Western B: Sulla collina volteggiano alcuni
avvoltoi. Ce ne sono tanti da queste parti. La carne non manca mai. D: Di
cadaveri ce n’è sempre un fottio. Perché seppellire un morto, quando ci
pensano gli avvoltoi? B: Tra alcune rocce vedo quattro avvoltoi
che stanno finendo di spolpare un cadavere. Non ne è rimasto molto. D: Fanno un
buon lavoro. B: Penso che presto potrebbe esserci anche
il mio di cadavere, a disposizione degli avvoltoi. A Boca Caliente c’è molta
gente che sarebbe ben felice di farmi fuori. D: Mica solo
a Boca Caliente. Hai ammazzato un fottio di uomini. E alcuni li hai pure
fottuti, prima o dopo averli ammazzati. B: Sai che ammazzare me lo fa sempre
venire duro. E ho bisogno di fottere. D: In questo
ci assomigliamo, non a caso siamo fratelli. Comunque se vuoi rimanere vivo,
devi fare attenzione. B: Non so se voglio rimanere vivo, ma
intendo fare attenzione. Perciò invece di entrare in città, la aggiro,
tenendomi sulle colline, finché non sono vicino alla caserma. Mi chiedo se ci
sono i soldati e se ci sei tu, Pedro. D: Io sono
seduto alla scrivania nel mio ufficio, su cui ho poggiato le gambe. Fumo il
mio sigaro. B: Arrivato all’ingresso principale,
chiedo del colonnello Ramirez. Un soldato viene ad avvisarti. D: Ramón entra e dice: “Signor colonnello, alla porta c’è un
gringo che chiede di lei. Si chiama Mike Blacks.”
Io rido. “Quel fottuto bastardo!” Poi dico: “Fallo entrare.” B: Lui chiede se deve farmi lasciare le
armi. D: “Non è
necessario, Ramón.” Il soldato ti accompagna al mio
ufficio. B: Entro nell’ufficio. Ti guardo. Sono due
anni che non ci vediamo. Ti sei alquanto appesantito. D: “Ben
arrivato, Miguel.” B: Sei l’unico che mi chiama ancora con il
nome che nostro padre mi ha dato. Ormai per tutti sono Mike. D: Mike il
Bastardo, Mike il Fotticadaveri, Mike il Coyote.
Hai un sacco di nomi. Sei famoso. B: In effetti è vero. D: Una bella
fama… B: Ti saluto. “Contento di trovarti qui,
Pedro.” D: “E dove
cazzo vuoi che vada? Morirò in questo buco del culo di posto, lo sai.” B: Annuisco. D: “Ma che
cazzo ci fai qui, dove ci sono almeno una ventina di uomini che non vedono
l’ora di ammazzarti?” B: “In Arizona ce ne sono di più. E ci
sono tutti gli sceriffi dello stato. D: “Che cazzo
hai combinato?” B: “Ho ammazzato uno sceriffo.” D: “Cazzo!
Un altro!” B: Io rido. “Colpa sua. Si era messo in
testa di prendermi e di appendermi. Non ci tengo a finire appeso.”. D: “Se non
ci tieni a finire appeso, forse faresti meglio a smettere di far fuori gli
sceriffi.” B: “Ormai è tardi, Pedro. Li ho tutti
alla calcagna.” D: “E allora
sei venuto qui, dove c’è un fottio di uomini che vorrebbero riempirti di
piombo.” B: “Non avevo molta scelta. E se devo
crepare, preferisco che a farlo non sia un fottuto sceriffo di merda.” D: ”Qui non
ti mancheranno le occasioni. Hai solo l’imbarazzo della scelta.” B: “Lo so.” Ti guardo. Parlo senza
pensare: “Mi chiedo che senso ha andare avanti. Tu non sei stufo di questa
vita?” D: Ci
guardiamo negli occhi. Annuisco. “Sì, lo sono. Prima o poi mi deciderò a
finire.” B: Non dico nulla. So che stiamo entrambi
pensando a nostro padre, che a cinquant’anni andò a farsi ammazzare perché
era stufo di vivere. Ora lo siamo tutti e due. D: C’è un
lungo momento di silenzio. Poi dico: “Così sei venuto qui per farti
ammazzare”. Non è una domanda. B: Ti guardo un momento, poi annuisco. D: “A
quarant’anni sei stufo di vivere.” B: “Lo sei anche tu.” D: “Sì, ma
ho dieci anni più di te.” Non ha importanza. “Senti, Miguel… come intendi
farlo?” B: Scrollo le spalle. “Non ci ho pensato.”
Ghigno e dico: “Hai qualche suggerimento? Come ti piacerebbe vedermi morire?”
So benissimo che ti piacerebbe vedermi morire, come a me piacerebbe veder
morire te. D: Sorrido.
“Certo. Potrei farlo io.” B: Ti guardo, senza parole. Non dovrei
stupirmi. A entrambi piace ammazzare, anche questa un’eredità di nostro
padre. Ci piace ammazzare uomini forti. “Merda!” D: Rido. “Lo
farei molto volentieri. Potrei strangolarti mentre ti fotto, che ne dici?
Morire con un grosso cazzo in culo… non è male, vero?” B: Annuisco. “No, non è male.” Penso che
potrebbe davvero essere un buon modo di crepare. Non mi aspettavo la tua
proposta, ma so di essere venuto qui per concludere. D: Il cazzo
mi si tende. Ho voglia di fotterti, fotterti il culo e poi la vita. “Allora,
lo facciamo?” B: Respiro a fondo. Mentre mi abituo all’idea,
chiedo: “Che ne farai del mio cadavere? Lo lascerai agli avvoltoi?” D: Rido. “No,
lo farò gettare nella latrina. È il posto adatto. Una merda nella merda.”
Rido di nuovo. B: “Quel cazzo di latrina sempre
intasata?” D: “Esatto.
Un buon posto per essere sepolti, non trovi?” B: Annuisco. “Sì, direi di sì.” D: “Lo
facciamo ora?” B: “Hai fretta?” D: “Mi è
venuto duro.” Di nuovo rido. B: Rido anch’io. “Il solito maiale in
calore.” D: Mi alzo.
Mi tolgo la camicia, poi gli stivali e i pantaloni. Rimango nudo, il cazzo in
tiro. B: Ti guardo. Ti sei appesantito molto.
Certo la vita in questo posto di merda non offre molto. Il culo di qualche
soldato e un cibo scadente. Eppure, nonostante la pancia sporgente, rimani un
gran maschio. E un cazzo come il tuo non l’ho mai visto. Il primo cazzo che
mi è entrato in culo. L’ultimo che mi entrerà in culo. Va bene così. D: Ti guardo
mentre mi osservi. Il cazzo ti si sta irrigidendo. B: Mi spoglio anch’io, senza fretta. D: Sei un
magnifico maschio, forte. Non stai diventando un rottame, come me. Hai scelto
bene il momento per finire. B: Ora siamo nudi, uno davanti all’altro.
Ti guardo, sorrido e appoggio il petto sulla scrivania. Divarico un po’ le
gambe. So che mi farai un male cane, con quel cazzo da cavallo, ma va bene
così. D: Mi
inumidisco un po’ la cappella, poi avvicino il cazzo al tuo buco. Premo e
spingo dentro con un movimento brusco. È una sensazione splendida. B: “Merda!” Il dolore è violento, ma so
che voglio anche quello. D: Fotterti
è una meraviglia. Affondo il cazzo ben dentro il tuo culo e poi lo ritiro fin
quasi a farlo uscire. B: “Merda!” Mi stai fottendo come un
animale. Ma va bene così. D: Vado
avanti, dimentico di tutto. Le mie mani stringono il tuo culo. Grido: “Ti piace,
eh, troia?” B: “Sì, bastardo! Sì, porco!” Ho il cazzo
duro e so che tra poco verrò anch’io. D: Sposto le
mani, le metto intorno al tuo collo e incomincio a stringere. B: Sento la pressione . Non è spiacevole. Il
cazzo mi si tende ancora di più. D: È bello
stringere, è bello ucciderti. Mi è sempre piaciuto uccidere. Fottere e
uccidere, non c’è nulla di meglio. B: Ora l’aria entra con difficoltà.
D’istinto mi verrebbe da spostare le braccia e cercare di allentare la presa,
ma mi controllo. Riesco ancora a dire: “Merda!” D: Rido e
stringo di più. È bellissimo. B: Ho un fuoco in gola e nei polmoni. Non
riesco più a respirare. D: Stringo
ancora e intanto ti fotto freneticamente. Sto per venire. B: Il mondo sta scomparendo. Sposto le
mani, ti afferro le braccia, cerco di liberare il collo, ma ormai è tardi,
non ho più forze. D: Stringo
ancora di più e il piacere mi travolge. Vengo nel tuo culo. B: Avverto lontano il tuo sborro che si
rovescia nelle mie viscere, poi più nulla. D: È stato
bellissimo. Strangolarti mentre ti fottevo… B: Giaccio inerte sulla scrivania, il tuo
cazzo ancora dentro di me. Ci vuole sempre un buon momento prima che perda
consistenza e volume. D:
Lentamente il mio respiro diventa più calmo. Poggio le mani sul tuo culo. Che
meraviglia, fotterti e ucciderti. B: Tossisco e apro gli occhi. Mi rendo
conto di essere ancora vivo. D: “Miguel?
Merda!” Credevo di averti finito, ma non ho stretto abbastanza. Quando sono
venuto ho allentato la presa. B: “Cazzo! Perché non mi hai finito?” D: “Credevo
di averlo fatto.” B: “Merda! Ho la gola in fiamme. Merda!” D: Rido. “Lo
facciamo di nuovo. E questa volta vado fino in fondo. Lasciami sono un
momento.” Mi ritraggo e mi alzo. Sangue, merda e sborro sul mio cazzo. B: A fatica mi alzo e ti guardo. Osservo
il tuo cazzo. D: “Prima
che ti finisca, puliscimi il cazzo.” B: Ti guardo, poi annuisco. Mi inginocchio
davanti a te e incomincio a leccare. D: È
piacevole sentire la tua lingua scorrere sul cazzo. Vederti pulire il sangue,
la merda, lo sborro. B: Il mio cadavere sarà gettato nella
merda. Tanto vale che ne assaggi un po’. D: Mi piace
vederti pulire il mio cazzo. Piace anche al mio cazzo, che si irrigidisce in
fretta: è sempre stato così. B: Continuo a leccare e succhiare, anche
se ormai il tuo cazzo è tutto pulito. D:
“Stenditi, che finiamo!” B: Mi rimetto con il petto appoggiato alla
scrivania. D: Guardo il
tuo culo. Passo una mano tra le gambe allargate e ti strizzo con forza i
coglioni. B: “Merda!” D: Ti
infilzo con un colpo secco. È troppo bello. Ti fotto con gran gusto. B: “Bastardo!” D: Rido. “Ti
piace. Il mio cazzo ti è sempre piaciuto!” B: Annuisco. È vero, ma adesso non ce la
faccio più. D: Mi verso
un po’ di tequila e bevo, due bicchieri. B: Sono intontito dal dolore, ho la gola
che arde. Voglio finire. “Muoviti!” D: Rido. “Un
momento di pazienza. Ora finiamo, davvero.” Ti fotto ancora un po’, poi ti
metto le mani intorno al collo e incomincio a stringere. B: Nuovamente il respiro che manca, mentre
il cazzo si irrigidisce. D: Spingo deciso,
senza aumentare la stretta, poi rallento e stringo più forte. B: Non riesco più a respirare. I polmoni
ardono. Mi dibatto, senza potermi sottrarre al tuo corpo che mi schiaccia
contro la scrivania. Cerco di fermare le tue mani. Il mondo svanisce. D: Continuo
a stringere finché le braccia ricadono inerti. Accelero le spinte, senza
togliere le mani, e vengo di nuovo nel tuo culo. B: Il mio corpo viene scosso dalle tue
spinte vigorose, ma quando ti fermi rimane immobile. D: Lascio il
tuo corpo, che cade a terra. Non so se ti ho ammazzato, questa volta.
Preferirei di no, perché vorrei farlo ancora. Ma non dai segno di vita. È
finita, davvero. B: Ho il cazzo duro, da cui cola un po’ di
piscio. D: Chiamo un
soldato e gli dico di far venire Juan Benudo. È un
ufficiale che mi odia. Il soldato guarda il tuo cadavere, guarda il suo
comandante nudo, poi scatta sull’attenti e dice: “Signorsì!” B: Juan Benudo
arriva subito. D: Io sto
fumando il mio sigaro, seduto alla scrivania. B: “Ha chiesto di me, comandante?” Juan
appare perplesso a vederti nudo, con un cadavere a terra. D: “Sì, fai
portare questo cadavere alla latrina. Buttatelo nella merda. Poi prendi otto
uomini, per una fucilazione. Qui dietro, nel cortile interno.” Il cortile
interno è raggiungibile solo attraverso il mio ufficio. B: “Agli ordini, signor comandante.” Juan
esce e torna poco dopo con quattro soldati. Afferrano il mio cadavere per le
braccia e le gambe e lo trascinano alla latrina. A un ordine di Juan lo
gettano nella merda e rimangono a guardare mentre affonda. D: Poco dopo
Juan entra nel mio ufficio. “Tutto è pronto, comandante. Gli uomini sono qui
fuori.” B: Non chiede chi sia il condannato, anche
se certamente è curioso. D: “Falli
passare nel cortile interno.” Fa entrare i soldati e li fa passare nel
cortile interno. Mentre passano mi guardano, nudo sulla scrivania. Nessuno
dice nulla. B: Juan fa disporre gli uomini nel
cortile. D: Esco,
sempre fumando il sigaro. Guardo gli uomini, sorrido e mi dirigo al muro. B: Juan e gli uomini ti guardano perplessi. D: “Ora mi
fucilerete. Do io gli ordini.” B: Nessuno dice niente. Gli uomini
guardano te e Juan, ma Juan tace e nessuno osa parlare. D: “Il colpo
di grazia spetta a te, Juan. Il cadavere lo gettate nella latrina, insieme a
quell’altro.” B: Juan annuisce. D: “Plotone, ai vostri posti!” B: I soldati si dispongono in una doppia
fila, quattro davanti e quattro dietro D: “Plotone, attenti!” B: I soldati scattano sull’attenti. D: Manca
poco, ormai, pochissimo, e l’eccitazione cresce, il cazzo mi si riempie di
sangue. Do l’ordine successivo: “Plotone, prendete il fucile!” B: I soldati afferrano il fucile. D: “Plotone,
in posizione!”. B: I quattro soldati della fila davanti si
inginocchiano, i quattro della fila dietro rimangono in piedi. D: “Plotone, fucili in posizione!” B: Come un solo uomo, i soldati alzano i
fucili. D: “Plotone,
pronti!” I soldati sono già pronti, aspettano solo l’ordine successivo, ma io
seguo ogni tappa “Plotone, mirate!” B: È l’ultima parola prima dell’ordine,
prima della scarica che ti colpirà a morte. D: Mi volto,
dando la schiena al plotone, e do l’ultimo ordine: “Plotone, fuoco!” B: Tre soldati sparano subito. Altri
quattro esitano un momento, poi, dopo che gli altri hanno tirato, sparano
anche loro. L’ultimo arriva ancora un momento dopo. D: Sento il
dolore violento alla schiena. Cinque proiettili che mi attraversano lo
stomaco, il fegato, l’intestino. Due più in basso, nel culo. E uno che ha
mirato tra le natiche e ha fatto centro. B: Ti avviti su te stesso e cadi contro il
muro, quasi seduto, di traverso, la testa appoggiata di lato al muro. D: Respiro a
fatica. Guardo Juan che si avvicina, la pistola in mano. Il rigonfio dei
pantaloni non lascia dubbi: ha il cazzo duro. Ottimo. B: Juan sorride mentre si avvicina e ti
spinge la pistola in bocca. “Crepa, bastardo!” D: Sento il
freddo della canna che preme contro la mia lingua. Guardo il rigonfio nei
pantaloni. Mi chiedo se si farà una sega sul mio cadavere. B: Juan spara. D: Il mondo
svanisce in un incendio. B: Juan dà ordine ai soldati di
allontanarsi. Li manderà a chiamare nella notte, per trascinare il tuo
cadavere nella latrina. D: Quando i
soldati sono usciti, chiude la porta che dà nel cortile. Poi si avvicina al
cadavere. Si slaccia i pantaloni e si afferra il cazzo duro. B: Incomincia a farsi una sega guardandoti.
Ha un bel cazzo, non grosso come il tuo, ma di tutto rispetto. D: Si accarezza mentre guarda i fori dei
proiettili. Poi si interrompe. Sorride. Con il piede mi stacca dal muro, mi
fa cadere a terra e mi volta sulla pancia. Poi si stende su di me. Infila il
suo grosso cazzo nel mio culo. B: Fotte il tuo cadavere, con grande
gusto, finché non ti viene in culo. D: Allora si
ritrae. Con il piede mi volta sulla schiena. Ride e piscia sulla mia faccia.
Poi si allontana. B: In serata anche il tuo cadavere viene
trascinato nella latrina dei soldati. D: Mi
gettano nella merda. Lentamente affondo, fino a che poggio sul tuo corpo. B: Uniti nella morte. |