lasciarti solo… La conversazione si sposta
su altri temi. È un servitore di lord
George il primo ad ammalarsi, uno degli addetti alla cucina. Viene subito
allontanato. Henry è agitatissimo. Non fosse completamente a secco,
partirebbe subito. Nel pomeriggio lord George
si sente male. I sintomi sono inequivocabili, ma lord George dice: - Non è niente, Henry.
Qualche cosa che ho mangiato. Henry è deciso ad
andarsene. Informa i servitori di tenersi pronti per partire. Se lo zio
migliorerà, rimarranno. Altrimenti se ne andranno. Nella notte anche Bruce
accusa una violenta diarrea. Nella casa si diffonde il panico. Diversi
servitori si allontanano immediatamente. Sono pochissimi quelli che
rimangono. Henry dà ordine ai
domestici di preparare i bagagli. A Edward dice: - Noi partiamo. Subito,
Edward. Non intendo rimanere un’ora di più in questa casa. Edward rimane un momento
in silenzio, poi risponde: - Alcuni servitori sono
già scappati. Gli altri sembrano intenzionati a fare lo stesso. Se ce ne
andiamo e li lasciamo senza assistenza, morranno tutti e due. - Se non ce ne andiamo
moriremo in quattro. No, non intendo correre nessun rischio. Sbrigati a
preparare le tue cose. Tra un’ora al massimo partiamo. Edward non va a preparare
le sue cose. Va ad assistere Bruce. Quando passa nella camera di lord George,
scopre che non c’è nessuno: anche gli ultimi servitori devono essere
scappati. Lord George ha bisogno di essere lavato e cambiato. Edward lo
guarda un attimo, poi lo solleva, lo porta nella vasca e lo pulisce. Toglie
le lenzuola e il primo materasso e prepara il letto. Come soldato ha anche
prestato servizio nell’infermeria da campo e sa come fare. Edward rimette
lord George a letto. - Grazie, Edward. Tutto è pronto. Henry
cerca Edward e lo trova nella camera di Bruce. - Ora di partire, Edward. Edward guarda lord Henry. - Io non me ne vado. Henry lo guarda, irritato. - Vieni via con me,
Edward, o ti ammalerai anche tu. Edward scuote la testa e
ripete: - Io non me ne vado. - Tu sei ai miei ordini! Edward ghigna. - Non più. - Creperai nella merda. Henry lascia la stanza. Poco
dopo abbandona la casa con i propri domestici. Edward fa un giro di
controllo. Nel palazzo sono rimasti solo lui, Bruce e lord George. Lavare, pulire, preparare
qualche cosa da mangiare, dare da bere, imboccare, lavare, pulire. Le
giornate passano. Giornate di merda, sotto ogni aspetto. Eppure Edward si
rende conto di sentirsi bene, in pace. La rabbia e la sofferenza che si
portava dentro si stanno spegnendo. Probabilmente morirà presto, ma va bene
anche questo. Edward intende assistere i due malati finché potrà. Se poi si
ammalerà, morirà in pace. Se non dovesse ammalarsi e invece Bruce dovesse
morire, dopo che lord George sarà morto oppure sarà guarito, Edward si
ucciderà. Ma ora va bene così. Non c’è più sofferenza. Lavare, pulire, preparare
qualche cosa da mangiare, dare da bere, imboccare, lavare, pulire. Henry è sull’altopiano di
Asiago, dove per il momento sembra non esserci pericolo di contagio: una
sistemazione molto spartana, assai diversa da quelle a cui è abituato, ma non
può permettersi altro. Il rischio di contagio nelle città fornisce una scusa
plausibile per la scelta del posto. Henry non vuole
allontanarsi troppo: se lord George morirà e, come gli ha sempre detto, lo ha
designato come erede, Henry vuole essere pronto a incassare. Di quei soldi ha
bisogno, perché i debiti che si sono accumulati in questi anni ormai lo
stanno schiacciando e a Londra gli è sempre più difficile trovare credito:
l’episodio di Baden Baden è stato un chiaro segnale
di quanto la situazione si sia deteriorata, le lettere dell’amministratore
dipingono un quadro dalle tinte molto fosche. Lord Henry scrive subito
una lettera allo zio. Chiede sue notizie, si scusa per essersi allontanato,
si dichiara pronto a tornare a Venezia non appena il pericolo sarà cessato. Spera che gli rispondano
che lord George è morto. Nel qual caso Henry scriverà immediatamente alle
autorità, per garantirsi che il suo palazzo non venga saccheggiato dai
servitori, e, non appena l’epidemia sarà cessata, tornerà a Venezia. La risposta arriva, di
pugno di lord George. È molto breve: comunica che si è ripreso e che Henry
può fare a meno di tornare nella casa che ha lasciato di sua spontanea
volontà. Lord George in effetti sta
molto meglio. La malattia l’ha preso in una forma leggera. Lo ha molto
provato, perché ormai il suo corpo è indebolito dagli anni, ma si è ripreso. Bruce invece continua a
stare male. Edward è angosciato. L’idea che Bruce possa morire gli è
intollerabile. Perché lord George, che ormai ha quasi settant’anni e non è
certo un uomo robusto, si è ripreso, mentre Bruce, che non ha nemmeno
trent’anni ed è forte, deve morire? Se Bruce morirà, Edward si ucciderà: solo
questo pensiero lo aiuta a tirare avanti. Edward continua ad
accudire Bruce. Trascorre quasi tutto il giorno accanto al letto,
interrompendosi solo per preparare qualche cosa da mangiare. Lord George è
ancora molto debole e i servitori non sono tornati. Lord George si affida
completamente a Edward: la cucina semplice dell’ex-soldato è lontana mille
miglia dai manicaretti a cui era abituato, ma in questo momento va benissimo.
Lord George vorrebbe che
Edward si riguardasse: ha paura che si ammali. L’idea che il suo unico
sostegno in questo momento possa venire a mancare lo spaventa, ma non se la
sente di dirgli di non occuparsi di Bruce. E sa benissimo che Edward
ignorerebbe il suo ordine. George guarda Edward, lo
osserva pulire Bruce, lavare, cambiare le lenzuola, cucinare. Guarda le sue
mani. Mani da assassino, aveva pensato. No, mani che curano e danno vita. Edward assiste Bruce. Lo
veglia ogni minuto, dormendo su una poltrona accanto al letto. Lo pulisce, lo
cambia, gli dà da bere, lo forza a mangiare qualche cosa. È continuamente a
contatto con lui, ma non si ammala. Lentamente i sintomi
svaniscono. Bruce è debolissimo ed Edward ha paura che si spenga, ma con la
scomparsa della diarrea e un’alimentazione più abbondante, le condizioni
migliorano in fretta. Edward è seduto accanto al
letto, come sempre da diversi giorni. È ormai notte e le candele che Edward
ha acceso si stanno spegnendo. Lord George entra nella stanza, guarda Bruce,
sorride e dice: - Ora va’ a dormire nel
tuo letto, Edward. Bruce sta meglio e tu hai bisogno di dormire. Hai passato
troppe notti su questa poltrona. Edward sa che lord George
ha ragione, ma vorrebbe rimanere. È Bruce a dirgli: - Grazie, Edward, di tutto
quello che hai fatto. Ora però riposati. Edward annuisce. Si alza e
per la prima volta da diverse notti si corica nel suo letto. Sprofonda in un
sonno profondo, da cui si desta solo dopo dodici ore. Un mese è passato.
L’epidemia è terminata, i servitori sono tornati al loro posto: solo
l’amministratore, che se n’era andato rubando una grossa somma, è stato
licenziato e costretto a rendere quanto aveva rubato, per evitare una
denuncia. La vita nel palazzo ha ripreso il solito ritmo. Bruce lavora come
segretario. Edward invece è diventato il “custode” di lord George, una
guardia del corpo. George non ha bisogno di una guardia del corpo e neanche
di un segretario, ma preferisce che i suoi due ospiti abbiano un ruolo
preciso. Lord George ha chiarito
che non intende chiedere nessuna prestazione né a Bruce, né a Edward. Edward e Bruce hanno una
camera vicino a quella di lord George, collegata da un passaggio interno. Spesso
la sera George va a guardarli mentre scopano: a loro va bene così e George
non ha bisogno d’altro. Non li spia dalle aperture nascoste. Si siede su una
poltrona e li guarda. Qualche volta li accarezza, dopo che hanno finito. Gli piace anche solo vederli
dormire. Spesso dormono abbracciati. George si sente felice quando li vede
riposare così, stretti uno all’altro. Lord George ha completato
il suo nuovo testamento. Edward e Bruce sono i suoi eredi. Lord George pensa
alla faccia che farà Henry quando lo scoprirà. L’idea lo diverte moltissimo.
Gli spiace solo che il giorno in cui apriranno il suo testamento lui non
potrà esserci, per ovvi motivi. Vorrebbe credere in un aldilà per potersi
godere la delusione del nipote. 2018 |